314. Oggetto
del comandamento
Lavorerai per sei giorni, compiendo tutti i tuoi doveri. Ma il settimo
giorno è del Signore Dio tuo; in quello, nulla farete tu, tuo figlio e
tua figlia, il tuo servo e la tua serva, il tuo giumento, l'ospite che
dimora in casa tua; infatti in sei giorni il Signore fece il cielo, la
terra e tutto ciò che è in essi; e nel settimo giorno si riposo. Per
questo il Signore benedisse il sabato e lo santificò.
Con questo
comando della Legge è giustamente e ordinatamente prescritto quel culto
esterno che dobbiamo a Dio. Si tratta in fondo di un corollario del
precedente comandamento. Non possiamo infatti astenerci dal prestare
culto esterno e dall'offrire il nostro ringraziamento a Colui che
veneriamo nell'anima, ed in cui riponiamo la nostra fiducia e speranza.
E poiché le cure umane non permettono agevolmente agli uomini di
assolvere simile compito, è stato fissato un tempo in cui possano farlo
comodamente.
Trattandosi di comandamento che arreca mirabili frutti, preme che il
Parroco ponga ogni studio nel commentarlo. La prima parola della
formula: Ricordati, infiammerà già di per sé il suo zelo. Se i fedeli
devono ricordare il precetto, spetta al Pastore inculcarlo senza tregua
nei loro cuori. Quanto poi convenga ai fedeli rispettarlo, trasparisce
dal fatto che, ciò facendo, saranno portati a rispettare più facilmente
i rimanenti obblighi della legge. Infatti, fra le altre azioni da
compiere nei giorni festivi, v'è quella di recarsi in chiesa ad
ascoltare la parola di Dio. Una volta istruiti nelle divine
prescrizioni, i fedeli custodiranno con tutto il cuore la Legge del
Signore.
Per questo il rispetto del Sabato e il culto divino sono raccomandati
spessissimo nella Scrittura, nell'Esodo ad esempio, nel Levitico, nel
Deuteronomio, in Isaia, in Geremia, in Ezechiele; dovunque si
riscontrano passi che inculcano il rispetto del giorno festivo. Speciali
esortazioni vanno rivolte a chi governa e ai magistrati, affinché per
quanto riguarda il mantenimento e l'incremento del culto divino, pongano
il loro potere a disposizione dei reggitori ecclesiastici e ordinino al
popolo di sottostare alle prescrizioni sacerdotali.
Nella spiegazione del comandamento si deve aver cura che i fedeli
sappiano in che cosa esso coincide con gli altri, e in che cosa ne
differisce; cosi comprenderanno perché noi rispettiamo e riteniamo per
giorno sacro non più il Sabato ma la Domenica.
Una differenza intanto è questa: gli altri comandamenti del Decalogo
sono naturali e perpetui, né possono in nessun modo essere cambiati;
sicché, per quanto la Legge di Mosè sia stata abrogata, il popolo
Cristiano rispetta sempre i comandamenti contenuti nelle due tavole, non
in virtù della prescrizione mosaica, ma perché si tratta di precetti
rispondenti alla natura, la cui forza stessa ne impone agli uomini il
rispetto. Questo precetto invece del culto del Sabato, per quanto
riguarda il giorno prescelto, non è circoscritto e fisso, ma mutabile;
non si riferisce ai costumi, ma ai riti; non è naturale, non avendoci
istituito o comandato la natura di prendere un dato giorno, anziché un
altro, per dare a Dio culto esterno. Ma solamente dal tempo in cui il
popolo d'Israele fu liberato dalla servitù del Faraone, esso rispetto il
Sabato.
Ma al momento in cui tutti i riti ebraici e le cerimonie dovevano
decadere, alla morte cioè di Cristo, anche il Sabato doveva essere
cambiato. Infatti essendo tali cerimonie pallide immagini della luce,
necessariamente sarebbero state rimosse all'avvento della luce e della
verità, che è Cristo Signore. Scriveva in proposito san Paolo ai Galati,
rimproverando i cultori del rito mosaico: Voi osservate i giorni, i
mesi, le stagioni, gli anni: temo per voi che cioè io per voi abbia
lavorato invano (4,10). Nel medesimo senso si esprimeva con i Colossesi
(2,16). E questo valga per le differenze.
