L'Autorità
è servizio
La
persecuzione del «giusto» è il tema della la lettura.
La vita del giusto è la più radicale contestazione dell'«empio»,
qualunque sia la forma con cui l'empietà si manifesta.
Per questo motivo l'empio non sopporta il giusto, lo giudica
fastidioso, lo vorrebbe cancellare dalla faccia della terra, perché lo
percepisce come una «sfida». Il tema del giusto perseguitato si
ricollega ad altri temi assai significativi come i carmi del Servo di
Iahvè (v. domenica precedente) e sta alla base del racconto evangelico
della passione della quale nel vangelo di oggi si fa l'annuncio.
Gli Ebrei si erano fatta una concezione politica dell'opera del futuro
Messia.
Egli sarebbe comparso sulle nubi del ciclo per mettere in fuga
tutti i nemici e fare del regno di Israele un
regno potente, su tutti gli altri.
La predicazione e l'azione di Gesù andavano, invece, in
tutt'altro senso. Il suo annuncio è chiaramente un annuncio di salvezza
dal male radicale, il peccato, e non la restaurazione di una dominazione
politica.
Non la ricerca dei primi posti...
La parola che Gesù rivolge nel vangelo agli apostoli è una puntuale
contestazione ad una concezione del regno basata sul potere, sugli
onori, sui primi posti.
Ma la contestazione più radicale è la sua stessa vita. Gesù fa
sua la missione del Servo. Mite ed umile di cuore,
egli annuncia la salvezza ai poveri (Lc 4,18), è in mezzo ai
suoi discepoli «come colui che serve» (Lc 22,27), pur essendo loro «Signore
e Maestro» (Gv 13,12-15), e giunge fino al colmo delle esigenze
dell'amore che ispira questo servizio, dando la sua vita per la
redenzione dei peccatori.
La parola e l'esempio di Gesù risolvono il problema delle precedenze in
clima cristiano.
Gesù rifiuta categoricamente ogni ambizione di dominio sia per sé
che per la Chiesa.
L'unica autorità della Chiesa ed in seno ad essa è quella dell'ultimo
posto, dell'umile servizio
(v. 35).
... ma realizzare il bene comune
L'autorità: ecco una delle realtà fra le più ambigue e quindi fra le
più contestate del nostro tempo, sia a livello civile che ecclesiale.
C'è chi la esercita per ambizione, per volontà di dominio, per
ricerca di gloria; e chi la ritiene un servizio per il bene comune.
Tuttavia questa ambiguità non ha il suo fondamento nel potere e
nell'autorità in quanto tali, ma nell'atteggiamento di chi li brama e
li esercita.
Accolta ed esercitata con le intenzioni e con i propositi di cui parla
Cristo, l'autorità appare per quello che è nel piano di Dio: un
servizio.
Servizio del bene comune di cui chi è a capo è costituito
responsabile; servizio degli uomini che chi è in autorità serve,
badando che ognuno contribuisca al bene di tutti.
Se l'autorità è esercitata secondo la verità, che la
giustifica umanamente agli occhi degli uomini, dovremmo considerare
colui che la esercita come uno a cui si addice la parola del
Signore: «È a me che l'avete fatto»; e considerare la sua
fatica come una fatica cristiana e pasquale anche se l'autorità di cui
si parla è puramente laica e profana.
L'autorità contestata
Tutto questo vale in primo luogo per la Chiesa, che è «diakonia»,
vale a dire, comunità di servizio.
Come Gesù Cristo è servo perché salvatore, così la Chiesa è
serva perché sacramento di salvezza. Essa non può vivere avendo per
fine la propria grandezza, ma esiste solo come servizio per la comunione
di Dio con l'umanità. Un servizio di unità, di carità, di verità al
mondo intero.
Tocca alla gerarchia, ordinariamente, fare da segno di unità e da
garante della verità; ma la
critica spesso si cristallizza attorno all'autorità che è
contestata da più parti.
Gli uni trovano che oggi i cambiamenti sono troppo rapidi o
troppo profondi, altri perdono la pazienza di fronte alle lentezze ed al
carattere superficiale delle riforme, e la grande massa dei fedeli
accetta l'evoluzione senza comprendere bene cosa succede e perciò ne
resta traumatizzata.
