Praenotanda Libri Liturgici

PRINCIPI E NORME PER LA
LITURGIA DELLE ORE

 
 

COSTITUZIONE APOSTOLICA

CON LA QUALE SI PROMULGA L'UFFICIO DIVINO RINNOVATO

A NORMA

DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
 
PAOLO VESCOVO

servo dei servi di dio - a perpetua memoria
 
 

Il canto di lode, che risuona eternamente nelle sedi celesti, e che Gesù Cristo Sommo Sacerdote introdusse in questa terra di esilio, la Chiesa lo ha conservato con costanza e fedeltà nel corso di tanti secoli e lo ha arricchito di una mirabile varietà di forme.  
 

La Liturgia delle Ore, infatti, si è sviluppata a poco a poco in modo da divenire la preghiera della Chiesa locale. Essa si svolgeva in tempi e luoghi stabiliti, sotto la presidenza del sacerdote. Era come una indispensabile integrazione di ciò che costituisce la sintesi di tutto il culto divino, cioè del sacrificio eucaristico, la cui straordinaria ricchezza faceva rifluire ed estendeva ad ogni ora della vita umana.  
 

A sua volta il libro dell'Ufficio divino, accresciutosi gradualmente di numerose aggiunte nel corso dei secoli, divenne un sussidio adatto per quella sacra azione a cui è destinato. Ma poiché nelle varie epoche furono introdotte modifiche piuttosto rilevanti nel modo della celebrazione, fra le quali va ricordata anche la celebrazione individuale dell'Ufficio divino, non fa meraviglia che il libro stesso, chiamato in seguito Breviario, abbia subito svariati adattamenti, che ne alteravano a volte la medesima struttura.  
 

Poiché il Concilio Tridentino, per mancanza di tempo, non poté portare a termine la riforma del Breviario, ne affidò l'incarico alla Sede Apostolica. Il Breviario Romano, che fu promulgato dal Nostro Predecessore san Pio V nel 1568 introdusse nella preghiera canonica della Chiesa latina, prima di ogni altra cosa, l'uniformità. Questa allora non esisteva, ma era tanto auspicata.


Nei secoli seguenti molte revisioni vennero fatte dai Sommi Pontefici Sisto V, Clemente VIII, Urbano VIII, Clemente XI ed altri.


San Pio X nell'anno 1911 promulgò il nuovo Breviario preparato per suo ordine. Ripristinato l'uso antico di recitare ogni settimana i 150 salmi, fu cambiata interamente la disposizione del salterio: furono tolte tutte le ripetizioni e fu data la possibilità di accordare il salterio feriale e il ciclo della lettura biblica con gli Uffici dei santi. Inoltre l'Ufficio della domenica fu così accresciuto di grado e di importanza da essere generalmente anteposto alle feste dei santi.


Tutto il lavoro della riforma liturgica venne di nuovo ripreso da Pio XII, il quale concesse che una nuova versione del salterio, curata dal Pontificio Istituto Biblico, si potesse usare sia nella recita privata che in quella pubblica, e parimenti affidò a una speciale Commissione, da lui costituita nel 1947, l'incarico di studiare la questione del Breviario. Sul medesimo argomento, a partire dal 1955, furono interrogati tutti i vescovi del mondo. Di questo solerte lavoro si cominciarono a raccogliere i frutti con il decreto sulla semplificazione delle rubriche emesso il 23 marzo 1955 e con le norme sul Breviario emanate da Giovanni XXIII nel Codice delle rubriche del 1960.


Tuttavia lo stesso Sommo Pontefice Giovanni XXIII, mentre sanciva solo una parte della riforma liturgica, intravedeva che quegli alti principi sui quali è basata la liturgia richiedevano uno studio più profondo. Questo compito egli lo affidò al Concilio Ecumenico Vaticano II che frattanto aveva convocato. Così avvenne che il Concilio venne a trattare della liturgia in genere e della preghiera delle Ore in particolare con tale ampiezza e accuratezza, con tale impegno e frutto, che ben difficilmente si può riscontrare qualcosa di simile in tutta la storia della Chiesa.


Mentre era ancora in corso la celebrazione del Concilio Vaticano, fu Nostra cura provvedere che, promulgata la Costituzione sulla sacra Liturgia, ne venissero subito attuati i decreti. Per questo motivo, nello stesso Consilium per l'attuazione della Costituzione sulla sacra Liturgia, da Noi creato, fu istituito un gruppo particolare, il quale, con la collaborazione di uomini dotti e versati nella scienza liturgica, teologica, spirituale e pastorale, ha lavorato per sette anni con somma diligenza e impegno alla preparazione del nuovo libro per la Liturgia delle Ore.


I principi, il piano di tutta l'opera e le singole parti furono approvati dal predetto Consilium e anche dal Sinodo dei vescovi radunato nel 1967, dopo la consultazione dei vescovi di tutta la Chiesa, di numerosi pastori di anime, di religiosi e di laici. Sarà utile pertanto esporre particolarmente quanto riguarda i criteri nuovi e l'ordinamento della Liturgia delle Ore.

 

1. Come richiedeva la Costituzione Sacrosanctum concilium, fu tenuto conto delle condizioni in cui si trovano in questo nostro tempo i sacerdoti impegnati in attività pastorali. L'Ufficio è stato disposto e ordinato in modo tale che essendo preghiera di tutto il popolo di Dio, possano prendervi parte non solo i chierici, ma anche i religiosi, anzi gli stessi laici. L'introduzione di svariate forme di celebrazione rende ora la Liturgia delle Ore adattabile a persone di cultura a livelli diversi, dando la possibilità ad ognuno di adeguarla alla propria condizione e vocazione.

 

2. Ma poiché la Liturgia delle Ore è santificazione della giornata, l'ordinamento dell'orazione è stato riveduto in modo che le Ore canoniche possano più facilmente corrispondere alle varie ore del giorno, tenuto conto delle condizioni in cui si svolge la vita degli uomini del nostro tempo. Perciò è stata abolita l'Ora di Prima. Le Lodi mattutine e i Vespri, che sono come i cardini di tutto l'Ufficio, assumono invece una grande importanza, poiché rivestono il carattere di vere preghiere del mattino e della sera. L'Ufficio delle letture mentre conserva la caratteristica propria di preghiera notturna per coloro che celebrano le vigilie, si può adattare a qualunque ora del giorno. Per quanto riguarda le altre Ore, l'Ora media è stata ordinata in maniera tale che coloro i quali delle Ore di Terza, Sesta e Nona ne scelgono una sola, la possano armonizzare con il momento del giorno in cui la celebrano e nello stesso tempo non debbano tralasciare nulla del salterio distribuito nelle vane settimane.

 

3. Perché poi nella celebrazione dell'Ufficio la mente meglio si accordi con la voce e la Liturgia delle Ore diventi veramente «fonte di pietà e nutrimento della preghiera personale»1, nel nuovo Libro delle Ore l'obbligo giornaliero è alquanto ridotto, ma la varietà dei testi è stata notevolmente aumentata; vi si offrono molti sussidi per la meditazione dei salmi, quali sono i titoli, le antifone, le orazioni salmiche, e vengono proposti momenti di silenzio da osservarsi secondo l'opportunità.

 

4. Secondo le norme date dal Concilio2, il salterio, abolito il ciclo settimanale, è stato distribuito in quattro settimane ed è stata adottata la nuova versione latina preparata dalla Commissione per la Neo Volgata della Bibbia, da Noi costituita. In questa nuova distribuzione dei salmi sono stati omessi alcuni salmi e versetti dall'espressione alquanto dura, tenendo presenti specialmente le difficoltà che potrebbero nascere dalla loro celebrazione in una lingua moderna. Inoltre, alle Lodi mattutine per accrescerne la ricchezza spirituale, sono stati aggiunti alcuni cantici desunti dai libri dell'Antico Testamento. Così pure nei Vespri sono stati introdotti, come gemme preziose, dei cantici desunti dal Nuovo Testamento.
 

5. Il tesoro della parola di Dio si effonde più copioso nel nuovo ciclo delle letture tratte dalla Sacra Scrittura disposto in modo da concordare con quello delle letture della Messa. Le pericopi presentano in generale una certa unità di contenuto e sono state scelte in modo da riproporre nel corso dell'anno le fasi più importanti della storia della salvezza.

 

6. Secondo le norme stabilite dal Concilio Ecumenico, la prescritta lettura quotidiana delle opere dei santi Padri e degli Scrittori ecclesiastici è stata rinnovata in modo da proporre i migliori scritti di autori cristiani e specialmente dei santi Padri. Inoltre, per rendere ancor più largamente disponibili le ricchezze spirituali di questi Scrittori, sarà preparato un altro Lezionario facoltativo dal quale si potranno ricavare frutti ancor più copiosi.  
 

7. Dal testo del libro della Liturgia delle Ore è stato espunto tutto ciò che non risponde alla verità storica, e le letture, soprattutto agiografiche, sono state rivedute in modo da esporre e collocare nella sua vera luce la fisionomia spirituale dei singoli santi e l'importanza che essi hanno avuto nella vita della Chiesa.

 

8. Alle Lodi mattutine sono state aggiunte le invocazioni, con le quali si esprime la consacrazione della giornata e si fanno suppliche per l'inizio del lavoro quotidiano. Ai Vespri, invece, si fa una breve supplica strutturata come preghiera universale. Al termine poi di queste preghiere è stata ripristinata l'orazione domenicale. Perciò, tenendo conto della recita che di essa si fa anche nella Messa, viene ristabilito anche ai nostri giorni l'uso della Chiesa antica di recitare questa preghiera tre volte al giorno.


Rinnovata dunque e restaurata completamente la preghiera della santa Chiesa secondo la sua antichissima tradizione, e tenuto conto delle necessità del nostro tempo, è davvero auspicabile che essa pervada profondamente, ravvivi, guidi ed esprima tutta la preghiera cristiana e alimenti efficacemente la vita spirituale del popolo di Dio.


Per questo abbiamo piena fiducia che lo spirito di quella preghiera che si deve fare «senza interruzioni»3 e che nostro Signore Gesù Cristo ha ordinato alla sua Chiesa, riprenda nuova vita.


Il libro della Liturgia delle Ore, distribuito nel tempo giusto, la sostiene, e la favorisce, mentre la stessa celebrazione, soprattutto quando una comunità si raduna a questo scopo, esprime la vera natura della Chiesa orante, e risplende come suo segno meraviglioso.


La preghiera cristiana è anzitutto implorazione di tutta la famiglia umana, che Cristo associa a se stesso4, nel senso che ognuno partecipa a questa preghiera, che è propria dell'intero corpo. Questa perciò esprime la voce della diletta Sposa di Cristo, i desideri e i voti di tutto il popolo cristiano, le suppliche e le implorazioni per le necessità di tutti gli uomini.