Coincide invece con gli altri precetti non già nel rito e nelle
cerimonie, ma in quanto implica qualcosa che rientra nella Morale e nel
diritto naturale. Il culto e l'ossequio religioso a Dio, formulati in
questo comandamento, sgorgano infatti dal diritto di natura, essendo
proprio la natura che ci spinge a consacrare qualche ora al culto di
Dio. Non constatiamo infatti che tutti i popoli consacrano alcuni giorni
alla pubblica celebrazione di sacre cerimonie? L'uomo è tratto da natura
a dedicare un tempo determinato ad alcune funzioni elementari, quali il
riposo del corpo, il sonno, e simili. Per la stessa forza naturale è
spinto a concedere, oltre che al corpo, un po' di tempo allo spirito,
affinché si rinfranchi nel pensiero di Dio. Che in una parte del tempo
si venerino le cose divine e si tributi a Dio il dovuto onore, rientra
quindi nell'insieme dei precetti riguardanti i costumi. Perciò gli
Apostoli stabilirono che fra i sette giorni, il primo fosse consacrato
al culto divino, e lo chiamarono giorno del Signore.
Anche san Giovanni nell'Apocalisse ricorda il giorno del Signore (I,10).
E l'Apostolo comanda che si facciano collette ogni primo giorno della
settimana (1Co 16,2), che è la Domenica, secondo la spiegazione
del Crisostomo. Evidentemente fin da allora il giorno domenicale era
sacro.
315.
Molteplici parti del comandamento
Affinché i fedeli sappiano come debbono comportarsi in quel giorno e da
quali azioni si debbano astenere, non sarà male che il Parroco spieghi
minutamente il precetto, che può dividersi praticamente in quattro
parti.
Innanzi tutto indicherà genericamente quel che prescrivono le parole:
Ricordati di santificare il Sabato. Opportunamente al primo posto è
stato collocata l'espressione Ricordati, poiché il culto di questo
giorno appartiene alla legge cerimoniale. Sembro saggio ammonire
formalmente in proposito il popolo, dal momento che la legge naturale,
pur insegnando che in un dato tempo qualsiasi si doveva venerare Dio con
culto religioso, non prescriveva in quale giorno di preferenza si
dovesse fare.
In secondo luogo il Parroco mostri ai fedeli come la formula suggerisca
il modo ragionevole con cui dobbiamo lavorare durante la settimana, in
maniera cioè da non perdere mai di vista il giorno festivo. In questo,
dobbiamo quasi render conto a Dio delle nostre azioni e delle nostre
opere; è necessario quindi che compiamo sempre azioni tali da non
meritare la condanna di Dio, e da non lasciare nei nostri spiriti,
secondo il motto biblico, tracce di singhiozzi e di rimpianti (1S
25,31).
Infine la formula ci insegna, e dobbiamo ben rifletterci, che non
mancheranno le occasioni per dimenticare il precetto, trascinati
dall'esempio di coloro che lo trascurano, assorbiti dagli spettacoli e
dai giuochi che allontanano troppo spesso dal pio e religioso rispetto
del santo giorno.
Ma veniamo ormai a parlare del significato del Sabato. Sabato, vocabolo
ebraico, vuoi dire cessazione; quindi sabatizzare vale cessare e
riposarsi. Il settimo giorno ricevette il nome di Sabato, appunto
perché, compiuto l'universo cosmico, Dio ristette dall'opera già
compiuta (Gn 2,3). Cosi il Signore chiama questo giorno
nell'Esodo (20,8). Più tardi tale nome fu conferito, non più soltanto al
settimo giorno, ma, a causa della sua dignità, a tutta la settimana. Per
questo il fariseo dice nel Vangelo di san Luca: Digiuno due volte nel
Sabato (Lc 18,12). Questo per quanto riguarda il significato del
Sabato.
