Santa Chiara d'Assisi - Regola |
Santa Chiara d'Assisi, Vergine
REGOLA
Innocenzo,
vescovo, servo dei servi di Dio, alle figlie dilette in Cristo, Chiara abbadessa
e alle sorelle del monastero di san Damiano d'Assisi, salute e apostolica
benedizione.La sede Apostolica suole annuire ai pii voti e accordare benevolo
favore alle convenienti preghiere di coloro che chiedono. Da parte vostra,
infatti, esiste un 'umile supplica: che noi abbiamo cura di confermare, con
(l'autorità apostolica), la forma di vita secondo la quale voi dovete vivere in
comune, nell'unità degli spiriti e con il voto dell'altissima povertà, forma
di vita a voi trasmessa dal beato Francesco e che voi avete ricevuta
spontaneamente, e che il nostro venerabile fratello il vescovo di Ostia e
Velletri ha giudicato bene di approvare secondo ciò che è contenuto più
pienamente nella lettera redatta dal vescovo stesso. Resi propensi dalle
preghiere della vostra devozione, ritenendo ratificato e gradito ciò che fu
fatto a questo proposito da quel medesimo vescovo, lo confermiamo con autorità
apostolica e lo muniamo della protezione del presente scritto, facendo inserire
parola per parola il tenore di quella lettera nella presente; tale lettera è la
seguente: Rainaldo,
per misericordia divina vescovo di Ostia e Velletri alla sua carissima madre e
figlia in Cristo, donna Chiara, abbadessa di San Damiano di Assisi, e alle sue
sorelle tanto presenti che future, salute e benedizione paterna. Poiché voi,
figlie dilette in Cristo, avete disprezzato le pompe e le delizie del mondo e
seguendo le vestigia dello stesso Cristo e della sua santissima madre avete
scelto di abitare chiuse quanto al corpo e servire il Signore in somma povertà,
cosicché possiate con spirito libero servire il Signore, noi, raccomandando nel
Signore il vostro santo proposito, volentieri vogliamo, con affetto paterno,
accordare benevolo favore ai vostri voti e ai vostri santi desideri. Perciò,
fatti propensi dalle vostre pie preghiere, confermiamo in perpetuo, con
l'autorità del signor papa e con la nostra, per voi tutte e per quelle che vi
succederanno nel vostro monastero, e muniamo della protezione del presente
scritto la forma di vita e il modo di santa unità e di altissima povertà che
il vostro beato padre san Francesco, a parole e per iscritto, vi ha trasmesso
perché l'osserviate; riportata dalla presente, tale forma di vita è la
seguente:)
CAPITOLO
1
Nel
Nome del Signore! Comincia
la forma di vita delle sorelle Povere
(1) La
forma di vita dell'Ordine delle Sorelle Povere, che il beato Francesco istituì,
è questa: (2) Osservare il santo vangelo di nostro Signore Gesù Cristo,
vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. (3) Chiara, indegna
ancella di Cristo e pianticella del beatissimo padre Francesco, promette
obbedienza e riverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi successori
canonicamente eletti e alla Chiesa romana. (4) E come al principio della sua
conversione, insieme alle sue sorelle, promise obbedienza al beato Francesco,
così promette di custodire inviolabilmente la stessa obbedienza per i suoi
successori. (5) E le altre sorelle siano tenute a obbedire ai successori del
Beato Francesco e a sorella Chiara e alle altre abbadesse canonicamente elette,
che le succederanno. CAPITOLO
(Di
quelle che vogliono accettare questa vita, e come debbano essere ricevute)
CAPITOLO 3
(Del
Divino Ufficio e del digiuno, della confessione e della comunione)
(1) Le
sorelle letterate facciano il divino ufficio secondo la consuetudine dei Frati
Minori, (2) per cui potranno avere i breviari, leggendo senza canto. (3) E a
quelle che, per causa ragionevole, talvolta non potessero dire le loro ore
leggendo, sia lecito come alle altre sorelle dire il PATER NOSTER. (4) Quelle
