Un
padre attende il ritorno del figlio
La parabola del vangelo odierno mette di fronte
tre protagonisti che potrebbero contendersi il titolo del brano: il padre
misericordioso, il figlio prodigo, il figlio maggiore. Forse
impropriamente è stata chiamata come «parabola del figlio prodigo»; in realtà il primo prodigo è il padre, talmente
«prodigo nell’amore» da scandalizzare il figlio maggiore. Proprio
per i presunti giusti,
impersonati dal primogenito, Gesù delinea una sconcertante immagine di
Dio. Un Dio la cui paternità valica i limiti del «buon senso» e le
ragioni dei «benpensanti» (scribi
e farisei) al punto da suscitare la loro irritazione e da metterne a nudo
l’intolleranza. In Gesù che accoglie i peccatori, gli stranieri, le
donne di strada, gli esclusi, in Gesù che siede a mensa con gente
disprezzata e impura si manifesta un Dio che a tutti offre la sua
ospitalità, il suo perdono
e la capacità di rinnovarsi perché tutti sono da lui amati. Se dunque
nella parabola c’è un rimprovero, esso è rivolto al primogenito e a
chi come lui pensa che l’osservanza esteriore della legge sia fonte di
merito e autorizzi il disprezzo nei confronti dei fratelli peccatori. Il
peccato sta anche nel servire «con l’animo del mercenario» (B.
Maggioni), nel rimanere in casa
senza apprezzarne il dono, nel respingere e condannare senza appello il
fratello che ha sbagliato.
Misericordia invincibile
Nella parabola viene anzitutto esaltata la «misericordia» divina. Dentro una storia di rifiuto dell’amore, di
miseria e di peccato, Dio risalta per il suo amore infinitamente più
grande di ogni chiusura umana. Il figlio minore che rifiuta di essere
amato e reclama per sé un’illusoria libertà «è in certo senso
l’uomo di tutti i tempi» (cf Dio ricco di misericordia, 5).
Non sapendo valutare il rapporto con il Padre
come una relazione liberante, il figlio si allontana, ma la sua stessa
avventura si incaricherà di far crollare le illusioni e di sottolineare
l’insipienza del gesto. «Il dramma della dignità perduta, la
coscienza della figliolanza sciupata» (ivi)
viene a galla nel momento dell’abiezione,
della solitudine, della fame. Nell'animo del prodigo matura la decisione
del ritorno che sembra obbedire più a un calcolo opportunistico che a una
profonda convinzione; nei suoi calcoli non rientra l'ipotesi di una piena
reintegrazione. Ma l'atteggiamento del padre mostra che «un figlio, anche prodigo non cessa di essere figlio» e che tale
rapporto di amore «non poteva essere né alienato, né distrutto da nessun comportamento»
(ivi).
Lasciarsi
riconciliare
Il
peccato è stato giustamente definito «una diminuzione dell'uomo» (GS 13, un autolesionismo che la Bibbia
qualifica come «sbagliare direzione», «fallire il bersaglio» e perciò una delusione. Se l'uomo non se ne
avvede è perché il rapporto con Dio, fonte di vita e di libertà, è un
rapporto insignificante, se non addirittura inesistente. La realtà del
peccato, nella sua dimensione verticale ed orizzontale, nelle sue
conseguenze negative si
può cogliere solo quando si ricupera il senso di Dio e la sua
immagine autentica. Ritrovare Dio é ritrovare se stessi.
Nell'intraprendere la strada del ritorno al Padre, il prodigo ha fatto
ritorno «alla verità su se stesso». S.Ambrogio così delinea il
significato antitetico del peccato e della conversione: «Chi ritorna al Signore si restituisce a se stesso, chi se ne allontana
abdica a se stesso». Ma il ritorno è reso possibile dall'invincibile
misericordia divina che non si rassegna a perdere coloro che ama. Per
questo Paolo esorta ad assecondare l'iniziativa gratuita di Dio (cf
seconda lettura). Lasciarsi riconciliare è lasciarsi amare, togliendo gli
ostacoli della diffidenza e della sfiducia. In una parola è convertirsi.
L'incontro dei due movimenti, iniziativa divina e accoglienza umana,
culmina nel sacramento della riconciliazione. Celebrarlo significa «confessare»
la misericordia divina prima ancora del nostro peccato. Piuttosto che
umiliazione, esso è festa e celebrazione di speranza perché la Chiesa
proclama che la morte e il male sono sconfitti, che la ricostruzione è
sempre possibile, che il futuro rimane sempre aperto.
