Liturgia della XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C *

Commento alle Letture tratto dal MESSALE DELL'ASSEMBLEA CRISTIANA - FESTIVO opera del CENTRO CATECHISTICO SALESIANO Leumann (Torino) Editori ELLE DI CI - ESPERIENZE - EDIZIONI O.R. - QUERINIANA

   

   

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LETTURE: Gn 18, 20-21. 23-32; Sal 137; Col 2, 12-14; Lc 11, 1-13
  

Così prega il discepolo Gesù

La preghiera, nella sua definizione più universale e condivisa da ogni religione, è dialogo con Dio. Però mettere l’uomo in dialogo con Dio può essere un rischio.
L’uomo nella preghiera può snaturare se stesso e Dio. Può ridurre Dio a un suo bene di consumo, a un facile rimedio alle proprie insufficienze e alle proprie pigrizie. E può ridurre se stesso a un essere che scarica le proprie responsabilità su un altro.

Solo la fede salva la verità della preghiera
In Israele, che vive in un regime di fede, è salvata la verità del rapporto dell’uomo con Dio, la verità della preghiera.
Un uomo vivo, un uomo vero, incontra il Dio vivo e vero. Una libertà sta di fronte alla Libertà, la polvere sta di fronte alla Roccia. «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere» (prima lettura).
In Israele la preghiera è legata essenzialmente alla fede. Una libera risposta al Dio che si rivela e che parla, un’azione di grazie per i grandi eventi che Dio compie per il suo popolo. La preghiera è perciò prima risposta che domanda.
I salmi sono la più grande testimonianza della preghiera di Israele in cui l’uomo resta se stesso e Dio resta Dio in un autentico dialogo d’amore, un dialogo in cui entra la vita, la storia. Mosè è la figura di colui che prega, l’orante per eccellenza, ed è l’uomo della liberazione di un popolo, una figura storica; l’azione, la politica sono le costanti della sua esistenza. Anche la sua preghiera più contemplativa, quella che fa prima di vedere la gloria di Dio, è una preghiera incarnata in cui l’attesa e la speranza di un popolo entrano con forza. Egli porta davanti a Dio la situazione politica di un popolo, non come osservatore, ma come realizzatore. Gesù compie la preghiera d’Israele. Egli prega, utilizza le formule tradizionali del suo popolo e ne crea liberamente altre. Ma Gesù non solo prega: egli è la preghiera; nella sua persona avviene il dialogo dell’uomo con Dio, nella verità dei due termini. 
Il vertice di questa preghiera è la morte di Gesù che, vista sotto l’aspetto puramente interno della storia, rappresenta soltanto un evento profano, cioè l’esecuzione di un uomo condannato come delinquente politico; invece è l’unico atto liturgico della storia. Per questo il culto cristiano si concretizza nella assoluta dedizione dell’amore, quale poteva manifestarsi unicamente in colui nel quale l’amore stesso di Dio si era fatto amore umano.

Il cristiano «partecipa» alla preghiera di Gesù
Inserito in Gesù mediante il battesimo come membro del corpo, il cristiano può ringraziare degnamente il Padre, e con Cristo può scoprire il momento-vertice del culto dove meno ci si aspetta: nella morte e in tutto quello che esprime la fragilità e la finitezza dell’uomo. Associato a Cristo per la edificazione del regno, la sua preghiera di ringraziamento può e deve svilupparsi in preghiera di supplica e di domanda che lo rende più disponibile all’azione di Dio e gli permette di compiere la sua missione di figlio adottivo nella realizzazione del disegno divino.
Nella misura in cui la sua preghiera di domanda è veramente quella di figlio adottivo, il cristiano ha la certezza di essere esaudito. Ma questo esige un lungo apprendistato, un progressivo spogliamento di sé, affinché la preghiera di domanda si purifichi e tenda ad identificarsi con il ringraziamento: «Padre, si faccia la tua volontà, non la mia».

Preghiera «verbale» e preghiera «vitale»
Il rapporto con Dio si vive all’interno dell’esistenza, nella fitta trama dei rapporti con le persone. La preghiera perciò è un fatto vitale, prima che verbale. Però il momento «verbale» è un momento antropologicamente necessario ed ineliminabile. Certo, le otto ore di duro lavoro per un operaio sono amore concreto per la moglie e per i figli; ma se si toglie il momento del dialogo, si perde una dimensione essenziale della esistenza umana. Così è anche per il nostro rapporto con Dio.
La preghiera è «parola», è «coscientizzazione» del rapporto con Dio, è nutrimento del rapporto personale con lui: quando non ci si parla più, lentamente si diventa estranei.
La preghiera in quanto parola è vera o falsa. E vera quando esprime la realtà ossia la vita, falsa quando ne è dissociata.

«Pregare con le labbra non basta: i sacrifici, le lodi, il ringraziamento suonerebbero falsi dove la preghiera non fosse già un trasformarsi in volontà di presenza e di testimonianza cristiana. Vita e preghiera non sono separate: l’una assume e arricchisce l’altra» (CdA, pag. 396).