poi che non sanno di lettere, dicano ventiquattro PATER NOSTER per mattutino,
cinque per le lodi, per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore
sette, per i vesperi dodici, per compieta sette. (5) Dicano anche per i defunti
sette PATER NOSTER con REQUIEM AETENAM, per mattutino dodici, (6) quando le
sorelle letterate siano tenute a fare l'ufficio dei morti. (7) Quando sia
migrata qualche sorella del nostro monastero, dicano cinquanta PATER NOSTER. (8) In ogni
tempo le sorelle digiunino. (9) Ma nel Natale del Signore, in qualunque giorno
venga, si possano rifocillare due volte. (10) Con le adolescenti, le deboli e
con quelle che servono fuori del monastero, si dispensi misericordiosamente,
come sembrerà alla abbadessa. (11) Ma in tempo di manifesta necessità le
sorelle non siano tenute al digiuno corporale. (12) Con licenza dell'abbadessa,
si confessino almeno dodici volte all'anno. (13) E debbono allora guardarsi
dall'inserire altre parole, se non quelle pertinenti alla confessione e alla
salute delle anime. (14) Si comunichino sette volte, cioè nel Natale del
Signore, il giovedì santo, nella Resurrezione del Signore, a Pentecoste,
nell'Assunzione della beata Vergine, nella festa di san Francesco e nella festa
di tutti i santi. (15) Sia lecito al cappellano di celebrare all'interno per
comunicare le sorelle sane o le inferme.
CAPITOLO
4
(Dell'elezione
e dell'ufficio dell'Abbadessa, del capitolo, e delle ufficiali e delle discrete)
(1)
Nell'elezione dell'abbadessa le sorelle siano tenute ad osservare la forma
canonica. (2) Procurino esse stesse con premura di avere il ministro generale o
provinciale dei Frati Minori, (3) il quale con la parola di Dio le formi ad ogni
concordia e alla comune utilità nell'elezione da farsi. (4) E non venga eletta
nessuna, se non professa. (5) E se fosse eletta una non professa, o data
altrimenti, non le si obbedisca, se prima non professi la forma della nostra
povertà. (6) Al suo decesso, sia fatta l'elezione di un'altra abbadessa. (7) E
se, a un dato momento, sembrasse alla generalità delle sorelle che la predetta
non fosse pari al servizio e alla comune utilità loro, siano tenute le predette
sorelle ad eleggersi, quanto prima possono, secondo la forma predetta, un'altra
come abbadessa e madre. (8) L'eletta poi pensi quale onere ha preso su di sé e
a chi dovrà rendere ragione del gregge affidatole. (9) Si adoperi anche a
precedere le altre più con le virtù e con i santi costumi che non l'ufficio,
affinché, provocate dal suo esempio, le sorelle le obbediscano piuttosto per
amore che per timore. (10) Non abbia amori particolari, affinché, mentre in
parte ama di più, non generi scandalo nell'insieme. (11) Consoli le afflitte.
(12)
Sia anche l'ultimo rifugio per le tribolate, cosicché, se presso di lei mancano
i rimedi per la salute, non prevalga nelle ammalate il morbo della disperazione.
(13) Salvaguardi in tutto la vita comune, ma specialmente in chiesa, nel
dormitorio, nel refettorio, nell'infermeria e nelle vesti. (14) Ciò che anche
la sua vicaria sia tenuta a salvaguardare in maniera simile. (15) Almeno una
volta la settimana l'abbadessa è tenuta a convocare le sue sorelle a capitolo;
(16) dove, tanto lei che le sorelle debbono confessare umilmente le offese e le
negligenze comuni e pubbliche. (17) E riguardo alle cose che devono essere
trattate per l'utilità e l'onestà del monastero, ne conferisca là con tutte
le sue sorelle; (18) spesso infatti il Signore rivela ciò che è meglio alla più
piccola. (19) Non si faccia alcun debito grave, se non col comune consenso delle
sorelle e per manifesta necessità, e ciò per mezzo di procuratore. (20) Si
guardi l'abbadessa con le sue sorelle dal ricevere qualche deposito in
monastero; (21) spesso infatti nascono turbamenti e scandali a tale proposito.
