1.
L'uomo lasciato alle sole sue forze non è in grado di acquistare la vera
sapienza e di trovare i mezzi sicuri per conseguire la beatitudine
La capacità dell'anima e della intelligenza umana è tale, che
pur avendo questa potuto da se stessa investigare e conoscere, con molta
fatica e diligenza, non poche cose riguardanti le verità divine,
tuttavia col solo lume naturale non è mai arrivata a conoscere e ad
apprendere la maggior parte dei mezzi con cui si acquista la salvezza
eterna, scopo principale per cui l'uomo è stato creato e formato a
immagine e somiglianza di Dio. " Poiché ", come insegna l'Apostolo, "
dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio
possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute,
come la sua eterna potenza e divinità " (Rm
1,20).
Invece " il mistero tenuto nascosto fin dai secoli remoti, e per tante
generazioni ", ossia il mistero di Cristo, supera talmente
l'intelligenza umana, che se non fosse stato rivelato ai santi, cui Dio
volle mostrare le ricchezze del la sua gloria in mezzo alle genti,
nessuno avrebbe potuto aspirare a tale sapienza con qualsiasi sforzo
umano.
2.
L'origine dell'eccelso dono della fede
Poiché la fede nasce dall'ascoltare, è evidente la perenne
necessità dell'opera e del ministero di maestri autorizzati, per
conseguire la salvezza eterna. Ecco perché fu detto: " Come
ascolteranno, se non c'è chi predica? E come possono predicare, se non
ne hanno la missione? " (Rm
10,14-15).
Perciò, fin dall'origine del mondo, Dio, che è pieno di clemenza e di
benignità, non ha mai mancato di provvedere ai suoi eletti; ma " più
volte e in molte maniere per mezzo dei profeti parlo agli antichi padri
" (He
1,2),
mostrando a loro secondo l'opportunità dei tempi, la via sicura e retta
per la beatitudine celeste.
L'intervento di Cristo, degli Apostoli e dei loro successori
Dio però, avendo promesso " un maestro di giustizia per illuminare le
genti " (Gioele,2,23), che avrebbe portato la sua salvezza " fino
agli estremi confini della terra " (Is
49,6),
" negli ultimi tempi ha parlato a noi nella persona del Figlio " (He
1,2),
e " ha comandato con una voce venuta dal cielo nella gloriosa
trasfigurazione ", (2P
7,17)
che tutti obbediscano ai suoi comandi. A sua volta il Figlio " destino
alcuni ad essere apostoli, altri costituì pastori e dottori " (Ep
4,14),
perché annunciassero la parola di vita, per evitare che noi " fossimo
sballottati da ogni vento di dottrina ": ben fermi invece sul fondamento
della fede, " fossimo compaginati nell'edificio di Dio per opera dello
Spirito Santo" (Ep 2,22).
Accoglienza per la parola dei pastori della Chiesa
Per evitare poi che qualcuno ricevesse la parola di Dio dai ministri
della Chiesa come parola umana, bensì l'accogliesse qual'é realmente,
come parola di Cristo, il nostro Salvatore medesimo stabili di conferire
al loro magistero tanta autorità, da affermare: " Chi ascolta voi
ascolta me; e chi disprezza voi disprezza me " (Lc
10,16).
E questo non intese riferirlo solo ai presenti cui si rivolgeva, ma a
tutti quelli che per legittima successione avrebbero ricevuto l'ufficio
d'insegnare, perché promise di assisterli sino alla fine del mondo (Cfr.
Mt 28,20).
3.
Necessità della loro predicazione ai nostri giorni
Questa predicazione della parola di Dio, pur non dovendosi mai
interrompere nella Chiesa, certamente deve essere promossa con più
impegno e pietà ai nostri giorni; affinché i fedeli vengano nutriti e
confortati dal pascolo vitale di un insegnamento sano e incorrotto.
Infatti oggi sono sorti nel mondo dei falsi profeti, di cui il Signore
aveva detto: " Non li mandavo come profeti ed essi correvano; non
parlavo loro, ed essi profetavano " (Jr
23,21),
per pervertire gli animi dei cristiani " con dottrine varie e peregrine
" (He
13,9).
E la loro empietà, addestrata a tutte le arti di Satana, sembra che non
trovi più limiti. E se non ci potessimo appoggiare alla stupenda
promessa del Salvatore, il quale affermo di aver dato alla sua Chiesa un
fondamento cosi solido che le porte dell'inferno non avrebbero mai
potuto prevalere contro di essa (Mt
16,18),
ci sarebbe da temere che ai nostri giorni la Chiesa, assediata da ogni
parte, assalita e combattuta da tante macchinazioni, fosse sul punto di
crollare.
