La
scelta dell'ultimo posto
La
morte di Cristo ci presenta un Dio «nuovo», un Dio la cui sapienza
appare imprevedibile e impensabile, così lontana dalla sapienza umana
da essere là dove nessuno penserebbe di trovarla. L’inizio della
vera sapienza, ci dice colui che scruta i pensieri di Dio, comincia
dal riconoscimento che la fonte della verità non è in ciò che
l’uomo sperimenta o desidera spontaneamente. Dio trae la gloria non
dai potenti ma dai deboli, avvolge nel dubbio e nel mistero chi
presume oltre le sue possibilità.
Solo
Dio conosce nel segreto ogni cuore e può rivelargli il mistero di
verità che porta in se stesso. Quando l’uomo comincia a riconoscere
i limiti della propria ricerca, l’incertezza o l’insicurezza delle
proprie conclusioni, l’insuccesso delle sue fatiche, è disposto a
ricevere la sapienza che Dio vuole rivelargli (prima lettura).
Gesù
è la sapienza di Dio. Il suo insegnamento è nuovo e sconvolgente. Un
capo dei farisei invita Gesù ed egli accetta di partecipare ad uno di
quei banchetti in cui i saggi del tempo si radunavano per
conversazioni brillanti sopra una virtù o un grande personaggio del
passato. Ma Gesù non sta al gioco e denuncia la «regola»
dell’arrivismo e dell’interesse, parlando di virtù sconosciute:
l’umiltà che sceglie l’ultimo posto, l’amore gratuito che
sceglie gli ultimi (vangelo).
La
nuova dinamica «verso il basso» iniziata da Cristo
Ma
Gesù sarebbe uno dei tanti maestri di virtù se non avesse vissuto
fino in fondo la sua parola e se la sua persona, la sua parola, la sua
vita non fossero la rivelazione definitiva di Dio. La croce è la sua
sapienza, il suo libro, la sua parola rivelatrice. La morte di Gesù
non è la fine di un tentativo di instaurare un nuovo regno, ma ne è
l’atto di nascita; colui che impotente è appeso al legno è il
capo, il fondatore.
Dalla
croce inizia un nuovo popolo, la cui unità è fondata l’amore,
frutto di una conversione. Convertirsi alla sapienza di Dio è credere
alla croce, credere che la verità dell’amore ha nella morte la sua
verifica. Chi entra nel regno impara una nuova sapienza. La sicurezza
non è nella prudenza umana né nel possesso delle forze dei dominio.
La prudenza umana non mette in cammino l’umanità verso nuove
realizzazioni, verso il rischio di un amore più universale; la sete
di dominio, la competizione fanno vittime, non danno la vita.
All’ultimo
posto per servire
Cristo
ci rivela che la vittoria coincide con l’apparente sconfitta, e la
sua forza è in ciò che gli altri considerano una debolezza. Ci
rivela che la vera ricchezza è nella povertà, la vera libertà sta
nel rendersi schiavo, la vita si realizza nel perderla.
Cristo
ha voluto rivelare che l’amore si compie quando, come lui, si dona
la propria vita per la vita dell’altro, si è nella verità quando
si giudica se stessi e la storia non sul metro del successo, ma sulla
libertà raggiunta, sul futuro che l’uomo ha realizzato e
conquistato, sul nuovo che ha costruito, sull’amore che si è
diffuso (vangelo).
Questa
nuova sapienza che viene da Dio e dalla croce raduna gli uomini come
ad una sola mensa, in una sola nazione, con una sola capitale; non
intendono dominare né servirsi della sapienza umana per realizzare
una comunione di valori; essi trovano nell’amore che si mette al
servizio dell’uomo la speranza che spinge il mondo verso nuovi e più
vasti confini (seconda lettura).
Contro
una società agonistica
La
società si organizza e vive sulla competitività, sulla lotta ad
oltranza per i primi posti, sul profitto, considerato come il valore
ultimo ed assoluto: concorrenza industriale fino all’eliminazione
della ditta avversaria; arrivismo sociale fatto di raccomandazioni e
bustarelle, corsa alla macchina nuova o all’abito nuovo come modo di
emergere.
