L'
esperienza del perdono rinnova nell'intimo
L’amore
di Dio verso gli uomini è così gratuito che non possiamo pretendere di
averne diritto: è talmente assoluto che non possiamo mai dire che ci
venga a mancare. L’amore umano, al contrario, è così limitato e
chiuso dal nostro egoismo, si spinge così raramente oltre la stretta
giustizia o fuori della severità moraleggiante, che noi immaginiamo
facilmente un Dio vendicatore ed una religione basata sul timore. Chi di
noi sa ancora che la «grazia» che egli chiede a Dio significa «tenerezza» di Dio e «pietà» per il peccatore? Soltanto uno studio
attento della parola di Dio può aiutarci a prendere coscienza del
significato della misericordia indefettibile di Dio.
Gli
Ebrei usavano il termine hesed per indicare l’amore
misericordioso di Dio verso il popolo. Questo termine indica la
benevolenza, la solidarietà, l’amore vicendevole che deve esistere
tra i membri di una stessa famiglia o di una società, disposti ad
aiutarsi tra di loro con amore e generosità. Dio manifesta questa
benevolenza innanzi tutto scegliendo Israele come suo popolo;
prescindendo dai suoi meriti, stabilisce con esso un patto di fedeltà e
di amore (Dt 7,7-15).
Un
amore non condizionato dalla nostra corrispondenza
La
corrispondenza di Israele all’amore di Dio, che non abbonda ma pur
esiste, viene ancora identificata con lo stesso termine hesed che
in questo caso significa riconoscenza, amore filiale, fedeltà.
Tuttavia, anche quando Israele non osserva l’alleanza, Dio rimane
fedele e perdona esercitando sempre la hesed, la bontà
misericordiosa.
Per
questa bontà misericordiosa il popolo, anche peccatore ed infedele,
potrà sempre sperare nell’aiuto divino.
La
bontà diventa così la tenerezza e la pietà che Dio ha per il
peccatore, mentre gli offre la salvezza traendola dal peccato stesso, e
gli dona continuamente nuovi mezzi sempre più efficaci per trionfare
sul male e rispondere così finalmente alle esigenze dell’alleanza.
In
tal modo la bontà diventa misericordia verso il peccatore. La religione
dell’uomo non si fonda più su un titolo di giustizia, ma unicamente
sulla carità di Dio. Luca, l’evangelista della tenerezza divina,
moltiplica i racconti che mostrano Gesù alla ricerca dei più
abbandonati, dei poveri, dei peccatori, facendo così sprigionare il
fondamento stesso della nostra religione che è l’atteggiamento di
coloro che sono presi nel vortice dell’amore di Dio.
Abbiamo
ancora bisogno di perdono?
Non
c’è bisogno di essere perdonati se non c’è coscienza di aver
tradito qualcuno che ci ama. Ma l’uomo d’oggi si sente ancora amato?
C’è nella società contemporanea un diffuso senso di inquietudine
dovuto al carattere impersonale della nostra civiltà. Siamo nell’era
dei grandi agglomerati urbani, continuamente a contatto con la folla
dovunque: sui mezzi di trasporto, nelle fabbriche, nei cinema, sulle
spiagge. L’uomo vive a fianco di altri uomini, ma pochi può chiamare
«per nome». Si prendono spesso come simbolo della nostra civiltà
gli intasamenti di automobili nelle vie delle città o nelle strade dei
grandi ritorni dai week-ends. C’è una moltitudine..., e tuttavia
ognuno si trova chiuso nella propria automobile con la fatica, la
stanchezza, la delusione, spesso con la propria angoscia.
Non
si possono contare le persone che non sono amate da nessuno, per cui non
si ha alcun riguardo se non per l’efficienza economica. Molte persone
sanno che quando non sono più utili nessuno si interessa di loro.
Eppure la felicità nasce solo se si è riconosciuti, stimati,
apprezzati, soprattutto amati. Non esiste vera «esperienza umana»
senza scambio, dialogo, confidenza, amore reciproco vero. Solo l’amore
è capace di trasformare, ma ad una condizione: di essere gratuito e
libero.
Un
Dio dalle braccia aperte
Cristo
ci ha rivelato un Dio come lo vorremmo. Un Dio che è amore e
misericordia. E una persona che stenta a trovare posto nella nostra
società, la quale proprio per questo ne ha un bisogno vitale.
Apparentemente non serve, non è utile, non frutta: però ci dà tutto,
ci dà ciò che nessuna analisi scientifica, nessun progresso
tecnologico e neppure lo sviluppo delle scienze umane potrà mai darci:
sentirci amati singolarmente, uno per uno, in modo assoluto. Quando ci
accorgiamo che Dio ci ama così, allora sentiamo che lo stare lontano da
lui e dagli altri per altre ragioni umane è perdere tempo, è perdere
Dio. Nasce spontaneo allora il bisogno di chiedere perdono.