Ma questa preghiera riceve la sua unità dal cuore di Cristo. Il nostro Redentore ha voluto infatti «che quella vita che aveva iniziato con le sue preghiere e col suo sacrificio, durante la sua esistenza terrena non venisse interrotta per il volgere dei secoli nel suo Corpo mistico, che è la Chiesa»5. Avviene, perciò, che la preghiera della Chiesa è insieme «la preghiera che Cristo con il suo Corpo rivolge al Padre»6. Mentre dunque recitiamo l'Ufficio, dobbiamo riconoscere l'eco delle nostre voci in quelle di Cristo e quelle di Cristo in noi7.


Perché questa caratteristica della nostra preghiera risplenda più chiaramente, è indispensabile che «quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura»8 che emana dalla Liturgia delle Ore, rifiorisca in tutti, in modo che la Sacra Scrittura diventi realmente la fonte principale di tutta la preghiera cristiana.


Soprattutto la preghiera dei salmi, che senza interruzione accompagna e proclama l'azione di Dio nella storia della salvezza, deve essere compresa con rinnovato amore dal popolo di Dio. Perché sia raggiunto più facilmente questo scopo è necessario che il significato inteso dalla Chiesa quando canta i salmi nella liturgia, sia studiato più assiduamente dal clero e sia comunicato anche ai fedeli mediante opportuna catechesi. Questa più estesa lettura della Sacra Bibbia, non solo nella Messa ma anche nella nuova Liturgia delle Ore, farà sì che venga continuamente ricordata la storia della salvezza e annunziata con grande efficacia la sua continuazione nella vita degli uomini.


Ma poiché la vita di Cristo nel suo Corpo mistico perfeziona ed eleva anche la vita propria o personale di ogni fedele, deve essere del tutto esclusa qualunque opposizione tra preghiera della Chiesa e preghiera privata; anzi, bisogna mettere in maggior rilievo e sviluppare più ampiamente i rapporti che esistono tra l'una e l'altra. L'orazione mentale deve attingere inesauribile alimento dalle letture, dai salmi e dalle altre parti
della Liturgia delle Ore. La stessa recita dell'Ufficio deve adattarsi, per quanto è possibile, alle necessità di una preghiera viva e personale, poiché, come è previsto in Principi e Norme, si possono scegliere i tempi, i modi e le forme di celebrazione che meglio rispondono alle condizioni spirituali degli oranti. Che, se la preghiera dell'Ufficio divino diviene preghiera personale, più evidenti appariranno anche quei legami che uniscono tra di loro la Liturgia e tutta la vita cristiana. L'intera vita dei fedeli, infatti, attraverso le singole ore del giorno e della notte, è quasi una leitourgia, mediante la quale essi si dedicano in servizio di amore a Dio e agli uomini, aderendo all'azione di Cristo che con la sua dimora tra noi e con l'offerta di se stesso, ha santificato la vita di tutti gli uomini. Questa sublime verità del tutto inerente alla vita cristiana, la Liturgia delle Ore la esprime con evidenza e la conferma in maniera efficace. È per questa ragione che le preghiere delle Ore vengono proposte a tutti i fedeli, anche a coloro che non sono tenuti per legge a recitarle.


Quelli invece che hanno ricevuto dalla Chiesa il mandato di celebrare la Liturgia delle Ore, ne adempiano devotamente ogni giorno la recita completa, osservando, per quanto è possibile, la corrispondenza delle ore e, soprattutto, diano la dovuta importanza alle Lodi mattutine e ai Vespri. Inoltre, quelli che, insigniti dell'Ordine sacro, partecipano alla dignità sacerdotale del Cristo in forza di un particolare sigillo sacramentale, o coloro che, mediante i voti della professione religiosa si sono consacrati in maniera speciale al servizio di Dio e della Chiesa, non celebrino la Liturgia delle Ore solo per obbedienza a una legge, ma si sentano spinti dalla considerazione della sua intima importanza e dalla sua utilità pastorale e ascetica. È molto auspicabile che la preghiera pubblica della Chiesa sia riconosciuta come un naturale frutto del rinnovamento spirituale e una evidente necessità interiore di tutto il Corpo della Chiesa. Questa, infatti, a somiglianza del suo Capo, non può essere definita altrimenti che come Chiesa orante. Si elevi, dunque, con il sussidio del nuovo libro della Liturgia delle Ore, che di Nostra autorità apostolica ora stabiliamo, approviamo e promulghiamo, più solenne e più bella la lode di Dio nella Chiesa del nostro tempo, si associa quella che viene cantata nelle sedi celesti dai santi e dagli angeli, e accrescendosi incessantemente in perfezione nei giorni di questo terrestre esilio, muova con nuovo slancio incontro a quella lode perfetta che per tutta l'eternità è attribuita «a colui che siede sul trono, e all'Agnello»9. Stabiliamo dunque che questo nuovo libro della Liturgia delle Ore possa esser subito adottato, non appena pubblicato. Frattanto le Conferenze Episcopali provvedano alle edizioni in lingua nazionale e, dopo averne ricevuta dalla Santa Sede l'approvazione o la conferma, stabiliscano la data precisa in cui tali versioni, in tutto o in parte, possano o debbano andare in uso.


Inoltre, dal giorno in cui si dovranno usare queste versioni, fatte per la celebrazione in lingua nazionale, anche coloro che vorranno continuare l'uso del latino dovranno usare esclusivamente la nuova Liturgia delle Ore.


Coloro invece che, o per l'età avanzata o per altri motivi particolari, dovessero incontrare gravi difficoltà nell'uso della nuova forma, potranno, con il permesso del proprio Ordinario e solo nella recita individuale, adoperare in tutto o in parte il Breviario Romano che si usava prima. Vogliamo pertanto che quanto qui abbiamo decretato e prescritto abbia valore ed efficacia ora ed in futuro, nonostante, in quanto sarà necessario, le contrarie Costituzioni, gli Ordinamenti Apostolici emanati dai Nostri Predecessori e gli altri Decreti anche se degni di particolare menzione e deroga.

 

Dato a Roma, presso San Pietro il 1 ° novembre,

solennità di Tutti i Santi, dell'anno 1970,

ottavo del Nostro Pontificato.

 

 

Paolo PP. VI

 

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1) SC 90.

2) SC 91.  

3) Cf Lc 18, 1; 21, 36; 1Ts 5, 17; Ef 6, 18.

4) Cf SC 83.  

5) Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei, 20.11.1947, n. 2: AAS 39 (1947), p. 552.

6) SC 84.

7) Cf S. AGOSTINO, Enarrationes in ps. 85, n. 1: CCL 39, 1176.

8) SC 24.  

9) Cf Ap 5,13.

 

 

 


 

 

PRINCIPI E NORME PER LA LITURGIA DELLE ORE

 

 

Capitolo I

IMPORTANZA DELLA LITURGIA DELLE ORE

O UFFICIO DIVINO NELLA VITA DELLA CHIESA

 

 

1. La preghiera pubblica e comune del popolo di Dio è giustamente ritenuta tra i principali compiti della Chiesa. Per questo sin dall'inizio i battezzati «erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera» (At 2, 42). Più volte gli Atti degli Apostoli attestano la preghiera unanime della comunità cristiana1.

Le testimonianze della Chiesa primitiva attestano che anche i singoli fedeli, in ore determinate, attendevano alla preghiera. In seguito, in varie regioni, si diffuse la consuetudine di destinare tempi particolari alla preghiera comune, come, per esempio, l'ultima ora del giorno, quando si fa sera e si accende la lucerna, oppure la prima ora, quando la notte, al sorgere del sole, volge al termine.

Con l'andare del tempo si cominciarono a santificare con la preghiera comune anche altre ore, che i Padri vedevano adombrate negli Atti degli Apostoli. In questo libro, infatti, si parla dei discepoli radunati all'ora di terza2. Il Principe degli apostoli «salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare» (10, 9); «Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio» (3, 1); «verso mezzanotte, Paolo e Sila in preghiera cantavano inni a Dio» (16, 25).

 

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1) Cf At 1, 14; 4,24; 12, 5.12; cf Ef 5,19-21.

2) Cf At 2, 1-15.

 

 

2. Queste preghiere fatte in comune, a poco a poco, furono ordinate in modo da formare un ciclo ben definito di Ore: la Liturgia delle Ore o Ufficio divino. Essa, arricchita anche di letture, è principalmente preghiera di lode e di supplica, e precisamente preghiera della Chiesa con Cristo e a Cristo.

 

 

I. Preghiera di Cristo

 

Cristo prega il Padre

 

3. Venendo per rendere gli uomini partecipi della vita di Dio, il Verbo, che procede dal Padre come splendore della sua gloria, «il Sommo Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, Cristo Gesù, prendendo la natura umana, introdusse in questa terra d'esilio quell'inno che viene cantato da tutta l'eternità nelle sedi celesti»3.

Da allora, nel cuore di Cristo, la lode di Dio risuona con parole umane di adorazione, propiziazione e intercessione. Tutte queste preghiere, il Capo della nuova umanità e Mediatore tra Dio e gli uomini, le presenta al Padre a nome e per il bene di tutti.

 

4. Lo stesso Figlio di Dio, «che con il Padre suo è una cosa sola» (cf Gv 10, 30), e che entrando nel mondo disse: «Ecco, o Dio, io vengo a fare la tua volontà» (Eb 10, 9; cf Gv 6, 38), ha voluto anche lasciarci testimonianza della sua preghiera. Spessissimo, infatti, i Vangeli ce lo presentano in preghiera: quando viene rivelata dal Padre la sua missione4, antecedentemente alla chiamata degli apostoli5, quando rende grazie a Dio nella moltiplicazione dei pani6, nella trasfigurazione sul monte7, quando risana il sordomuto8 e risuscita Lazzaro9, prima di provocare la confessione di Pietro10, quando insegna

 

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3) SC 83.

4) Lc 3, 21-22.

5) Lc 6, 12.

6) Mt 14, 19; 15, 36; Mc 6, 41; 8, 7; Lc 9, 16; Gv 6, 11.

7) Lc 9, 28-29.

8) Mc 7, 34.

9) Gv 11, 41 ss.

10) Lc 9, 18.

 

 

ai discepoli a pregare11, quando i discepoli ritornano dall'aver compiuto la loro missione12, quando benedice i fanciulli13 e prega per Pietro14.

La sua attività quotidiana era strettamente congiunta con la preghiera, anzi quasi derivava da essa. Così quando si ritirava nel deserto o sul monte a pregare15, alzandosi al mattino presto16, o quando, dalla sera alla quarta veglia17, passava la nottata intera in orazione a Dio18.

