Così
prega il discepolo Gesù
La preghiera, nella sua definizione più
universale e condivisa da ogni religione, è
dialogo con Dio. Però mettere l’uomo in dialogo con Dio può
essere un rischio.
L’uomo nella preghiera può snaturare se
stesso e Dio. Può ridurre Dio a un suo bene di consumo, a un facile
rimedio alle proprie insufficienze e alle proprie pigrizie. E può
ridurre se stesso a un essere che scarica le proprie responsabilità su
un altro.
Solo la fede salva la verità della preghiera
In Israele, che vive in un regime di fede, è
salvata la verità del rapporto dell’uomo con Dio, la verità della
preghiera.
Un uomo vivo, un uomo vero, incontra il Dio
vivo e vero. Una libertà sta di fronte alla Libertà, la polvere sta di
fronte alla Roccia. «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che
sono polvere e cenere» (prima lettura).
In Israele la preghiera è legata
essenzialmente alla fede. Una libera risposta al Dio che si rivela e che
parla, un’azione di grazie per i grandi eventi che Dio compie per il
suo popolo. La preghiera è perciò prima risposta che domanda.
I salmi sono la più grande testimonianza
della preghiera di Israele in cui l’uomo resta se stesso e Dio resta
Dio in un autentico dialogo d’amore, un dialogo in cui entra la vita,
la storia. Mosè è la figura di colui che prega, l’orante per
eccellenza, ed è l’uomo della liberazione di un popolo, una figura
storica; l’azione, la politica sono le costanti della sua esistenza.
Anche la sua preghiera più contemplativa, quella che fa prima di vedere
la gloria di Dio, è una preghiera incarnata in cui l’attesa e la
speranza di un popolo entrano con forza. Egli porta davanti a Dio la
situazione politica di un popolo, non come osservatore, ma come
realizzatore. Gesù compie la preghiera d’Israele. Egli prega,
utilizza le formule tradizionali del suo
popolo e ne crea liberamente altre. Ma Gesù non solo prega: egli è
la preghiera; nella sua persona avviene il dialogo dell’uomo con Dio,
nella verità dei due termini.
Il vertice di questa preghiera è la
morte di Gesù che, vista sotto l’aspetto puramente interno della
storia, rappresenta soltanto un evento profano, cioè l’esecuzione di un
uomo condannato come delinquente politico; invece è
l’unico atto liturgico della storia. Per questo il culto cristiano
si concretizza nella assoluta dedizione dell’amore, quale poteva
manifestarsi unicamente in colui nel quale l’amore stesso di Dio si era
fatto amore umano.
Il cristiano «partecipa» alla preghiera
di Gesù
Inserito in Gesù mediante il battesimo come
membro del corpo, il cristiano può ringraziare degnamente il Padre, e con
Cristo può scoprire il momento-vertice del culto dove meno ci si aspetta:
nella morte e in tutto quello che esprime la fragilità e la finitezza
dell’uomo. Associato a Cristo per la edificazione del regno, la sua
preghiera di ringraziamento può e deve svilupparsi in preghiera di
supplica e di domanda che lo rende più disponibile all’azione di Dio e
gli permette di compiere la sua missione di figlio adottivo nella
realizzazione del disegno divino.
Nella misura in cui la sua preghiera di
domanda è veramente quella di figlio adottivo, il cristiano ha la
certezza di essere esaudito. Ma questo esige un lungo apprendistato, un
progressivo spogliamento di sé, affinché la preghiera di domanda si
purifichi e tenda ad identificarsi con il ringraziamento: «Padre, si
faccia la tua volontà, non la mia».
Preghiera «verbale» e preghiera «vitale»
Il rapporto con Dio si vive all’interno
dell’esistenza, nella fitta trama dei rapporti con le persone. La
preghiera perciò è un fatto vitale, prima che verbale. Però il momento
«verbale» è un momento antropologicamente necessario ed
ineliminabile. Certo, le otto ore di duro lavoro per un operaio sono amore
concreto per la moglie e per i figli; ma se si toglie il momento del
dialogo, si perde una dimensione essenziale della esistenza umana. Così
è anche per il nostro rapporto con Dio.
La preghiera è «parola», è «coscientizzazione» del rapporto con Dio, è nutrimento del rapporto
personale con lui: quando non ci si parla più, lentamente si diventa
estranei.
La preghiera in quanto parola è vera o
falsa. E vera quando esprime la realtà ossia la vita, falsa quando ne è
dissociata.
«Pregare con le labbra non
basta: i sacrifici, le lodi, il ringraziamento suonerebbero falsi dove la
preghiera non fosse già un trasformarsi in volontà di presenza e di
testimonianza cristiana. Vita e preghiera non sono separate: l’una
assume e arricchisce l’altra» (CdA, pag. 396).
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Sovrabbondo
di gioia in ogni tribolazione
Dalle
«Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo,
vescovo (Om. 14, 1-2; PG 61, 497-499)
Paolo riprende il discorso sulla carità, moderando l'asprezza del
rimprovero. Dopo avere infatti biasimato e rimproverato i Corinzi per il
fatto che, pur amati, non avevano corrisposto all'amore, anzi erano
stati ingrati e avevano dato ascolto a gente malvagia, mitiga il
rimprovero dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori» (2 Cor 7, 2), cioè
amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi più utile a loro che
a lui. Non dice «amate», ma con squisita delicatezza: «Fateci posto
nei vostri cuori». Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri
cuori? Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal
vostro spirito? Dato che prima aveva affermato: «E' nei vostri cuori
invece che siete allo stretto» (2 Cor 6, 12), qui esprime lo stesso
sentimento dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori». Così li attira
di nuovo a sé. Niente spinge tanto all'amore chi è amato quanto il
sapere che l'amante desidera ardentemente di essere corrisposto.
