PROPRIO IN LATINO DELLA S. MESSA

tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum

e traduzione italiana delle letture secondo

la traduzione proposta dalle CEI
 

 

12 LUGLIO

 

SAN GIOVANNI GUALBERTO

ABATE




 

Commemorazione

SANTI NABORE E FELICE
MILITARI e MARTIRI
 

 

San Giovanni Gualberto Abate. Nei dintorni di Firenze il nobile Giovanni Gualberto rintraccia inerme l’assassino di suo fratello: potrebbe ammazzarlo, e invece lo perdona, riceve segni soprannaturali di approvazione ed entra nel monastero di San Miniato. Questa però è una leggenda, tramandata in versioni discordi: vera è solo l’entrata in monastero. Ma rapida è l’uscita, quando monaci indignati gli dicono che l’abate ha comprato la sua carica dal vescovo. Via da San Miniato, via dal monastero infetto. Sta un po’ di tempo con gli eremiti di san Romualdo a Camaldoli (Arezzo) e poi sale tra gli abeti e i faggi di Vallombrosa (Firenze).

Qui lo raggiungono altri monaci fuggiti dal monastero dell’abate mercenario; e con essi verso il 1038 crea la Congregazione benedettina vallombrosana, approvata da papa Vittore II nel 1055 e fondata su austera vita comune, povertà, rifiuto di doni e protezioni. Cioè di quei favori, di quel “patronato” che sovrani e grandi casate esercitano nella Chiesa, nominando vescovi e abati, designando candidati al sacerdozio e popolando il clero di affaristi e concubini.

 
"Sono afflitto da immenso dolore e universale tristezza... trovo ben pochi vescovi nominati regolarmente, e che vivano regolarmente". Così dirà papa Gregorio VII (1073-1085), protagonista dei momenti più drammatici della riforma detta poi “gregoriana”. Ma essa comincia già prima di lui: anche in piena crisi, il corpo della Chiesa esprime forze intatte e nuove, che combattono i suoi mali: e tra queste forze c’è la comunità di Giovanni Gualberto, che si diffonde in Toscana e sa uscire arditamente dal monastero, con vivaci campagne di predicazione per liberare la Chiesa dagli indegni. A questi monaci si ispirano e si affiancano gruppi di sacerdoti e di laici, dilatando l’efficacia della loro opera, di cui si servono i papi riformatori.

 
Nel 1060-61 Milano ha cacciato molti preti simoniaci, e per sostituirli Giovanni Gualberto ne manda altri: uomini nuovi, plasmati dallo spirito di Vallombrosa. Dedica grande attenzione al clero secolare; lo aiuta a riformarsi, lo guida e lo incoraggia alla vita in comune: un senso pieno della Chiesa, tipico sempre in lui e nel suo Ordine, e sempre arricchito dalla forza dell’esempio. "La purezza della sua fede splendette mirabilmente in Toscana", dirà di lui Gregorio VII. E i fiorentini, in momenti difficili, affideranno agli integerrimi suoi monaci perfino le chiavi del tesoro della Repubblica.
Giovanni Gualberto muore nel monastero di Passignano, dopo aver scritto ai suoi monaci una lettera che spiega in chiave biblica il valore del “vincolo di carità” fra tutti. Papa Celestino III lo canonizzerà nel 1193. I suoi monaci torneranno nel 1951 a Vallombrosa, che avevano lasciato in seguito alle leggi soppressive del XIX secolo. Nello stesso anno, papa Pio XII proclamerà san Giovanni Gualberto patrono del Corpo Forestale italiano. (Domenico Agasso)

 

Santi Nabore e Felice Militari e Martiri. S. Ambrogio vescovo di Milano è l’autore dell’inno Victor Nabor, Felix Pii che è diventato il fondamento storico della figura dei tre martiri Vittore, Nabore e Felice. Sì i martiri secondo Ambrogio sono tre, ma Vittore è celebrato da solo l’8 maggio, mentre Nabore e Felice il 12 luglio; la divisione del culto, secondo una leggenda venuta dopo l’età ambrosiana, è stata determinata dalla diversa collocazione dei sepolcri, oltre che dalla data, Vittore a Milano, gli altri due a Lodi.

