Dio
è fedele all'alleanza
«Dio ... ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»:
celebrare l'amore di Dio significa dire «grazie» per la vita che in
Gesù è stata donata agli uomini.
Salvati
per amore
«Avere la vita eterna» non indica solo la promessa di una beatitudine
dopo la vita terrena, ma la partecipazione alla vita divina già fin
d'ora. Nel «dare», cioè nel consegnare il Figlio alla morte, il
Padre manifesta la sua straordinaria passione per l'uomo: una verità
questa, che ha ancora la forza di capovolgere le nostre visuali e,
forse, di scandalizzare.
L'amore a Dio, contrariamente a quanto può sembrare, non è iniziativa
nostra perché «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha
amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i
nostri peccati» (1 Gv 4,10). L'amore a Dio è frutto dell'amore
preveniente di Dio. Un amore che non si coniuga con il pregiudizio di un
Dio terribile che in passato può aver inquietato la coscienza di molti.
D'altra parte, la proclamazione del Dio-amore può infastidire altri,
perché sembra presentare un'immagine altrettanto deformata di un Dio
remissivo e troppo accondiscendente nei confronti del peccato.
I testi liturgici proclamano che la storia è retta dall'iniziativa del
Padre che a tutti offre la salvezza, sempre condizionata
dall'accoglienza o dal rifiuto dei singoli. La salvezza è grazia
immeritata, opera gratuita del Dio ricco di misericordia e di bontà
(seconda lettura). L'eventuale chiusura produce l'autocondanna dell'uomo
che, prigioniero della sua sterile sufficienza, rende inefficace il
proposito di Dio. È emblematica la storia d'Israele (prima lettura):
pur conoscendo la sollecitudine del suo Dio, si ostina nell'infedeltà.
L'esilio, con la distruzione di ogni sicurezza, diventa situazione
propizia al ravvedimento. La sorda autosufficienza del passato viene
smascherata dalle sue stesse conseguenze. Non ci sarebbe via d'uscita se
il Signore, fedele al suo progetto, non riaprisse la storia al futuro
prendendo l'iniziativa della liberazione e del ritorno in patria.
Il
Figlio innalzato sulla croce
La
nostra vicenda, personale e comunitaria, presenta sorprendenti analogie
con la storia del passato e dei suoi protagonisti. L'uomo sembra
perseguire unicamente i propri interessi, incapace di calcolare con
coscienza critica la carica negativa delle proprie scelte. Anche il
credente che respira questa atmosfera inquinata è spesso incapace di
assecondare la forza liberatrice della parola di Dio, di leggere i
segni, della fedeltà e della vicinanza di Dio. Alle prese con
assillanti problemi quotidiani, scosso da continue tensioni sociali,
testimone o complice di avvenimenti spesso tragici che avvelenano la
convivenza, l'uomo sembra giustificato nella sua fuga da Dio, nella sua
estraneità a una presenza e ad un amore che non sembrano mutare il
corso della storia.
Eppure la fede continua a proclamare il suo «evangelo»: il Figlio di
Dio innalzato sulla croce è il segno permanente di un amore fecondo di
salvezza. Se il corso della storia non è cambiato in modo clamoroso, ne
è però cambiato il senso. Nella morte di Cristo, offerta per amore e
vissuta in comunione con Dio, il negativo è diventato positivo, la
sconfitta è diventata vittoria e fonte di vita. Chi «guarda» al
crocifisso con fede, chi adempie la volontà di Dio e si lascia
determinare nel proprio comporta mento dalla logica di Cristo, rivela
l'esatta dimensione della propria vita, illuminata e mossa dall'amore.
Chiudersi alla proposta di Dio è rifiutare la luce e, dunque,
ritrovarsi in una situazione di cecità, di non-senso, di autocondanna
(vangelo).
Creati
in Cristo Gesù
«Il
grande amore con il quale Dio ci ha amati» (seconda lettura) si è
concretizzato per noi nella situazione nuova originata dal battesimo. In
esso Dio ci ha raggiunti, rigenerati, ricreati in Cristo. Paolo non
trova termini adeguati a descrivere la nuova condizione dei cristiani se
non ricorrendo a espressioni composte: essi sono con-vivificati,
con-risuscitati, con-glorificati in Cristo... È una perfetta identità
di destino con Cristo. Divenuti segno vivente della misericordia del
Padre, i battezzati sono chiamati a orientare la vita sempre più
decisamente verso un amore che si maturi in gesti capaci di «raccontare» la potenza trasformante dell'amore.
