53.
Significato dell'articolo
Protestando di non conoscere altro che Gesù Cristo e Gesù Cristo
crocifisso (1Co 2,2), l'Apostolo mostra luminosamente quanto sia
necessaria la conoscenza di questo articolo, e quanta cura debba il
Parroco impiegare affinché i fedeli evochino spesso nel loro animo la
passione del Signore. A tal fine debbono praticarsi gli sforzi più
assidui, affinché i fedeli, stimolati dal ricordo costante di si
segnalato beneficio, si consacrino tutti al pensiero della bontà e
dell'amor di Dio verso di noi. Con la prima parte di quest'articolo
(della seconda parleremo più tardi) la fede ci impone di credere che
Gesù Cristo N. S., fu infisso alla croce, mentre Ponzio Pilato, in nome
dell'imperatore Tiberio, governava la provincia della Giudea. Fu
catturato infatti, deriso, oppresso da ogni sorta d'insulti e di
tormenti, per essere alla fine sollevato sulla croce.
54.
L'anima
di Gesù Cristo fu saturata di pene
PATÌ.
Nessuno dovrà mettere in dubbio che la sua anima, nella parte inferiore,
non fu insensibile agli spasimi. Avendo egli realmente assunta l'umana
natura, è necessario riconoscere che la sua sensibilità fu suscettibile
delle più atroci sofferenze. Noi lo sentiamo gemere: L'anima mia è
addolorata a morte (Mt 26,38 Mc 14,34). In realtà,
pur unita alla persona divina, la natura umana percepì tutta l'acerbità
della passione, come se quella unione non avesse avuto luogo. Poiché
tutte le proprietà, cosi della natura umana come della divina, si erano
perfettamente conservate nella persona di Gesù Cristo. Quindi rimaneva
in lui ogni elemento passibile e mortale; e viceversa tutto ciò che vi
era di impassibile e di immortale, come compete alla natura divina,
manteneva le sue qualità peculiari.
55.
Epoca
della passione
SOTTO
PONZIO PILATO. Il Parroco mostrerà come la speciale cura con cui
vediamo qui rilevato che la passione di Gesù Cristo accadde nel tempo in
cui Ponzio Pilato governava la provincia della Giudea, svela innanzi
tutto il proposito di far si che la conoscenza di un evento, cosi
grandioso e si prezioso, riuscisse per tutti più sicura, indicandone il
momento preciso. Anche l'apostolo Paolo uso la medesima precauzione (1Tm
6,13). In secondo luogo mira a far constatare l'avveramento della
profezia pronunziata dal Salvatore stesso: Lo daranno in balia dei
Gentili, per essere schernito, flagellato e crocifisso (Mt 20,19).
56.
Perché
Gesù Cristo patì il supplizio della croce
Fu
CROCIFISSO. E ugualmente da attribuirsi a un divino proposito la
preferenza data alla morte di croce: e precisamente fu volere divino che
la vita rifluisse su di noi proprio di dove era scaturita la morte. Il
serpente che mediante un albero aveva vinto i nostri progenitori, fu
sconfitto da Gesù Cristo mediante l'albero della croce. I santi Padri
hanno ampiamente svolto le ragioni molteplici che possono addursi, per
mostrare quanto fosse conveniente che, fra le varie forme di supplizio,
il Redentore sostenesse quello della croce. I Parroci pero si
limiteranno ad avvertire i fedeli che per essi è sufficiente credere che
il Salvatore prescelse tale genere di morte come il più acconcio alla
redenzione del genere umano, appunto perché, fra tutti è più umiliante e
ignominioso. Infatti non solamente il supplizio della croce fu sempre
ritenuto dai pagani come abbominevole ed infamante, ma anche nella legge
di Mosè è detto: Maledetto colui che è confitto sul legno (Dt 31,23
Ga 3,13).
57.