In profondità, al di là delle discussioni sul suo modo di agire e di
esistere, quello che è in discussione è l'autorità stessa «gerarchica».
Alcuni sognano una Chiesa puramente carismatica, altri pensano l'autorità
ecclesiastica sul
modello di quella democratica che è basata sul popolo e regolata
da esso, alcuni negano
semplicemente l'autorità in nome di un anarchismo che va
serpeggiando.
Eppure il ministero gerarchico è una partecipazione vera, anche se
misteriosa, dell'attività con cui Cristo istruisce e costruisce il suo
corpo.
|
I
cristiani deboli
Dal
«Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 46, 13; CCL 41, 539-540)
Dice il Signore: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete
curato le inferme» (Ez 34, 4).
Parla ai cattivi pastori, ai falsi pastori, ai pastori che cercano i
loro interessi, non quelli di Gesù Cristo, che sono molto solleciti dei
proventi del loro ufficio, ma che non hanno affatto cura del gregge, e
non rinfrancano chi è malato.
Poiché si parla di malati e di infermi, anche se sembra trattarsi della
stessa cosa, una differenza si potrebbe ammettere. Infatti, a
considerare bene le parole in se stesse, malato è propriamente chi è
già tocco dal male, mentre infermo è colui che non è fermo e quindi
solo debole.
Per chi è debole bisogna temere che la tentazione lo assalga e lo
abbatta, Il malato invece è già affetto da qualche passione, e questa
gli impedisce di entrare nella via di Dio, di sottomettersi al giogo di
Cristo.
Alcuni uomini, che vogliono vivere bene e hanno fatto già il proposito
di vivere virtuosamente, hanno minore capacità di sopportare il male,
che disponibilità a fare il bene. Ora invece è proprio della virtù
cristiana non solo operare il bene, ma anche saper sopportare i mali.
Coloro dunque che sembrano fervorosi nel fare il bene, ma non vogliono o
non sanno sopportare le sofferenze che incalzano, sono infermi ossia
deboli. Ma chi ama il mondo per qualche insana voglia e si distoglie
anche dalla stesse opere buone, è già vinto dal male ed è malato. La
malattia lo rende come privo di forze e incapace di fare qualcosa di
buono. Tale era nell'anima quel paralitico che non poté essere
introdotto davanti al Signore. Allora coloro che lo trasportavano
scoprirono il tetto e di lì lo calarono giù. Anche tu devi comportarti
come se volessi fare la stessa cosa nel mondo interiore dell'uomo:
scoperchiare il suo tetto e deporre davanti al Signore l'anima stessa
paralitica, fiaccata in tutte le membra ed incapace di fare opere buone,
oppressa dai suoi peccati e sofferente per la malattia della sua
cupidigia.
Il medico c'è , è nascosto e sta dentro il cuore. Questo è il vero
senso occhio della Scrittura da spiegare.
Se dunque ti trovi davanti a un malato rattrappito nelle membra e
colpito da paralisi interiore, per farlo giungere al medico, apri il
tetto e fa' calar giù il paralitico, cioè fallo entrare in se stesso e
svelagli ciò che sta nascosto nelle pieghe del suo cuore. Mostragli il
suo male e il medico che deve curarlo.
A
chi trascura di fare ciò, avete udito quale rimprovero viene rivolto?
Questo: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato
le inferme, non avete fasciato quelle ferite» (Ez 34, 4). Il ferito di
cui si parla qui è come abbiamo già detto, colui che si trova come
terrorizzato dalle tentazioni. La medicina da offrire in tal caso è
contenuta in queste consolanti parole: «Dio è fedele e non permetterà
che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione ci darà
anche la vita d'uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10, 13).
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso
«Io sono la salvezza del popolo»,
dice il Signore,
«in qualunque prova mi invocheranno, li esaudirò,
e sarò il loro Signore per sempre».
Salus pópuli ego sum,
dicit Dóminus.
De
quacúmque tribulatióne clamáverint ad me,
exáudiam eos, et ero illórum Dóminus in perpétuum.
Colletta
O Dio, che nell'amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa' che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore...
Deus, qui sacræ legis ómnia constitúta in tua et próximi dilectióne posuísti,
da nobis, ut, tua præcépta servántes, ad vitam mereámur perveníre perpétuam.