Per tacere di intere nobilissime provincie che un tempo erano attaccate
con pietà e santità alla vera e cattolica religione, ricevuta dai loro
maggiori, mentre adesso abbandonata la retta via, affermano di praticare
in modo eccellente la pietà allontanandosi totalmente dalla dottrina dei
loro padri, non esiste una regione cosi remota, né un luogo cosi ben
custodito, né un angolo del mondo cristiano, dove tale peste non abbia
tentato d'infiltrarsi.
I catechismi degli eretici
Coloro poi che si sono proposti di pervertire le menti dei fedeli,
avendo capito che in nessun modo era possibile raggiungere tutti con la
parola viva, per infondere nelle orecchie i loro discorsi avvelenati,
tentarono di riuscire a spargere gli errori dell'empietà con un altro
mezzo. Infatti, oltre ai grossi volumi con i quali hanno tentato di
scalzare la fede cattolica (e da cui forse non è difficile guardarsi,
perché contengono apertamente l'eresia), hanno anche scritto un numero
quasi infinito di libretti, i quali con un'apparenza di pietà, sono in
grado di ingannare in modo incredibilmente facile gli animi incauti dei
semplici.
4.
Il proposito catechistico del Concilio Tridentino
Mossi da tale stato di cose i Padri del Concilio Ecumenico
Tridentino, col vivo desiderio di adottare qualche rimedio salutare per
un male cosi grave e pernicioso, non si limitarono a chiarire con le
loro definizioni i punti principali della dottrina cattolica contro
tutte le eresie dei nostri tempi, ma decretarono anche di proporre una
certa formula e un determinato metodo per istruire il popolo cristiano
nei rudimenti della fede, da adottare in tutte le Chiese da parte di
coloro cui spetta l'ufficio di legittimi pastori e insegnanti.
Il catechismo voluto dal Concilio e quelli già esistenti
E' vero che non pochi si sono già distinti per pietà e dottrina, in
questo genere di componimenti, tuttavia i Padri Conciliari ritennero che
sarebbe stato di massima importanza la pubblicazione di un libro, munito
dell'autorità del Concilio, dal quale i parroci e tutti gli altri cui
spetta il compito di insegnare, potessero attingere e divulgare norme
sicure, per l'edificazione dei fedeli. Cosicché, come "uno è il Signore
e unica la fede) (Ep
4,5),
cosi fosse unica la regola comune nel trasmettere la fede, e
nell'insegnare al popolo cristiano i doveri della pietà.
Limiti del nostro Catechismo
Essendo però assai numerose le cose riguardanti la professione della
religione cristiana, nessuno pensi che il Concilio si sia proposto di
comprendere e di spiegare appieno, in un solo libro, tutti i dogmi della
fede cristiana: cosa che sono soliti fare coloro i quali insegnano
l'origine e la dottrina di tutta la religione. Questa infatti sarebbe
stata un'impresa lunghissima, e poco adatta allo scopo suddetto. Ma
volendo istruire parroci e sacerdoti in cura d'anime, si è pensato di
limitare l'esposizione alla conoscenza di quelle cose che sono
maggiormente richieste al compito pastorale, e più proporzionate alla
comprensione dei fedeli. Perciò vengono proposti qui soltanto quei punti
di dottrina che possono aiutare lo zelo e la pietà dei pastori non
troppo versati nelle dispute teologiche.
5.
Principi orientativi fondamentali dell'azione pastorale
Stando cosi le cose, prima di esporre i singoli trattati che
ricapitolano questa dottrina, lo scopo fissato esige l'illustrazione di
quei pochi fondamentali principi, che i pastori d'anime devono sempre
considerare e tenere principalmente presenti.
Affinché, dunque, i pastori d'anime indirizzino tutte le loro
deliberazioni, fatiche e industrie al debito fine, e possano facilmente
conseguirlo, la prima cosa da ricordare sempre è la seguente: che tutta
la scienza del cristiano si ricapitola in quel programma, stabilito
dalle parole del Salvatore: " Questa è la vita eterna, che conoscono te,
unico vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo" (Jn
17,3).
Perciò l'impegno principale di quanti insegnano nella Chiesa sarà quello
di suscitare nei fedeli il desiderio di conoscere " Gesù Cristo, e
questo crocifisso " (1Co
2,3);
e si persuadano bene e credano con intima pietà e devozione, che " non è
stato dato agli uomini altro nome sotto il cielo, nel quale sia
possibile salvarsi " (Atti 4,12), essendo egli la vittima di
propiziazione per i nostri peccati (Cfr.