Egli, come giustamente si pensa, partecipò anche alle preghiere pubbliche, quali erano quelle che si facevano nelle sinagoghe dove entrò nel giorno di sabato «secondo il suo solito»19, e nel tempio che chiamò casa di preghiera20. Non tralasciò quelle private, che si recitavano abitualmente ogni giorno dai pii israeliti.

Pronunziava anche le tradizionali preghiere di benedizione a Dio, proprie delle riunioni conviviali, come è espressamente riferito in relazione con la moltiplicazione dei pani21 e poi nella sua ultima Cena22, nel castello di Emmaus23, ugualmente quando con i suoi discepoli recitò l'inno nel cenacolo24. Fino al termine della sua vita, avvicinandosi già la Passione25, nell'ultima Cena26, nell'agonia27 e sulla croce28, il Maestro divino

 

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11) Lc 11, 1.

12) Mt 11, 25 ss; 4 10,21 ss.

13) Mt 19, 13.

14) Lc 22, 32.

15) Mc 1, 35; 6, 46; Lc 5, 16; cf Mt 4, 1 par.; Mt 14, 23.

16) Mc 1, 35.

17) Mt 14, 23.25; Mc 6, 46.48.

18) Lc 6, 12.

19) Lc 4, 16.

20) Mt 21,13 par.

21) Mt 14, 19 par.; Mt 15, 36 par.

22) Mt 26, 26 par.

23) Lc 24, 30.

24) Mt 26, 30 par.

25) Gv 12, 27 s.

26) Gv 17, 1-26.

27) Mt 26, 36-44 par.

28) Lc 23, 34.46; Mt 27, 46; Mc 15, 34.

 

 

 

dimostrò che la preghiera animava il suo ministero messianico e il suo esodo pasquale.

Egli, infatti, «nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà» (Eb 5, 7) e, compiuta l'oblazione di sé sull'ara della croce, rese «perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eb 10, 14); infine, risuscitato da morte, vive per sempre e prega per noi29.

 

 

II. Preghiera della Chiesa

 

Il precetto della preghiera

 

5. Gesù ha ordinato anche a noi di fare ciò che egli stesso fece. «Pregate», disse spesso, «domandate», «chiedete»30, «nel mio nome»31; insegnò anche la maniera di pregare nell'orazione che si chiama domenicale32 e dichiarò necessaria la preghiera33, e precisamente quella umile34, vigilante35, perseverante, fiduciosa nella bontà del Padre36, pura nell'intenzione e rispondente alla natura di Dio37.

A loro volta gli apostoli, che qua e là nelle lettere ci tramandano preghiere, specialmente di lode e di rendimento di grazie, ci raccomandano anch'essi la perseveranza e l'assiduita38 della preghiera nello Spirito Santo39, rivolta a Dio40, per mezzo di Cristo41. Ci parlano della sua grande efficacia per la

 

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29) Cf Eb7, 25.

30) Mt 5, 44; 7, 7; 26,41; Mc 13, 33; 14, 38; Lc 6, 28; 10, 2; 11, 9-22 40.46.

31) Gv 14, 13 s; 15,16; 16, 23 s.26.

32) Mt 6, 9-13; Lc 11, 2-4

33) Lc 18, 1.

34) Lc 18, 9-14.

35) Lc 21, 36; Mc 13, 33.

36) Lc 11, 5-13; 18, 1-8; Gv 14, 13; 16, 23

37) Mt 6, 5-8; 23, 14; Lc 20, 47; Gv 4, 23

38) Rm 8, 15.26; 1 Cor 12, 3; Gal 4, 6; Gd 20

39) 2 Cor 1,20; Col 3, 17

40) Eb 13, 15.

41) Rm 12, 12; 1 Cor 7,5; Ef 6, 18; Col  4, 2; 1Ts 5, 17; 1Tm 5,5; 1Pt 4, 7.

 

 

santificazione42 e non mancano di ricordare la preghiera di lode43, di ringraziamento44, di domanda45 e di intercessione per tutti46.

 

 

La Chiesa continua la preghiera di Cristo

 

6. Poiché l'uomo viene interamente da Dio, deve riconoscere e professare questa sovranità del suo Creatore. È quanto gli uomini di sentimenti religiosi, vissuti in ogni tempo, hanno effettivamente fatto con la preghiera.

La preghiera diretta a Dio però deve essere connessa con Cristo, Signore di tutti gli uomini, unico Mediatore47, e il solo per il quale abbiamo accesso a Dio48. Cristo, infatti, unisce a sé tutta l'umanità49, in modo tale da stabilire un rapporto intimo tra la sua preghiera e la preghiera di tutto il genere umano. In Cristo, appunto, e in lui solo, la religione umana consegue il suo valore salvifico e il suo fine.

 

7. Tuttavia un vincolo speciale e strettissimo intercorre tra Cristo e quegli uomini che egli per mezzo del sacramento della rigenerazione unisce a sé come membra del suo Corpo, che è la Chiesa. Così effettivamente dal Capo si diffondono all'intero Corpo tutti i beni che sono del Figlio: cioè la comunicazione dello Spirito, la verità, la vita e la partecipazione alla sua filiazione divina, che si manifestava in ogni sua preghiera quando dimorava presso di noi.

Anche il sacerdozio di Cristo è condiviso da tutto il Corpo della Chiesa, così che i battezzati mediante la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo vengono consacrati in edificio spirituale e sacerdozio santo50 e sono abilitati a esercitare il

 

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42) 1Tm 4,5; Gc 5, 15 s; 1Gv 3, 22; 5, 14 s.

43) Ef 5, 19s;Eb 13, 15; Ap 19,5.

44) Col 3, 17; Fil 4, 6; 1Ts 5, 17; 1Tm 2, 1.

45) Rm 8, 26; Fil 4, 6.

46) Rm 15, 30; 1Tm 2, 1 s; Ef 6, 18; 1Ts 5, 25; Gc 5,14.16.

47) 1Tm 2, 5; Eb 8, 6; 9, 15; 12, 24.

48) Rm 5, 2;Ef 2, 18; 3, 12.

49) Cf SC 83.

50) Cf LG 10.

 

 

 

culto del Nuovo Testamento, culto che non deriva dalle nostre forze, ma dal merito e dal dono di Cristo. «Nessun dono maggiore Dio potrebbe fare agli uomini che costituire loro capo il suo Verbo, per mezzo del quale ha creato tutte le cose, e a lui unirli come membra, così che egli fosse Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, un solo Dio con il Padre, un solo uomo con gli uomini. Così, quando pregando parliamo con Dio, non per questo separiamo il Figlio dal Padre e quando il Corpo del Figlio prega non separa da sé il proprio Capo, ma è lui stesso unico salvatore del suo Corpo, il Signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio, che prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro Capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui le nostre voci e le sue voci in noi»51.

In questo dunque sta la dignità della preghiera cristiana, che essa partecipa dell'amore del Figlio Unigenito per il Padre e di quell'orazione, che egli durante la sua vita terrena ha espresso con le sue parole e che ora, a nome e per la salvezza di tutto il genere umano, continua incessantemente in tutta la Chiesa e in tutti i suoi membri.

 

 

L'azione dello Spirito Santo

 

8. L'unità della Chiesa orante è opera dello Spirito Santo, che è lo stesso in Cristo52, in tutta la Chiesa e nei singoli battezzati. Lo stesso «Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» e «intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26); egli stesso, in quanto Spirito del Figlio, infonde in noi «lo spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!» (Rm 8, 15; cf Gal 4, 6; 1Cor 12, 3; Ef 5, 18; Gd 20). Non vi può essere dunque nessuna preghiera cristiana senza l'azione dello Spirito Santo, che unificando tutta la Chiesa, per mezzo del Figlio la conduce al Padre.

 

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51) S. AGOSTINO, Enarrationes in ps. 85, n. 1: CCL 39, 1176.

52) Cf Lc 10, 21, quando Gesù «esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre"...».

 

 

Carattere comunitario della preghiera

 

9. L'esempio e il comando del Signore e degli apostoli di pregare sempre e assiduamente non si devono considerare come una norma puramente giuridica, ma appartengono all'intima essenza della Chiesa medesima, che è comunità e deve quindi manifestare il suo carattere comunitario anche nella preghiera. Per questo negli Atti degli Apostoli, quando per la prima volta si fa parola della comunità dei fedeli, questa appare riunita in preghiera «con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1, 14). «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola» (At 4, 32): questa unanimità si fondava sulla parola di Dio, sulla comunione fraterna, sulla preghiera e sulla Eucaristia53.

Sebbene la preghiera fatta nella propria stanza e a porte chiuse54 sia sempre necessaria e da raccomandarsi55, e venga anch'essa compiuta dai membri della Chiesa per Cristo nello Spirito Santo, tuttavia all'orazione della comunità compete una dignità speciale, perché Cristo stesso ha detto: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).

 

 

III. La Liturgia delle Ore

 

Consacrazione del tempo

 

10. Cristo ha comandato: «Bisogna pregare sempre senza stancarsi» (Lc 18, 1). Perciò la Chiesa, obbedendo fedelmente a questo comando, non cessa mai d'innalzare preghiere e ci esorta con queste parole: «Per mezzo di lui (Gesù) offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio» (Eb 13, 15). A questo precetto la Chiesa ottempera non soltanto celebrando l'Eucaristia, ma anche in altri modi, e specialmente con la Liturgia delle Ore, la quale, tra le altre azioni liturgiche, ha

 

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53) Cf At 2, 42gr.

54) Cf Mt 6,6.

55) Cf SC 12.

 

 

come sua caratteristica per antica tradizione cristiana di santificare tutto il corso del giorno e della notte56.

 

11. Poiché, dunque, la santificazione del giorno e di tutta l'attività umana rientra nelle finalità della Liturgia delle Ore, il suo ordinamento è stato rinnovato in modo da far corrispondere, per quanto era possibile, la celebrazione delle Ore al loro vero tempo, sempre tenendo conto, però, delle condizioni della vita odierna57.

Perciò «sia per santificare veramente il giorno sia per recitare con frutto spirituale le stesse Ore, conviene che nella recita delle Ore si osservi il tempo, che corrisponde più da vicino al tempo vero di ciascuna Ora canonica»58.

 

Rapporto tra Liturgia delle Ore ed Eucaristia

 

12. La Liturgia delle Ore estende59 alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico, «centro e culmine di tutta la vita della comunità cristiana»60: la lode e il rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, le suppliche e la pregustazione della gloria celeste. La celebrazione dell'Eucaristia viene anche preparata ottimamente mediante la Liturgia delle Ore, in quanto per suo mezzo vengono suscitate e accresciute le disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione dell'Eucaristia, quali sono la fede, la speranza, la carità, la devozione e il desiderio dell'abnegazione di sé.

