Non
ci sarà più alcun tempio
Nel
vangelo di questa domenica Gesù promette ai discepoli e a noi la venuta
dello Spirito perché «insegni» e «ricordi»: è questa la missione del «Consolatore» entro l’arco di tempo che si snoda tra la salita di
Gesù al Padre (Pasqua-Ascensione) e il suo ritorno (nella parusia);
questa è pure la certezza della Chiesa che, camminando nella storia, deve
continuare a credere in Cristo senza vederlo. Per questo è necessario
farsi guidare dallo Spirito, per ricordare e capire, nella fede, la parola
dei Signore Gesù, per accettarla come sempre viva e operante.
Una
Chiesa che sceglie la libertà
Un
esempio concreto di come la Chiesa può e deve lasciarsi guidare dallo
Spirito è offerto da una situazione vissuta dalla comunità apostolica.
Un aspro dibattito era sorto a proposito delle osservanze giudaiche: si
dovevano imporre ai convertiti dai paganesimo o no? Paolo e Barnaba si
fanno difensori della libertà cristiana, la libertà dello Spirito, e
ricevono l’approvazione dei Concilio di Gerusalemme (cf prima lettura).
L’episodio
può considerarsi paradigmatico riguardo alla edificazione e allo sviluppo
della Chiesa, che non può essere ostacolata da difficoltà e contrasti
sempre in essa risorgenti. In ogni tempo, a qualsiasi livello, le tensioni
si compongono secondo la linea seguita dalla comunità apostolica:
rivolgersi ai responsabili investiti di un mandato; invocare lo Spirito,
leggere e comprendere le singole situazioni, trattare le questioni alla
luce della fede e della parola del Signore; ispirarsi ai principi della
vera libertà nella missione verso gli altri.
Lo
Spirito che insegna ogni cosa darà la chiarezza di visione e di pensiero
necessarie a coloro che hanno il mandato di «reggere» la Chiesa di Dio,
perché cammini e cresca nella carità. Dagli avvenimenti della Chiesa
apostolica alle situazioni presenti nelle comunità cristiane, è sempre
lo Spirito che guida la Chiesa, finché sarà riempita della «gloria» di
Dio e «illuminata» dalla luce trasfigurante dell’Agnello.
La
Città santa che discende dal cielo
La
seconda lettura ci dà il senso definitivo della Chiesa che si costruisce
nel tempo: essa prepara la Città santa, la Chiesa dei salvati, luogo di
incontro di tutti gli uomini e di piena comunione con Dio. Non bisogna
vedere in questa Città santa, in questa nuova Gerusalemme né la Chiesa
del presente né la Chiesa futura come perfetta realizzazione di quella
attuale. Si tratta di comprendere che, attraverso un dinamismo di
progressiva spiritualizzazione, si prepara nel presente (il tempo, la
storia) una realtà completamente nuova: il Regno «risplendente della
gloria di Dio» (v. 10). Dovunque si verifica una spinta e una convergenza
delle forze vive della Chiesa e dell’umanità verso una maggiore libertà
degli spiriti e delle coscienze, verso un maggiore amore che è energia
suprema la quale sospinge irresistibilmente a purificare, elevare,
perfezionare l’esistenza per l’edificazione di un mondo più degno
dell’uomo; dovunque ciò avviene, lì è in opera lo Spirito di Dio e il
Regno è in gestazione.
I
cristiani devono essere come dei «veggenti», al pari dell’apostolo
Giovanni; penetrare con il loro sguardo «più lontano» di ciò che
coglie lo sguardo comune; leggere gli avvenimenti alla luce di Dio; e, in
questa luce, riconoscere già i bagliori, la topografia... della città
santa che scende da Dio.
…
fino a che Dio sarà tutto in tutti
In
questa visione la novità radicale è che non c’è più il tempio
visibile e materiale perché la presenza dei Signore è pienamente svelata
e definitiva. E terminato il regime sacramentale, vige quello della
comunione: Dio è pienezza di ogni cosa. Ciò richiama la relatività dei
«segni» dell’incontro con Dio, che pure sono necessari nella
condizione della Chiesa pellegrina. E come tali perdurano nel tempo, anche
se destinati a scomparire.