Eucaristia:
luogo di perdono
La
parabola si conclude nel convito festoso di famiglia. Il dinamismo della
riconciliazione trova il suo sigillo nell'Eucaristia: «Gustate e vedete come è buono il Signore!». Al banchetto di festa la
dissennatezza del prodigo e l'intransigenza del primogenito presuntuoso
trovano il loro superamento nella paternità di Colui che li accoglie e li
riconcilia in una ritrovata fraternità. Nella partecipazione
all'Eucaristia il cristiano è interiormente rinnovato perché i suoi «pensieri siano sempre conformi alla... sapienza» divina e impari ad
amare Dio «con cuore sincero».
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Cristo
è via alla luce, alla verità, alla vita
Dai
«Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo
(Tratt. 34, 8-9; CCL 36, 315-316)
Il Signore in maniera concisa ha detto: «Io sono la luce del mondo; chi
segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»
(Gv 8, 12), e con queste parole comanda una cosa e ne promette un'altra.
Cerchiamo, dunque, di eseguire ciò che comanda, perché altrimenti
saremmo impudenti e sfacciati nell'esigere quanto ha promesso, senza
dire che, nel giudizio, ci sentiremmo rinfacciare: Hai fatto ciò che ti
ho comandato, per poter ora chiedere ciò che ti ho promesso? Che cosa,
dunque, hai comandato, o Signore nostro Dio? Ti risponderà: Che tu mi
segua.
Hai domandato un consiglio di vita. Di quale vita, se non di quella di
cui è stato detto: «E' in te la sorgente della vita»? (Sal 35, 10).
Dunque mettiamoci subito all'opera, seguiamo il Signore: spezziamo le
catene che ci impediscono di seguirlo. Ma chi potrà spezzare tali
catene, se non ci aiuta colui al quale fu detto: «Hai spezzato le mie catene»?
(Sal 115, 16). Di lui un altro salmo dice: «Il Signore libera i
prigionieri, il Signore rialza chi è caduto»(Sal 145, 7. 8).
Che cosa seguono quelli che sono stati liberati e rialzati, se non la
luce dalla quale si sentono dire: «Io sono la luce del mondo; chi segue
me non camminerà nelle tenebre»? (Gv 8, 12). Si, perché il Signore
illumina i ciechi. O fratelli, ora i nostri occhi sono curati con il
collirio della fede. Prima, infatti, mescolò la sua saliva con la
terra, per ungere colui che era nato cieco. Anche noi siamo nati ciechi
da Adamo e abbiamo bisogno di essere illuminati da lui. Egli mescolò la
saliva con la terra: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in
mezzo a noi» (Gv 1, 14). Mescolò la saliva con la terra, perché era
già stato predetto: «La verità germoglierà dalla terra» Sal 84, 12)
ed egli dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).
Godremo
della verità, quando la vedremo faccia a faccia, perché anche questo
ci viene promesso. Chi oserebbe, infatti, sperare ciò che Dio non si
fosse degnato o di promettere o di dare?
Vedremo faccia a faccia. L'Apostolo
dice: Ora conosciamo in modo imperfetto; ora vediamo come in uno
specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (cfr. 1
Core 13, 12). E l'apostolo Giovanni nella sua lettera aggiunge: «Carissimi,
noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora
rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi
saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,
2). Questa è la grande promessa.
Se lo ami, seguilo. Tu dici: Lo amo, ma per quale via devo seguirlo? Se
il Signore tuo Dio ti avesse detto: Io sono la verità e la vita, tu,
desiderando la verità e bramando la vita, cercheresti di sicuro la via
per arrivare all'una e all'altra. Diresti a te stesso: gran cosa è la
verità, gran bene è la vita: oh! se fosse possibile all'anima mia
trovare il mezzo per arrivarci!
Tu cerchi la via? Ascolta il Signore che ti dice in primo luogo: Io sono
la via. Prima di dirti dove devi andare, ha premesso per dove devi
passare: «Io sono», disse «la via»! La via per arrivare dove? Alla
verità e alla vita. Prima ti indica la via da prendere, poi il termine
dove vuoi arrivare. «Io sono la via, Io sono la verità, Io sono la
vita». Rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi
della nostra carne, è diventato la via.
Non
ti vien detto: devi affaticarti a cercare la via per arrivare alla verità
e alla vita; non ti vien detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è
venuta a te e ti ha svegliato dal sonno, se pure ti ha svegliato. Alzati
e cammina!
Forse tu cerchi di camminare, ma non puoi perché ti dolgono i piedi.
Per qual motivo ti dolgono? Perché hanno dovuto percorrere i duri
sentieri imposti dai tuoi tirannici egoismi? Ma il Verbo di Dio ha
guarito anche gli zoppi.
Tu replichi: Si, ho i piedi sani, ma non vedo la strada. Ebbene, sappi
che egli ha illuminato perfino i ciechi.
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MESSALE
Antifona
d'Ingresso Cf
Is 66,10-11
Rallégrati, Gerusalemme,
e voi tutti che l'amate, riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi dell'abbondanza
della vostra consolazione.