 

 

Esercizio dell'ufficio sacerdotale di Cristo nella liturgia delle Ore

 

13. «L'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio»61, Cristo la compie nello Spirito Santo per mezzo

 

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56) Cf SC 83-84.

57) Cf SC 88.

58) Cf SC 94.

59) Cf  PO 5.

60) CD 30.

61) SC 5.

 

 

della sua Chiesa non soltanto quando si celebra l'Eucaristia e si amministrano i sacramenti, ma anche, a preferenza di altri modi, quando si celebra la Liturgia delle Ore62. In essa egli stesso è presente quando si raduna l'assemblea, quando si proclama la parola di Dio, «quando la Chiesa supplica e salmeggia»63

 

 

Santificazione dell'uomo

 

14. Nella Liturgia delle Ore si compie la santificazione dell'uomo64 e si esercita il culto divino in modo da realizzare in essa quasi quello scambio o dialogo fra Dio e gli uomini nel quale «Dio parla al suo popolo... il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera»65. Senza dubbio i partecipanti possono ottenere dalla Liturgia delle Ore una santificazione larghissima per mezzo della parola salvifica di Dio che ha grande importanza in essa. Dalla Sacra Scrittura si scelgono, infatti, le letture. Da essa viene la Parola divina dei salmi che si cantano davanti a Dio. Di afflato e ispirazione biblica sono permeate le altre preci, orazioni e canti66.

Non solo dunque quando si legge tutto ciò che è «stato scritto per nostra istruzione» (Rm 15, 4), ma anche quando la Chiesa prega o canta, si alimenta la fede dei partecipanti, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia67.

 

 

Lode offerta a Dio in unione con la Chiesa celeste

 

15. Nella Liturgia delle Ore la Chiesa, esercitando l'ufficio sacerdotale del suo Capo, offre a Dio «incessantemente»68, il sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo

 

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62) Cf SC 83, 98.

63) SC 7.

64) Cf SC 10.

65) SC 33.

66) Cf SC 24.

67) Cf SC 33.

68) 1Ts 5, 17.

 

 

nome69. Questa preghiera è «la voce della stessa Sposa che parla allo Sposo, anzi è la preghiera che Cristo, unito al suo Corpo, eleva al Padre»70.

«Tutti coloro, pertanto, che compiono questa preghiera, adempiono da una parte l'obbligo proprio della Chiesa e dall'altra partecipano al sommo onore della Sposa di Cristo perché, celebrando le lodi di Dio, stanno dinanzi al suo trono a nome della Madre Chiesa»71.

 

16. La Chiesa, dando lode a Dio nelle Ore, si associa a quel carme di lode che viene eternamente cantato nelle sedi celesti72; pregusta, nel medesimo tempo, quella lode celeste descritta da Giovanni nell'Apocalisse, lode che ininterrottamente risuona davanti al trono di Dio e dell'Agnello. La stretta unione di noi con la Chiesa celeste si realizza quando «in comune esultanza celebriamo la lode della maestà divina, e noi tutti, di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, riscattati con il sangue di Cristo (cf Ap 5, 9) e radunati in un'unica Chiesa, con un unico canto di lode celebriamo Dio uno e trino»73. Questa liturgia celeste i profeti quasi la previdero nella vittoria del giorno senza notte, della luce senza tenebre: «Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna» (Is 60, 19; cf Ap 21, 23.25). «Sarà un unico giorno. Il Signore lo conosce. Non ci sarà né giorno né notte. Verso sera risplenderà la luce» (Zc 14, 7). Già, veramente per noi «è arrivata la fine dei tempi (cf 1Cor 10, 11), e la rinnovazione del mondo è irrevocabilmente fissata e in certo modo è realmente anticipata in questo mondo»74. Così, per mezzo della fede, noi siamo anche ammaestrati sul significato della nostra vita temporale, per attendere insieme con tutte le creature la rivelazione dei figli di Dio75.

 

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69) Cf Eb 13, 15.

70) SC 84.

71) SC 85.

72) Cf SC 83.

73) LG 50; cf SC 8, 104.

74) LG 48.

75) Cf Rm 8, 19.

 

 

Nella Liturgia delle Ore noi proclamiamo questa fede, esprimiamo e alimentiamo questa speranza, partecipiamo in qualche modo al gaudio della lode perenne e del giorno che non conosce tramonto.

 

Supplica e intercessione

 

17. Ma, oltre alla lode di Dio, la Chiesa nella liturgia esprime i voti e i desideri di tutti i cristiani, anzi supplica Cristo, e, per mezzo di lui, il Padre per la salvezza di tutto il mondo76. Questa voce non è soltanto della Chiesa, ma anche di Cristo, poiché le preghiere vengono fatte a nome di Cristo, cioè «per il nostro Signore Gesù Cristo», e così la Chiesa continua a fare quelle preghiere e suppliche che Cristo offrì nei giorni della sua vita terrena77, e che perciò godono di una efficacia particolare.

E così, non solo con la carità, con l'esempio e con le opere di penitenza, ma anche con l'orazione la comunità ecclesiale esercita la sua funzione materna di portare le anime a Cristo78. Questo compito spetta specialmente a coloro che per un mandato speciale sono chiamati a celebrare la Liturgia delle Ore: cioè ai vescovi e ai sacerdoti, che in forza del loro ufficio pregano per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio79, e agli altri ministri sacri come pure ai religiosi80.

 

Culmine e fonte dell'azione pastorale

 

18. Coloro che partecipano alla Liturgia delle Ore danno incremento al popolo di Dio81 in virtù di una misteriosa fecondità apostolica; il lavoro apostolico, infatti, è ordinato «a che tutti, diventati figli di Dio, mediante la fede e il battesimo, si

 

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76) Cf SC 83.

77) Cf Eb 5, 7.

78) Cf PO 6.

79) Cf LG 41.

80) Cf sotto, n. 24.

81) Cf PC 7.

 

riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore»82. Vivendo in tal modo i fedeli esprimono e manifestano agli altri «il mistero di Cristo e la genuina natura della Chiesa, che ha la caratteristica di essere... visibile, ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina»83. A loro volta, le letture e le preghiere della Liturgia delle Ore costituiscono una genuina fonte di vita cristiana. Tale vita si nutre alla mensa della Sacra Scrittura e con le parole dei santi, ma è rinvigorita dalla preghiera. Solo il Signore, infatti, senza il quale non possiamo far nulla84, da noi pregato, può dare efficacia e sviluppo alle nostre opere85, così che ogni giorno veniamo edificati per diventare tempio di Dio, per mezzo dello Spirito86, fino alla misura che conviene alla piena maturità di Cristo87 e nello stesso tempo irrobustiamo le nostre forze per evangelizzare il Cristo a coloro che sono fuori88.

 

La mente concordi con la voce

 

19. Perché questa preghiera sia propria di ciascuno di coloro che vi prendono parte e sia parimenti fonte di pietà e di molteplice grazia divina, e nutrimento dell'orazione personale e dell'azione apostolica, è necessario che la mente stessa si trovi in accordo con la voce89 mediante una celebrazione degna, attenta e fervorosa.

Tutti cooperino diligentemente con la grazia divina per non riceverla invano. Cercando Cristo, e penetrando sempre più intimamente con l'orazione nel suo mistero90, lodino Dio e innalzino suppliche con quel medesimo animo con il quale pregava lo stesso divino Redentore.

 

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82) SC 10.

83) SC 2.

84) Cf Gv 15, 5.

85) Cf SC 86.

86) Cf Ef 2, 21-22.

87) Cf Ef 4, 13.

88) Cf SC 2.

89) Cf SC 90; RB 19.

90) Cf PO 14; OT 8.

 

 

IV. Coloro che celebrano la Liturgia delle Ore

 

a) Celebrazione in comune

20. La Liturgia delle Ore, come tutte le altre azioni liturgiche, non è un'azione privata, ma appartiene a tutto il Corpo della Chiesa, lo manifesta e influisce in esso91. La sua celebrazione ecclesiale è posta nella sua più piena luce - e per questo è sommamente consigliata - quando la compie la Chiesa locale con il proprio vescovo, circondato dai presbiteri e dai ministri92; «in essa è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica, apostolica»93.

Questa celebrazione, anche quando, in assenza del vescovo, è fatta dal Capitolo dei canonici o da altri sacerdoti, si svolga sempre rispettando la corrispondenza delle Ore al loro vero tempo, e per quanto è possibile, con la partecipazione del popolo. La medesima cosa si dica dei Capitoli collegiali.

 

21. Le altre assemblee di fedeli curino anch'esse, e possibilmente in chiesa, la celebrazione comunitaria delle Ore principali. Fra queste assemblee hanno un posto preminente le parrocchie, vere cellule della diocesi, organizzate localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo. Esse «rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra»94.

 

22. Se dunque i fedeli vengono convocati per la Liturgia delle Ore e si radunano insieme, unendo i loro cuori e le loro voci, manifestano la Chiesa che celebra il mistero di Cristo95.

 

23. È compito di coloro che sono insigniti dell'Ordine sacro o che hanno ricevuto una particolare missione canonica96 indire

 

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91) Cf SC 26.

92) Cf SC 41.

93) CD11.

94) SC 42; AA 10.

95) Cf SC 26, 84.

96) Cf AG 17.

 

 

e dirigere la preghiera della comunità: «pongano ogni loro impegno perché tutti quelli che sono affidati alle loro cure, siano concordi nella preghiera»97.

Curino pertanto che i fedeli siano invitati e siano istruiti con opportuna catechesi a celebrare in comune, specialmente nei giorni di domenica e di festa, le parti principali della Liturgia delle Ore98. Insegnino loro ad attingere da questa partecipazione un autentico spirito di preghiera99, e perciò con una idonea formazione li guidino a comprendere i salmi in senso cristiano, in modo da condurli a poco a poco a gustare e a praticare sempre più la preghiera della Chiesa 100.

 

24. Le comunità dei canonici, dei monaci, delle monache e degli altri religiosi che, in forza della loro Regola o delle loro Costituzioni, celebrano, con il rito comune o con un rito particolare, integralmente o parzialmente, la Liturgia delle Ore, rappresentano in modo speciale la Chiesa orante: esse esprimono, infatti, più pienamente il modello della Chiesa che senza interruzione e con voce concorde loda Dio, e assolvono il compito di «collaborare» innanzitutto con la preghiera, «all'edificazione e all'incremento di tutto il Corpo mistico di Cristo e al bene delle Chiese particolari»101. Questo va detto soprattutto per coloro che fanno vita contemplativa.