Uno
di essi è l’assemblea eucaristica: annuncio e, in qualche modo,
anticipo della nuova realtà, la Città santa che viene dal Cielo. Essa
stessa infatti, l’assemblea eucaristica, è il luogo della presenza di
Dio, tempio vivente della lode e della comunione (anche se ancora
imperfetta). E i battezzati che la compongono sono a loro volta,
singolarmente, tempio di Dio per opera dello Spirito che abita in ciascuno
di loro.
Così,
tutti insieme e singolarmente, i membri dell’assemblea liturgica formano
la vera Gerusalemme spirituale: animata dallo spirito di libertà e di
amore. In essa Gesù Cristo — l’Agnello — viene ad abitare per
rendere un culto perfetto al Padre. E in unione con lui e con tutta la
Chiesa, l’assemblea celebrante rende gloria a Dio, mentre prega per
tutti gli uomini chiamati a partecipare alla salvezza offerta da Cristo.
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Dio
ci ha riconciliati per mezzo di Cristo
e ci ha affidato il ministero della riconciliazione
Dal
«Commento sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Cirillo di
Alessandria, vescovo (Cap.
5, 5 - 6; PG 74, 942-943)
Chi
ha il pegno dello Spirito e possiede la speranza della risurrezione,
tiene come già presente ciò che aspetta e quindi può dire con ragione
di non conoscere alcuno secondo la carne, di sentirsi, cioè, fin d'ora
partecipe della condizione del Cristo glorioso. Ciò vale per tutti noi
che siamo spirituali ed estranei alla corruzione della carne. Infatti,
brillando a noi l'Unigenito, siamo trasformati nel Verbo stesso che
tutto vivifica. Quando regnava il peccato eravamo tutti vincolati dalle
catene della morte. Ora che è subentrata al peccato la giustizia di
Cristo, ci siamo liberati dall'antico stato di decadenza.
Quando diciamo che nessuno è più nella carne intendiamo riferirci a
quella condizione connaturale alla creatura umana che comprende, fra l'altro,
la particolare caducità propria dei corpi. Vi fa cenno san Paolo quando
dice: «Infatti anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora
non lo conosciamo più così» (2 Cor 5, 16). In altre parole: «Il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), e
per la vita di noi tutti accettò la morte del corpo. La nostra fede
prima ce lo fa conoscere morto, poi però non più morto,
ma vivo; vivo con il corpo risuscitato al terzo giorno; vivo presso il
Padre ormai in una condizione superiore a quella connaturale ai corpi
che vivono sulla terra. Morto infatti una volta sola non muore più, la
morte non ha più alcun potere su di lui. Per quanto riguarda la sua
morte egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto
che egli vive, vive per Dio (cfr. Rm 6, 8-9).
Pertanto
se si trova in questo stato colui che si fece per noi antesignano di
vita, è assolutamente necessario che anche noi, calcando le sue orme,
ci riteniamo vivi della sua stessa vita, superiore alla vita naturale
della persona umana. Perciò molto giustamente san Paolo scrive: «Se
uno è in Cristo, è una creatura nuova; le vecchie cose sono passate,
ecco ne sono nate di nuove!» (2 Cor 5, 17). Fummo infatti giustificati
in Cristo per mezzo della fede, e la forza della maledizione è venuta
meno. Poiché egli è risuscitato per noi, dopo essersi messo sotto i
piedi la potenza della morte, noi
conosciamo il vero Dio nella sua stessa natura, e a lui rendiamo culto
in spirito e verità, con la mediazione del Figlio, il quale dona al
mondo, da parte del Padre, le benedizioni celesti.
Perciò
molto a proposito san Paolo scrive: «Tutto questo viene da Dio, che ci
ha riconciliati con sé mediante in Cristo» (2 Cor 5, 18). In realtà
il mistero dell'incarnazione e il conseguente rinnovamento non avvengono
al di fuori della volontà del Padre. Senza dubbio per mezzo di Cristo
abbiamo acquistato l'accesso al Padre, dal
momento che nessuno viene al Padre, come egli stesso dice, se non per
mezzo di lui. Perciò «tutto questo viene da Dio, che ci ha
riconciliati mediante Cristo, ed ha affidato a noi il ministero della
riconciliazione» (2 Cor 5, 18).
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Cf
Is 48,20
Con voce di giubilo date il grande annunzio,
fatelo giungere ai confini del mondo:
il Signore ha liberato il suo popolo. Alleluia.
Vocem iucunditátis
annuntiáte,
et audiátur,
annuntiáte usque ad
extrémum terræ: liberávit Dóminus pópulum suum, allelúia.