 

 
Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione

Dalle «Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo  (Om. 14, 1-2; PG 61, 497-499)
Paolo riprende il discorso sulla carità, moderando l'asprezza del rimprovero. Dopo avere infatti biasimato e rimproverato i Corinzi per il fatto che, pur amati, non avevano corrisposto all'amore, anzi erano stati ingrati e avevano dato ascolto a gente malvagia, mitiga il rimprovero dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori» (2 Cor 7, 2), cioè amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi più utile a loro che a lui. Non dice «amate», ma con squisita delicatezza: «Fateci posto nei vostri cuori». Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri cuori? Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal vostro spirito? Dato che prima aveva affermato: «E' nei vostri cuori invece che siete allo stretto» (2 Cor 6, 12), qui esprime lo stesso sentimento dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori». Così li attira di nuovo a sé. Niente spinge tanto all'amore chi è amato quanto il sapere che l'amante desidera ardentemente di essere corrisposto.
«Vi ho già detto poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per morire insieme e insieme vivere» (2 Cor 7, 3). Espressione massima dell'amore di Paolo: benché disprezzato, desidera vivere e morire con loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente, in modo qualsiasi, ma come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga al momento del pericolo: non è così per me.
«Sono pieno di consolazione» (2 Cor 7, 4). Di quale consolazione? Di quella che mi viene da voi: ritornati sulla buona strada mi avete consolato con le vostre opere. E' proprio di chi ama prima lamentarsi del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per eccessiva insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia».
In altre parole: sono stato colpito da grande dispiacere a causa vostra, ma mi avete abbondantemente compensato e recato gran sollievo; non avete solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato di più abbondante gioia.
Paolo manifesta la sua grandezza d'animo non fermandosi a dire semplicemente «sovrabbondo di gioia», ma aggiungendo anche «in ogni mia tribolazione». E' così grande il piacere che mi avete arrecato che neppure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da farmi dimenticare con l'esuberanza della sua ricchezza, tutti gli affanni che mi erano piombati addosso e ha impedito che io ne rimanessi schiacciato.
  

MESSALE

Antifona d'Ingresso  Sal 67,6-7.36
Dio sta nella sua santa dimora;
ai derelitti fa abitare una casa,
e dà forza e vigore al suo popolo.
 

Deus in loco sancto suo;

Deus qui inhabitáre facit unánimes in domo,

ipse dabit virtútem et fortitúdinem plebi suæ.

 
Colletta

O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore...


Protéctor in te sperántium, Deus, sine quo nihil est válidum, nihil sanctum, multíplica super nos misericórdiam tuam, ut, te rectóre, te duce, sic bonis transeúntibus nunc utámur, ut iam possímus inhærére mansúris. Per Dóminum...

 
Oppure:

Rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell'esperienza del tuo amore. Per il nostro Signore...

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura   Gn 18, 20-21. 23-32
Non si adiri il Signore, se parlo.

Dal libro della Gènesi
In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
 

Salmo Responsoriale
 
Dal Salmo 137
Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita;
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano.

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.
 

Seconda Lettura
  Col 2, 12-14
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, perdonando tutte le colpe.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi.

Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.


Canto al Vangelo
  Rm 8,15
Alleluia, alleluia.

Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi,
per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!


Alleluia.

    


Vangelo
  Lc 11, 1-13
Chiedete e vi sarà dato.


Dal vangelo secondo Luca
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

 

Sulle Offerte
Accetta, Signore, queste offerte che la tua generosità ha messo nelle nostre mani, perché, il tuo Spirito, operante nei santi misteri, santifichi la nostra vita presente e ci guidi alla felicità senza fine. Per Cristo nostro Signore.

 
Súscipe, quæsumus, Dómine, múnera, quæ tibi de tua largitáte deférimus, ut hæc sacrosáncta mystéria, grátiæ tuæ operánte virtúte, et præséntis vitæ nos conversatióne sanctíficent, et ad gáudia sempitérna perdúcant. Per Christum.

 
Antifona alla Comunione  Sal 102.2
Anima mia, benedici il Signore:
non dimenticare tanti suoi benefici.
 

Bénedic, ánima mea, Dómino,

et noli oblivísci omnes retributiónes eius.

 
Oppure:  Mt 5,7-8
Beati i misericordiosi:
essi troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore:
essi vedranno Dio.
 

Beáti misericórdes,

quóniam ipsi misericórdiam consequéntur.

Beáti mundo corde, quóniam ipsi Deum vidébunt.

 
Oppure:   Lc 11,10 
«Chi chiede ottiene, chi cerca trova,
a chi bussa sarà aperto
», dice il Signore.
 
Dopo la Comunione
O Dio nostro Padre, che ci hai dato la grazia di partecipare al mistero eucaristico, memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio, f
a' che questo dono del suo ineffabile amore giovi sempre per la nostra salvezza. Per Cristo nostro Signore.
 
Súmpsimus, Dómine, divínum sacraméntum, passiónis Fílii tui memoriále perpétuum; tríbue, quæsumus, ut ad nostram salútem hoc munus profíciat, quod ineffábili nobis caritáte ipse donávit. Qui vivit..

 

 

Sommario Liturgia


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