La
ricchezza per costruire fraternità
Il
mondo viene comunemente diviso tra ricchi e poveri. La contestazione,
la lotta di classe sembra basata sul principio che non c’è
possibilità di accordo se non con l’eliminazione di una delle due
parti. L’annuncio del regno di Dio, del suo amore che salva, viene
fatto in un mondo diviso tra ricchi e poveri. E’ un annuncio che
sconvolgendo l’intimo dell’uomo, sconvolge anche un certo tipo di
ordine sociale.
Una
falsa religione copre l’ingiustizia
C’è
una falsa religione che i profeti non hanno mai cessato di denunciare:
la religione di chi crede di avere la coscienza a posto con poca
fatica, col compimento di riti e pratiche esteriori di culto. Spesso
questa è una apparenza di religiosità che serve da copertura allo
sfruttamento dei poveri.
Nella
prima lettura compaiono ricchi commercianti che fanno il riposo del
sabato, in cui era proibito il commercio, pensando come imbrogliare i
poveri e come frodare sulla merce o sui prezzi.
Per
il ricco accogliere l’annuncio del regno è trasformare i beni da
oggetto di preda in mezzo di amicizia e di comunione. Già abbiamo
ascoltato (domenica XXIII) l’invito di Gesù a vendere tutto e darlo
ai poveri. Qui ci viene detto: «Procuratevi amici con la disonesta
ricchezza».
Da
una terra divisa...
L’amicizia
che il ricco deve costruire non è frutto del suo buon cuore, ma
esigenza e dovere che gli deriva da ciò che possiede. Ciò che egli
dona non deve avere l’aspetto di un’elemosina. Il povero nella
comunità cristiana ha dei diritti che vanno soddisfatti. Il ricco
deve sentirsi più un attento amministratore dei beni che un
proprietario.
«Non sei forse un ladro, afferma san Basilio, tu che delle ricchezze di
cui hai ricevuto la gestione, ne fai cosa tua propria?... All’affamato
appartiene il pane che tu conservi, all’uomo nudo il mantello che
tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al
bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante
ingiustizie quanta è la gente cui potevi donare».
Continua
sant’Ambrogio: «E’ giusto perciò che, se rivendichi qualche cosa
come privata di ciò che è stato dato in comune (la terra) al genere
umano e persino a tutti gli animali, almeno tu ne distribuisca qualcosa
ai poveri: sono partecipi del tuo diritto, non negare loro gli alimenti».
Ciò
che i Padri predicano riferendosi a casi della propria chiesa ora
investe popoli, nazioni, milioni di persone. Nazioni o gruppi
multinazionali esercitano il controllo sulla ricchezza con una libertà
indiscussa, continuano a fare della ricchezza la fonte della divisione e
ad approfittare di queste divisioni per il loro dominio economico.
I
capitali si spostano da un paese all’altro dove migliore può essere
l’incentivo ai guadagno. Milioni di lavoratori rurali non hanno né
diritto né possibilità di accedere a terre che pure sono loro, mentre
grandi proprietari tengono incolte le loro terre in vista di un migliore
sfruttamento o di una più grande sorgente di guadagno.
…
a una terra di amicizia
Tutti
e due gli appelli possono essere capiti e accolti solo dall’uomo nuovo
rinato da Dio, che riscopre il vero valore delle cose. Senza la
conversione del cuore, le ricchezze nelle mani dell’uomo diventano
ricchezze d’iniquità, sia nell’atto dei possesso che nell’atto
del dare. La donazione fatta per tacitare la coscienza e non per
amicizia, non è vera donazione.
Ogni
decisione che non termini all’amore è sbagliata alla radice. Il farsi
amici significa cercare nell’uso dei beni una realizzazione
orizzontale, tra fratelli, e non verticale, dall’alto in basso.
«Il denaro, simbolo delle cose, è strumento di divisione e di lotta;
deve diventare strumento di comunione tra le persone, di amicizia, di
uguaglianza, anziché veicolo di guerra e di discriminazione. Questo
esige una comunità nella produzione, nella distribuzione, nel consumo.
Ora
la povertà di quelli che hanno dei beni e che non possono e non debbono
spogliarsene, consiste nell’usarne per creare amicizia e comunicare
tra gli uomini. Questo “fatevi amici” deve essere ripensato nel
tempo e rinnovato continuamente nel contenuto» (A.
Paoli).
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I
cristiani deboli
Dal
«Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 46, 13; CCL 41, 539-540)
Dice il Signore: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete
curato le inferme» (Ez 34, 4).
Parla ai cattivi pastori, ai falsi pastori, ai pastori che cercano i
loro interessi, non quelli di Gesù Cristo, che sono molto solleciti dei
proventi del loro ufficio, ma che non hanno affatto cura del gregge, e
non rinfrancano chi è malato.
Poiché si parla di malati e di infermi, anche se sembra trattarsi della
stessa cosa, una differenza si potrebbe ammettere. Infatti, a
considerare bene le parole in se stesse, malato è propriamente chi è
già tocco dal male, mentre infermo è colui che non è fermo e quindi
solo debole.
Per chi è debole bisogna temere che la tentazione lo assalga e lo
abbatta, Il malato invece è già affetto da qualche passione, e questa
gli impedisce di entrare nella via di Dio, di sottomettersi al giogo di
Cristo.
Alcuni uomini, che vogliono vivere bene e hanno fatto già il proposito
di vivere virtuosamente, hanno minore capacità di sopportare il male,
che disponibilità a fare il bene. Ora invece è proprio della virtù
cristiana non solo operare il bene, ma anche saper sopportare i mali.
