Il
rischio della responsabilità
In una parabola i particolari sono funzionali al messaggio; non
tutti gli elementi hanno la stessa importanza. Nella parabola d’oggi,
ciò che unifica il quadro non è tanto il dialogo tra il padrone e i
due primi servitori, quanto il dialogo serrato tra il servitore
condannato per la sua pigrizia e il padrone che esige una
giustificazione.
Rischio o prudenza?
La prudenza, per essere tale, richiede anche il calcolo del
rischio. La ragione addotta dal servo pigro sembra a prima vista un
ragionamento giusto, un comportamento che mette con le spalle al sicuro;
è più sensato conservare quel poco che si ha che non perderlo.
Il servitore si crede nel giusto quando non osa rischiare e quando
seppellisce il talento ricevuto per poterlo restituire intatto; si
difende dicendo che il padrone «miete dove non ha seminato». Così,
in nome della giustizia, contesta al suo padrone il diritto di
richiedergli più di quello che gli ha dato: «Io sono giusto, sei tu
che non lo sei». E’ l’atteggiamento degli operai della prima ora
che sono indignati per la condotta del padrone della vigna. Sono le
recriminazioni del figlio maggiore contro il padre nella parabola del «figlio prodigo».
Le argomentazioni di questa parabola sono chiaramente dirette
contro gli scribi e farisei osservanti della legge, e contro quanti
cercano di evitare il rischio della responsabilità, il rischio di
perdere la vita. In fondo il loro ragionamento ha una sua logicità: Dio
esige la perfezione; la legge esprime la sua volontà; solo
un’osservanza scrupolosa della legge mette al sicuro.
La logica del padrone della parabola è però diversa. La salvezza
passa attraverso il rischio: «Sapevi che mieto dove non ho seminato,
perciò...».
Il dono che il servitore ha ricevuto non dà salvezza da solo; la
quantità dei talenti non può costituire una sicurezza o addirittura un
alibi. Il dono è per fruttificare. Chi non rischia non può guadagnare.
La «venuta» del Signore, improvvisa per tutti, non permette di
aspettare a trafficare i doni ricevuti. La difesa è la tattica della
sconfitta. Non osare può sembrare prudenza ma alla fine è prova di
pigrizia.
Chi non mette in atto l’annuncio ricevuto e non sa trarre alcun
vantaggio da ciò che ha ricevuto è come l’invitato al festino che
non veste l’abito di nozze o come le ragazze del corteo nuziale che
non hanno riempito la lampada di olio: pigre e stolte.
Creatività e impegno
Il vangelo è un messaggio da cui lasciarsi trasformare e a cui
conformare tutta la propria attività. L’immagine della donna perfetta
è un modello di saggezza e di comportamento che deve caratterizzare
l’attesa del regno: fedeltà coniugale, lavoro, autenticità di valori
(prima lettura). Non è invece un modello il terzo servo della parabola;
egli ha paura del padrone, una paura che il cristiano non deve avere dal
momento che nel battesimo è diventato «figlio» (seconda lettura).
Però Paolo esorta: «Non dormiamo come gli altri». Impegnare i
propri talenti non è un «costruirsi» la propria fortuna, né usare
le proprie capacità per sé solo, né tantomeno sciuparle: fanno parte
del piano di Dio.
Il lavoro è il mezzo nel quale l’uomo attua la sua creazione. Nel «quotidiano»
egli sperimenta le proprie capacità trasformatrici, la fantasia
creativa. Ma nel «quotidiano» prova pure il disordine del peccato a
livello personale, sociale e di strutture.
Dio è per il rischio
La vita del giorno d’oggi è molto dura per la maggior parte
degli uomini: la concorrenza è spietata, la sicurezza professionale non
esiste per nessuno, la rilassatezza dei costumi aumenta in maniera
preoccupante, gli uomini si fidano gli uni degli altri in misura sempre
minore. Aumenta la delinquenza, la sofferenza non risparmia nessuno e la
morte resta uno spauracchio per tutti. Sull’umanità grava il pericolo
di guerre, sulla terra regna tuttora lo stato d’ingiustizia, che grida
vendetta, nel quale si trova il Terzo Mondo. Ognuno sperimenta a proprie
spese quali conseguenze si hanno quando domina il peccato. Chi può
sentirsi al sicuro?