«Vi ho già detto poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per
morire insieme e insieme vivere» (2 Cor 7, 3). Espressione massima dell'amore di Paolo: benché disprezzato, desidera vivere e morire con
loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente, in modo qualsiasi, ma
come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga al momento del
pericolo: non è così per me.
«Sono pieno di consolazione» (2 Cor 7, 4). Di quale consolazione? Di
quella che mi viene da voi: ritornati sulla buona strada mi avete
consolato con le vostre opere. E' proprio di chi ama prima lamentarsi
del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per
eccessiva insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: «Sono
pieno di consolazione, pervaso di gioia».
In altre parole: sono stato colpito da grande dispiacere a causa vostra,
ma mi avete abbondantemente compensato e recato gran sollievo; non avete
solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato di più
abbondante gioia.
Paolo manifesta la sua grandezza d'animo non fermandosi a dire
semplicemente «sovrabbondo di gioia», ma aggiungendo anche «in ogni
mia tribolazione». E' così grande il piacere che mi avete arrecato che
neppure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da
farmi dimenticare con l'esuberanza della sua ricchezza, tutti gli
affanni che mi erano piombati addosso e ha impedito che io ne rimanessi
schiacciato.
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal
67,6-7.36
Dio sta nella sua santa dimora;
ai derelitti fa abitare una casa,
e dà forza e vigore al suo popolo.
Deus in loco sancto
suo;
Deus qui inhabitáre
facit unánimes in domo,
ipse dabit virtútem et fortitúdinem plebi suæ.
Colletta
O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore...
Protéctor in te sperántium, Deus, sine quo nihil est válidum, nihil sanctum,
multíplica super nos misericórdiam tuam, ut, te rectóre, te duce, sic bonis
transeúntibus nunc utámur, ut iam possímus inhærére mansúris. Per Dóminum...
Oppure:
Rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell'esperienza del tuo amore. Per il nostro Signore...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Gn 18, 20-21. 23-32
Non
si adiri il Signore, se parlo.
Dal
libro
della Gènesi
In quei giorni,
disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il
loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno
fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio
sapere!».
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo
stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con
l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi
sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta
giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con
l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te!
Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?».
Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito
della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io
che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno
cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non
la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno
quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta».
Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne
troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta».
Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne
troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei
venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta
sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per
riguardo a quei dieci».
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 137
Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.
Ti rendo
grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.
Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita;
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano.
La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.
Seconda
Lettura
Col 2, 12-14
Con
lui Dio ha dato vita anche a voi, perdonando tutte le colpe.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi.
Fratelli, con
Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la
fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle
colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte
le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le
prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla
croce.
Canto
al Vangelo Rm 8,15
Alleluia,
alleluia.
Avete ricevuto lo
Spirito che rende figli adottivi,
per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!
Alleluia.
Vangelo Lc
11, 1-13
Chiedete
e vi sarà dato.
Dal
vangelo secondo Luca
Gesù si trovava in un luogo a
pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore,
insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi
discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a
dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un
viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli
risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini
siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche
se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua
invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca
trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una
serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno
scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai
vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo
a quelli che glielo chiedono!».
Sulle
Offerte
Accetta, Signore, queste offerte che la tua generosità ha messo nelle nostre mani, perché, il tuo Spirito, operante nei santi misteri, santifichi la nostra vita presente e ci guidi alla felicità
senza fine. Per Cristo nostro Signore.
Súscipe, quæsumus, Dómine, múnera, quæ tibi de tua largitáte deférimus,
ut hæc sacrosáncta mystéria, grátiæ tuæ operánte virtúte, et præséntis
vitæ nos conversatióne sanctíficent, et ad gáudia sempitérna perdúcant.
Per Christum.
Antifona
alla Comunione
Sal
102.2
Anima mia, benedici il Signore:
non dimenticare tanti suoi benefici.
Bénedic,
ánima mea, Dómino,
et noli oblivísci omnes retributiónes eius.
Oppure: Mt
5,7-8
Beati
i misericordiosi:
essi troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore:
essi vedranno Dio.
Beáti
misericórdes,
quóniam ipsi
misericórdiam consequéntur.
Beáti mundo corde, quóniam ipsi Deum vidébunt.
Oppure:
Lc 11,10
«Chi
chiede ottiene, chi cerca trova,
a chi bussa sarà aperto»,
dice il Signore.
Dopo
la Comunione
O Dio nostro Padre, che ci hai dato la grazia di partecipare al mistero eucaristico, memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio,
fa' che questo dono del suo ineffabile amore giovi sempre per la nostra salvezza. Per Cristo nostro Signore.
Súmpsimus, Dómine, divínum sacraméntum, passiónis Fílii tui memoriále
perpétuum; tríbue, quæsumus, ut ad nostram salútem hoc munus profíciat, quod
ineffábili nobis caritáte ipse donávit. Qui vivit..
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