 
Essi erano soldati di origine nord-africana (Mauri genus), venuti a Milano per servire nell’esercito di Massimiano (governatore delle regioni nord-occidentali), qui divennero cristiani. Nel 303 la persecuzione contro i cristiani era già di fatto esplosa in Oriente, soprattutto contro quelli appartenenti alla forza militare; anche Massimiano, seguendo l’invito dei governatori orientali, diede ordine di effettuare le depurazioni nel suo esercito.
I tre soldati disertarono e quindi processati e condannati a morte, ma la sentenza non fu eseguita a Milano, ma furono trasferiti a Lodi Vecchio (Laus Pompeia) e lì giustiziati mediante decapitazione, per dare un monito alla fiorente comunità cristiana del luogo.
Si suppone che dopo il 311 i corpi dei tre martiri vennero traslati a Milano e deposti separatamente in due basiliche cimiteriali: Vittore in quella che poi sarebbe stata incorporata in S. Ambrogio; Nabore e Felice in quella detta poi “Naboriana”.
Nella ricognizione dei corpi dei santi Gervasio e Protasio del 386, si racconta che essi erano nella basilica in cui Nabore e Felice godevano di gran culto popolare, culto che venne tributato dai milanesi sino a tutto il secolo IV, poi con il progredire del culto dei ‘milanesi’ santi Protasio e Gervasio, la devozione verso Nabore e Felice, subì un’attenuazione per tutto l’Alto Medioevo.

 
Dopo il 1249, la vetusta e cadente basilichetta ‘naboriana’ fu affidata ai francescani, i quali la rinnovarono completamente, riproponendo il culto dei martiri lì sepolti, infatti gli statuti milanesi del 1396, stabilirono che il 12 luglio fosse festa di precetto per la città, precetto che Carlo V abolì nel 1537.

 
Nel 1258 i due martiri vennero traslati nella nuova chiesa, nel 1472 vi fu una diversa posizione dei corpi collocati insieme al nuovo altare, in questa occasione i due crani furono divisi dal resto delle reliquie e posti in appositi reliquiari d’argento a forma di busto, esposti poi, come anche nei secoli successivi, solennemente nelle feste principali sull’altare maggiore.

 
Il 22 gennaio 1799, le reliquie furono traslate in S. Ambrogio, perché l’antica basilica paleocristiana venne soppressa, in quel periodo scomparvero i due busti con i crani, che sono stati poi ritrovati solo 160 anni dopo presso un antiquario di Namur in Belgio, completi delle reliquie.

 
L’allora arcivescovo di Milano cardinale Montini, futuro papa Paolo VI, ne dispose il ritorno con solenni onoranze, prima a Milano e poi a Lodi Vecchio; il culto ancora una volta si è rinverdito; i santi sono raffigurati di solito con la corazza di soldati e la palma del martirio, in vari luoghi sacri della diocesi ambrosiana. (Antonio Borrelli)

 

 

MESSALE

 

INTRÓITUS                 

Ps. 36, 30-31. Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium: lex Dei ejus in corde ipsíus. Ps. ibid., 1. Noli æmulári in malignántibus: neque zeláveris faciéntes iniquitátem. Glória Patri. 

 

Il giusto parla con sapienza, la sua lingua proferisce cose giuste: egli conserva nel cuore la legge del suo Dio. Non ti adirare contro i malvagi e non invidiare quanti compiono il male. Gloria al Padre.

 

ORÁTIO                

Intercéssio nos, quǽsumus, Dómine, beáti Joánnis Abbatis comméndet: ut, quod nostris méritis non valémus, ejus patrocínio assequámur. Per Dóminum. 

 

L’intercessione del beato Abate Giovanni ci sia di appoggio presso di te, o Signore, affinché per il suo patrocinio otteniamo ciò che non possiamo conseguire con i nostri meriti. Per il nostro Signore.

 

Præsta, quǽsumus, Dómine: ut, sicut nos sanctórum Martyrum tuórum Nabóris et Felícis natalítia celebránda non desérunt; ita júgiter suffrágiis comitántur. Per Dóminum.  

 

Fa o Signore, che l’intercessione dei tuoi santi Martiri Nabore e felice non venga mai meno a noi che ne celebriamo la nascita alla vita eterna. Per il nostro Signore.

 

EPISTOLA                

Léctio libri Sapiéntiæ. Eccli. 45, 1-6.

 

Diléctus Deo et homínibus, cujus memória in benedictióne est. Símilem illum fecit in glória sanctórum, et magnificávit eum in timore inimicórum, et in verbis suis monstra placávit. Glorificávit illum in conspéctu regum, et jussit illi coram pópulo suo, et ostendit illi glóriam suam. In fide et lenitáte ipsíus sanctum fecit illum, et elégit eum ex omni carne. Audívit enim eum et vocem ipsíus, et indúxit illum in nubem. Et dedit illi coram præcépta, et legem vitæ et disciplínæ.
M. - Deo grátias.  

 

Da lui fece sorgere un uomo di pietà, che riscosse una stima universale e fu amato da Dio e dagli uomini: Mosè, il cui ricordo è benedizione. Lo rese glorioso come i santi e lo rese grande a timore dei nemici. Per la sua parola fece cessare i prodigi e lo glorificò davanti ai re; gli diede autorità sul suo popolo e gli mostrò una parte della sua gloria. Lo santificò nella fedeltà e nella mansuetudine; lo scelse fra tutti i viventi. Gli fece udire la sua voce; lo introdusse nella nube oscura e gli diede a faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e di intelligenza, perché spiegasse a Giacobbe la sua alleanza, i suoi decreti a Israele. Egli innalzò Aronne, santo come lui, suo fratello, della tribù di Levi.
M. - Deo grátias.            