Eppure in questa umanità, Cristo agisce come forza di rinnovamento
diffondendo doni e talenti a uomini liberi che li sappiano
coraggiosamente far fruttare. Dio non ha l’abitudine di sconvolgere le
leggi della natura, oppure di agire al nostro posto; egli non organizza
alcun sistema di sicurezza neppure per coloro che credono in lui, ma lo
Spirito di Dio ci spinge a divenire uomini nuovi, cioè uomini che
malgrado contraccolpi e opposizioni continuano a edificare con amore un
avvenire più bello.
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Non
opponiamo resistenza alla prima venuta
per
non dover poi temere la seconda
Dal
«Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo
(Sal 95, 14. 15; CCL 39, 1351-1353)
«Allora si rallegreranno gli alberi della foresta davanti al Signore
che viene, perché viene a giudicare la terra» (Sal 95, 12-13). Venne
una prima volta, e verrà ancora in futuro. Questa sua parola è
risuonata prima nel vangelo: «D'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo
venire sulle nubi del cielo» (Mt 26, 64). Che significa: «D'ora
innanzi»? Forse che il Signore deve venire già fin d`ora e non dopo,
quando piangeranno tutti i popoli della terra? Effettivamente c'è una
venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i
suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta le terra.
Non poniamoci contro la prima venuta per non dover poi temere la
seconda.
Che cosa deve fare dunque il cristiano? Servirsi del mondo, non farsi
schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non
avesse. Così dice, infatti, l'Apostolo: «Del resto, o fratelli, il
tempo ormai si è fatto breve: d'ora innanzi quelli che hanno moglie
vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non
piangessero; e quelli che godono, come se non godessero; quelli che
comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se
non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei
vedervi senza preoccupazioni» (1 Cor 7, 29-32).
Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l'arrivo del suo
Signore. Infatti che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che
egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli
venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si
impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che
deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il
mondo del peccato.
Lo vogliamo o no, egli verrà. Quindi non adesso; il che ovviamente non
esclude che verrà. Verrà, e quando non lo aspetti. Se ti troverà
pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo il
momento esatto.
«E si rallegreranno tutti gli alberi della foresta». E' venuto una
prima volta, e poi tornerà a giudicare la terra. Troverà pieni di
gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà».
Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto
che tornerà».
«Giudicherà
il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13). Qual
è questa giustizia e verità? Unirà a sé i suoi eletti perché lo
affianchino nel tribunale del giudizio, ma separerà gli altri tra loro
e li porrà alcuni alla destra, altri alla sinistra. Che cosa vi è di
più giusto, di più vero, che non si aspettino misericordia dal giudice
coloro che non vollero usare misericordia, prima che venisse il giudice?
Coloro invece che hanno voluto usare misericordia, saranno giudicati con
misericordia. Si dirà infatti a coloro che stanno alla destra: «Venite,
benedetti del Padre mio, riceve in eredità il regno preparato per voi
fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25, 34). E ascrive loro a merito le
opere di misericordia: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25, 35-40) con
quel che segue.
A quelli che stanno alla sinistra, poi, che cosa sarà rinfacciato? Che
non vollero fare opere di misericordia. E dove andranno?: «Nel fuoco
eterno» (Mt 25, 41). Questa terribile sentenza susciterà in loro un
pianto amaro. Ma che cosa dice il salmo? «Il giusto sarà sempre
ricordato; non temerà annunzio di sventura» (Sal 111, 6-7). Che cos'è
questo «annunzio di sventura»? «Via da me nel fuoco eterno, preparato
per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25, 41). Chi godrà per la
buona sentenza non temerà quella di condanna. Questa è la giustizia,
questa è la verità.