Il
giovane oggi si prepara ad inserirsi in questo tipo di società
attraverso una educazione familiare e scolastica troppo spesso fondata
su una educazione all’agonismo sociale, all’arrivismo. E grave il
pericolo di una scuola che diventa luogo di selezione sociale
massificando i più, relegandoli alla categoria di «inferiori» e
facendo emergere i «meglio-dotati». «Un’educazione cristiana
che non punti a fare l’uomo più umano, più capace di vera
relazione con l’altro, ma invece più sicuro di sé, più
aristocratico, più distaccato finisce per renderlo potenzialmente più
egoista e sfruttatore».
Per
tutti, a qualunque grado della gerarchia sociale si trovino, scegliere
l’ultimo posto significa usare il proprio posto per il servizio
degli ultimi e non per il dominio su di loro.
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Il
Signore ha avuto misericordia di noi
Dai
«Discorsi» di sant'Agostino, vescovo (Disc. 23 A, 1-4; CCL 41,
321-323)
Siamo veramente beati se, quello che ascoltiamo, o cantiamo, lo mettiamo
anche in pratica. Infatti il nostro ascoltare rappresenta la semina,
mentre nell'opera abbiamo il frutto del seme. Premesso ciò, vorrei
esortarvi a non andare in chiesa e poi restare senza frutto, ascoltare
cioè tante belle verità, senza poi muovervi ad agire.
Tuttavia non dimentichiamo quanto ci dice l'Apostolo: «Per questa
grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono
di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene» (Ef 2,
8-9). Ribadisce: «Per grazia siete stati salvati» (Ef 2, 5).
In realtà non vi era in precedenza nella nostra vita nulla di buono,
che Dio potesse apprezzare e amare, quasi avesse dovuto dire a se
stesso: «Andiamo, soccorriamo questi uomini, perché la loro vita è
buona». Non poteva piacergli la nostra vita col nostro modo di agire,
però non poteva dispiacergli ciò che egli stesso aveva operato in noi.
Pertanto condannerà il nostro operato, ma salverà ciò che egli stesso
ha creato.
Dunque non eravamo davvero buoni. Ciò nonostante, Dio ebbe compassione
di noi e mandò il suo Figlio, perché morisse, non già per i buoni, ma
per i cattivi, non per i giusti, ma per gli empi. Proprio così: «Cristo
morì per gli empi» (Rm 5, 6). E che cosa aggiunge? «Ora a stento si
trova chi sia disposto a morire per un giusto», al massimo «ci può
essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene» (Rm 5, 7).
Può darsi che qualcuno abbia la forza di morire per il giusto. Ma per l'ingiusto,
l'empio, l'iniquo, chi accetterebbe di morire, se non Cristo soltanto,
che è talmente giusto da poter giustificare anche gli ingiusti?
Come vedete, fratelli, non avevamo opere buone, ma tutte erano cattive.
Tuttavia, pur essendo tali le opere degli uomini, la misericordia divina
non li abbandonò. Anzi Dio mandò il suo Figlio a redimerci non con oro
né con argento, ma a prezzo del suo sangue, che egli, quale Agnello
immacolato condotto al sacrificio ha sparso per le pecore macchiate, se
pure solo macchiate e non del tutto corrotte.
Questa è la grazia che abbiamo ricevuto. Viviamo perciò in modo degno
di essa, per non fare oltraggio a un dono sì grande. Ci è venuto
incontro un medico tanto buono e valente da liberarci da tutti i nostri
mali. Se vogliamo di nuovo ricadere nella malattia, non solo recheremo
danno a noi stessi, ma ci dimostreremo anche ingrati verso il nostro
medico.
Seguiamo perciò le ve che egli ci ha mostrato, specialmente la via dell'umiltà,
quella per la quale si è incamminato lui stesso: Infatti ci ha
tracciato la via dell'umiltà con il suo insegnamento e l'ha percorsa
fino in fondo soffrendo per noi.