Per Dóminum...
Oppure:
O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del tuo regno; donaci la sapienza che viene dall'alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura Sap 2, 12.17-20
Condanniamo
il giusto a una morte infamante.
Dal libro della Sapienza
[Dissero gli
empi:]
«Tendiamo
insidie al giusto, che per noi è d'incomodo
e si oppone
alle nostre azioni;
ci rimprovera
le colpe contro la legge
e ci rinfaccia le trasgressioni
contro l'educazione ricevuta.
Vediamo se
le sue parole sono vere,
consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se infatti
il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto
e lo
libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo
alla prova con violenze e
tormenti,
per conoscere
la sua mitezza
e
saggiare il suo spirito di sopportazione.
Condanniamolo a una morte infamante,
perché,
secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Salmo
Responsoriale
Dal Salmo 53
Il
Signore
sostiene la mia vita.
Dio, per
il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio alle parole della mia bocca.
Poiché stranieri contro di me sono insorti
e
prepotenti insidiano la mia vita;
non pongono Dio davanti ai loro occhi.
Ecco, Dio è il mio aiuto,
il
Signore sostiene la mia vita.
Ti
offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il tuo nome, Signore, perché è buono.
Seconda
Lettura
Gc 3,16-4,3
Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di
giustizia.
Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli miei, dove c'è gelosia e
spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la
sapienza che viene dall'alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite,
arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera.
Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di
giustizia.
Da dove vengono
le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse
dalle vostre passioni che fanno
guerra nelle vostre membra?
Siete pieni di desideri
e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a
ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete;
chiedete e non ottenete perché
chiedete male, per soddisfare
cioè le vostre passioni.
Canto
al Vangelo Cfr 2Ts 2,14
Alleluia,
alleluia.
Dio ci ha
chiamati mediante
il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
Alleluia.
Vangelo Mc 9, 30-37
Il Figlio dell'uomo
viene consegnato... Se uno vuole
essere il primo, sia il servitore di tutti.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo,
Gesù e
i
suoi
discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva
che alcuno lo sapesse. Insegnava
infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta
ucciso, dopo tre giorni risorgerà».
Essi però non capivano queste
parole e avevano
timore di interrogarlo.
Giunsero a
Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo
per la strada?». Ed essi
tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più
grande. Sedutosi, chiamò
i
Dodici e
disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il
servitore di tutti».
E, preso
un bambino, lo pose in mezzo
a loro e, abbracciandolo,
disse loro: «Chi accoglie uno
solo di questi
bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma
colui che mi ha mandato».
Sulle
Offerte
Accogli, o Padre, l'offerta del tuo popolo e donaci in questo sacramento di salvezza i beni nei quali crediamo e speriamo con amore di figli. Per Cristo nostro Signore.
Múnera, quæsumus, Dómine, tuæ plebis propitiátus assúme, ut, quæ fídei
pietáte profiténtur, sacraméntis cæléstibus apprehéndant. Per Christum..
Antifona
alla Comunione
Sal
118,4-5
Hai dato, Signore, i tuoi precetti,
perché siano osservati fedelmente.
Siano diritte le mie vie
nell'osservanza dei tuoi comandamenti.
Tu
mandásti mandáta tua custodíri nimis;
útinam
dirigántur viæ meæ ad custodiéndas iustificatiónes tuas..
Oppure: Gv
10,14
«Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore,
e le mie pecore conoscono me»,
dice il Signore.
Ego sum
pastor bonus, dicit Dóminus;
et
cognósco oves meas, et cognóscunt me meæ..
Oppure:
Mc
9,35
«Se uno vuole essere il primo
sia l'ultimo e il servo di tutti», dice il Signore.
Dopo
la Comunione
Guida
e sostieni, Signore, con il tuo continuo aiuto il popolo che hai nutrito
con i tuoi sacramenti, perché la redenzione operata da questi misteri
trasformi tutta la nostra vita. Per Cristo nostro Signore.
Quos tuis,
Dómine, réficis sacraméntis, contínuis attólle benígnus auxíliis, ut
redemptiónis efféctum et mystériis capiámus et móribus. Per Christum..
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