Colletta
Dio onnipotente, fa' che viviamo con rinnovato impegno questi giorni di letizia in onore del Cristo risorto, per testimoniare nelle opere il memoriale della Pasqua che celebriamo nella fede. Per il nostro Signore...
Fac nos, omnípotens Deus, hos lætítiæ dies, quos in honórem Dómini
resurgéntis exséquimur, afféctu sédulo celebráre, ut quod recordatióne
percúrrimus semper in ópere teneámus. Per Dóminum.
Oppure:
O Dio, che hai promesso di stabilire la tua dimora in quanti ascoltano la tua parola e la mettono in pratica, manda il tuo Spirito, perché richiami al nostro cuore tutto quello che il Cristo ha fatto e insegnato e ci renda capaci di testimoniarlo con le parole e con le opere. Per il nostro Signore...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
At 15, 1-2. 22-29
È parso
bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di
fuori di queste cose necessarie.
Dagli Atti degli
Apostoli
In quei giorni,
alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate
circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro
costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro
salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale
questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di
scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e
Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra
i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli
anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di
Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di
noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi
con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò,
tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai
nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro
vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato
Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose.
È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro
obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni
offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni
illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State
bene!».
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 66
Ti
lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
Dio abbia
pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.
Seconda
Lettura Ap 21, 10-14. 22-23
L'Angelo
mi mostrò la città santa che scende dal cielo.
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni
apostolo
L’angelo mi
trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città
santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della
gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma
preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte
stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli
d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno
tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i
dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
Canto
al Vangelo
Gv
14,23
Alleluia,
alleluia.
Se uno mi ama, osserva la mia parola,
dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.
Vangelo
Gv 14, 23-29
Lo
Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Dal
vangelo secondo Giovanni
In quel tempo,
Gesù disse [
ai suoi discepoli ]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non
osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del
Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il
Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do
a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi
rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me.
Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi
crediate».
Sulle
Offerte
Accogli Signore, l'offerta del nostro sacrificio, perché, rinnovati nello Spirito, possiamo rispondere sempre meglio all'opera della tua redenzione. Per Cristo nostro Signore.
Ascéndant ad te, Dómine, preces nostræ cum oblatiónibus hostiárum, ut, tua
dignatióne mundáti, sacraméntis magnæ pietátis aptémur. Per Christum.
Prefazio Pasquale V
Cristo
sacerdote e vittima
E'
veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore.
e
soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
Offrendo il suo corpo sulla croce,
diede compimento ai sacrifici antichi,
e donandosi per la nostra redenzione
divenne altare, vittima e sacerdote.
Per questo mistero,
nella pienezza della gioia pasquale,
l'umanità esulta su tutta la terra,
e con l'assemblea degli angeli e dei santi
canta l'inno della tua gloria:
Santo, Santo, Santo ...
Vere dignum
et iustum est, æquum et salutáre:
Te quidem,
Dómine,
omni
témpore confitéri,
sed in
hoc potíssimum gloriósius prædicáre,
cum Pascha
nostrum immolátus est Christus.
Qui, oblatióne
córporis sui,
antíqua sacrifícia in
crucis veritáte perfécit,
et, seípsum
tibi pro nostra salúte comméndans,
idem
sacérdos, altáre et agnus exhíbuit.
Quaprópter,
profúsis paschálibus gáudiis,
totus in
orbe terrárum mundus exsúltat.
Sed et
supérnæ virtútes atque angélicæ
potestátes
hymnum glóriæ tuæ cóncinunt,
sine fine
dicéntes:
Sanctus,
Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.
Antifona
alla Comunione Gv
14,23
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui
e prenderemo dimora presso di lui».
Si dilígitis
me,
mandáta mea
serváte,
dicit
Dóminus.
Et ego
rogábo Patrem,
et álium
Paráclitum dabit vobis,
ut máneat
vobíscum in ætérnum, allelúia.
Dopo
la Comunione
Dio grande e misericordioso, che nel Signore risorto riporti l'umanità alla speranza eterna, accresci in noi l'efficacia del mistero pasquale con la forza di questo sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore.
Omnípotens
sempitérne Deus, qui ad ætérnam vitam in Christi resurrectióne nos réparas,
fructum in nobis paschális multíplica sacraménti, et fortitúdinem cibi
salutáris nostris infúnde pectóribus. Per Christum.
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