Gesù
risorto si manifesta nei pastori della Chiesa
L’immagine del pastore che guida le sue pecore era familiare a
Israele, popolo nomade: essa alimentò in tempi successivi la
meditazione religiosa del proprio rapporto con Dio. I suoi capi dovevano
essere servi dell’unico pastore; ma troppo spesso, seguendo interessi
egoistici e visioni politiche inadeguate, hanno tradito, fuorviato,
depredato il gregge di Dio.
Gesù si presenta come il pastore secondo il cuore di Dio, quello
annunciato dai profeti. Egli conosce intimamente il Padre e trasmette
questa conoscenza ai suoi (vangelo). Per questo egli è la «porta»,
il mediatore. Egli conosce intimamente la nostra condizione, perché
come «agnello» ha portato i peccati di noi tutti (seconda lettura).
Egli guida i suoi con l’autorità di chi ama e ha dato la sua vita; ed
essi, nella fede, ascoltano la sua voce e lo seguono.
In comunione di
fede e di amore
Prima di tornare alla destra del Padre, Gesù ha affidato al
collegio degli Apostoli (e in modo particolare a Pietro, come capo di
questo collegio) il suo ministero pastorale
verso coloro che hanno già raggiunto la porta dell’ovile e verso
quelli che dovranno ancora raggiungerla. Questo servizio rende effettiva
la presenza di Cristo risorto in mezzo ai suoi, la prolunga nel tempo
(successione apostolica) e nello spazio (collegialità). Come tutte le
realtà che appartengono alla Chiesa pellegrinante, il servizio
pastorale è di ordine sacramentale, e rimanda al Cristo Signore che,
invisibile, guida i suoi alla comunione di vita con il Padre attraverso
i ministri della parola e dei sacramenti. Ma anche nel «governo» e
nella responsabilità delle comunità e dei singoli fratelli, i pastori
sanno che la loro autorità nasce dall’obbedienza a Cristo che tutto
il corpo della Chiesa deve cercare, e di cui essi esprimono la voce.
Pastori, guide dei fratelli
Il discorso sui «pastori» della Chiesa
oggi non è facile per le incrostazioni storiche che hanno deformato
prospettive e falsato mentalità anche tra i fedeli. Restituire ai
pastori e alle loro funzioni nella Chiesa la verità e l’autenticità
è compito oggi urgente. Il Papa, supremo pastore, viene ancora visto in
troppi ambienti come un capo politico, un raffinato diplomatico,
l’espressione di un assolutismo scavalcato dai tempi. Mentre urge
presentarlo, qual è veramente, come il centro di unità e di coesione
della Chiesa. Il Vescovo non è un dignitario, un alto funzionario dello
spirito, lontano e distaccato dal suo gregge, ma il centro di unità
della Chiesa locale, il maestro e il padre della famiglia diocesana.
Il Parroco e i Sacerdoti impegnati nel ministero pastorale non
sono dei burocrati e dei funzionari cui rivolgersi per espletare delle
«pratiche», per ottenere «raccomandazioni», non sono neppure
distributori di elemosine o di sacramenti. Sono soprattutto «pastori» dedicati totalmente al loro popolo, che servono con amore e dedizione
totale. Delegata ad alcuni uomini, l’autorità nella Chiesa non può
essere che il segno dei governo del Signore: essa non è un assoluto, è
tutta in relazione con il Cristo risorto.
Nell’assemblea eucaristica riconosciamo il nostro pastore
Solo Gesù è il vero pastore:
sotto questa allegoria, Giovanni continua a rivelarci il mistero della
persona di Cristo: egli è «la porta» che ci consente di entrare in
comunione con il Padre. Nel battesimo siamo stati salvati e guariti dal
nostro pastore, siamo tornati a lui; e quando ci raduniamo in assemblea
siamo invitati ancora a convertirci, sempre più profondamente e con
maggiore fedeltà al nostro pastore; ascoltando la Parola che ci viene
annunciata noi riconosciamo la sua voce e, nella fede, siamo illuminati
sul mistero dei Pastore vero che con il suo sacrificio riunisce le «pecore erranti». Nella preghiera eucaristica rendiamo grazie al Padre
per la morte-risurrezione di Cristo, mentre uniti al nostro pastore
diventiamo, in lui, «un solo corpo e un solo spirito» per formare il
gregge dei salvati. Infine, nella comunione riceviamo «l’abbondanza
della vita», il corpo e il sangue di Cristo: egli stesso ci ha
preparato una mensa e si è fatto cibo per noi. Con riconoscenza
possiamo cantare: «Il mio calice trabocca», mentre la fede in colui
che è «custode delle nostre anime» ci dà la certezza che berremo
con lui questo calice nel Regno del Padre. Ma intanto la celebrazione
diventa anche un impegno di conversione continua per una vita autentica
nell’ovile di Cristo. Come il Pastore, anche il cristiano deve andare
in cerca delle pecore smarrite in un mondo sbandato (i poveri, i
piccoli, gli infermi, gli increduli...), perché tutti possano
riconoscere e seguire con verità colui che è «la porta» che
introduce alla salvezza e alla vita.
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Cristo,
buon pastore
Dalle
«Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno papa
(Om.
14, 3-6; PL 76, 1129-1130)
«Io
sono il buon Pastore; conosco le mie pecore», cioè le amo, «e le mie
pecore conoscono me» (Gv 10, 14). Come a dire apertamente:
corrispondono all'amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre l'amore
della verità.
Domandatevi,
fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se
conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza della
fede, ma anche di quella dell'amore; non del solo credere, ma anche dell'operare.