(22) Per conservare l'unità dell'amore mutuo e della pace, tutte le ufficiali
del monastero vengano elette con il comune consenso di tutte le sorelle. (23) E
vengano elette nello stesso modo almeno otto sorelle delle più discrete, del
cui consiglio l'abbadessa sia tenuta a usare in quelle cose che la forma della
nostra vita richiede. (24) Le sorelle possano anche e debbano, se sembrerà loro
utile ed espediente, rimuovere talvolta le ufficiali e le discrete ed eleggere
altre al loro posto.
CAPITOLO
5
(Del
silenzio, del parlatorio e della grata)
(1)
Dall'ora di compieta fino a terza le sorelle mantengano il silenzio, eccettuate
quelle che servono fuori del monastero. (2) Stiano anche continuamente in
silenzio in chiesa, in dormitorio, in refettorio soltanto quando mangiano; (3)
eccetto in infermeria, dove per la ricreazione e il servizio delle inferme sarà
sempre permesso alle sorelle di parlare con discrezione. (4) Tuttavia possano
sempre insinuare brevemente e con voce sommessa ciò che fosse necessario. (5)
Non sia permesso alle sorelle parlare in parlatorio o alla grata senza licenza
dell'abbadessa o della sua vicaria. (6) E coloro che ne hanno licenza non osino
parlare in parlatorio, se non in presenza di due sorelle che le odano. (7) Alla
grata poi non presumano di accedere, se non in presenza di almeno tre sorelle
assegnate dall'abbadessa o dalla sua vicaria tra quelle otto discrete, che sono
elette da tutte le sorelle per il consiglio dell'abbadessa. (8) L'abbadessa e la
sua vicaria siano tenute a osservare per se stesse questa maniera di parlare.
(9) E ciò (che si prescrive) riguardo alla grata avvenga rarissimamente, in
alcun modo poi al portone. (10) Alla quale grata si apponga internamente un
panno, il quale non venga rimosso, se non quando si propone la parola di Dio o
qualcuna parlasse a qualcuno. (11) Abbia anche una porta di legno ben munita di
due diverse serrature in ferro, di battenti e spranghe, (12) cosicché
massimamente di notte si chiuda con due chiavi, una delle quali l'abbia l'abbadessa,
l'altra la sagrestana; e rimanga sempre chiusa, salvo quando si ode il divino
ufficio e per le cause sopra ricordate. (14) Nessuna, in alcun modo, debba
parlare ad alcuno alla grata, prima del sorgere del sole o dopo il tramonto.
(15) Nel parlatorio rimanga sempre internamente il panno che non sarà rimosso.
(16) Durante la quaresima di san Martino e nella quaresima maggiore nessuna
parli in parlatorio, (17) se non al sacerdote per causa della confessione o per
altra manifesta necessità, ciò che sarà riservato alla prudenza dell'abbadessa
o della sua vicaria.
CAPITOLO
6
(Del
non avere possessi)
(1) Dopo
che il Padre celeste si degnò di illuminare per sua grazia il mio cuore, perché
sull'esempio e con la dottrina del beatissimo padre nostro san Francesco facessi
penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con le mie sorelle gli promisi
obbedienza. (2) Considerando il beato Padre che non avremmo temuto nessuna povertà,
né fatica, tribolazione, deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li
avremmo ritenuti grandi delizie, mosso da pietà, scrisse per noi una forma del
vivere in questo modo:
CAPITOLO
7
(Del
modo di lavorare)
(1) Le
sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, dopo l'ora di terza
lavorino con fedeltà e devozione e di un lavoro che sia pertinente all'onestà
e alla comune utilità, (2) cosicché, escluso l'ozio, nemico dell'anima, non
estinguano lo spirito di orazione e devozione, al quale le altre cose temporali
debbono servire. (3) E l'abbadessa o la sua vicaria sia tenuta ad assegnare in
capitolo davanti a tutte ciò che operano con le loro mani. (4) Lo stesso si
faccia se da alcuni venisse inviata qualche elemosina per le necessità delle
sorelle, perché sia fatta per loro raccomandazione in comune. (5) E tutte
queste cose siano distribuite per la comune utilità per mezzo dell'abbadessa o
della sua vicaria, secondo il consiglio delle discrete.
