Date
a Cesare ...
Diverse
e talora divergenti sono le interpretazioni date alla celebre
frase-risposta di Gesù a coloro che volevano tendergli una trappola:
una frase ad effetto, quasi una «scappatoia» con la quale Gesù
risponde senza sbilanciarsi; una risposta ironica, come se Gesù volesse
dire: solo quando c’è da pagare le tasse tirate fuori il problema
della coscienza; una precisa definizione dei limiti di campo e dei
rapporti reciproci fra Stato e Chiesa.
Emerge
comunque chiaro che ciò che
importa è il regno di Dio. Questo è l’unico assoluto da
ricercarsi. Gesù è venuto a predicare il regno: questa è la realtà
fondamentale e discriminante. Di fronte a questo annuncio tutto passa in
secondo piano. Con questo, Gesù non vuol negare la funzione di Cesare,
ma vuol colpire i suoi avversari che non hanno compreso la sua missione
e dimenticano la questione decisiva.
Sovranità
spirituale o signoria temporale?
Spesso
il brano odierno viene usato per riaffermare e per dare un fondamento
biblico, rivelato, alla distinzione e reciproca autonomia tra la Chiesa
e lo Stato. Molto probabilmente la risposta di Gesù non aveva questa
intenzione: sia per il contesto del racconto, che non esigeva un
pronunciamento su questo problema; sia per il contesto storico dei suoi
tempi, nei quali non si distingueva ancora tra potere politico e
religioso. Ma la risposta di Gesù è ugualmente illuminante perché
indica una direzione. Gli Ebrei del tempo di Gesù erano abituati a
concepire il regno inaugurato dal futuro Messia nella forma di una
teocrazia, cioè come dominio diretto di Dio, tramite il suo popolo, su
tutta la terra. La parola di Gesù rivela l’esistenza di un regno di
Dio nella storia, nel quale è possibile ad ognuno, e non solo
all’ebreo, entrare fin d’ora, senza attendere che si inauguri un
ipotetico regno politico di Dio su tutta la terra. Il regno di Dio,
infatti, è possibile all’interno di un regno pagano, non meno che nel
quadro di una teocrazia, poiché non si identifica né con l’uno né
con l’altra. Si rivelano così due modi qualitativamente diversi di
dominazione e di sovranità di Dio sul mondo: la
sovranità spirituale che costituisce il regno di Dio e che egli
esercita direttamente in Cristo, e la signoria
temporale che egli esercita indirettamente, mediante il libero gioco
delle cause seconde.
Il
compito del cristiano nel mondo
La
parola di Gesù richiama la nostra riflessione su uno dei problemi più
importanti e cruciali dei cristiani oggi. L’uomo moderno ha la
profonda convinzione di avere un compito storico da svolgere sulla
terra, un compito che è proporzionato alle sue possibilità sempre
maggiori e che implica un reale dominio sull’universo. Il fine è
questo: la promozione della comunità umana nel seno di una «città»
sempre più fraterna.
Questa
presa di coscienza si accompagna talvolta a una critica amara nei
confronti della religione, che viene considerata la responsabile della
secolare alienazione degli uomini. Molti assumono nei confronti della
religione un atteggiamento di non considerazione, come se essa non
avesse alcun apporto positivo da offrire.
La
fede cristiana, vissuta integralmente, lungi dal suggerire rassegnazione
ed evasione nei confronti dei compiti terreni dell’uomo, aiuta il
credente ad assumere le proprie responsabilità nel raggiungimento degli
obiettivi che si impongono alla coscienza moderna. Gli appelli del mondo
attuale trovano una eco sempre più profonda in vasti strati del popolo
cristiano, e fortunatamente non sono scarsi i cristiani coerenti che si
assumono i ruoli della promozione, della liberazione e della costruzione
di una città terrena più giusta ed umana. Il Vaticano II ha dedicato
una parte importante dei suoi lavori all’analisi delle preoccupazioni
dell’uomo del XX secolo, problemi in apparenza più profani che
religiosi, sicché le reticenze o le assenze del cristiano di ieri in
rapporto al suo impegno nel mondo, dovrebbero essere superate.
La
costruzione della città terrena
Rimane,
tuttavia, una domanda: la costruzione della città terrena è un compito
importante, ma non è essa caduca? Costruendo la città degli uomini si
contribuisce o no all’edificazione del regno di Dio? Non sono due
regni diversi?
La
speranza cristiana, certo, non
si
compie pienamente se non nel mondo futuro. Tuttavia essa mostra fin
d’ora la sua efficacia: è una forza immensa nel mondo, è un fermento
che lo fa lievitare, è un sale che dà senso e sapore allo sforzo umano
di liberazione, all’impegno temporale. Non è alienazione, non è
alibi. Non esistono due speranze: una terrena e l’altra celeste, la
speranza è una sola: guarda alla realtà futura, ma, attraverso
l’impegno cristiano, l’anticipa nella realtà terrestre.
|
Le
aspirazioni del cuore, anima della preghiera
Dalla
«Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo
(Lett. 130, 8, 15. 17 - 9, 18; CSEL 44, 56-57. 59-60)
Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni,
cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire
a pregare come si conviene. Perché non diciamo piuttosto col salmista:
«Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella
casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza
del Signore e ammirare il suo, santuario»? (Sal 26, 4). Ivi infatti non
c'è successione di giorni come se ogni giorno dovesse arrivare e poi
passare. L'inizio dell'uno non segna la fine dell'altro, perché vi si
trovano presenti tutti contemporaneamente. La vita, alla quale quei
giorni appartengono, non conosce tramonto.