L'evangelista Giovanni, infatti, spiega: «Chi dice: Conosco Dio, e non
osserva i suoi comandamenti, è bugiardo» (1 Gv 2, 4).
Perciò
in questo stesso passo il Signore subito soggiunge: «Come il Padre
conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le pecore «(Gv 10,
15). Come se dicesse esplicitamente: da questo risulta che io conosco il
Padre e sono conosciuto dal Padre, perché offro la mia vita per le mie
pecore; cioè io dimostro in quale misura amo il Padre dall'amore con
cui muoio per le pecore.
Di
queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le
conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr. Gv 10,
14-16). Di esse aveva detto poco prima: «Se uno entra attraverso di me,
sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9). Entrerà
cioè nella fede, uscirà dalla fede alla visione, dall'atto di credere
alla contemplazione, e troverà i pascoli nel banchetto eterno.
Le
sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore
semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i
pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch'è
eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto
di Dio, e
mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l'anima si sazia senza
fine del cibo della vita.
Cerchiamo,
quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in
compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia di coloro che sono
felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito. S'infervori
la fede in ciò che ha creduto. I nostri
desideri s'infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarà già
un camminare.
Nessuna
contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se
qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna asperità del
cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue
lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo
percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove
aveva intenzione di arrivare.
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal
32,5-6
Della bontà del Signore è piena la terra;
la sua parola ha creato i cieli. Alleluia.
Misericórdia
Dómini plena est terra;
verbo Dómini
cæli firmáti sunt, allelúia.
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l'umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto Cristo, suo pastore. Egli è Dio...
Omnípotens
sempitérne Deus, deduc nos ad societátem cæléstium gaudiórum, ut eo
pervéniat humílitas gregis, quo procéssit fortitúdo pastóris. Per Dóminum.
Oppure:
O Dio, nostro Padre, che nel tuo Figlio ci hai riaperto la porta della salvezza, infondi in noi la sapienza dello Spirito, perché fra le insidie del mondo sappiamo riconoscere la voce di Cristo, buon pastore, che ci dona l'abbondanza della vita. Egli è Dio...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
At 2,
14a.36-41
Dio
lo ha costituito Signore e Cristo.
Dagli Atti degli
Apostoli
[
Nel giorno di Pentecoste,
]
Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con
certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel
Gesù che voi avete crocifisso».
All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e
agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».
E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare
nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il
dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli
e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio
nostro».
Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da
questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola
furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 22
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.
Il
Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
Seconda
Lettura 1 Pt 2,
20b-25
Siete
tornati al pastore delle vostre anime.
Dalla prima lettera di san Pietro
apostolo
Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò
sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce, perché,
non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti al pastore
e custode delle vostre anime.
Canto
al Vangelo Gv
10,14
Alleluia,
alleluia.
Io sono il buon pastore,
dice il Signore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Alleluia.
Vangelo
Gv 10, 1-10
Io
sono la porta delle pecore.
Dal vangelo secondo
Giovanni
In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore
dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi
invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le
sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto
fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo
seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo
seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli
estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa
parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io
sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me,
sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la
porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e
troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono
venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Sulle
Offerte
O Dio, che in questi santi misteri compi l'opera della nostra redenzione,
fa' che questa celebrazione pasquale sia per noi fonte di perenne letizia. Per Cristo nostro Signore.
Concéde,
quæsumus, Dómine, semper nos per hæc mystéria paschália gratulári, ut
contínua nostræ reparatiónis operátio perpétuæ nobis fiat causa lætítiæ. Per
Christum.
Prefazio
Pasquale IV
La
restaurazione dell'universo per mezzo del mistero pasquale.
E'
veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore.
e
soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
In lui, vincitore del peccato e della morte.
l'universo risorge e si rinnova,
e l'uomo ritorna alle sorgenti della vita.
Per questo mistero,
nella pienezza della gioia pasquale,
l'umanità esulta su tutta la terra,
e con l'assemblea degli angeli e dei santi
canta l'inno della tua gloria:
Santo, Santo, Santo ...
Vere dignum et iustum
est,
æquum et salutáre:
Te quidem, Dómine,
omni témpore
confitéri,
sed in
hoc potíssimum gloriósius prædicáre,
cum Pascha
nostrum immolátus est Christus.
Qui,
oblatióne córporis sui,
antíqua sacrifícia in
crucis veritáte perfécit,
et, seípsum
tibi pro nostra salúte comméndans,
idem
sacérdos, altáre et agnus exhíbuit.
Quaprópter,
profúsis paschálibus gáudiis,
totus in
orbe terrárum mundus exsúltat.
Sed et
supérnæ virtútes atque
angélicæ
potestátes hymnum glóriæ tuæ cóncinunt,
sine fine
dicéntes:
Sanctus,
Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.
Antifona
alla Comunione
E' risorto il buon pastore, che ha dato la vita
per le sue pecorelle, e per il suo gregge
è andato incontro alla morte. Alleluia.
Surréxit
Pastor bonus,
qui ánimam
suam pósuit pro óvibus suis,
et pro grege suo mori dignátus est, alléluia.
Oppure: Gv
10,14.15
« Io
sono il buon pastore
e offro la vita per le pecore ».
dice il Signore. Alleluia.
Dopo
la Comunione
Custodisci benigno, o Dio nostro Padre, il gregge che hai redento con il sangue prezioso del tuo Figlio, e guidalo ai pascoli eterni del cielo. Per Cristo nostro Signore.
Gregem tuum,
Pastor bone, placátus inténde, et oves, quas pretióso Fílii tui sánguine
redemísti, in ætérnis páscuis collocáre dignéris. Per Christum.
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