Coloro dunque che sembrano fervorosi nel fare il bene, ma non vogliono o
non sanno sopportare le sofferenze che incalzano, sono infermi ossia
deboli. Ma chi ama il mondo per qualche insana voglia e si distoglie
anche dalla stesse opere buone, è già vinto dal male ed è malato. La
malattia lo rende come privo di forze e incapace di fare qualcosa di
buono. Tale era nell'anima quel paralitico che non poté essere
introdotto davanti al Signore. Allora coloro che lo trasportavano
scoprirono il tetto e di lì lo calarono giù. Anche tu devi comportarti
come se volessi fare la stessa cosa nel mondo interiore dell'uomo:
scoperchiare il suo tetto e deporre davanti al Signore l'anima stessa
paralitica, fiaccata in tutte le membra ed incapace di fare opere buone,
oppressa dai suoi peccati e sofferente per la malattia della sua
cupidigia.
Il medico c'è , è nascosto e sta dentro il cuore. Questo è il vero
senso occhio della Scrittura da spiegare.
Se dunque ti trovi davanti a un malato rattrappito nelle membra e
colpito da paralisi interiore, per farlo giungere al medico, apri il
tetto e fa' calar giù il paralitico, cioè fallo entrare in se stesso e
svelagli ciò che sta nascosto nelle pieghe del suo cuore. Mostragli il
suo male e il medico che deve curarlo.
A
chi trascura di fare ciò, avete udito quale rimprovero viene rivolto?
Questo: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato
le inferme, non avete fasciato quelle ferite» (Ez 34, 4). Il ferito di
cui si parla qui è come abbiamo già detto, colui che si trova come
terrorizzato dalle tentazioni. La medicina da offrire in tal caso è
contenuta in queste consolanti parole: «Dio è fedele e non permetterà
che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione ci darà
anche la vita d'uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10, 13).
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso
«Io sono la salvezza del popolo»,
dice il Signore,
«in qualunque prova mi invocheranno, li esaudirò,
e sarò il loro Signore per sempre».
Salus pópuli ego sum,
dicit Dóminus.
De
quacúmque tribulatióne clamáverint ad me,
exáudiam eos, et ero illórum Dóminus in perpétuum.
Colletta
O Dio, che nell'amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa' che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore...
Deus, qui sacræ legis ómnia constitúta in tua et próximi dilectióne posuísti,
da nobis, ut, tua præcépta servántes, ad vitam mereámur perveníre perpétuam.
Per Dóminum...
Oppure:
O Padre, che ci chiami ad amarti e servirti come unico Signore, abbi pietà della nostra condizione umana; salvaci dalla cupidigia delle ricchezze, e
fa' che alzando al cielo mani libere e pure, ti rendiamo gloria con tutta la nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Am 8, 4-7
Contro
coloro che comprano con denaro gli indigenti.
Dal libro del profeta Amos.
Il Signore mi
disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 112
Benedetto il Signore che
rialza il povero.
Lodate,
servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre.
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo.
Seconda
Lettura
1 Tm 2, 1-8
Si
facciano preghiere per tutti gli uomini a Dio il quale vuole che tutti
gli uomini siano salvati.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a
Timoteo
Figlio mio,
raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche,
preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti
quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e
tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al
cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini
siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli
uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti.
Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io
sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –,
maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo
mani pure, senza collera e senza contese.
Canto
al Vangelo
2
Cor 8,9
Alleluia,
alleluia.
Gesù Cristo da
ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Alleluia.
Vangelo
Lc 16, 1-13
Forma breve: Lc 16, 10-13
Non
potete servire Dio e la ricchezza.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo,
Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a
lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento
dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più
amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi
toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi
vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato
dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu
quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli
disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi
disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”.
Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con
scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più
scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta,
perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore
eterne.
[
Chi è fedele in
cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto
in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque
non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella
vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la
vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà
l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete
servire Dio e la ricchezza». ]
Sulle
Offerte
Accogli, o Padre, l'offerta del tuo popolo e donaci in questo sacramento di salvezza i beni nei quali crediamo e speriamo con amore di figli. Per Cristo nostro Signore.
Múnera, quæsumus, Dómine, tuæ plebis propitiátus assúme, ut, quæ fídei
pietáte profiténtur, sacraméntis cæléstibus apprehéndant. Per Christum..
Antifona
alla Comunione
Sal
118,4-5
Hai dato, Signore, i tuoi precetti,
perché siano osservati fedelmente.
Siano diritte le mie vie
nell'osservanza dei tuoi comandamenti.
Tu
mandásti mandáta tua custodíri nimis;
útinam
dirigántur viæ meæ ad custodiéndas iustificatiónes tuas..
Oppure: Gv
10,14
«Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore,
e le mie pecore conoscono me»,
dice il Signore.
Ego sum
pastor bonus, dicit Dóminus;
et
cognósco oves meas, et cognóscunt me meæ..
Oppure:
Lc 16,13
«Non potete servire a Dio e a
mammona», dice il Signore.
Dopo
la Comunione
Guida
e sostieni, Signore, con il tuo continuo aiuto il popolo che hai nutrito
con i tuoi sacramenti, perché la redenzione operata da questi misteri
trasformi tutta la nostra vita. Per Cristo nostro Signore.
Quos tuis,
Dómine, réficis sacraméntis, contínuis attólle benígnus auxíliis, ut
redemptiónis efféctum et mystériis capiámus et móribus. Per Christum..
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