CAPITOLO
8
(Che
le sorelle non si approprino di nulla;
(1) Le
sorelle non si approprino nulla, né casa, né luogo, né alcunché. (2) E come
pellegrine e forestiere in questo mondo, servendo il Signore in povertà e umiltà,
mandino con fiducia per l'elemosina, (3) né devono vergognarsi, perché il
Signore per noi si fece povero in questo mondo. (4) Questo è il vertice
dell'altissima povertà, che vi ha istituite, carissime sorelle mie, eredi e
regine del regno dei cieli, vi ha fatte povere di cose, vi ha sublimate in virtù.
(5) Questa sia la vostra porzione, quella che conduce nella terra dei viventi.
(6) Totalmente attaccate ad essa, dilette sorelle, per il nome di nostro Signore
Gesù Cristo e della sua santissima madre, non vogliate avere altro in perpetuo
sotto il cielo. (7) Non sia lecito a nessuna sorella mandare lettere o ricevere
qualche cosa o dare fuori del monastero, senza la licenza dell'abbadessa. (8) Né
sia lecito avere checchessia che non avesse donato o permesso l'abbadessa glielo
faccia dare. (10) Questa poi, se ha bisogno, ne possa usare; altrimenti ne
faccia parte caritatevolmente con la sorella che ne ha bisogno. (11) Ma se le
viene trasmesso qualche denaro, l'abbadessa, con il consiglio delle discrete, la
faccia provvedere delle cose di cui ha bisogno. (12) Riguardo alle sorelle
inferme, l'abbadessa sia fermamente tenuta a informarsi sollecitamente da sé e
per mezzo delle altre sorelle, di ciò che richiede la loro infermità, tanto
nei consigli che nei cibi e nelle altre necessità (13) e provvedervi
caritatevolmente e misericordiosamente, secondo la possibilità del luogo. (14)
Poiché tutte sono tenute a provvedere e a servire le sorelle inferme, come
vorrebbero essere servite esse stesse se fossero prese da qualche infermità.
(15) Tranquillamente manifesti l'una all'altra la propria necessità. (16) E se
la madre ama e nutre la figlia sua carnale, con quanto maggiore amore deve la
sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale? (17) Quelle che sono inferme
giacciano in sacchi con paglie e abbiano alla testa guanciali con piuma; (18) e
quelle che ne hanno bisogno, possano ciascuna rispondere brevemente alcune buone
parole a quelli che loro parlano. (20) Ma le altre sorelle che ne hanno licenza
non osino parlare a chi entra in monastero, se non in presenza di due sorelle
discrete che odano, assegnate all'abbadessa o dalla sua vicaria. (21) Questo modo
del parlare siano tenute a osservarlo per se stesse l'abbadessa e la sua
vicaria.
CAPITOLO
Della
penitenza da imporre alle sorelle che peccano, e delle sorelle che servono fuori
del monastero
(1) Se
qualche sorella, per istigazione del nemico, peccasse mortalmente contro la
forma della nostra professione, venga ammonita per due o tre volte per mezzo
dell'abbadessa o di altre sorelle; (2) se non si sarà emendata, per quanti
giorni sarà stata ostinata, altrettanti mangi pane ed acqua in terra davanti a
tutte le sorelle in refettorio; (3) e soggiaccia a pena più grave se sembrerà
bene all'abbadessa. (4) Frattanto, mentre sarà stata ostinata, si preghi perché
il Signore illumini il suo cuore per la penitenza. (5) Ma l'abbadessa e le sue
sorelle debbono guardarsi dall'adirarsi e conturbarsi per il peccato di
chicchessia, perché l'ira e il turbamento impediscono la carità in sé e negli
altri. (6) Se accadesse, - no sia mai! - che tra sorella e sorella per una
parola o un segno talvolta nascesse occasione di turbamento o di scandalo, (7)
quella che avrà dato causa al turbamento, subito, prima di offrire il dono
dell'orazione sua davanti al Signore, non solo si prosterni ai piedi dell'altra
domandando perdono, (8) ma anche semplicemente preghi, perché interceda per lei
presso il Signore, perché le sia indulgente. (9) E quella, memore di quella
parola del Signore: Se non rimetterete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste
rimetterà a voi, (10)con liberalità rimetta alla sorella l'ingiuria fattale.