 

GRADUALE               

Ps. 20, 4-5. Dómine, prævenísti eum in benedictiónibus dulcédinis: posuísti in cápite ejus corónam de lápide pretióso. Vitam pétiit a te, et tribuísti ei longitúdinem diérum in sǽculum sǽculi.  

 

Ps. 20, 4-5. O Signore, Tu lo hai prevenuto con benedizioni di preferenza ; hai posto sul suo capo un diadema di pietre preziose. Egli Ti chiedeva la vita e Tu gli hai concordato lunghezza di giorni, in eterno.

 

ALLELÚIA             

Allelúja, allelúja. Ps. 91, 13. Justus ut palma florébit: sicut cedrus Líbani multiplicábitur. Allelúja.            

 

Allelúja, allelúja. Il giusto crescerà come palma, si ergerà come cedro del Libano.  Allelúja.            

 

EVANGÉLIUM              

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum. Matth. 5, 43-48.

 

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Audístis, quia dictum est: Diliges próximum tuum, et ódio habébis inimícum tuum. Ego autem dico vobis: Dilígite inimícos vestros, benefácite his, qui odérunt vos, et oráte pro persequéntibus et calumniántibus vos, ut sitis fílii Patris vestri, qui in coelis est: qui solem suum oriri facit super bonos et malos, et pluit super justos et injústos. Si enim dilígitis eos, qui vos díligunt, quam mercédem habébitis? nonne et publicáni hoc fáciunt? Et si salutavéritis fratres vestros tantum, quid ámplius tácitis? nonne et éthnici hoc fáciunt? Estóte ergo vos perfécti, sicut et Pater vester coeléstis perféctus est.
M. – Laus tibi Christe.
  

 

In quel tempo Gesù disse ai suoi Discepoli: Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
M. – Laus tibi Christe.
  

 

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM              

Ps. 20, 3 et 4. Desidérium ánimæ ejus tribuísti ei, Dómine, et voluntáte labiórum ejus non fraudásti eum: posuísti in cápite ejus corónam de lápide pretióso. 

 

Ps. 20, 3 et 4. Gli hai concesso quanto bramava il suo cuore, e non gli hai negato quanto chiedevano le sue labbra; hai posto sul suo capo un diadema di pietre preziose.

 

SECRÉTA              

Sacris altáribus, Dómine, hóstias superpósitas sanctus Joánnes Abbas, quǽsumus, in salútem nobis proveníre depóscat. Per Dóminum. 

 

O Signore, il santo Abate Giovanni interceda affinchè giovino alla nostra salvezza le offerte deposte sui sacri altari. Per il nostro Signore.

 

Múnera plebis tuæ, quǽsumus, Dómine, sanetórum Mártyrum tuórum Nabóris et Felícis fiant grata suffrágiis: et, quorum triúmphis tuo nómini offeruntur, ipsorum digna perficiantur et méritis. Per Dóminum.  

 

Ti siano gradite o Signore, per l’intercessione dei tuoi santi Martiri Nabore e Felice le offerte del tuo popolo e divengano degne di te per i meriti di coloro nel cui trionfo Ti sono presentate. Per il nostro Signore.

 

PREFAZIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ          

 

COMMÚNIO              

Luc. 12, 42. Fidélis servus et prudens, quem constítuit dóminus super famíliam suam: ut det illis in témpore trítici mensúram.  

 

Luc. 12, 42. Ecco il servo fedele e saggio che il padrone stabilì sulla sua servitù per distribuire a suo tempo la razione di frumento.

 

POSTCOMMÚNIO              

Prótegat nos, Dómine, cum tui perceptióne sacraménti beátus Joánnes Abbas, pro nobis intercedéndo: ut et conversatiónis ejus experiámur insígnia, et intercessiónis percipiámus suffrágia. Per Dóminum. 

 

O Signore, ci protegga, insieme al sacramento che abbiamo ricevuto, l’intercessione del beato Abate Giovanni, in modo che possiamo trarre profitto dagli ammirevoli esempi della sua vita e sentiamo l’efficacia della sua intercessione. Per il nostro Signore.

 

Natalítiis Sanctórum tuórum, quǽsumus, Dómine: ut, sacraménti múnere vegetáti, bonis, quibus per tuam grátiam nunc fovémur, perfruámur ætérnis. Per Dóminum nostrum.

 

Nel Natale alla vita eterna dei tuoi Santi, Ti preghiamo o Signore affinché nutriti dal dono del sacramento, possiamo godere eternamente di quei beni dai quali ora per tua bontà siamo sostenuti. Per il nostro Signore.

 

 

Sommario Liturgia


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