 

25. I sacri ministri e tutti i chierici, che non sono per altro titolo obbligati alla celebrazione comune, se convivono o si riuniscono insieme, procurino di celebrare in comune almeno qualche parte della Liturgia delle Ore, specialmente le Lodi al mattino e alla sera i Vespri102.

 

26. Anche ai religiosi dei due sessi che non sono obbligati alla celebrazione comune, e ai membri di qualsiasi istituto di

 

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97) CD 15.

98) Cf SC 100.

99) Cf PO 5.

100) Cf sotto, nn. 100-109.

101) CD 33; cf PC 6, 7, 15; AG 15

102) Cf SC 99.

 

 

perfezione si raccomanda vivamente di riunirsi fra loro o con il popolo, per celebrare la Liturgia delle Ore, tutta o in parte.

 

27. Anche i laici riuniti in convegno, sono invitati ad assolvere la missione della Chiesa103, celebrando qualche parte della Liturgia delle Ore, qualunque sia il motivo per cui si radunano o quello della preghiera o dell'apostolato o altro. È necessario, infatti, che imparino ad adorare Dio Padre in spirito e verità104 anzitutto nell'azione liturgica, e si ricordino che mediante il culto pubblico e la preghiera raggiungono tutti gli uomini e possono contribuire non poco alla salvezza di tutto rimondo105.

È cosa lodevole, infine, che la famiglia, santuario domestico della Chiesa, oltre alle comuni preghiere celebri anche, secondo l'opportunità, qualche parte della Liturgia delle Ore, inserendosi così più intimamente nella Chiesa106.

 

b) Il mandato di celebrare la Liturgia delle Ore

 

28. La Liturgia delle Ore è affidata in modo particolare ai ministri sacri. Per questo incombe loro l'obbligo personale di celebrarla, anche se assente il popolo, sia pure con i necessari adattamenti.

La Chiesa, infatti, li deputa alla Liturgia delle Ore perché il compito di tutta la comunità sia adempiuto in modo sicuro e costante almeno per mezzo loro, e la preghiera di Cristo continui incessantemente nella Chiesa107.

Il vescovo rappresenta Cristo in forma eminente e visibile. È il grande sacerdote del suo gregge. Da lui deriva e dipende, in certo modo, la vita dei suoi fedeli in Cristo108. Fra i membri della sua Chiesa, il vescovo deve essere il primo nella preghiera.

 

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103) Cf SC 100.

104) Cf Gv 4, 23.

105) Cf GE 2; AA 16.

106) Cf AA 11.

107) Cf PO 13.

108) Cf SC 41; LG 21.

 

 

Quando poi egli celebra la Liturgia delle Ore, lo fa sempre a nome e beneficio della Chiesa, che gli è affidata109. I sacerdoti, uniti al vescovo e a tutto il presbiterio, rappresentano anch'essi in grado speciale la persona di Cristo sacerdote110, partecipano al medesimo compito, pregando Dio per tutto il popolo loro affidato, anzi per tutto il mondo111. Tutti costoro compiono il ministero del buon pastore che prega per i suoi perché abbiano la vita e perciò siano perfetti nell'unità112.

Nella Liturgia delle Ore, proposta loro dalla Chiesa, non solo trovino la fonte della pietà e il nutrimento dell'orazione personale113, ma, anche quell'abbondanza di contemplazione da cui attingere alimento e stimolo per l'azione pastorale e missionaria a conforto di tutta la Chiesa di Dio114.

 

29. I vescovi, dunque, i sacerdoti e i diaconi aspiranti al sacerdozio, che hanno ricevuto dalla Chiesa il mandato (cf n. 17) di celebrare la Liturgia delle Ore, hanno l'obbligo di assolvere ogni giorno tutte le Ore (cf CIC, cc. 276 § 3; 1174 § 1), osservando, per quanto è possibile, il loro vero tempo. Diano prima di tutto la dovuta importanza alle Ore che sono come il cardine della Liturgia oraria, cioè alle Lodi mattutine e ai Vespri. Non tralascino mai queste Ore se non per un motivo grave.

Celebrino anche fedelmente l'Ufficio delle letture, che è in gran parte celebrazione liturgica della parola di Dio; in tal modo adempiranno ogni giorno il loro compito particolare di accogliere in sé la parola di Dio, per diventare discepoli più perfetti del Signore e gustare più profondamente le insondabili ricchezze di Cristo115.

Per santificare meglio l'intero giorno, abbiano inoltre a cuore la recita dell'Ora media e di Compieta, con la quale, prima

 

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109) Cf LG 26; CD15.

110) Cf PO 13.

111) Cf  PO 5.

112) Cf Gv 10, 11; 17, 20.23.

113) Cf SC 90.

114) Cf LG 41.

115) Cf DV 25; PO 13.

 

 

del riposo notturno portano a compimento l'«Opus Dei» e si raccomandano a Dio.

30. È sommamente conveniente che i diaconi permanenti, ai quali anche si riferisce il mandato della Chiesa, recitino ogni giorno la parte della Liturgia delle Ore, stabilita dalla Conferenza dei Vescovi116.

 

31. a) I Capitoli cattedrali e collegiali devono celebrare in coro quelle parti della Liturgia delle Ore che sono loro prescritte dal diritto comune o particolare.

I singoli membri di questi Capitoli, oltre alle Ore che tutti i ministri sacri sono tenuti a recitare, devono recitare da soli quelle Ore che si celebrano nel loro Capitolo117,

b) Le comunità religiose obbligate alla Liturgia delle Ore e i loro singoli membri, celebrino le Ore a norma del loro diritto particolare, salvo quanto è prescritto al n. 29 per coloro che hanno ricevuto l'Ordine sacro.

Le comunità obbligate al coro celebrino ogni giorno, in coro, tutto l'Ufficio118; i membri che non hanno preso parte al coro recitino le Ore a norma del loro diritto particolare, salvo sempre quanto è prescritto al n. 29.

 

32. Si raccomanda a tutte le altre comunità religiose e ai loro singoli membri di celebrare, secondo le circostanze in cui si trovano, alcune parti della Liturgia delle Ore: essa è preghiera della Chiesa e fa di tutti, dovunque dispersi, un cuore solo e un'anima sola119. La stessa esortazione è rivolta anche ai laici120.

 

c) Struttura della celebrazione

 

33. La Liturgia delle Ore è regolata da leggi proprie. Riunisce insieme, in una forma particolare, elementi che si trovano anche

 

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116) Cf CIC, e. 276 §§ 2 e 3; SDO 27.

117) Cf IOe 78b.

118) Cf SC 95.

119) Cf At 4, 32.

120) Cf SC 100.

 

 

in altre celebrazioni. Essa è così disposta: l'inno sempre all'inizio, poi la salmodia, quindi una lettura lunga o breve della Sacra Scrittura e infine la preghiera. Sia nella celebrazione in comune che nella recita individuale, rimane la struttura essenziale di questa liturgia: colloquio tra Dio e l'uomo. Tuttavia, la celebrazione in comune manifesta più chiaramente la natura ecclesiale della Liturgia delle Ore e favorisce la partecipazione attiva di tutti, secondo la condizione di ciascuno. Lo fa mediante le acclamazioni, il dialogo, la salmodia alternata e altri elementi congeneri. Tiene poi meglio conto delle diverse forme espressive121. Perciò, tutte le volte che si rende possibile, la celebrazione comune con la frequenza e la partecipazione attiva dei fedeli è da preferirsi alla celebrazione individuale e quasi privata122. È bene inoltre che l'Ufficio in coro e in comune, sia cantato, secondo l'opportunità, sempre rispettando la natura e la funzione delle singole parti.

Così si realizzerà la raccomandazione dell'Apostolo: «La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali» (Col 3, 16; cf Ef 5, 19-20).

 

 

Capitolo II

LA SANTIFICAZIONE DEL GIORNO
OSSIA LE VARIE ORE LITURGICHE

 

I. Introduzione di tutto l'Ufficio

 

34. Tutto l'Ufficio, di regola, è introdotto dall'Invitatorio. Questo consta del versetto «Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode», e del salmo 94, con il quale i fedeli sono invitati ogni giorno a cantare le lodi di Dio e ad

 

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121) Cf SC 26, 28-30.

122) Cf SC 27.

 

 

ascoltare la sua voce, e infine vengono esortati ad aspettare il «riposo del Signore»1.

Se si ritiene opportuno, invece del salmo 94, si possono dire i salmi 99, o 66, o 23.

È conveniente che il salmo invitatorio si dica come descritto a suo luogo, in forma responsoriale, cioè con la sua antifona che, subito proposta e ripetuta, è di nuovo ripresa dopo ogni strofa.

 

35. L'Invitatorio ha luogo al principio di tutto il corso della preghiera quotidiana, si premette cioè o alle Lodi mattutine o all'Ufficio delle letture, a seconda che si inizi il ciclo giornaliero con l'una o l'altra azione liturgica. Se si ritiene opportuno, tuttavia, il salmo con la sua antifona si può omettere quando dovrebbe precedere le Lodi.

 

36. Il modo di variare l'antifona all'Invitatorio, secondo la diversità dei giorni liturgici, è indicato a suo luogo.

 

 

II. Lodi mattutine e Vespri

 

37. «Le Lodi, come preghiera del mattino, e i Vespri come preghiera della sera, che secondo la venerabile tradizione di tutta la Chiesa, sono il duplice cardine dell'Ufficio quotidiano, devono essere ritenute le Ore principali e come tali celebrate»2.

 

38. Le Lodi mattutine sono destinate e ordinate a santificare il tempo mattutino come appare da molti dei loro elementi. Tale caratteristica mattutina è espressa assai bene da queste parole di san Basilio Magno: «Il Mattutino è fatto per consacrare a Dio i primi moti della nostra mente e del nostro spirito in modo da non intraprendere nulla prima di esserci rinfrancati col pensiero di Dio, come sta scritto: "Mi sono ricordato di Dio e ne ho avuto letizia" (Sal 76, 4); né il corpo si applichi al lavoro prima di aver fatto ciò che è stato detto: "Ti prego, Signore. Al mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t'invoco e sto in attesa" (Sal 5, 4-5)»3.

 

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1) Cf Eb 3,7-4, 16.

2) SC 89a, 100.

3) S. Basilio M., Regulae fusius tractatae, Resp. 37, 3: PG 31, 1014.