Spesso si deve esporre al popolo la passione del Signore
Il Parroco non tralascerà di narrare la storia contenuta in questo
articolo, che i santi evangelisti espongono con la massima diligenza,
affinché i fedeli posseggano una chiara nozione di quei capisaldi del
mistero, che più appaiono necessari per corroborare la verità della
nostra fede. In verità tutta la religione e la fede cristiana poggiano,
come su granitica base, su questo articolo, posto il quale, il resto si
regge perfettamente. Tra le difficoltà in cui possono imbattersi
l'intelligenza e la ragione umana, senza dubbio il mistero della croce
appare come la più ardua di tutte. E appena concepibile che la nostra
salvezza possa dipendere da una croce e da Colui che vi fu confitto; ma
è proprio qui che si ammira, secondo la frase dell'Apostolo, la suprema
provvidenza di Dio: Vedendo che il mondo con la scienza non lo aveva
riconosciuto nelle opere della sua divina sapienza, piacque a Dio di
salvare, mediante la follia della predicazione, coloro che avrebbero
creduto (1Co 1,21).
Nessuna meraviglia dunque se i profeti, prima dell'avvento di Gesù
Cristo, e gli apostoli dopo la sua morte e risurrezione, si adoperarono
cosi tenacemente a persuadere gli uomini che egli era il Redentore del
mondo, inducendoli all'ossequio e all'obbedienza verso il Crocifisso.
Appunto perché il mistero della croce costituisce il fatto più strano
per l'umana ragione, il Signore non ha mai cessato, dopo il primo
peccato, di annunciare la morte del proprio Figlio, mediante gli oracoli
dei profeti e gli episodi prefigurativi.
Ecco qualche breve evocazione delle figure: Abele soppresso dalla
gelosia del fratello (Gn 4,8); il sacrificio di Isacco (Gn
22,6-8); l'agnello immolato dagli Ebrei all'uscita dall'Egitto (Ex
12,5-7); il serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto (Nb
21,8-9). Tutto ciò raffigurava in anticipo la passione e la morte di
Cristo N. S. (Jn 3,14). Circa poi le profezie, è troppo noto,
perché occorra esporlo largamente qui, quanti pronunciarono vaticini
sull'una e sull'altra. Senza parlare di David, i Salmi del quale
abbracciano tutti i misteri fondamentali della nostra redenzione (Ps 2,
21, 68, 109), gli oracoli di Isaia (LUI) risultano cosi limpidi ed
espliciti da potersi dire che raccontano eventi accaduti, anziché
profetare gesta future (Girol., Leti. 53, a Paolino).
58. Gesù
Cristo realmente morì;
la divinità
però rimase sempre congiunta al corpo e all'anima
MORTO. Il Parroco spiegherà come per questa parola dobbiamo
credere che Gesù Cristo, dopo crocifisso, mori realmente e fu sepolto.
Non senza motivo tale fatto è proposto separatamente alla fede dei
credenti, essendosi da taluni negata la sua morte in croce. I santi
apostoli ritennero necessario contrapporre a tale errore questa dottrina
di fede, sulla cui verità nessun dubbio è più consentito, avendo
concordemente tutti gli evangelisti asserito che Gesù Cristo rese il suo
spirito (Mt 27,50 Mc 15,37 Lc 23,46 Jn 19,30). Del resto, essendo
vero e perfetto uomo, Gesù Cristo poteva veramente morire. La morte
dell'uomo, infatti, non è altro che la separazione dell'anima dal corpo.
Riconoscendo che Gesù Cristo è morto, vogliamo appunto dire che la sua
anima si divise dal corpo. Non diciamo pero che se ne separo anche la
divinità; ma crediamo e riconosciamo fermamente che, separatasi l'anima
dal corpo, la divinità rimase sempre unita al corpo nel sepolcro e
all'anima discesa agl'inferi. Era del resto opportuno che il Figlio di
Dio morisse, per sconfiggere attraverso la morte il diavolo signore
della morte, e affrancare coloro che il timore della morte teneva per
tutta la vita nei ceppi della schiavitù (He 2,14-15).
59.