1Jn 2,2).
Siccome però " noi possiamo sapere di conoscere Lui, dal fatto che ne
osserviamo i comandamenti " (1Jn
2,3),
è strettamente legato al principio suddetto, che s'insegni ai fedeli a
trascorrere la propria vita non già nell'ozio e nell'ignavia; che anzi "
noi dobbiamo camminare come lui ha camminato " (1Jn
2,6),
ed esercitarci con impegno nella giustizia, nella pietà, nella fede,
nella carità e nella mansuetudine. Infatti " egli offri se stesso per
noi, per redimerci da ogni iniquità, e per rendere il suo popolo mondo e
applicato alle opere buone " (Tt
2,14),
opere che l'Apostolo comanda ai pastori di illustrare e di raccomandare.
D'altra parte, avendo il Signore e Salvatore nostro affermato e
dimostrato col suo stesso esempio che tutta la Legge e i Profeti si
riducano alla carità (Cfr.
Mt 22,40),
e avendo poi l'Apostolo confermato che la carità è il fine dei precetti
e la pienezza della legge (Rm
13,8),
nessuno può dubitare che l'intento principale da perseguire con ogni
diligenza sia quello di sollecitare il popolo dei credenti ad amare
l'immensa bontà di Cristo verso di noi; cosicché, infervorato da un
ardore divino, venga rapito da quel bene perfettissimo, aderendo al
quale potrà godere la vera felicità colui che sarà in grado di ripetere
col Profeta: " Che cosa vi è in cielo per me? e all'infuori di te, che
cosa io bramo sulla terra? " (Ps
72,25).
E in realtà è questa la via più sublime che l'Apostolo additava, quando
indirizzava tutta la somma della sua dottrina e del suo insegnamento
alla carità, la quale non verrà mai meno (1Co
13,8).
In tal modo, qualunque cosa venga proposta, da credere, da sperare, o da
compiere, in essa deve sempre essere raccomandata la carità del Signore
nostro, cosicché ognuno capisca che tutte le opere della perfetta virtù
cristiana non hanno altra origine e non hanno altro scopo all'infuori di
questo amore soprannaturale.
6.
L'obbligo di adattarsi alla capacità di ciascuno
Se poi è vero che nell'impartire qualsiasi insegnamento ha
grande importanza la maniera d'insegnare, questa è da ritenere
addirittura grandissima nell'istruire il popolo cristiano. Va infatti
tenuto conto dell'età, dell'intelligenza, delle abitudini e della
condizione degli ascoltatori, in modo che l'insegnante si faccia tutto a
tutti, per guadagnare tutti a Cristo (Cfr.
1Co 9,19-22)
e, rendendosi ministro e dispensatore fedele (Cfr. 1Co 4,1,2), sia
degno, quale " servo buono e fedele ", di ricevere dal Signore autorità
su molto (Cfr.
Mt 25,23).
Egli deve persuadersi che a lui sono affidati non soltanto uomini di una
data categoria, da istruire su particolari norme e con una determinata
formula, ma deve formare alla pietà tutti i fedeli. E siccome alcuni di
essi sono " come bambini appena nati " (1P
2,2),
altri cominciano a crescere in Cristo, mentre ce ne sono di quelli che
hanno raggiunto l'età matura, è necessario considerare con diligenza chi
ha bisogno del latte e chi del cibo solido, per offrire a ciascuno
quell'alimento di dottrina che ne assicuri la crescita spirituale, "
fino a che arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del
Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene
alla piena maturità di Cristo " (Ep
4,13). L'Apostolo indico tale dovere a tutti coloro che sono chiamati a questo
ministero, dichiarando se stesso " debitore dei greci e dei barbari, dei
sapienti e degli ignoranti " (Rm
1,14),
per far comprendere che nell'espor-re i misteri della fede e i precetti
della vita bisogna adattare l'insegnamento alla comprensione e
all'intelligenza degli ascoltatori; affinché nel fornire di cibo
spirituale quelli che sono più preparati, non si lascino morir di fame i
più piccoli che inutilmente chiedono il pane perché non c'è chi possa
loro spezzarlo (Tren. 4,4). Nessuno poi deve trascurare l'insegnamento per il fatto che talora
bisogna istruire gli ascoltatori su dei precetti che sembrano meno
importanti, e che per lo più vengono trattati non senza molestia da
coloro che si occupano e si deliziano di argomenti più sublimi. Se
infatti l'eterna sapienza del Padre discese sulla terra, per
trasmetterci i precetti dell'eterna vita nell'umiltà della nostra carne,
chi sarà colui che non si sentirà costretto dalla carità di Cristo a
diventare bambino in mezzo ai suoi fratelli, e, simile a una nutrice che
allatta i suoi figliuoli, non bramerà la salvezza del prossimo con tale
ardore da dare per essi, come scriveva di se stesso l'Apostolo (1Th
2,7),
non solo il Vangelo di Dio, ma anche la propria vita? La dottrina della
fede è racchiusa nella Scrittura e nella Tradizione, nonché nel Credo,
nei Sacramenti, nel Decalogo e nell'Orazione Domenicale.