O forse perché tu sei ingiusto, il giudice non sarà giusto? O forse
perché tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che è vero? Ma se
vuoi incontrare il giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso
prima che egli giunga. Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il
superfluo. E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi
del tuo sarebbe un'elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una
restituzione!» Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1
Cor 4, 7).
Queste sono le offerte più gradite a Dio: la misericordia, l'umiltà,
la confessione, la pace, la carità. Sono queste le cose che dobbiamo
portare con noi e allora attenderemo con sicurezza la venuta del giudice
il quale «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le
genti» (Sal 95, 13).
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Ger
29,11.12.14
Dice il Signore:
«Io ho progetti di pace e non di sventura;
voi mi invocherete e io vi esaudirò,
e vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi».
Dicit Dóminus:
Ego cógito
cogitatiónes pacis et non afflictiónis;
invocábitis
me, et ego exáudiam vos,
et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.
Colletta
Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore...
Da nobis, quæsumus, Dómine Deus noster, in tua semper devotióne gaudére,
quia perpétua est et plena felícitas, si bonórum ómnium iúgiter serviámus
auctóri. Per Dóminum..
Oppure:
O Padre, che affidi alle mani dell'uomo tutti i beni della creazione e della grazia,
fa' che la nostra buona volontà moltiplichi i frutti della tua provvidenza; rendici sempre operosi e vigilanti in attesa del tuo ritorno, nella speranza di sentirci chiamare servi buoni e fedeli, e così entrare nella gioia del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Pr
31,10-13.19-20.30-31
La
donna perfetta lavora volentieri con le sue mani.
Dal libro
dei
Proverbi
Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 127
Beato chi
teme il Signore.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Seconda
Lettura
1 Ts 5,1-6
Non
siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai
Tessalonicési
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne
scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di
notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso
la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno
sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa
sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del
giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Canto
al Vangelo Gv
15,4.5
Alleluia,
alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia.
Vangelo
Mt
25,14-30 (Forma breve Mt
25,14-15.19-21)
Sei
stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Dal vangelo secondo Matteo
[
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi
servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un
altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
]
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne
guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne
guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento,
andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
[
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti
con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri
cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho
guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo
padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi
parte alla gioia del tuo padrone”. ]
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore,
mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene,
servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel
poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e
disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai
seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a
nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto
dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto
affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato
il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha
i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà
nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il
servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore
di denti”».
Sulle
Offerte
Quest'offerta che ti presentiamo, Dio onnipotente, ci ottenga la grazia di servirti fedelmente e ci prepari il frutto di un'eternità beata. Per Cristo nostro Signore.
Concéde,
quæsumus, Dómine, ut óculis tuæ maiestátis munus oblátum et grátiam nobis
devotiónis obtíneat, et efféctum beátæ perennitátis acquírat. Per Christum..
Antifona
alla Comunione
Sal
72,28
Il mio bene
è stare vicino a Dio,
nel Signore Dio riporre la mia speranza.
Mihi autem
adhærére Deo bonum est,
pónere in Dómino Deo spem meam.
Oppure:
Mc
11,23.24
Dice
il Signore: «In verità vi dico:
tutto quello che domandate nella preghiera,
abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato».
Amen dico
vobis, quidquid orántes pétitis,
crédite quia accipiétis, et fiet vobis, dicit Dóminus.
Oppure:
Mt
25.21
«Servo buono e fedele,
sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto;
prendi parte alla gioia del tuo Signore».
Dopo
la Comunione
O Padre, che ci hai saziati con questo sacramento, ascolta la nostra umile preghiera: il memoriale, che Cristo tuo Figlio ci ha comandato di celebrare, ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore. Per Cristo nostro Signore.
Súmpsimus,
Dómine, sacri dona mystérii, humíliter deprecántes, ut, quæ in sui
commemoratiónem nos Fílius tuus fácere præcépit, in nostræ profíciant
caritátis augméntum. Per Christum.
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