Saranno sempre possibili momenti di fuga, di disorientamento, di
complicità col male, ma chi si lascia illuminare dalla fede è in grado
di giudicarli come insipienti e sterili ricerche di pienezza. La
liturgia, consapevole della costituzionale fragilità del cuore umano,
scioglie un'invocazione fiduciosa: «I nostri pensieri siano sempre
conformi alla tua sapienza (o Padre) e possiamo amarti con cuore sincero» (oraz. dopo la comunione).
|
Cristo
è via alla luce, alla verità, alla vita
Dai
«Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo
(Tratt. 34, 8-9; CCL 36, 315-316)
Il Signore in maniera concisa ha detto: «Io sono la luce del mondo; chi
segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»
(Gv 8, 12), e con queste parole comanda una cosa e ne promette un'altra.
Cerchiamo, dunque, di eseguire ciò che comanda, perché altrimenti
saremmo impudenti e sfacciati nell'esigere quanto ha promesso, senza
dire che, nel giudizio, ci sentiremmo rinfacciare: Hai fatto ciò che ti
ho comandato, per poter ora chiedere ciò che ti ho promesso? Che cosa,
dunque, hai comandato, o Signore nostro Dio? Ti risponderà: Che tu mi
segua.
Hai domandato un consiglio di vita. Di quale vita, se non di quella di
cui è stato detto: «E' in te la sorgente della vita»? (Sal 35, 10).
Dunque mettiamoci subito all'opera, seguiamo il Signore: spezziamo le
catene che ci impediscono di seguirlo. Ma chi potrà spezzare tali
catene, se non ci aiuta colui al quale fu detto: «Hai spezzato le mie catene»?
(Sal 115, 16). Di lui un altro salmo dice: «Il Signore libera i
prigionieri, il Signore rialza chi è caduto»(Sal 145, 7. 8).
Che cosa seguono quelli che sono stati liberati e rialzati, se non la
luce dalla quale si sentono dire: «Io sono la luce del mondo; chi segue
me non camminerà nelle tenebre»? (Gv 8, 12). Si, perché il Signore
illumina i ciechi. O fratelli, ora i nostri occhi sono curati con il
collirio della fede. Prima, infatti, mescolò la sua saliva con la
terra, per ungere colui che era nato cieco. Anche noi siamo nati ciechi
da Adamo e abbiamo bisogno di essere illuminati da lui. Egli mescolò la
saliva con la terra: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in
mezzo a noi» (Gv 1, 14). Mescolò la saliva con la terra, perché era
già stato predetto: «La verità germoglierà dalla terra» Sal 84, 12)
ed egli dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).
Godremo
della verità, quando la vedremo faccia a faccia, perché anche questo
ci viene promesso. Chi oserebbe, infatti, sperare ciò che Dio non si
fosse degnato o di promettere o di dare?
Vedremo faccia a faccia. L'Apostolo
dice: Ora conosciamo in modo imperfetto; ora vediamo come in uno
specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (cfr. 1
Core 13, 12). E l'apostolo Giovanni nella sua lettera aggiunge: «Carissimi,
noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora
rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi
saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,
2). Questa è la grande promessa.
Se lo ami, seguilo. Tu dici: Lo amo, ma per quale via devo seguirlo? Se
il Signore tuo Dio ti avesse detto: Io sono la verità e la vita, tu,
desiderando la verità e bramando la vita, cercheresti di sicuro la via
per arrivare all'una e all'altra. Diresti a te stesso: gran cosa è la
verità, gran bene è la vita: oh! se fosse possibile all'anima mia
trovare il mezzo per arrivarci!
Tu cerchi la via? Ascolta il Signore che ti dice in primo luogo: Io sono
la via. Prima di dirti dove devi andare, ha premesso per dove devi
passare: «Io sono», disse «la via»! La via per arrivare dove? Alla
verità e alla vita. Prima ti indica la via da prendere, poi il termine
dove vuoi arrivare. «Io sono la via, Io sono la verità, Io sono la
vita». Rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi
della nostra carne, è diventato la via.
Non
ti vien detto: devi affaticarti a cercare la via per arrivare alla verità
e alla vita; non ti vien detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è
venuta a te e ti ha svegliato dal sonno, se pure ti ha svegliato. Alzati
e cammina!
Forse tu cerchi di camminare, ma non puoi perché ti dolgono i piedi.
Per qual motivo ti dolgono? Perché hanno dovuto percorrere i duri
sentieri imposti dai tuoi tirannici egoismi? Ma il Verbo di Dio ha
guarito anche gli zoppi.