La morte
di Cristo fu volontaria
In Gesù Cristo N. S. si verificò questo di speciale: che morì quando
volle morire e sostenne una morte non già provocata dalla violenza
altrui, ma una morte volontaria, di cui aveva egli stesso fissato il
luogo e il tempo. Aveva scritto infatti Isaia: E stato sacrificato
perché lo ha voluto (Is 56,7). E il Signore stesso disse di sé
prima della passione: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo.
Nessuno me la toglie; ma io da me stesso la do, e sono padrone di darla,
e padrone di riprenderla (Jn 10,17-18). Circa poi il tempo e il
luogo, disse queste parole, mentre Erode tendeva insidie alla sua
incolumità: Andate a dire a quella volpe: ecco io scaccio i demoni e
opero guarigioni oggi, domani, e il terzo giorno sono al termine. Ma
oggi, domani e il giorno seguente, bisogna che io cammini, perché non si
ammette che un profeta perisca fuori di Gerusalemme (Lc 13,32,33). Egli
nulla compi contro la sua volontà, per estraneo comando, ma si offri
volontariamente; e andando incontro ai suoi nemici, esclamo: Eccomi qua
(Jn 18,5), sopportando dopo ciò spontaneamente i crudeli ed
ingiusti tormenti, che quelli gli inflissero. Nella meditazione di tutte
le sue pene amarissime ciò rappresenta senza dubbio il mezzo più potente
per commuovere l'animo. Infatti, se uno sopportasse per causa nostra
dolori, non già deliberatamente affrontati, ma inevitabili, potremmo
scorgere in questo un mediocre beneficio. Ma se costui, semplicemente
per amor nostro, soggiacesse con prontezza ad una morte, cui poteva
agevolmente sottrarsi, allora, il beneficio ci parrebbe cosi grande, che
nessuna gratitudine o riconoscenza sarebbe sufficiente. Donde è agevole
argomentare l'infinita ed eccellente carità di Gesù Cristo, il suo
merito sconfinato e divino presso di noi.
60.
La sepoltura di Cristo conferma della sua risurrezione
SEPOLTO. Confessando a parte che egli fu sepolto, non dobbiamo credere
che sia questa un'altra parte dell'articolo, con qualche speciale
difficoltà, oltre quelle già analizzate a proposito della morte. Se
crediamo che Gesù Cristo mori, non ci sarà difficile anche ritenere che
fu sepolto. La parola è stata aggiunta per due ragioni: primo, per
evitare ogni dubbio intorno alla sua morte, costituendo la prova della
sepoltura il più evidente argomento della morte; in secondo luogo,
perché riceva maggior luce e conferma il miracolo della risurrezione.
Quella parola pero non vuoi dire solamente che il corpo di Gesù Cristo
fu sepolto. Principalmente con essa viene proposto di credere che Dio
propriamente è stato sepolto, con la stessa validità con cui, in base
alla formula della fede cattolica, diciamo con verità che Dio è morto, e
che è nato da una vergine. Infatti, mai essendosi la divinità separata
dal corpo, ed essendo stato questo chiuso nel sepolcro, è evidente che
possiamo giustamente affermare che Dio è stato sepolto.
Intorno al genere e al luogo della sepoltura, il Parroco potrà limitarsi
a riferire quanto narrano gli evangelisti (Mt 27,58-60 Mc 15,46 Lc
23,53 Jn 19,38). Ma due circostanze dovranno essere poste in luce.
Primo, che nel sepolcro il corpo di Gesù Cristo non fu affatto soggetto
a corruzione, conforme al vaticinio del Profeta: Non permetterai, o
Signore, che il tuo Santo conosca corruzione (Ps 15,10 Ac 2,31).
Secondo, (e ciò riguarda tutte le parti dell'articolo) che la sepoltura,
come la passione e la morte vanno strettamente attribuite a Gesù Cristo
quale uomo, non già quale Dio. Solo la natura umana infatti è
suscettibile di patimenti e di morte; ma noi riferiamo tutto ciò anche a
Dio, solo perché possiamo affermarlo di una Persona, che era nel
medesimo tempo perfetto Dio e perfetto uomo.