La santificazione del Sabato, secondo le indicazioni bibliche, consiste
nell'astensione da tutti i lavori e affari materiali, come indicano
apertamente le parole seguenti del precetto: Non lavorerai. Ma non è qui
tutto; perché in tale ipotesi sarebbe stato sufficiente dire nel
Deuteronomio: Osserva il Sabato (5,12), mentre invece vi si aggiunge:
Per santificarlo. Dunque il giorno del Sabato è un giorno religioso, che
va consacrato ad azioni divine o a occupazioni sacre. Sicché lo
rispetteremo integralmente se adempiremo gli atti di religione verso
Dio. E questo è propriamente il Sabato, che Isaia chiama delizioso
(LV3,13), poiché i giorni festivi sono come le delizie del Signore e
degli uomini pii. Che se al rispetto religioso cosi intero e santo del
Sabato aggiungeremo le opere di misericordia, allora, secondo la
promessa del medesimo profeta (LV3,6), ci meriteremo premi inestimabili.
Dunque il pieno valore del comandamento esige che l'uomo ponga tutte le
sue energie perché nei giorni fissati, lontano dagli affari e dal lavoro
materiale, possa attendere al pio culto del Signore.
316.
Misteri del giorno consacrato al Signore
Nella seconda parte del comandamento è detto che, per ordine divino, il
settimo giorno è consacrato al culto di Dio. Sta scritto infatti:
Lavorerai per sei giorni e farai tutto quello che devi. Ma il settimo
giorno è il Sabato del Signore Dio tuo. Tali parole vogliono significare
che il Sabato deve essere consacrato al Signore con opere di religione,
e che questo settimo giorno simboleggia il riposo del Signore. Fu
consacrato a Dio, perché non sarebbe stato bene rilasciare all'arbitrio
del popolo rozzo scegliersi la giornata, col pericolo di seguire le
consuetudini sacre degli Egiziani.
Fra i sette giorni, fu prescelto l'ultimo per il culto del Signore: e la
cosa è piena di mistero; perciò Dio nell'Esodo (Ex 31,13) e in
Ezechiele (20,2) chiama il Sabato un segno: Badate a rispettare il mio
Sabato, perché è un segno pattuito fra me e voi per tutte le vostre
generazioni, affinché sappiate che io sono il Signore che vi santifica.
Vale a dire: esso fu il segno che indicava agli uomini la necessità di
dedicarsi a Dio, di mostrarsi santi ai suoi occhi, osservando come a lui
era consacrata anche una giornata speciale. Infatti è santo il giorno in
cui gli uomini devono in maniera particolare coltivare la santità e la
religione. Inoltre il Sabato è come un segno e un ricordo commemorativo
dell'avvenuta formazione di questo mirabile universo. Di più, fu un
segno tramandato alla memoria degli Israeliti perché fossero indotti a
ricordare costantemente che l'aiuto di Dio li aveva affrancati dal
durissimo giogo del dominio egiziano. Dice infatti il Signore: Ricordati
di essere stato schiavo in Egitto e che ti libero di là il Signore Dio
tuo con la forza della sua mano e l'intervento del suo braccio. Per
questo ti impose di rispettare il Sabato (Dt 5,15).
Infine è il simbolo del Sabato spirituale e di quello celeste. Il Sabato
spirituale consiste in un santo e mistico riposo; e si celebra quando,
sepolto in Cristo l'uomo vecchio (Rm 6,4), si rinasce a vita
nuova e si compiono fervidamente azioni confacenti alla pietà cristiana.
Allora, coloro che erano una volta tenebre e ora invece sono luce nel
Signore, procederanno sui sentieri della bontà, della giustizia, della
verità, come figli della luce, astenendosi dal partecipare alle insane
opere delle tenebre (Ep 5,8).
Il Sabato celeste poi, secondo il commento di san Cirillo al passo
apostolico: E lasciato un altro sabato al popolo di Dio (He 4,9),
consiste in quella vita, nella quale, vivendo con Cristo, godremo di
tutti i beni, essendo estirpata ormai ogni radice di peccato, secondo il
detto: Non vi saranno leoni, non vi passeranno belve; ma ivi si aprirà
una strada pura e santa (Is 25,9). In realtà lo spirito dei santi
consegue nella visione di Dio tutti i beni. Si esortino dunque i fedeli
e si stimolino con le parole: Affrettiamoci a entrare in quel supremo
riposo (He 4,11).
Il popolo Giudaico rispettava, oltre il settimo giorno, anche altri
giorni festivi stabiliti dalla Legge, affinché fosse sempre viva la
memoria degli insigni benefici ricevuti.