Tu replichi: Si, ho i piedi sani, ma non vedo la strada. Ebbene, sappi
che egli ha illuminato perfino i ciechi.
|
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Cf
Is 66,10-11
Rallégrati, Gerusalemme,
e voi tutti che l'amate, riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi dell'abbondanza
della vostra consolazione.
Laetáre,
Ierúsalem,
et convéntum
fácite,
omnes qui
dilígitis eam;
gaudéte
cum laetítia, qui in tristítia fuístis,
ut
exsultétis,
et satiémini ab ubéribus consolatiónis vestrae.
Colletta
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina. Per il nostro Signore...
Deus, qui per Verbum tuum humáni géneris reconciliatiónem mirabíliter
operáris, praesta, quaesumus, ut pópulus christiánus prompta devotióne
et álacri fide ad ventúra sollémnia váleat festináre. Per Dóminum.
Oppure:
Dio buono e fedele, che mai ti
stanchi di richiamare gli erranti a vera conversione e nel tuo Figlio
innalzato sulla croce ci guarisci dai morsi del maligno, donaci la
ricchezza della tua grazia, perché rinnovati nello spirito possiamo
corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore. Per il nostro Signore Gesù
Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura 2 Cr 36,14-16.19-23
Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la
misericordia del Signore.
Dal secondo libro delle Cronache
In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo
moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli
altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era
consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i
suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e
della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio,
disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che
l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più
rimedio. Quindi
[i suoi nemici]
incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e
diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi
oggetti preziosi.
Il re
[dei Caldei]
deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi
e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la
parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia
scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della
desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del
Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito
di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche
per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo,
mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di
costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi
appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 136
Il ricordo di
te, Signore, è la nostra gioia.
Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.
Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Seconda Lettura Ef
2,4-10
Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli
Efesìni
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale
ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con
Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in
Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza
della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da
voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa
vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere
buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
Canto al Vangelo Cf Gv 3,16
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Vangelo
Gv 3,14-21
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la
vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio,
infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma
perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è
condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha
creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno
amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché
le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso
la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in
Dio».
Sulle
Offerte
Ti offriamo con gioia, Signore, questi doni per il sacrificio: aiutaci a celebrarlo con fede sincera e a offrirlo degnamente per la salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore.
Remédii sempitérni múnera, Dómine, laetántes offérimus, supplíciter
exorántes, ut éadem nos et fidéliter venerári, et pro salúte mundi
congruénter exhibére perfícias. Per Christum.
Prefazio
Il significato spirituale
della Quaresima
È
veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre Santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
Ogni anno tu doni ai tuoi fedeli di prepararsi con gioia,
purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua,
perché, assidui nella preghiera e nella carità operosa,
attingano ai misteri della redenzione
la pienezza della vita nuova
in Cristo tuo Figlio, nostro salvatore.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli,
ai Troni e alle Dominazioni
e alla moltitudine dei Cori celesti,
cantiamo con voce incessante l'inno della tua gloria:
Santo, Santo, Santo il Signore...
Antifona alla Comunione Gv 3,19-21
«La luce è venuta nel mondo.
Chi opera la verità viene alla luce».
Dóminus
linívit óculos meos:
et ábii,
et lavi, et vidi, et crédidi Deo.
Lc
15,32 Opórtet te, fili, gaudére,
quia
frater tuus mórtuus fúerat,
et
revíxit; períerat, et invéntus est.
Oppure: Sal
121,3-4
Gerusalemme è costruita
come città salda e compatta.
Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore.
Ierúsalem, quae
aedificátur ut cívitas,
cuius
participátio eius in idípsum.
Illuc
enim ascendérunt tribus, tribus Dómini,
ad confiténdum nómini tuo, Dómine.
Dopo
la Comunione
O Dio, che illumini ogni uomo che viene in questo mondo, fa' risplendere su di noi la luce del tuo volto, perché i nostri pensieri siano sempre conformi alla tua sapienza e possiamo amarti con cuore sincero. Per Cristo nostro Signore.
Deus, qui illúminas omnem hóminem veniéntem in hunc mundum,
illúmina, quaesumus, corda nostra grátiae tuae splendóre, ut digna ac
plácita maiestáti tuae cogitáre semper, et te sincére dilígere valeámus.
Per Christum.
Oratio
super populum
Tuére,
Dómine, súpplices tuos, susténta frágiles, et inter ténebras mortálium
ambulántes tua semper luce vivífica, atque a malis ómnibus cleménter
eréptos, ad summa bona perveníre concéde. Per Christum.
|