61. Come va
meditato il beneficio della Passione
Quindi il Parroco esporrà, intorno alla passione e alla morte di
Gesù Cristo, quelle considerazioni che rendono possibile ai fedeli, se
non la comprensione, per lo meno la contemplazione di cosi sublime
mistero. Faccia considerare innanzi tutto chi sia Colui che ha sofferto.
Non ci è dato intenderne o spiegarne a parole la dignità. San Giovanni
dice che è il Verbo, il quale è in Dio (Jn 1,1). L'Apostolo ne fa
una descrizione magnifica: è Colui che Dio costituì erede dell'universo;
per suo mezzo diede origine ai secoli; è fulgore della gloria e impronta
della sostanza del Padre, egli sorregge l'universo con la forza della
sua parola. Dopo averci purificato dai nostri peccati, siede alla destra
della maestà suprema, nel più alto dei cieli (He 1,2-3). In una
parola chi soffre è Gesù Cristo, Dio e uomo; soffre il Creatore, per
quelli stessi ch'egli chiamo all'esistenza; soffre il padrone, per gli
schiavi; soffre Colui, per virtù del quale furon suscitati dal nulla gli
angeli, gli uomini, i cieli, gli elementi tutti; Colui, insomma, nel
quale, per il quale e dal quale sono tutte le cose (Rm 11,36).
Nessuna meraviglia quindi se nell'istante in cui gli spasimi della
passione lo stringevano, tutto l'edificio del creato fu scosso nelle sue
basi. Narra appunto il Vangelo: La terra tremo e le pietre si
spezzarono; le tenebre si diffusero su tutta la terra e il sole si
oscuro (Mt 27,51 Lc 23,44). Se le creature inanimate e
insensibili piansero la passione del Creatore, pensino i fedeli con
quali lacrime essi, pietre vive dell'edificio santo di Dio (1P 2,5),
debbano esprimere il loro cordoglio.
62.
I peccati degli uomini causa della Passione
Si devono anche esporre le cause della passione, onde meglio
traspariscano la intensità e la profondità dell'amore di Dio verso di
noi. Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affronto la
più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei
progenitori, essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi
dagli uomini dall'origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che
saranno commessi fino alla fine del mondo. Soffrendo e morendo, il
Figlio di Dio nostro salvatore miro appunto a redimere ed annullare le
colpe di tutte le età, dando al Padre soddisfazione cumulativa e
copiosa. Per meglio valutarne l'importanza, si rifletta che non
solamente Gesù Cristo soffri per i peccatori, ma che in realtà i
peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subite. Scrivendo
agli Ebrei, l'Apostolo ci ammonisce precisamente: Pensate a Colui che
tollero tanta ostilità dai peccatori, e l'animo vostro non si abbatterà
nello scoraggiamento (He 12,3).
Più strettamente sono avvinti da questa colpa coloro, che più di
frequente cadono in peccato. Perché se i nostri peccati trassero Gesù
Cristo N. S. al supplizio della croce, coloro che si tuffano più
ignominiosamente nell'iniquità, di nuovo, per quanto è da loro,
crocifiggono in sé il Figlio di Dio e lo disprezzano (He 6,6).
Delitto ben più grave in noi che negli Ebrei. Questi, secondo la
testimonianza dell'Apostolo, se avessero conosciuto il Re della gloria,
non l'avrebbero giammai crocifisso (1Co 2,8); mentre noi, pur
facendo professione di conoscerlo, lo rinneghiamo con i fatti, e quasi
sembriamo alzar le mani violente contro di lui.
La sacra Scrittura attesta pero che Gesù Cristo, oltre che
volontariamente, fu preda della morte per volontà del Padre. Ecco come
si esprime Isaia: L'ho colpito a causa dei delitti del mio popolo (Is
56,8). Poco prima il medesimo profeta, saturo dello spirito di Dio,
contemplando il Signore coperto di piaghe, aveva gridato: Ci siamo tutti
sperduti come pecore; ciascuno ha seguito la sua via e il Signore ha
fatto piombare su di lui le nostre iniquità (Is 56,6). Parlando
poi del Figlio, disse: Se darà la vita sua per il peccato, scorgerà una
lunga progenie (ivi. 10). Il medesimo concetto è espresso, con parole
anche più energiche, dall'Apostolo, il quale mira a mostrarci quante
ragioni abbiamo per riporre forte speranza nell'infinita misericordia di
Dio. Colui, egli dice, che non risparmio il proprio Figlio, ma lo diede
per il bene di tutti noi, non ci dono forse con esso ogni altra cosa? (Rm
8,32).