La Chiesa di Dio trasporto la ricorrenza festiva del Sabato alla
Domenica; perché in questo giorno, per la prima volta, brillo la luce
sul mondo, e in esso, in virtù della risurrezione del Redentore che apri
l'adito alla vita eterna, la nostra vita, affrancata dalle tenebre, fu
ricondotta nelle regioni della luce. Perciò gli Apostoli lo chiamarono
giorno del Signore. Già nella Bibbia tale giorno appare solenne, come
quello in cui ebbe principio la creazione del mondo, e in cui lo Spirito
santo fu infuso negli Apostoli.
Agli inizi della Chiesa e nei tempi susseguenti, gli Apostoli e i nostri
santi Padri istituirono altri giorni festivi, affinché alimentassimo
sempre la memoria santa dei divini benefici. Fra gli altri sono ritenuti
più solenni i giorni che commemorano i misteri della nostra Redenzione;
poi quelli consacrati alla santissima Vergine e Madre; infine quelli
dedicati agli apostoli, ai martiri, ai santi che regnano con Cristo.
Nella vittoria di questi santi rifulge ed è esaltata la potente
benevolenza di Dio; ad essi vien tributato onore, anche perché il popolo
sia stimolato ad imitarne le virtù.
Al rispetto del comandamento induce pure efficacemente la parte della
formula che dice: Lavorerai per sei giorni; il settimo giorno è il
Sabato del Signore. Il Parroco perciò deve copiosamente spiegarla. Da
quelle parole è lecito desumere che i fedeli devono essere esortati a
non trascorrere la loro esistenza nell'ozio; ma al contrario, memori
della raccomandazione apostolica, ciascuno compia il suo lavoro con le
proprie mani (1Th 4,11 Ep 4,28). Con tale precetto, inoltre il
Signore comanda di non rimandare alla domenica nulla di ciò che dobbiamo
compiere negli altri giorni, perché lo spirito non sia allontanato nel
giorno festivo dalle occupazioni sante.
317.
Quale lavoro è vietato nei giorni festivi
Il
Parroco illustrerà poi la terza parte del comandamento, che spiega in
qualche modo come si debba rispettare il Sabato, e da quali opere ci
dobbiamo astenere. Dice il Signore: In quel giorno non farete nulla: né
tu, né tuo figlio, né tua figlia, il tuo servo o la tua serva, il tuo
giumento e il tuo ospite che è in casa tua. Con queste parole siamo
avvertiti di evitare assolutamente quanto può ostacolare l'esercizio del
culto divino. Si intuisce infatti che è vietato ogni genere di lavoro
servile, non davvero perché questo sia di natura sua disonorevole e
malvagio, ma solo perché ci allontana da quel culto divino che
rappresenta lo scopo del precetto. A quanta maggior ragione i fedeli
dovranno evitare in quel giorno i peccati, che non solamente distraggono
lo spirito dall'esercizio delle cose divine, ma ci separano radicalmente
dall'amore di Dio!
Non sono però vietate le azioni che appartengono al culto divino, anche
se siano servili; quali apparecchiare l'altare, adornare il tempio per
il di festivo, e simili. Perciò il Signore ha detto che i sacerdoti
possono nel tempio violare il Sabato ed essere senza colpa (Mt 12,5).
Neppure si devono ritenere vietate dalla legge quelle azioni la cui
sospensione nel giorno festivo può determinare gravi danni. Anche i
sacri Canoni lo permettono. Il Signore nel Vangelo dichiaro che molte
altre azioni possono compiersi nei giorni di festa, e il Parroco ne
troverà agevolmente l'indicazione in san Matteo e in san Giovanni.
Ad ogni modo, perché nulla fosse omesso di tutto ciò che può impedire il
rispetto del Sabato, fu menzionato persino il giumento. Anche da questi
animali sono impediti gli uomini dall'attendere alla celebrazione del
Sabato, poiché se in questo giorno si fa lavorare la bestia da soma,
lavorerà anche l'uomo che deve guidarla. Essa non può da sola compiere
un lavoro; soltanto aiuta l'uomo nel suo intento. E poiché di festa
nessun lavoro è consentito, neppure alla bestia è lecito lavorare,
essendo essa cooperatrice docile dell'uomo. Di modo che la legge finisce
con l'avere pure un'altra portata; poiché se Dio vuole che l'uomo
risparmi gli animali nel lavoro, tanto più vuole che si astenga
dall'essere disumano con coloro che hanno posto la loro capacità a suo
servizio.