Per conseguire questa vita beata, la stessa vera Vita in persona ci ha
insegnato a pregare, non con molte parole, come se fossimo tanto più
facilmente esauditi, quanto più siamo prolissi. Nella preghiera infatti
ci rivolgiamo a colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello
che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo (cfr. Mt 6,
7-8).
Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste
quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci
è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la
manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto
bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la
domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a
concederci. Questo dono, infatti, è assai grande, mentre noi siamo
tanto piccoli e limitati per accoglierlo. Perciò ci vien detto: «Aprite
anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli
infedeli» (2 Cor 6, 13-14).
Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è
colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato
in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9), perché è là che il cuore dell'uomo
deve entrare. Lo riceviamo con tanta maggiore capacità, quanto più
salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente
il nostro desiderio.
Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità,
con desiderio ininterrotto. Ma in certe ore e in determinate
circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole, perché, mediante
questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di
quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con
maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il
desiderio, tanto più ricco sarà l'effetto. E perciò, che altro
vogliono dire le parole dell'Apostolo: «Pregate incessantemente» (1 Ts
5, 17) se non questo: Desiderate, senza stancarvi, da colui che solo può
concederla quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna?
|
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal
16,6.8
Io t'invoco, mio Dio:
dammi risposta,
rivolgi a me l'orecchio e ascolta la mia preghiera.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi,
proteggimi all'ombra delle tue ali.
Ego clámavi, quóniam
exaudísti me,
Deus;
inclína aurem tuam, et exáudi verba mea.
Custódi me,
Dómine, ut pupíllam óculi;
sub umbra alárum tuárum prótege me.
Colletta
Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele,
perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore...
Omnípotens sempitérne Deus, fac nos tibi semper et devótam gérere voluntátem,
et maiestáti tuæ sincéro corde servíre. Per Dóminum...
Oppure:
O Padre, a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini;
fa' che nessuno di noi abusi del suo potere, ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio, e l'umanità intera riconosca a te solo come unico Dio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Is
45,1.4-6
Ho
preso Ciro per la destra per abbattere davanti a lui le nazioni.
Dal libro del
profeta Isaìa
Dice il Signore del suo eletto, di Ciro:
«Io l’ho preso per la destra,
per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re,
per aprire davanti a lui i battenti delle porte
e nessun portone rimarrà chiuso.
Per amore di Giacobbe, mio servo,
e d’Israele, mio eletto,
io ti ho chiamato per nome,
ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca.
Io sono il Signore e non c’è alcun altro,
fuori di me non c’è dio;
ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci,
perché sappiano dall’oriente e dall’occidente
che non c’è nulla fuori di me.
Io sono il Signore, non ce n’è altri».
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 95
Grande è il Signore e degno di ogni lode.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.
Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.
Seconda
Lettura 1
Ts 1,1-5b
Mèmori
della vostra fede, della carità e della speranza.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai
Tessalonicési
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre e
nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.
Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre
preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la
fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore
nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.
Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il
nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della
parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda
convinzione.
Canto
al Vangelo
Fil
2,15d-16a
Alleluia,
alleluia.
Risplendete come astri nel mondo,
tenendo alta la parola di vita.
Alleluia.
Vangelo
Mt
22,15-21
Rendete
a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
Dal
vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere
come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli:
«Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo
verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a
nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il
tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete
mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli
presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e
l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a
Dio quello che è di Dio».
Sulle
Offerte
Donaci, o Padre, di accostarci degnamente al tuo altare perché il mistero che ci unisce al tuo Figlio sia per noi principio di vita nuova. Per Cristo nostro Signore.
Tríbue nos,
Dómine, quæsumus, donis tuis líbera mente servíre, ut, tua purificánte nos
grátia, iísdem quibus famulámur mystériis emundémur. Per Christum..
Antifona
alla Comunione
Sal
32,18-19
Gli occhi del Signore sono su quanti lo temono,
su quanti sperano nella sua grazia,
per salvare la loro vita dalla morte,
per farli sopravvivere in tempo di fame.
Ecce óculi Dómini super timéntes eum,
et in eis
qui sperant super misericórdia eius;
ut
éruat a morte ánimas eórum, et alat eos in fame.
Oppure:
Mt
22,21
«Rendete a Cesare
quello che è di Cesare,
e a Dio quello che è di Dio».
Mc 10,45
Fílius
hóminis venit,
ut
daret ánimam suam redemptiónem pro multis.
Dopo
la Comunione
O Signore, questa celebrazione eucaristica, che ci hai fatto pregustare la realtà del cielo, ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente e ci confermi nella speranza dei beni futuri. Per Cristo nostro Signore.
Fac nos,
quæsumus, Dómine, cæléstium rerum frequentatióne profícere, ut et
temporálibus benefíciis adiuvémur, et erudiámur ætérnis. Per Christum.
|