63.
Asprezza
della passione nel corpo e nell'anima
A questo punto il Parroco mostrerà quanto crudele sia stata l'acerbità
della passione. Se rievochiamo alla memoria la circostanza che il sudore
del Signore, alla previsione dei tormenti e degli spasimi che dopo poco
doveva subire, fu sudore di sangue che cadeva fino in terra (Lc 22,44),
facilmente scoprirà che nulla sarebbe stato possibile aggiungere di
terribile ai suoi dolori. Il sudore sanguigno mostra l'amarezza
ineffabile suscitata dal pensiero dei tormenti imminenti; che cosa
dunque diremo della loro diretta esperienza? E questi dolori sofferti da
Gesù Cristo N. S. ne colpirono sia il corpo che l'anima.
Nessuna parte del suo corpo fu immune da sofferenze atroci: i piedi e le
mani trapassate dai chiodi; il capo recinto di spine e percosso a colpi
di canna; il volto insozzato di sputi, malmenato con schiaffi; tutto il
corpo battuto con i flagelli. Uomini di ogni stirpe e di ogni classe si
accordarono nell'infierire contro il Signore e il suo Cristo (Ps 2,2).
Pagani ed Ebrei furono solidalmente istigatori, autori e strumenti della
passione. Giuda lo tradì, Pietro lo rinnego, tutti lo abbandonarono (Mt
26-27 Mc 14-15 Lc 22-23 Jn 13-19).
Che cosa poi rileveremo nella crocifissione? Il patimento o la vergogna,
o non più tosto l'uno e l'altra? In realtà non sarebbe stato possibile
escogitare genere di morte più obbrobrioso e doloroso di quello, al
quale erano di solito destinati i più scellerati e pericolosi fra gli
uomini, e durante il quale, la lentezza del supplizio rendeva più
cocente lo spasimo. Del resto la stessa costituzione fisica di Gesù
Cristo rendeva più atroce la sofferenza. Il suo corpo infatti, formato
per virtù dello Spirito santo, era dotato di maggior sensibilità e
delicatezza che il corpo degli uomini normali; quindi in esso erano più
affinate le capacità sensibili. Perciò fu più doloroso per esso
l'affrontare tanti tormenti.
D'altra parte nessuno potrà revocare in dubbio che anche il dolore
dell'animo arrivo all'estremo in G. Cristo. I santi che affrontarono
supplizi e tormenti non mancarono di un certo conforto spirituale,
divinamente concesso, sostenuti dal quale poterono con energia serena
tollerare l'aculeo del martirio. Anzi accadde che molti, pur fra
indicibili spasimi, sembravano soffusi di una vera letizia interiore.
L'Apostolo, per esempio, esclamava: Godo nei mali che soffro per voi e
compio nel mio corpo quanto manca alle sofferenze di Gesù Cristo,
soffrendo io stesso per il corpo suo, la Chiesa (Col 1,24). E
altrove: Sono colmo di gioia, sovrabbondo di letizia in ogni nostra
tribolazione (2Co 7,4). Gesù Cristo N. S. invece bevve un calice
di passione amarissima, che nessuna stilla di soavità aveva temperato:
Al contrario permise alla natura umana, da lui assunta, di sentire tutti
i tormenti, quasi fosse solamente uomo, e non Dio.
64.