Laetáre,
Ierúsalem,
et convéntum
fácite,
omnes qui
dilígitis eam;
gaudéte
cum laetítia, qui in tristítia fuístis,
ut
exsultétis,
et satiémini ab ubéribus consolatiónis vestrae.
Colletta
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina. Per il nostro Signore...
Deus, qui per Verbum tuum humáni géneris reconciliatiónem mirabíliter
operáris, praesta, quaesumus, ut pópulus christiánus prompta devotióne
et álacri fide ad ventúra sollémnia váleat festináre. Per Dóminum.
Oppure:
O Dio, Padre buono e grande nel perdono, accogli nell'abbraccio del tuo
amore, tutti i figli che tornano a te con animo pentito; ricoprili delle
splendide vesti di salvezza, perché possano gustare la tua gioia nella
cena pasquale dell'Agnello. Egli è Dio...
LITURGIA
DELLA PAROLA
Prima Lettura
Gs
5,9-12
Il
popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua.
Dal
libro
di Giosuè
In quei giorni,
il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia
dell’Egitto».
Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al
quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.
Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e
frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della
terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno
mangiarono i frutti della terra di Canaan.
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 33
Gustate e vedete com’è buono
il Signore.
Benedirò il
Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.
Seconda
Lettura 2
Cor 5,17-21
Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo.
Dalla
lettera di
san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, se uno è
in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne
sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante
Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio
infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli
uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio
stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi
riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro
favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.
Canto
al Vangelo Lc
15,18
Gloria
e lode a te, o Cristo!
Mi alzerò, andrò
da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.
Gloria
e lode a te, o Cristo!
Vangelo
Lc
15,1-3.11-32
Questo
tuo fratello era morto ed è tornato in vita.
Dal
vangelo secondo Luca
In quel tempo, si
avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I
farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e
mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più
giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che
mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo,
il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese
lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia
ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al
servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi
campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui
si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e
disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui
muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere
chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e
tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli
corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse:
“Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di
essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto,
portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli
l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso,
ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era
morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E
cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a
casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che
cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo
padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e
salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a
supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti
anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato
un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo
tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per
lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu
sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e
rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato”».
Sulle
Offerte
Ti offriamo con gioia, Signore, questi doni per il sacrificio: aiutaci a celebrarlo con fede sincera e a offrirlo degnamente per la salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore.
Remédii sempitérni múnera, Dómine, laetántes offérimus, supplíciter
exorántes, ut éadem nos et fidéliter venerári, et pro salúte mundi
congruénter exhibére perfícias. Per Christum.
Prefazio
La
penitenza dello spirito
È veramente giusto renderti grazie,
è bello cantare la tua gloria, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno:
Tu hai stabilito per i tuoi figli
un tempo di rinnovamento spirituale,
perché si convertano a te con tutto il cuore,
e liberi dai fermenti del peccato
vivano le vicende di questo mondo,
sempre orientati verso i beni eterni
Per questo dono della tua benevolenza,
uniti agli angeli e ai santi,
con voce unanime cantiamo l'inno della tua lode:
Santo, Santo, Santo il Signore...
Antifona alla Comunione Lc
15,32
«Rallégrati, figlio mio,
perché tuo fratello era morto
ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato» .
Dóminus
linívit óculos meos:
et ábii,
et lavi, et vidi, et crédidi Deo.
Lc
15,32 Opórtet te, fili, gaudére,
quia
frater tuus mórtuus fúerat,
et
revíxit; períerat, et invéntus est.
Oppure: Sal
121,3-4
Gerusalemme è costruita
come città salda e compatta.
Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore.
Ierúsalem, quae
aedificátur ut cívitas,
cuius
participátio eius in idípsum.
Illuc
enim ascendérunt tribus, tribus Dómini,
ad confiténdum nómini tuo, Dómine.
Dopo
la Comunione
O Dio, che illumini ogni uomo che viene in questo mondo, fa' risplendere su di noi la luce del tuo volto, perché i nostri pensieri siano sempre conformi alla tua sapienza e possiamo amarti con cuore sincero. Per Cristo nostro Signore.
Deus, qui illúminas omnem hóminem veniéntem in hunc mundum,
illúmina, quaesumus, corda nostra grátiae tuae splendóre, ut digna ac
plácita maiestáti tuae cogitáre semper, et te sincére dilígere valeámus.
Per Christum.
Oratio
super populum
Tuére,
Dómine, súpplices tuos, susténta frágiles, et inter ténebras mortálium
ambulántes tua semper luce vivífica, atque a malis ómnibus cleménter
eréptos, ad summa bona perveníre concéde. Per Christum.
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