7. La dottrina della
fede è racchiusa nella Scrittura e nella Tradizione, nonché nel Credo,
nei Sacramenti,
e nel Decalogo e nell'Orazione domenicale
Ogni sorta di dottrina che deve essere insegnata ai fedeli è
contenuta nella parola di Dio, distribuita nella S. Scrittura e nella
Tradizione. Perciò i pastori d'anime si esercitino giorno e notte nella
meditazione di queste due cose, ricordando l'ammonimento di S. Paolo a
Timoteo: " Dedicati alla lettura, all'esortazione e all'insegnamento " (1Th
4,13).
" Tutta la Scrittura, infatti, ispirata da Dio, è utile per insegnare,
convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio
sia completo e preparato per ogni opera buona" (2Th
3,7).
8. Molteplicità e varietà delle verità cosi trasmesse
Data però la molteplicità e varietà delle verità cosi
trasmesse, al punto che risulta difficile comprenderle e, una volta
comprese, non è facile ricordarle in modo da averle pronte quando capita
l'occasione d'insegnarle, con grande saggezza i nostri maggiori
ricapitolarono tutto il succo di questa dottrina salutare in quattro
formule distinte, che sono: il Simbolo apostolico, i Sette Sacramenti,
il Decalogo e l'Orazione Domenicale, o Padre Nostro. Infatti tutto
quello che a norma della fede cristiana si deve ritenere e conoscere su
Dio, sulla creazione e il governo del mondo, sulla redenzione del genere
umano, sulla ricompensa dei buoni e sulla punizione dei malvagi, è
contenuto nell'insegnamento del Simbolo. Quelli che formano i segni e
come gli strumenti per procurarci la divina grazia sono racchiusi
nell'insegnamento relativo ai Sette Sacramenti. Quanto poi si riferisce
alle leggi, il cui fine è la carità, si trova descritto nel Decalogo.
Finalmente tutto quello che gli uomini possono salutarmente desiderare,
sperare e chiedere, è racchiuso nella Preghiera del Signore. Ecco perché
spiegando queste quattro formule, che costituiscono come i punti comuni
di riferimento della S. Scrittura, non rimane quasi più niente da
insegnare circa le cose che il cristiano è tenuto a imparare e a
desiderare.
Suggerimenti ai Parroci per unire alla spiegazione del Vangelo quella
del Catechismo
Riteniamo quindi opportuno avvertire i Parroci che ogni qualvolta essi
sono chiamati a spiegare un passo del Vangelo o qualsiasi brano della S.
Scrittura, la materia di quel testo, qualunque esso sia, ricade sotto
una delle quattro formule riassuntive suddette; e a quella essi dovranno
ricorrere per trovarvi la fonte della spiegazione richiesta. Nel caso,
p. es., che si debba spiegare il Vangelo della prima domenica d'Avvento:
" Ci saranno segni nel sole, nella luna, ecc. " (Lc
21,25),
quanto si riferisce a tale argomento si troverà in quell'articolo del
Simbolo: " Verrà a giudicare i vivi e i morti ". E cosi valendosi della
spiegazione di quell'articolo, il pastore d'anime insegnerà insieme e il
Credo e il Vangelo.
Perciò in ogni suo impegno d'insegnamento e d'interpretazione prenderà
l'abitudine di riferire ogni cosa a quei quattro generi di argomenti, ai
quali fanno capo, come abbiamo detto, tutti gli sforzi e gli
insegnamenti della sacra Scrittura.
Nell'insegnare poi ognuno terrà quell'ordine che sembrerà più adatto
alle condizioni di persona e di tempo. Noi però, seguendo l'autorità dei
santi Padri, i quali nella iniziazione cristiana dei neofiti
cominciavano dalla dottrina della fede, abbiamo giudicato opportuno
mettere al primo posto quanto si riferisce alla fede.
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