Scelta
di fede Scelta radicale
«L’atto di fede in Gesù si realizza e diventa concreto afferrando la
realtà dell’uomo in tutte le sue dimensioni, da quella corporea a
quella sociale e storica. L’adesione alla sua persona, che si vive
nella nuova comunità, ha esigenze radicali e comporta rotture e il
sacrificio di realtà e valori tali che la rinuncia ad essi o è un
atto di disperazione o rassegnazione nei confronti del senso della
esistenza, oppure il dischiudere l’ordine terreno alla realtà di
Dio che viene dall’alto come grazia.
Rinuncia
come atto di fede
La
rinuncia al mondo è un gesto reso possibile solamente dalla grazia
della fede nel fatto che Dio in Gesù dona se stesso per grazia al
mondo e che questa grazia non può venir strappata né attraverso
l’uso e l’impegno nel mondo né attraverso la fuga presi come tali
e da soli. In più il mondo come valore positivo lo può lasciare
nell’atto di fede solo colui che ha con esso un rapporto positivo»
(K. Rahner).
Se
nel vangelo, come nel brano odierno, Gesù moltiplica gli appelli alla
rinuncia, se invita a portare la propria croce e a seguirlo, non è
per far evadere l’uomo dal mondo, ma piuttosto per promuovere
l’assunzione e la fedeltà alla condizione umana fino in fondo.
Mentre
l’uomo peccatore tenta di realizzare la felicità cercando di
evitare tutto ciò che fa soffrire e tenta di mettere tra parentesi la
morte, puntando unicamente su ciò che può offrire la vita presente,
il cristiano è invitato dalla fede a guardare in faccia questa vita
col massimo realismo. Attraverso la sofferenza ed anche la morte egli
dà il suo apporto insostituibile alla riuscita della avventura umana.
Se gli capita di conoscere la tristezza mentre il mondo gioisce, in
realtà la sua tristezza è fecondità di vita. Egli sa che la morte
è la via alla vita. Ma un tale progetto riesce soltanto nel seguire
Gesù sotto l’impulso del suo Spirito.
Chi
ha scelto Cristo è libero sa se stesso
Penetrato
di amore di Dio, l’uomo viene rimandato ai compiti di quaggiù che
egli compie in modo non superficiale e facendo leva sulle proprie
risorse umane.
Le
due brevi parabole di Luca sono un severo avvertimento contro qualsiasi
impegno superficiale. Prima di intraprendere una costruzione o una
guerra bisogna sedersi a tavolino per fare i calcoli.
La
fede è qualcosa di radicale e bisogna chiedersi se si è pronti a
tutto. E’ la scelta di un uomo maturo che valuta fino in fondo quanto
il messaggio cristiano gli propone. Non è fede di convenienza, né
desiderio di appartenenza sociologica.
«Quando la fede penetra tutti i nostri atti, lo Spirito Santo ci rende
sempre più conformi all’immagine del Figlio di Dio, Gesù, in modo da
vedere la storia come lui, giudicare come lui, scegliere e amare come
lui, sperare come insegna lui, vivere in lui la comunione con il Padre e
lo Spirito.
Così
la fede si fa criterio di giudizio e di azione: cioè capacità di
discernere le cose e le situazioni con l’occhio di Dio, e di agire di
conseguenza secondo la sua volontà» (CdA, pag. 340).
Educare
all’autonomia e alla dedizione
Una
scelta «matura» di fede esige in particolare autonomia e dedizione,
valori tra loro inscindibili. L’autonomia per cui si è se stessi
include l’accettazione di se stesso, l’accettazione degli altri, ai
quali si appartiene nella convivenza, l’accettazione dell’altro
nell’amore e nel matrimonio, l’accettazione del senso
dell’esistenza. L’autonomia inoltre implica un progetto di
realizzazione di sé che tenga conto di questo contesto ambientale ed
una presa di posizione personale che diventa apertura alla dedizione.
Dedizione dice capacità di stringere legami con le persone o le cose in
modo disinteressato, nel rispetto sia del valore delle persone e delle
cose, che della propria dignità. L’educazione alla fede dovrà tenere
conto di queste indicazioni. Se non si forma una personalità autonoma
nelle relazioni con se stesso, col prossimo e con Dio attraverso la «esperienza», si rischia di compromettere tale crescita.
Educazione
alla fede è educazione integrale; parte dal rifiuto dei puro
apprendimento mnemonico, della cultura libresca, e giunge ad inserire il
giovane all’interno della comunità, come luogo di esperienza
nell’incontro con Dio. Ma poiché la fede è primariamente dedizione
personale, è risposta ad un amore che si manifesta a noi,
l’educazione alla dedizione anche umana diventa importante perché
abilita a dedicarci a Dio. La famiglia è il luogo ideale per una
educazione alla fede. L’amore tra papà e mamma, il donare tutte le
proprie energie ai figli aiuta a comprendere l’amore di Dio per noi e
a rispondergli concretamente.
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La
sapienza cristiana
Dal
«Discorso sulle beatitudini» di san Leone Magno, papa
(Disc. 95, 6-8; PL 54, 464-465)
Il Signore dice: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati» (Mt 5, 6). Questa fame non ha nulla a che
vedere con la fama corporale e questa sete non chiede una bevanda
terrena, ma desidera di avere la sua soddisfazione nel bene della
giustizia. Vuole essere introdotta nel segreto di tutti i beni occulti e
brama di riempirsi dello stesso Signore.