 

 

Quest'ora inoltre, che si celebra allo spuntar della nuova luce del giorno, ricorda la risurrezione del Signore Gesù, «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9) e «sole di giustizia» (Ml 4, 2), «che sorge dall'alto» (Lc 1, 78). Perciò ben si comprende la raccomandazione di san Cipriano: «Bisogna pregare al mattino, per celebrare con la preghiera mattutina la risurrezione del Signore»4.

 

39. I Vespri si celebrano quando si fa sera e il giorno ormai declina, «per rendere grazie di ciò che nel medesimo giorno ci è stato donato o con rettitudine abbiamo compiuto»5. Con l'orazione che innalziamo, «come incenso davanti al Signore», e nella quale «l'elevarsi delle nostre mani» diventa «sacrificio della sera»6 ricordiamo anche la nostra redenzione. E questo «si può anche intendere, con un significato più spirituale, dell'autentico sacrificio vespertino: sia di quello che il Signore e Salvatore affidò, nell'ora serale, agli apostoli durante la Cena, quando inaugurò i santi misteri della Chiesa, sia di quello stesso del giorno dopo, quando, con l'elevazione delle sue mani in croce, offrì al Padre per la salvezza del mondo intero se stesso, quale sacrificio della sera, cioè come sacrificio della fine dei secoli»7.

Per orientare, infine, la nostra speranza alla luce che non conosce tramonto, «noi preghiamo e chiediamo che di nuovo venga su di noi la luce, e invochiamo la venuta di Cristo che ci porterà la grazia della luce eterna»8.

Finalmente in questa Ora, in armonia con le Chiese orientali, cantiamo: «O luce gioiosa della santa gloria dell'eterno Padre celeste, Gesù Cristo; giunti al tramonto del sole, vedendo il lume della sera, celebriamo il Padre, e il Figlio e lo Spirito Santo Dio...».

 

40. Si devono quindi tenere in grandissima considerazione le Lodi mattutine e i Vespri come preghiera della comunità cristiana:

 

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4) S. Cipriano, De oratione dominica, 35: PL 4, 561.

5) S. BASILIO M., Regulae..., cit.: PG 31, 1015.

6) Cf Sal 140, 2.

7) cassiano, De institutione coenob., III, cap. 3: PL 49, 124-125.

8) S. CIPRIANO, De oratione dominica, 35: PL 4, 560.

 

 

la loro celebrazione pubblica e comune sia incoraggiata specialmente presso coloro che fanno vita in comune. Anzi, la loro recita sia raccomandata anche ai singoli fedeli che non possono partecipare alla celebrazione comune.

 

41. Le Lodi mattutine e i Vespri incominciano col versetto d'introduzione: «O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto», al quale segue il «Gloria al Padre» con il «Come era nel principio» e l'«Alleluia» (che si omette durante il Tempo di Quaresima). Tutte queste formule, però, alle Lodi si omettono quando immediatamente prima si è eseguito l'Invitatorio.

 

42. Quindi si dice subito l'inno adatto. L'inno è disposto in modo da conferire quasi a ciascuna Ora o festa il proprio carattere e permettere, specialmente nella celebrazione con il popolo, un inizio più facile e più festoso.

 

43. Dopo l'inno segue la salmodia, a norma dei nn. 121-125. La salmodia delle Lodi consta di un salmo mattutino, di un cantico desunto dall'Antico Testamento e di un altro salmo laudativo, secondo la tradizione della Chiesa. La salmodia dei Vespri consta di due salmi, o di due parti di un salmo più lungo, adatti a questa Ora e alla celebrazione con il popolo, e di un cantico desunto dalle lettere degli apostoli o dall'Apocalisse.

 

44. Terminata la salmodia, si ha la lettura o breve o lunga.

 

45. La lettura breve è scelta secondo la qualità del giorno o del tempo o della celebrazione; si deve leggere e ascoltare come vera proclamazione della parola di Dio. Essa ha lo scopo di proporre con forza e incisività qualche sentenza sacra e di fare approfondire l'insegnamento di certi brani più brevi ai quali, nella lettura continua della Scrittura, si presta forse meno attenzione. Le lezioni brevi variano secondo i giorni del ciclo salmodico.

 

46. A scelta, e specialmente nella celebrazione con il popolo, si può fare una lettura biblica più lunga, o dall'Ufficio delle letture, o dal Lezionario della Messa, e specialmente dai testi che, per un motivo o un altro, non si fossero potuti proclamare. Nulla inoltre vieta che talvolta si scelga anche un'altra lettura più adatta, a norma dei nn. 248-249, 251.

 

47. Nella celebrazione con il popolo, se si ritiene opportuno, si può aggiungere una breve omelia per illustrare la predetta lettura.

 

48. Dopo la lettura o l'omelia, secondo l'opportunità, si può fare una pausa di silenzio.

 

49. Per rispondere alla parola di Dio, viene proposto un canto responsoriale o responsorio breve, che eventualmente si può anche omettere. Al suo posto si possono eseguire altri canti che abbiano il medesimo carattere e svolgano la medesima funzione, purché siano debitamente approvati a tale scopo dalla Conferenza Episcopale.

 

50. Quindi si esegue solennemente il cantico evangelico con la sua antifona, e cioè alle Lodi mattutine il cantico di Zaccaria Benedictus, ai Vespri il cantico della beata Vergine Maria, Magnificat.

Questi cantici, convalidati dalla tradizione secolare e popolare della Chiesa Romana, esprimono la lode e il rendimento di grazie per la redenzione.

L'antifona al Benedictus e al Magnificat è proposta secondo la qualità del giorno, del tempo o della celebrazione.

 

51. Terminato il cantico, alle Lodi mattutine si dicono le invocazioni per consacrare al Signore il giorno e il lavoro, ai Vespri invece le intercessioni (cf nn. 179-193).

 

52. Dopo le predette invocazioni o intercessioni si dice da tutti il «Padre nostro».

 

53. Recitato il «Padre nostro» si dice immediatamente l'orazione conclusiva che, per le ferie ordinarie, si trova nel salterio, per gli altri giorni nel Proprio.

 

54. Quindi, se presiede un sacerdote o un diacono, questi congeda il popolo con il saluto: «Il Signore sia con voi» e la benedizione, come nella Messa, seguita dall'invito: «Andate in pace», R. «Rendiamo grazie a Dio».

Altrimenti la celebrazione si conclude con «Il Signore ci benedica ecc.».

 

III. L'Ufficio delle letture

 

55. L'Ufficio delle letture ha lo scopo di proporre al popolo di Dio, e specialmente a quelli che sono consacrati al Signore in modo particolare, una meditazione più sostanziosa della Sacra Scrittura e le migliori pagine degli autori spirituali. Sebbene, infatti, la Messa quotidiana offra un ciclo di letture della Sacra Scrittura più abbondante, quel tesoro della rivelazione e della tradizione contenuto nell'Ufficio delle letture sarà di grande profitto per lo spirito. Soprattutto i sacerdoti devono cercare questa ricchezza per poter dispensare a tutti la parola di Dio, che essi stessi hanno ricevuto, e per fare della dottrina, che insegnano, il «nutrimento per il popolo di Dio»9.

 

56. Quanto si legge della Sacra Scrittura deve essere accompagnato dalla preghiera, perché in tal modo si stabilisce un vero colloquio fra Dio e l'uomo. Infatti quando preghiamo parliamo a lui e quando leggiamo i divini oracoli ascoltiamo lui10. Per questo motivo l'Ufficio delle letture consta anche di salmi, dell'inno, dell'orazione e di altre formule, in modo da avere il carattere di vera preghiera.

 

57. L'Ufficio delle letture, a norma della Costituzione Sacrosanctum concilium, «pur conservando il carattere di preghiera notturna per il coro, deve essere adattato in modo che si possa recitare in qualsiasi ora del giorno, e avere un minor numero di salmi e letture più lunghe»11.

 

58. Coloro pertanto che in forza del loro diritto particolare devono conservare a questo Ufficio il carattere di lode notturna, come pure coloro che lodevolmente lo desiderano, sia che lo recitino di notte, sia che lo recitino di buon mattino e prima delle Lodi mattutine, nel Tempo ordinario scelgano l'inno da quella serie destinata a questo scopo12.

 

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9) Pontificale Romano, Ordinazione del vescovo, n. 14.

10) S. ambrogio, De officiis ministrorum, 1,20,88: PL 16, 50; DV 25.

11) SC 89c.

12) L'edizione italiana della Liturgia delle Ore presenta solo inni in latino con specifico riferimento alla notte. Sono però adatti alla celebrazione anche quelli in italiano.

 

 

 

Inoltre, per le domeniche, per le solennità e per alcune feste si dovrà tener presente quanto è detto per le celebrazioni vigiliari ai nn. 70-73.

 

59. Ferma restando la disposizione precedente, l'Ufficio delle letture si può recitare in qualsiasi ora del giorno, e anche nelle ore notturne del giorno precedente, dopo aver recitato i Vespri.

 

60. Se l'Ufficio delle letture si dice prima delle Lodi mattutine, allora vi si premette l'Invitatorio, come si è detto sopra (nn. 34-36). Altrimenti si comincia con il versetto «O Dio, vieni a salvarmi», il «Gloria», «Come era nel principio» e, fuori del Tempo di Quaresima, l'«Alleluia».

 

61. Quindi si dice l'inno. Questo, nel Tempo ordinario si sceglie o dalla serie notturna, come è indicato sopra al n. 58 o dalla serie diurna, come richiede la corrispondenza del tempo.

 

62. Segue la salmodia che consta di tre salmi (o parti, se i salmi occorrenti sono più lunghi). Nel Triduo pasquale, nei giorni fra le ottave di Pasqua e di Natale, come pure nelle solennità e nelle feste, i salmi sono propri con le loro proprie antifone. Nelle domeniche e nelle ferie, invece, i salmi con le loro antifone si prendono dal salterio corrente. Così pure si prendono dal salterio corrente nelle memorie dei santi, a meno che non vi siano salmi o antifone proprie (cf n. 218 ss).

 

63. Tra la salmodia e le letture si dice, di solito, il versetto; con esso l'orazione passa dalla salmodia all'ascolto delle letture.

 

64. Si fanno due letture: la prima è biblica, l'altra o è tratta dalle opere dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici, o è agiografica.

 

65. Dopo ogni lettura si dice il responsorio (cf nn. 169-172).

 

66. Normalmente si deve adottare la lettura biblica riportata nel Proprio del Tempo, secondo le norme che verranno indicate sotto, nn. 140-155. Tuttavia nelle solennità e nelle feste la lettura biblica si prende dal Proprio o dal Comune.

 

67. La seconda lettura con il suo responsorio si prende o dal Libro della Liturgia delle Ore o dal Lezionario facoltativo, di cui si parla sotto al n. 161. Normalmente è quella riportata nel Proprio del Tempo.