I frutti della Passione
Infine il Parroco spiegherà con diligenza i vantaggi e i benefici
scaturiti per noi dalla passione del Signore. Innanzi tutto dalla
passione del Signore segui la nostra liberazione dal peccato. Dice san
Giovanni: Egli ci ha amato e ci ha mondato dalle nostre colpe col suo
sangue (Ap 1,5). E l'Apostolo dal canto suo afferma: Ci ha fatto
rivivere, perdonandoci tutti i peccati, cancellando la sentenza di pena,
emanata contro di noi, ch'egli soppresse, affiggendola alla croce (Col
2,13-14). In secondo luogo ci ha strappati alla schiavitù del
demonio. Lo stesso Signore ha detto infatti: Adesso si fa giudizio di
questo mondo; adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori; ed
io, quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me (Jn 12,31-32).
In terzo luogo pago il debito contratto per i nostri peccati. Inoltre,
non essendo possibile offrire a Dio sacrificio più accetto e gradito,
Gesù Cristo ci ha riconciliati col Padre, rendendolo verso di noi
propizio e placato. Infine, avendo scontato la pena del peccato, ci
dischiuse l'ingresso dei cieli, che la colpa comune a tutto il genere
umano aveva serrato. Il che fu espresso dall'Apostolo, con le parole:
Nutriamo fiducia di essere ammessi nel santuario, in virtù del sangue di
Gesù Cristo (He 10,19).
Non mancano nel vecchio Testamento simboli raffiguranti questo mistero.
Coloro ai quali era vietato di rientrare in patria prima della morte del
sommo sacerdote (Nb 35,25), significavano che nessuno poteva
entrare nella patria celeste, per quanto giusta e pia la sua vita, prima
che il sommo ed eterno sacerdote Gesù Cristo subisse la morte. Dopo
questa, immediatamente i battenti del paradiso si spalancarono per
coloro che, purificati attraverso i sacramenti, ricchi di fede, di
speranza e di carità, partecipano ai frutti della sua Passione.
65.
La Passione del Signore sacrificio sommamente accetto
Il Parroco mostrerà come tutti questi magnifici doni divini ci vennero
dalla passione: innanzi tutto perché si tratta di una soddisfazione
integrale e perfetta sotto ogni punto di vista, che Gesù Cristo offri a
Dio Padre per i nostri peccati in una maniera mirabile. Anzi il prezzo
da lui pagato in vece nostra, non solo pareggio, ma oltrepasso i nostri
debiti. Il sacrificio inoltre fu sommamente accetto a Dio: appena
offerto dal Figlio sull'altare della croce, l'ira e l'indignazione del
Padre furono placate. Tali concetti esprime l'Apostolo, quando dice:
Cristo ci amo e si offri per noi quale vittima e oblazione di soave
profumo a Dio, (Ep 5,2). A tale redenzione si riferiscono le
parole del Principe degli apostoli: Non siete stati redenti con oro e
argento corruttibili dalla fatuità delle vostre consuetudini paterne e
tradizionali, ma col sangue prezioso di Gesù Cristo, agnello candido e
incontaminato (1P 1,18-19); e san Paolo insegna: Cristo ci ha
liberato dalla maledizione della legge, diventando lui maledizione per
noi (Ga 3,13).
66. La
Passione del Signore è il modello di ogni virtù.
Con questi immensi benefici, un altro ne abbiamo raggiunto:
fissando lo sguardo nella sola passione, noi scorgiamo esempi mirabili
di tutte le virtù. Essa infatti insegna la pazienza, l'umiltà, l'esimia
carità, la mansuetudine, l'obbedienza, la più tenace costanza d'animo,
non solamente nel sostenere i più forti dolori per la giustizia, ma
anche nell'affrontare impavidamente la morte. Si può dire quindi, senza
esagerare, che il nostro Salvatore, nel solo giorno della passione,
riassunse in sé tutti quei precetti di vita, che aveva inculcato durante
il periodo della sua predicazione.
Quanto abbiamo detto, brevemente, riguarda la salutifera passione di
Gesù Cristo N. S. Che dunque i misteri contemplati siano assiduamente
presenti alle anime nostre e che noi apprendiamo cosi a soffrire, a
morire, ad essere sepolti col Signore! Cosi, eliminata ogni bruttura di
peccato, risorgendo con lui a nuova vita, possiamo un giorno, con la
pietosa sua grazia, essere fatti degni di partecipare al regno e alla
gloria dei cieli.
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