Beata l'anima che aspira a questo cibo e arde di desiderio per questa
bevanda. Non lo ambirebbe certo se non ne avesse già per nulla
assaporato la dolcezza. Ha udito il Signore che diceva: «Gustate e
vedete quanto è buono il Signore» (Sal 33, 9). Ha ricevuto una
parcella della dolcezza celeste. Si è sentita bruciata dell'amore della
castissima voluttà, tanto che, disprezzando tutte le cose temporali, si
è accesa interamente del desiderio di mangiare e bere la giustizia. Ha
imparato la verità di quel primo comandamento che dice: «Amerai il
Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le
forze» (Dt 6, 5; cfr. Mt 22, 37; Mc 12, 30; Lc 10, 27). Infatti amare
Dio non è altro che amare la giustizia. Ma come all'amore di Dio si
associa la sollecitudine per il prossimo, così al desiderio della
giustizia si unisce la virtù della misericordia. Perciò il Signore
dice: «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia» (Mt 5,
7).
Riconosci, o cristiano, la sublimità della tua sapienza e comprendi con
quali dottrine e metodi vi arrivi e a quali ricompense sei chiamato!
Colui che è misericordia vuole che tu sia misericordioso, e colui che
è giustizia vuole che tu sia giusto, perché il Creatore brilli nella
sua creatura e l'immagine di Dio risplenda, come riflessa nello specchio
del cuore umano, modellato secondo la forma del modello. La fede di chi
veramente la pratica non teme pericoli. Se così farai, i tuoi desideri
si adempiranno e possiederai per sempre quei beni che ami.
E poiché tutto diverrà per te puro, grazie all'elemosina, giungerai
anche a quella beatitudine che viene promessa subito dopo dal Signore
con queste parole: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt
5, 8).
Grande, fratelli, è la felicità di colui per il quale è preparato un
premio così straordinario. Che significa dunque avere il cuore puro, se
non attendere al conseguimento di quelle virtù sopra accennate? Quale
mente potrebbe afferrare, quale lingua potrebbe esprimere l'immensa
felicità di vedere Dio?
E tuttavia a questa meta giungerà la nostra natura umana, quando sarà
trasformata: vedrà, cioè, la divinità in se stessa, non più «come
in uno specchio, né in maniera confusa, ma a faccia a faccia» (1 Cor
13, 12), così come nessun uomo ha mai potuto vedere. Conseguirà nella
gioia ineffabile dell'eterna contemplazione «quelle cose che occhio non
vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d'uomo» (1 Cor 2,
9).
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal
118,137.124
Tu sei giusto, Signore,
e sono retti i tuoi giudizi:
agisci con il tuo servo secondo il tuo amore.
Iustus es,
Dómine, et rectum iudícium tuum;
fac cum servo tuo secúndum misericórdiam tuam.
Colletta
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l'eredità eterna. Per il nostro Signore...
Deus, per quem nobis et redémptio venit et præstátur adóptio, fílios
dilectiónis tuæ benígnus inténde, ut in Christo credéntibus et vera
tribuátur libértas, et heréditas ætérna. Per Dóminum.
Oppure:
O Dio, tu sai come a stento ci raffiguriamo le cose terrestri, e con quale maggiore fatica possiamo rintracciare quelle del cielo; donaci la sapienza del tuo Spirito, perché da veri discepoli portiamo la nostra croce ogni giorno dietro il Cristo tuo Figlio. Egli è Dio...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Sap 9, 13-18
Chi
può immaginare che cosa vuole il Signore?
Dal libro della Sapienza.
Quale, uomo
può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza».
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 89
Signore, sei stato per noi un
rifugio di generazione in generazione.
Tu fai
ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.
Seconda
Lettura
Fm
9b-10. 12-17
Accoglilo
non più come schiavo, ma come un fratello carissimo.
Dalla lettera a
Filèmone.
Carissimo,
ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero
di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle
catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che
sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo
parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo
riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che
schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più
per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.
Canto
al Vangelo Sal
118,135
Alleluia,
alleluia.
Fa’ risplendere
il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.
Alleluia.
Vangelo
Lc 14, 25-33
Chi
non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
Dal vangelo secondo
Luca
In quel
tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre,
la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita,
non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può
essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la
spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che,
se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti
coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a
costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima
a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene
incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli
manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere
mio discepolo».
Sulle
Offerte
O Dio, sorgente della vera pietà e della pace, salga a te nella celebrazione di questo mistero la giusta adorazione per la tua grandezza e si rafforzi la fedeltà e la concordia dei tuoi figli. Per Cristo nostro Signore.
Deus, auctor sincéræ devotiónis et pacis, da, quæsumus, ut et maiestátem
tuam conveniénter hoc múnere venerémur, et sacri participatióne mystérii
fidéliter sénsibus uniámur. Per Christum.
Antifona
alla Comunione Sal
41,2-3
Come il cervo anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio;
l'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
Quemádmodum
desíderat cervus ad fontes aquárum,
ita
desíderat ánima mea ad te, Deus:
sitívit ánima mea ad Deum fortem vivum.
Oppure:
Gv
8,12
«Io sono la luce del mondo», dice il Signore,
«chi segue me non
cammina nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita».
Ego sum lux mundi, dicit Dóminus;
qui
séquitur me, non ámbulat in ténebris,
sed habébit lumen vitæ.
Oppure:
Lc 14,27
«Chi non porta la propria
croce
e non viene dietro di me,
non può essere mio discepolo».
Dopo
la Comunione
O
Padre, che nutri e rinnovi i tuoi fedeli alla mensa della parola e del pane di vita, per questi doni del tuo Figlio aiutaci a progredire costantemente nella fede, per divenire partecipi della sua vita immortale. Per Cristo nostro Signore.
Da fidélibus
tuis, Dómine, quos et verbi tui et cæléstis sacraménti pábulo nutris et
vivíficas, ita dilécti Fílii tui tantis munéribus profícere, ut eius vitæ
semper consórtes éffici mereámur. Qui vivit et regnat in sæcula sæculórum..
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