Perché dunque colui che era immortale potesse morire per noi, «il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). L'immortale
assunse la mortalità, per poter morire per noi e distruggere in tal
modo con la sua morte la nostra morte.
Questo ha compiuto il Signore, in questo ci ha preceduto. Lui che è
grande si è umiliato, umiliato fu ucciso, ucciso risuscitò e fu
esaltato per non lasciare noi nell'inferno, ma per esaltare in sé,
nella risurrezione dai morti, coloro che in questa terra aveva esaltati
soltanto nella fede e nella confessione dei giusti. Dunque ci ha chiesto
di seguire la via dell'umiltà: se lo faremo daremo gloria al Signore e
a ragione potremo cantare: «Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo
grazie, invocando il tuo nome» (Sal 74, 2).
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal
85,3.5
Abbi pietà di me, Signore,
perché ti invoco tutto il giorno:
tu sei buono e pronto al perdono,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.
Miserére mihi, Dómine,
quóniam ad te clamávi
tota die:
quia tu,
Dómine, suávis ac mitis es,
et copiósus in misericórdia ómnibus invocántibus te.
Colletta
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l'amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...
Deus virtútum, cuius est totum quod est óptimum, ínsere pectóribus nostris
tui nóminis amórem, et præsta, ut in nobis, religiónis augménto, quæ sunt
bona nútrias, ac, vigilánti stúdio, quæ sunt nutríta custódias. Per Dóminum...
Oppure:
O Dio, che chiami i poveri e i peccatori alla festosa assemblea della nuova alleanza,
fa' che la tua Chiesa onori la presenza del Signore negli umili e nei sofferenti, e tutti ci riconosciamo fratelli intorno alla tua mensa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
3,17-20.28-29, neo-volg. Sir 3,
19-21.30-31
Fatti
umile, e troverai grazia davanti al Signore.
Dal libro del Siràcide
Figlio, compi le
tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 67
Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si
rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.
Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.
Seconda
Lettura Eb 12, 18-19.22-24
Vi
siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente.
Dalla lettera agli
Ebrei
Fratelli, non vi
siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a
oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di
parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere
più a loro la parola.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente,
alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e
all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio
giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù,
mediatore dell’alleanza nuova.
Canto
al Vangelo Mt
11,29
Alleluia,
alleluia.
Prendete il mio
giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia.
Vangelo
Lc 14, 1. 7-14
Chi
si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
Dal
vangelo secondo Luca
Avvenne che un
sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed
essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi
posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo
posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che
ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai
con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a
metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato
ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a
tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si
umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una
cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né
i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu
abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita
poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da
ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei
giusti».
Sulle
Offerte
Santifica, Signore, l'offerta che ti presentiamo, e compi in noi con la potenza del tuo Spirito la redenzione che si attua nel mistero. Per Cristo nostro Signore.
Benedictiónem nobis, Dómine, cónferat salutárem sacra semper oblátio,
ut, quod agit mystério, virtúte perfíciat. Per Christum.
Antifona
alla Comunione Sal
30,20
Quant'è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per quelli che ti temono.
Ps 30,20
Quam magna
multitúdo dulcédinis tuæ,
Dómine, quam abscondísti timéntibus te.
Oppure:
Mt
5,9-10
Beati
gli operatori di pace:
saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia:
di essi è il regno dei cieli.
Beáti
pacífici, quóniam fílii Dei vocabúntur.
Beáti qui
persecutiónem patiúntur propter iustítiam,
quóniam ipsórum est regnum cælórum.
Oppure:
Lc
14,11
«Chiunque si esalta sarà umiliato
e chi si umilia sarà esaltato».
Dopo
la Comunione
O Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa, fa' che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore e ci spinga a servirti nei nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.
Pane mensæ
cæléstis refécti, te, Dómine, deprecámur, ut hoc nutriméntum caritátis corda
nostra confírmet, quátenus ad tibi ministrándum in frátribus excitémur. Per
Christum..
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