Il
Messia sofferente
Sebbene
Cristo si sia esplicitamente riferito una sola volta al tema del Servo
sofferente
(Lc 22,27; cf Is 53,12), la tradizione primitiva non ha mancato
di notare numerosi accostamenti. Fin dal Battesimo, la vocazione
messianica del Signore appare come quella del «Servo-Figlio» (Mc 1,11;
cf Is 52,13); le guarigioni operate da Gesù rivelano la sua funzione di
Servo espiatore
(Mt 8,16;
cf Is 53,4); la sua umiltà è quella che si attribuisce al Servo
(Mt 12, 18-21; cf Is 42,1-3); lo scacco stesso della sua predicazione
ricorda quello di Geremia e del Servo (Gv 12,38; cf Is 53,1). Il tema
del Servo sofferente è quindi quello che esplicita più
chiaramente la necessità per il Salvatore di passare attraverso
la sofferenza e la morte per realizzare il suo disegno di salvezza.
Lo scandalo di un Messia «Servo sofferente»
Ora questa concezione del Messia come Servo sofferente è quanto di più
lontano e scandaloso si poteva proporre alla mentalità e alle
aspettative degli Ebrei;
la reazione di Pietro è estremamente indicativa. Se per
confessare la messianicità di Gesù è necessario l'ispirazione e la
rivelazione del Padre (Mt 16,17), più difficile e faticoso è il
cammino della fede che accetta lo «scandalo» della croce.
I discepoli, pur distaccandosi dagli altri ascoltatori di Gesù,
non hanno accettato la «necessità» della croce. A questo compito di
educazione e di purificazione della fede dei suoi discepoli, Gesù si
dedicherà quasi esclusivamente nel seguito del
vangelo.
Vi è un modo di ragionare secondo Dio, e ve ne è uno secondo gli
uomini. Il criterio per distinguerli è uno solo: la croce, sulla quale
ogni giorno si deve morire un poco a se stessi. Per questo il rimprovero
a Pietro è seguito da un invito ad andare dietro a Gesù, come «veri»
discepoli. Il vero discepolo deve, anche lui, prendere la sua croce;
bisogna infatti perdere la propria vita per ritrovarla. Affiora in
questo punto una delle caratteristiche predominanti del Nuovo
Testamento: il nesso tra l'indicativo (= Cristo è Messia sofferente) e
l'imperativo ( = devi seguirlo sulla via della croce).
Il
credente non è colui che crede in Dio nonostante le sofferenze,
ma piuttosto colui che segue Gesù sulla via della croce.
La follia della croce, messaggio di speranza
La croce di Cristo continua ancor oggi ad essere per molti «follia» e
«scandalo».
Siamo disposti ad accettare Gesù, come il Cristo, come il Figlio
di Dio, come l'inviato del Padre, ma il Cristo del Calvario ci rimane un
mistero.
Eppure in tutto questo c'è una logica, anche se una logica dello
Spirito e non della carne. Il Padre non ha avuto bisogno delle
sofferenze di Gesù come punizione sostitutiva al nostro posto.
Dio aveva bisogno della sua vita come amore sostitutivo in nostro
nome.
Ma chi vuole amare in questo mondo urta in una impossibilità di
fatto.
Il grande mistero è che il regno di Dio ha proseguito il suo
cammino anche quando gli uomini, compresi tutti noi, hanno ucciso il
Figlio di Dio. Né Gesù, né il Padre ci hanno voltato le spalle.
Dal peccato più grande è scaturito il più grande amore.
Così siamo stati liberati con la morte di Gesù, sicché la
morte e il fallimento non sono l'ultima parola, non sono un oscuro,
fatale destino. Dio ha dimostrato di poter fare scaturire di lì la
vita.
Ma tutto questo reca in sé anche un altro messaggio di speranza.
Dio che soffre con noi in un atto supremo di amore, ama il mondo! Egli
non permette il
male tranquillamente, quasi crudelmente!
Il male non viene da lui, anzi, lui lo combatte.
Dio si presenta a noi come salvatore in una delle pene di morte
più crudeli che l'umanità conosca: un palo verticale, una trave
orizzontale; lì sopra, appeso, c'è un uomo che è Dio. Quella croce si
protende in ogni direzione come un uomo dalle braccia tese, indica
l'insondabile mistero di Dio, il centro del mistero.
Sulla croce Dio ha aperto il suo
cuore, ha rivelato il suo più profondo segreto: un Dio solidale
con
tutti gli uomini.
Gesù solidale con la sofferenza umana
Il Cristo non è venuto a soffrire e a morire per dispensare gli uomini
dal loro soffrire e dal loro morire, dalla fatica di crescere e di
maturare.
Egli stesso vi si è sottoposto nella sua umanità.
È vissuto ed è morto solidale con loro, tutto accettando perché
essi possano vivere, faticare e morire a imitazione di lui, in comunione
con lui, fare della propria vita e della propria morte un dono
ininterrotto di amore al Padre e ai fratelli.
Perché diventi nostra la sua ricchezza, Dio fa sua la nostra povertà;
perché diventi nostra la sua forza, fa sua la nostra debolezza; perché
diventi nostra la sua vita, fa sua
la
nostra
morte .
|
Pastori
siamo, ma prima cristiani
Inizio
del «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 46, 1-2; CCL 41, 529-530)
Ogni nostra speranza è posta in Cristo. E' lui tutta la nostra salvezza
e la vera gloria. E' una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi
trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo
pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare
pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che
cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi
lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell'uomo, profetizza
contro i pastori di Israele predici e riferisci ai pastori d'Israele»
(Ez 34, 1-2). Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano,
quindi abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci
aiuterà a dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se
dicessimo infatti cose nostre saremmo pastori che pascono se stessi, non
il gregge; se invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi
pascerà, servendosi di chiunque.
«Dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi!
I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34, 2), cioè i
pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo
capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il
gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l'Apostolo
dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù
Cristo» (Fil 2, 21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto
in questo ufficio — di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! —
dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo
cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere
cristiani riguarda noi stessi; l'essere posti a capo invece riguarda
voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità,
in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra
salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più
facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore
è il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece
dovremo rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come
cristiani, ma poi dovremo rispondere in modo particolare dell'esercizio
del nostro ministero, come pastori.
|
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Cf
Sir 36,15-16
Da', o Signore, la pace
a coloro che sperano in te;
i tuoi profeti siano trovati degni di fede;
ascolta la preghiera dei tuoi fedeli
e del tuo popolo, Israele.
Da pacem,
Dómine, sustinéntibus te,
ut prophétæ
tui fidéles inveniántur;
exáudi preces servi tui, et plebis tuæ Israel.
Colletta
O Dio, che hai creato e governi l'universo, fa' che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore...
Réspice nos, rerum ómnium Deus creátor et rector, et, ut tuæ propitiatiónis
sentiámus efféctum, toto nos tríbue tibi corde servíre. Per Dóminum.
Oppure:
O Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci nella nostra miseria: il tuo Spirito Santo ci aiuti a credere con il cuore, e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura Is 50, 5-9a
Ho
presentato il mio dorso ai flagellatori.
Dal libro del profeta Isaia
Il
Signore Dio mi ha
aperto l'orecchio e io non ho
opposto
resistenza, non mi sono tirato indietro.
Ho presentato
il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro
che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli
sputi.
Il Signore
Dio mi assiste, per questo
non resto svergognato,
per questo rendo la mia
faccia dura come pietra,
sapendo di non restare
confuso. È vicino chi mi rende
giustizia: chi oserà venire a
contesa con me? Affrontiamoci.
Chi mi accusa? Si avvicini a me.
Ecco, il
Signore Dio mi assiste: chi
mi dichiarerà colpevole?
Salmo
Responsoriale
Dal Salmo 114
Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
Amo il
Signore, perché ascolta
il
grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
Mi
stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore».
Pietoso e giusto è il Signore,
il
nostro Dio è misericordioso.
Il
Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato.
Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i
miei occhi dalle lacrime,
i
miei piedi dalla caduta.
Io
camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi.
Seconda
Lettura
Gc 2, 14-18
La fede se non è seguita dalle opere in se stessa è morta.
Dalla lettera di san Giacomo apostolo
A che serve, fratelli miei, se uno
dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un
fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano
e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma
non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la
fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.
Al contrario uno
potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza
le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».
Canto
al Vangelo Gal
6,14
Alleluia,
alleluia.
Quanto a
me non ci sia
altro vanto che nella croce
del Signore,
per mezzo della
quale il mondo per me è stato crocifisso,
come io per
il
mondo.
Alleluia.

Vangelo Mc 8, 27-35
Tu sei il Cristo... Il Figlio dell'uomo dove molto
soffrire.
Dal vangelo secondo Marco
In
quel
tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa
di Filippo, e per la strada interrogava
i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli
risposero: «Giovanni il Battista;
altri dicono Elia e altri
uno dei profeti». Ed egli domandava
loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il
Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E
cominciò a insegnare
loro che
il Figlio dell'uomo doveva
soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e
dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a
rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò
Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio,
ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol
venire
dietro a me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce e
mi segua. Perché chi vuole salvare
la propria vita, la
perderà; ma chi perderà la propria
vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Sulle
Offerte
Accogli con bontà, Signore, i doni e le preghiere del tuo popolo, e ciò che ognuno offre in tuo onore giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo nostro Signore.
Propitiáre, Dómine, supplicatiónibus nostris, et has oblatiónes
famulórum tuórum benígnus assúme, ut, quod sínguli ad honórem tui
nóminis obtulérunt, cunctis profíciat ad salútem. Per Christum..
Antifona
alla Comunione Sal
35,8
Quanto è preziosa la tua misericordia, o Dio!
Gli uomini si rifugiano all'ombra delle tue ali.
Quam
pretiósa est misericórdia tua,
Deus! Fílii hóminum sub umbra alárum tuárum confúgient.
Oppure:
Cf
1 Cor 10,16
Il
calice della benedizione che noi benediciamo,
è comunione con il sangue di Cristo;
e il pane che spezziamo
è comunione con il corpo di Cristo.
Calix benedictiónis, cui benedícimus,
communicátio Sánguinis Christi est; et panis,
quem frángimus, participátio Córporis Dómini est.
Oppure:
Cf
Mc 8,29
«Voi chi dite che io sia?».
«Tu sei il Cristo», disse Pietro a Gesù.
Dopo
la Comunione
La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il nostro sentimento, ma l'azione del tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore.
Mentes
nostras et córpora possídeat, quæsumus, Dómine, doni cæléstis operátio, ut
non noster sensus in nobis, sed eius prævéniat semper efféctus. Per Christum..
|