Il Parroco infine non dimentichi di insegnare con cura in quali opere
debbano invece trascorrere i cristiani i giorni festivi. Andranno in
chiesa per assistere con devota attenzione al sacrificio della santa
Messa, partecipare di frequente ai divini sacramenti della Chiesa,
istituiti per la nostra salute e per la cura delle nostre ferite
spirituali. Nulla può fare di meglio il cristiano che confessare spesso
i suoi peccati ai sacerdoti. A tal fine il Parroco esorterà di frequente
il popolo, traendo copia di argomenti da quanto è stato detto e
stabilito a proposito del sacramento della Penitenza. Né si limiterà a
stimolare il popolo ad accostarsi a questo sacramento, ma assiduamente
lo spingerà ad avvicinarsi spesso al santo sacramento della Eucaristia.
I fedeli inoltre devono ascoltare con religiosa attenzione la predica.
Che cosa di più intollerabile e di più indegno che il disprezzo, o
l'indifferenza verso la parola di Gesù Cristo? Infine i fedeli devono
esercitarsi nelle preci e nelle lodi divine, ponendo tutte le loro cure
nell'apprendere le regole della vita cristiana. Metteranno in pratica
premurosamente quei doveri che rientrano nella sfera della pietà, quali
l'elemosina ai poveri e ai bisognosi, la visita agli infermi, la
consolazione e il conforto agli addolorati. Come dice san Giacomo: La
religione pura e immacolata agli occhi di Dio Padre sta qui: visitare
gli orfani, e confortare le vedove nei loro affanni (I,27).
Da quanto abbiamo detto sarà facile desumere quali siano le
trasgressioni che si commettono contro questo comandamento.
318.
Ragioni del comandamento
Il Parroco abbia sempre presenti passi autorevoli, da cui attingere
argomenti capaci di indurre il popolo ad obbedire scrupolosamente al
precetto. Il mezzo più efficace però è che il gregge dei fedeli
comprenda bene la giustizia e la ragionevolezza dell'obbligo di dedicare
alcuni giorni all'esclusivo culto di Dio, al riconoscimento ed alla
religiosa venerazione di nostro Signore, da cui ricevemmo
incommensurabili e innumerevoli benefici. Se pure ci avesse comandato di
compiere ogni giorno atti di culto religioso verso di lui, non dovremmo
alacremente obbedire al suo cenno, in virtù dei suoi infiniti benefici?
Invece ha voluto pochi giorni per sé. Potremo dunque essere negligenti
nell'assolvere si modesto compito, al quale non possiamo sottrarci senza
gravissima colpa?
Mostri poi il Parroco l'intimo valore del comandamento: chi l'osserva
coscienziosamente non sembra costituito al cospetto di Dio, in colloquio
con lui? In realtà rivolgendo preghiere a Dio ne contempliamo la maestà,
parliamo con lui; ascoltando i predicatori, udiamo la voce di Dio, che
arriva per loro mezzo alle nostre orecchie, quando trattano piamente
delle cose divine; nel sacrificio dell'altare poi adoriamo presente
nostro Signore Gesù Cristo.
Di tutti questi beni godono coloro che ubbidiscono al comandamento.
Mentre chi lo trascura, è ribelle a Dio e alla Chiesa, sordo al divino
comando, realmente nemico di Dio e delle sue sante leggi. Basta
riflettere al fatto che tale divino comandamento può essere rispettato
senza alcun sacrificio. Dio non ha imposto ardue fatiche da affrontarsi
in suo onore: ha voluto semplicemente che trascorressimo i suoi giorni
festivi liberi da cure terrene.
Non è dunque indizio di sfrontata temerità il rifiuto di obbedienza?
Ricordiamo i terrificanti supplizi a cui Dio sottopose i violatori del
comando, quali sono narrati nel libro dei Numeri (15,32). Per non
incappare in questa grave offesa di Dio, sarà bene ripetere mentalmente
e molto spesso il monito: ricordati; e tenere costantemente dinanzi agli
occhi gli insigni vantaggi, che abbiamo mostrato scaturire dal rispetto
dei giorni festivi, e tutte quelle argomentazioni, che il pastore
zelante saprà ad ogni occasione prospettare e illustrare.
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