Nelle solennità e nelle feste dei santi si usa la lettura agiografica propria; in mancanza di essa si legge la seconda lettura dal rispettivo Comune dei santi. Anche nelle memorie dei santi, la cui celebrazione non è impedita, in luogo della seconda lettura occorrente si prende quella agiografica (cf nn. 166, 235).

 

68. Nelle domeniche fuori della Quaresima, nei giorni tra le ottave di Pasqua e di Natale, nelle solennità e nelle feste, dopo la seconda lettura con il suo responsorio si dice l'inno Te Deum, che però si omette nelle memorie e nelle ferie. L'ultima parte dell'inno, cioè dal versetto Salvum fac populum tuum («Salva il tuo popolo, Signore») sino alla fine, si può omettere.

 

69. L'Ufficio delle letture normalmente si conclude con l'orazione propria del giorno e, almeno nella recita comune, con l'acclamazione «Benediciamo il Signore». R. «Rendiamo grazie a Dio».

 

 

IV. Celebrazioni vigiliari

 

70. La Veglia pasquale viene celebrata da tutta la Chiesa nel modo descritto nei rispettivi libri liturgici. «La Veglia di questa notte ha un'importanza così grande - dice sant'Agostino che da sola potrebbe appropriarsi come nome proprio, il nome comune anche alle altre veglie»13. «Celebriamo, vegliando, quella notte, in cui il Signore è risorto e nella sua carne ha inaugurato per noi quella vita... nella quale non vi sarà più né morte alcuna, né sonno...; per questo colui al quale, risorto, cantiamo vegliando un po' più a lungo, ci concederà di regnare con lui, nella vita senza fine»14.

 

71. Sul modello della Veglia pasquale, si introdusse nelle diverse Chiese la consuetudine di iniziare con una veglia altre solennità: tra queste primeggiano il Natale del Signore e la

 

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13) Sermo Guelferbytanus, 5: PLS 2, 550.

14) L. cit.: PLS 2, 552.

 

 

Pentecoste. È un uso che merita di essere conservato e promosso secondo la tradizione propria di ciascuna Chiesa. Se in qualche luogo si ritenesse conveniente dotare di veglia altre solennità o pellegrinaggi, si osservino le norme generali proposte per le celebrazioni della parola di Dio.

 

72. I Padri e gli autori spirituali spessissimo hanno esortato i fedeli, specialmente coloro che fanno vita contemplativa, alla preghiera notturna, con la quale si esprime e si incita all'attesa del Signore che ritornerà: «A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!» (Mt 25, 6); «Vigilate, dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati» (Mc 13, 35-36). Sono dunque degni di lode tutti coloro che conservano all'Ufficio delle letture il suo carattere notturno.

 

73. Poiché inoltre nel rito romano, specialmente per riguardo a coloro che attendono al lavoro apostolico, l'Ufficio delle letture è sempre piuttosto breve, coloro che desiderano protrarlo, secondo la tradizione, con la celebrazione vigiliare della domenica, delle solennità e delle feste, si regolino nel modo seguente: si celebri anzitutto l'Ufficio delle letture come è nel libro della Liturgia delle Ore fino alle letture incluse. Dopo le due letture e prima del Te Deum si aggiungano i cantici che sono indicati a questo scopo nell'Appendice del libro stesso; quindi si legga il Vangelo, seguito eventualmente dall'omelia; poi si canta il Te Deum e si dice l'orazione. Il Vangelo, nelle solennità e nelle feste si prenda dal Lezionario della Messa; nelle domeniche, invece, dalla serie di pericopi pasquali, riportate nell'Appendice del libro della Liturgia delle Ore.

 

V. Terza, Sesta e Nona o Ora media

 

74. Secondo una tradizione antichissima, i cristiani erano soliti pregare per devozione privata in diversi momenti nel corso della giornata, anche durante il lavoro, per imitare la Chiesa apostolica. Questa tradizione si è espressa in modi diversi e, con l'andare del tempo, si è concretata in celebrazioni liturgiche.

 

75. L'uso liturgico, tanto dell'Oriente che dell'Occidente, ha conservato Terza, Sesta e Nona, specialmente perché a queste Ore si collegava il ricordo degli eventi della Passione del Signore e della prima propagazione del Vangelo.

 

76. Il Concilio Vaticano II ha stabilito di mantenere per il coro le Ore minori di Terza, Sesta e Nona15. L'uso liturgico di dire tutte e tre queste Ore sia mantenuto, salvo il diritto particolare, da coloro che fanno vita contemplativa; lo si consiglia anche a tutti, specialmente a coloro che partecipano a un ritiro spirituale o a un convegno pastorale.

 

77. Fuori del coro, salvo il diritto particolare, si può scegliere una delle tre Ore che più si adatta al momento della giornata, in modo che sia conservata la tradizione di pregare nel corso della giornata nel mezzo del lavoro.

 

78. L'ordinamento di Terza, Sesta e Nona è perciò strutturato in modo da tener conto sia di coloro che dicono soltanto un'Ora, cioè l'«Ora media», sia di coloro che devono o desiderano dire tutte e tre le Ore.

 

79. Terza, Sesta e Nona o l'Ora media iniziano con il versetto d'introduzione «O Dio, vieni a salvarmi», il «Gloria al Padre» «Come era nel principio» e l'«Alleluia» (che si omette nel Tempo di Quaresima). Quindi si dice l'inno adatto all'Ora. Segue la salmodia, quindi la lettura breve, seguita dal versetto. L'Ora si conclude con l'orazione e, almeno nella recita in comune, con l'acclamazione «Benediciamo il Signore». R. «Rendiamo grazie a Dio».

 

80. Gli inni e le orazioni variano secondo le Ore, così da rispondere, come vuole anche la tradizione, al tempo vero e così santificare in modo più confacente le ore del giorno. Pertanto chi dice soltanto un'Ora deve scegliere quegli elementi che corrispondono all'Ora stessa.

Inoltre le letture brevi e le orazioni variano secondo la qualità del giorno, del tempo o della celebrazione.

 

81. Viene proposta una duplice salmodia: una ordinaria, l'altra complementare. Chi dice un'Ora soltanto usi la salmodia ordinaria. Chi invece dice più Ore, in una prenda la salmodia ordinaria, nelle altre quella complementare.

 

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15) Cf SC 89e.

 

 

82. La salmodia ordinaria consta di tre salmi (o parti, se si tratta di salmi più lunghi) desunti dal testo del salterio: questi si dicono con le loro antifone, salvo che a suo luogo sia detto altrimenti.

Nelle solennità, nel Triduo pasquale e nei giorni fra l'ottava di Pasqua, si dicono le antifone proprie con tre salmi scelti dalla salmodia complementare, a meno che non si debbano usare salmi particolari, o la celebrazione della solennità ricorra in domenica: in questo caso si prendono i salmi della domenica della prima settimana.

 

83. La salmodia complementare consta di gruppi di tre salmi scelti ordinariamente tra quelli che son chiamati «graduali».

 

 

VI. Compieta

 

84. Compieta è l'ultima preghiera del giorno, da recitarsi prima del riposo notturno, eventualmente anche dopo la mezzanotte.

 

85. Compieta inizia, come le altre Ore, con il versetto «O Dio, vieni a salvarmi», il «Gloria al Padre», «Come era nel principio» e l'«Alleluia» (che si omette nel Tempo di Quaresima).

 

86. Quindi segue, lodevolmente, l'esame di coscienza. Nella celebrazione in comune, l'esame si compie in silenzio o si inserisce in un atto penitenziale servendosi delle formule del Messale Romano.

 

87. Quindi si dice l'inno adatto.

 

88. La salmodia, alla domenica, dopo i I Vespri, consta dei salmi 4 e 133; dopo i II Vespri, del salmo 90. Per gli altri giorni sono stati scelti salmi adatti a ravvivare specialmente la fiducia in Dio. È però consentito sostituirli con i salmi della domenica. Così saranno agevolati coloro che volessero recitare Compieta a memoria.

 

89. Dopo la salmodia, si fa la lettura breve, seguita dal responsorio «Signore, nelle tue mani»; quindi si dice il cantico evangelico Nunc dimittis («Ora lascia, o Signore») con la sua antifona. Esso è quasi il vertice di tutta l'Ora.

 

90. L'orazione conclusiva si dice come è indicato nel salterio.

 

91. Dopo l'orazione segue, anche nella recita individuale, la benedizione: «II Signore ci conceda una notte serena».

 

92. Infine si dice una delle antifone della beata Vergine Maria. Durante il Tempo pasquale si dirà sempre l'antifona Regina caeli.

Oltre le antifone contenute nel libro della Liturgia delle Ore, ne possono essere approvate altre dalle Conferenze Episcopali16.

 

 

VII. Modo di unire le Ore dell'Ufficio con la Messa o tra di loro quando si ritiene opportuno

 

93. In casi particolari, se le circostanze lo richiedono, nella celebrazione pubblica o comune si può fare un'unione più stretta tra la Messa e un'Ora dell'Ufficio, secondo le norme che seguono, purché la Messa e l'Ora siano dell'unico e medesimo Ufficio. Si deve però evitare che ciò vada a detrimento dell'azione pastorale, specialmente in domenica.

 

94. Quando le Lodi mattutine, celebrate in coro o in comune, precedono immediatamente la Messa, l'azione liturgica può incominciare o dal versetto iniziale e dall'inno delle Lodi, specialmente nei giorni feriali, o dal canto dell'introito con la processione d'ingresso e il saluto del celebrante, specialmente nei giorni festivi, omettendo, nel caso, uno dei due riti iniziali. Quindi si prosegue con la salmodia delle Lodi, come al solito, fino alla lettura breve esclusa. Dopo la salmodia, omesso l'atto penitenziale, e, secondo l'opportunità, il «Signore, pietà», segue, a norma delle rubriche, il «Gloria a Dio nell'alto dei cicli» e il celebrante dice l'orazione della Messa. Poi si continua con la liturgia della Parola nel modo consueto. L'orazione universale si fa al momento e nella forma consueta della Messa. Tuttavia, nei giorni feriali, nella Messa del mattino,

 

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16) Cf SC 38. L'edizione italiana ne contiene già alcune in più di quella latina.

 

 

invece del formulario quotidiano della preghiera universale si possono dire le invocazioni delle Lodi. Dopo la comunione con il suo proprio canto, si canta il Benedictus con la rispettiva antifona delle Lodi, quindi si dice l'orazione dopo la comunione e tutto il resto come al solito.