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Pastori
siamo, ma prima cristiani
Inizio
del «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 46, 1-2; CCL 41, 529-530)
Ogni nostra speranza è posta in Cristo. E' lui tutta la nostra salvezza
e la vera gloria. E' una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi
trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo
pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare
pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che
cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi
lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell'uomo, profetizza
contro i pastori di Israele predici e riferisci ai pastori d'Israele»
(Ez 34, 1-2). Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano,
quindi abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci
aiuterà a dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se
dicessimo infatti cose nostre saremmo pastori che pascono se stessi, non
il gregge; se invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi
pascerà, servendosi di chiunque.
«Dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi!
I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34, 2), cioè i
pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo
capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il
gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l'Apostolo
dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù
Cristo» (Fil 2, 21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto
in questo ufficio — di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! —
dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo
cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere
cristiani riguarda noi stessi; l'essere posti a capo invece riguarda
voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità,
in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra
salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più
facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore
è il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece
dovremo rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come
cristiani, ma poi dovremo rispondere in modo particolare dell'esercizio
del nostro ministero, come pastori.
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Cf
Sir 36,15-16
Da', o Signore, la pace
a coloro che sperano in te;
i tuoi profeti siano trovati degni di fede;
ascolta la preghiera dei tuoi fedeli
e del tuo popolo, Israele.
Da pacem,
Dómine, sustinéntibus te,
ut prophétæ
tui fidéles inveniántur;
exáudi preces servi tui, et plebis tuæ Israel.
Colletta
O Dio, che hai creato e governi l'universo, fa' che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore...
Réspice nos, rerum ómnium Deus creátor et rector, et, ut tuæ propitiatiónis
sentiámus efféctum, toto nos tríbue tibi corde servíre. Per Dóminum.
Oppure:
O Dio, che per la preghiera del tuo servo Mosè non abbandonasti il popolo ostinato nel rifiuto del tuo amore, concedi alla tua Chiesa per i meriti del tuo Figlio, che intercede sempre per noi, di far festa insieme agli angeli anche per un solo peccatore che si converte. Egli è Dio...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Es 32, 7-11. 13-14
Il
Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Dal libro
dell'Esodo
In quei
giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che
hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno
tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono
fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli
hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui
che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un
popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro
di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si
accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla
terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo,
di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e
hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del
cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi
discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 50
Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.
Pietà di me,
o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
Seconda
Lettura
1 Tm 1, 12-17
Cristo è
venuto per salvare i peccatori.
Dalla
prima lettera di san Paolo apostolo a
Timoteo
Figlio mio,
rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro,
perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che
prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata
usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e
così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e
alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù
è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.
Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha
voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e
io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la
vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria
nei secoli dei secoli. Amen.
Canto
al Vangelo
2
Cor 5,19
Alleluia,
alleluia.
Dio ha
riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.
Vangelo
Lc 15, 1-32
Ci
sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.
Dal
vangelo secondo Luca
In quel
tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne
perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella
perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la
carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro:
“Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era
perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che
si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di
conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la
lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo
averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me,
perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia
davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al
padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise
tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte
tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo
patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse
in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione,
che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con
le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora
ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in
abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di
essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e
tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse
incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più
bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai
piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è
stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a
casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa
fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha
fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli
si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma
egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai
disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far
festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha
divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello
grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che
è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo
fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Sulle
Offerte
Accogli con bontà, Signore, i doni e le preghiere del tuo popolo, e ciò che ognuno offre in tuo onore giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo nostro Signore.
Propitiáre, Dómine, supplicatiónibus nostris, et has oblatiónes
famulórum tuórum benígnus assúme, ut, quod sínguli ad honórem tui
nóminis obtulérunt, cunctis profíciat ad salútem. Per Christum..
Antifona
alla Comunione Sal
35,8
Quanto è preziosa la tua misericordia, o Dio!
Gli uomini si rifugiano all'ombra delle tue ali.
Quam
pretiósa est misericórdia tua,
Deus! Fílii hóminum sub umbra alárum tuárum confúgient.
Oppure:
Cf
1 Cor 10,16
Il
calice della benedizione che noi benediciamo,
è comunione con il sangue di Cristo;
e il pane che spezziamo
è comunione con il corpo di Cristo.
Calix benedictiónis, cui benedícimus,
communicátio Sánguinis Christi est; et panis,
quem frángimus, participátio Córporis Dómini est.
Oppure:
Lc 15,24
«Facciamo festa, perché mio figlio era morto
ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato».
Dopo
la Comunione
La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il nostro sentimento, ma l'azione del tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore.
Mentes
nostras et córpora possídeat, quæsumus, Dómine, doni cæléstis operátio, ut
non noster sensus in nobis, sed eius prævéniat semper efféctus. Per Christum..
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