 

95. Se l'Ora media (cioè Terza, Sesta o Nona, secondo quello che richiede la corrispondenza delle Ore) celebrata pubblicamente precede immediatamente la Messa, l'azione liturgica può ugualmente incominciare o dal versetto iniziale e dall'inno dell'Ora, specialmente nei giorni feriali, o dal canto dell'introito con la processione d'ingresso e il saluto del celebrante, specialmente nei giorni festivi, omettendo, nel caso, uno dei due riti iniziali.

Quindi si prosegue con la salmodia dell'Ora nel modo solito, fino alla lettura breve esclusa. Dopo la salmodia, omesso l'atto penitenziale e, secondo l'opportunità, il «Signore, pietà» si dice, secondo le rubriche, il «Gloria a Dio nell'alto dei cicli», e il celebrante dice l'orazione della Messa.

 

96. I Vespri, che precedono immediatamente la Messa, si possono unire a essa allo stesso modo delle Lodi mattutine. Tuttavia i Vespri delle solennità o delle domeniche o delle feste del Signore che cadono in domenica, si possono celebrare soltanto terminata la Messa del giorno precedente o del sabato.

 

97. Quando invece l'Ora media, cioè Terza, Sesta o Nona, o Vespri seguono la Messa, allora si celebra la Messa come al solito fino all'orazione dopo la comunione compresa. Detta l'orazione dopo la comunione incomincia senz'altro la salmodia di quell'Ora. Nell'Ora media, terminata la salmodia, subito, omessa la lettura breve, si dice l'orazione e la formula di congedo, come nella Messa. Ai Vespri, finita la salmodia e omessa la lettura, si aggiunge subito il cantico Magnificat con la sua antifona e, tralasciate le intercessioni e il «Padre nostro», si dice l'orazione conclusiva e si benedice il popolo.

 

98. Eccetto il caso della notte di Natale, di regola si esclude l'unione della Messa con l'Ufficio delle letture, perché la Messa stessa ha il suo ciclo di letture, che va tenuto distinto dall'altro. Tuttavia, se qualche volta in qualche singolo caso fosse necessario farlo, allora, subito dopo la seconda lettura

dell'Ufficio con il suo responsorio, omesso tutto il resto, ha inizio la Messa dall'inno «Gloria a Dio nell'alto dei cicli», se si deve dire, altrimenti dall'orazione.

 

99. Se l'Ufficio delle letture si dice immediatamente prima di un'altra Ora dell'Ufficio, all'inizio dell'Ufficio delle letture si può premettere l'inno adatto a quell'Ora; al termine dell'Ufficio delle letture si omette l'orazione e la conclusione, e, nell'Ora che segue, si tralascia il versetto iniziale con il «Gloria al Padre».

 

 

Capitolo III

I DIVERSI ELEMENTI DELLA LITURGIA DELLE ORE

 

I. I salmi e il loro rapporto con la preghiera cristiana

 

100. Nella Liturgia delle Ore la Chiesa prega in gran parte con quei bellissimi canti, che i sacri autori, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, hanno composto nell'Antico Testamento. Per la loro stessa origine, infatti, essi hanno una capacità tale da elevare la mente degli uomini a Dio, da suscitare in essi pii e santi affetti, da aiutarli mirabilmente a render grazie a Dio nelle circostanze prospere, da recare consolazione e fermezza d'animo nelle avversità.

 

101. I salmi, tuttavia, non offrono che un'immagine imperfetta di quella pienezza dei tempi che apparve in Cristo Signore e dalla quale trae il suo vigore la preghiera della Chiesa. Pertanto può talvolta accadere che, pur concordando tutti i cristiani nella somma stima dei salmi, trovino tuttavia qualche difficoltà, nello stesso tempo in cui cercano di far propri nella preghiera quei canti venerandi.

 

102. Ma lo Spirito Santo, sotto la cui ispirazione i salmisti hanno cantato, assiste sempre con la sua grazia coloro che eseguono tali inni con fede e buona volontà. È tuttavia necessario che ciascuno, secondo le sue possibilità, si procuri «una maggiore formazione biblica, specialmente riguardo ai salmi»1. Inoltre si deve arrivare ad assimilare bene il modo e il metodo migliore per pregarli come si conviene.

 

103. I salmi non sono letture, né preghiere scritte in prosa, ma poemi di lode. Quindi anche se talvolta fossero stati eseguiti come letture, tuttavia, in ragione del loro genere letterario, giustamente furono detti dagli ebrei «Tehillim», cioè «cantici di lode» e dai greci «psalmoi» cioè «cantici da eseguire al suono del salterio». In verità, infatti, tutti i salmi hanno un certo carattere musicale, che ne determina la forma di esecuzione più consona. Per cui anche se il salmo viene recitato senza canto, anzi da uno solo e in silenzio, deve sempre conservare il suo carattere musicale: esso offre certo un testo di preghiera alla mente dei fedeli, tuttavia tende più a muovere il cuore di quanti lo cantano, lo ascoltano e magari lo eseguono con «il salterio e la cetra».

 

104. Chi dunque vuole salmeggiare con spirito di intelligenza deve percorrere i salmi versetto per versetto e rimanere sempre pronto nel suo cuore alla risposta. Così vuole lo Spirito, che ha ispirato il salmista e che assisterà ogni uomo di sentimenti religiosi aperto ad accogliere la sua grazia. Per questo la salmodia, anche se eseguita con tutto quel rispetto che si deve alla maestà di Dio, deve prorompere dalla gioia del cuore e ispirarsi all'amore, come si addice a una poesia sacra e a un canto divino, e massimamente alla libertà dei figli di Dio.

 

105. Spesso le espressioni del salmo ci offriranno il modo di pregare più facilmente e con maggior fervore, sia quando rendiamo grazie a Dio e lo glorifichiamo in esultanza, sia quando lo supplichiamo dal profondo delle nostre sofferenze. Tuttavia - soprattutto se il salmo non si rivolge direttamente a Dio - può sorgere talvolta qualche difficoltà. Il salmista, infatti, nella sua qualità di poeta spesso parla al popolo rievocando la storia d'Israele; talvolta interpella altri, e fra questi magari anche creature prive di ragione. Talora introduce a parlare anche Dio stesso e gli uomini, e anche, come nel salmo 2, i nemici di Dio. È chiaro quindi che il salmo non è preghiera

 

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1) SC 90.

 

 

dello stesso tipo di una orazione o colletta composta dalla Chiesa.

Inoltre il carattere poetico e musicale dei salmi comporta che talvolta siano piuttosto cantati davanti a Dio anziché svolgersi in discorso diretto a lui, come avverte san Benedetto: «Consideriamo come ci si deve comportare alla presenza di Dio e dei suoi angeli, e partecipiamo alla salmodia in modo che il nostro spirito preghi all'unisono con la nostra voce»2.

 

106. Chi recita i salmi apre il suo cuore a quei sentimenti che i salmi ispirano secondo il loro genere letterario: di lamentazione, di fiducia, di rendimento di grazie. Questi generi letterari giustamente sono tenuti in grande considerazione dagli esegeti.

 

107. Chi recita i salmi, aderendo al significato delle parole, presta attenzione all'importanza del testo per la vita umana dei credenti.

Si sa, infatti, che ogni salmo fu composto in circostanze particolari, alle quali intendono riferirsi i titoli premessi a ciascuno di essi nel salterio ebraico. Ma in verità qualunque sia la sua origine storica, ogni salmo ha un proprio significato, che anche ai nostri tempi non possiamo trascurare. Sebbene quei carmi siano stati composti molti secoli fa presso popoli orientali, essi esprimono assai bene i dolori e la speranza, la miseria e la fiducia degli uomini di ogni tempo e regione, e cantano specialmente la fede in Dio, la rivelazione e la redenzione.

 

108. Chi recita i salmi nella Liturgia delle Ore, li recita non tanto a nome proprio quanto a nome di tutto il Corpo di Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso. Se ciascuno tiene presente questa dottrina, svaniscono le difficoltà, che chi salmeggia potrebbe avvertire per la differenza del suo stato d'animo da quello espresso nel salmo, come accade quando chi è triste e nell'angoscia incontra un salmo di giubilo, o, al contrario, è felice e si trova di fronte a un canto di lamentazione. Nella preghiera puramente privata si può evitare questa dissonanza, perché vi è modo di scegliere il salmo più adatto al proprio stato d'animo. Nell'Ufficio divino, invece, si ha un determinato

 

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2) RB 19.

 

 

ciclo di salmi valevole per tutta la comunità ed eseguito non a titolo personale, ma a nome di tutta la Chiesa, anche quando si tratta di un orante che celebra qualche Ora da solo. Chi salmeggia a nome della Chiesa può sempre trovare un motivo di gioia o tristezza, perché anche in questo fatto conserva il suo significato l'espressione dell'Apostolo: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12, 15) e così la fragilità umana, ferita dall'amor proprio, viene risanata nella misura di quella carità per la quale la mente concorda con la voce che salmeggia3.

 

109. Chi recita i salmi a nome della Chiesa, deve badare al senso pieno dei salmi, specialmente al senso messianico, per il quale la Chiesa ha adottato il salterio. Tale senso messianico è diventato pienamente chiaro nel Nuovo Testamento, anzi fu posto in piena luce dallo stesso Cristo Signore, quando disse agli apostoli: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei profeti e nei salmi» (Lc 24, 44). Di ciò è esempio notissimo quel dialogo, riferito da Matteo, circa il Messia, Figlio di David e suo Signore4 in cui il salmo 109 è riferito al Messia.

Seguendo questa via, i santi Padri accolsero e spiegarono tutto il salterio come profezia di Cristo e sulla Chiesa; e con lo stesso criterio i salmi sono stati scelti nella sacra liturgia. Sebbene talvolta si proponessero alcune interpretazioni alquanto complicate, tuttavia generalmente sia i Padri che la liturgia con ragione vedevano nei salmi Cristo che si rivolge al Padre, o il Padre che parla al Figlio; anzi riconoscevano la voce della Chiesa, degli apostoli e dei martiri.

Questo metodo di interpretazione fiorì anche nel Medioevo, quando coloro che salmeggiavano trovavano in molti codici, scritti in quell'epoca, il titolo preposto a ciascun salmo e così si apriva loro il senso cristologico dei salmi.

L'interpretazione cristologica non si limita soltanto a quei salmi che sono considerati messianici, ma si estende a molti altri, nei quali senza dubbio si tratta di semplici adattamenti, convalidati tuttavia dalla tradizione della Chiesa.

 

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3) Cf RB 19.

4) Mt 22, 44 ss.

 

 

Soprattutto nella salmodia dei giorni festivi, i salmi sono stati scelti in base a un certo orientamento cristologico, ad illustrare il quale per lo più vengono proposte delle antifone tratte dagli stessi salmi.

 

 

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