(11) Le sorelle che servono fuori del monastero, non facciano lunghi indugi, se
non lo richieda causa di necessità manifesta. (12) E debbano andare onestamente
e parlare poco, perché possano sempre essere edificati quelli che le guardano.
(13) E si guardino fermamente dall'avere relazioni sospette o sospetti consigli
di taluni. (14) Né si facciano madrine di uomini o di donne, perché non nasca,
per tale occasione, mormorazione o turbamento. (15) Né presumano di riportare
in monastero i rumori del secolo. (16) E siano tenute fermamente a non riportare
fuori del monastero qualche cosa di ciò che dentro viene detto, che potesse
generare qualche scandalo. (17) Che se qualcuna per semplicità incappasse in
queste due (mancanze), sia nella prudenza dell'abbadessa d'ingiungerle la
penitenza con misericordia. (18) Ma se ciò provenisse da consuetudine viziosa,
l'abbadessa, su consiglio delle discrete, le ingiunga la penitenza secondo la
qualità della colpa.
CAPITOLO
10
(Dell'ammonizione
e della correzione delle Sorelle)
(1) L'abbadessa
ammonisca e visiti le sue sorelle e umilmente e caritatevolmente le corregga,
non comandando loro alcunché che sia contro la loro anima en la forma della
nostra professione. (2) Le sorelle suddite, poi, si ricordino che per Dio hanno
rinnegato le proprie volontà. (3) Perciò siano tenute fermamente a obbedire
alle loro abbadesse in tutto ciò che hanno promesso di osservare e non è
contrario all'anima e alla nostra professione. (4) L'abbadessa poi abbia tanta
familiarità nei loro riguardi, che a lei possano dire e fare come le signore
con le loro ancelle. (5) Infatti, così dev'essere, che l'abbadessa sia
l'ancella di tutte le sorelle. (6) Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo,
che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura
e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dal dissenso e
dalla divisione. (7) Siano invece sempre sollecite nel serbare vicendevolmente
l'unità della mutua dilezione, che è il vincolo della perfezione. (8) E coloro
che non sanno di lettere non si curino di apprendere le lettere; (9) ma
attendano a ciò che sopra ogni cosa debbono desiderare: avere lo spirito del
Signore e la sua santa operazione, (10) pregarlo sempre con cuore puro e avere
umiltà, pazienza nella tribolazione e nella infermità, (11) e amare coloro che
ci perseguitano, riprendono e accusano, (12) poiché dice il Signore: Beati
coloro che patiscono persecuzione per la giustizia, perché de essi è il regno
dei cieli. (13) E chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo.
CAPITOLO
1
(Della
custodia della clausura)
(1) La
portinaia sia matura di costumi e discreta e sia di età conveniente; di giorno
risieda là in una cellula aperta, senza porte, (2) Le sia assegnata una qualche
compagna idonea, che, quando fosse necessario, la sostituisca in tutto. (3) La
porta sia ben munita di due serrature diverse in ferro, di battenti e spranghe,
(4) perché massimamente di notte, venga chiusa con due chiavi, delle quali una
l'avrà la portinaia, l'altra l'abbadessa. (5) E di giorno non si abbandoni mai
senza custodia e venga chiusa saldamente con una sola chiave. (6) Con ogni zelo
badino e procurino che la porta nos stia mai aperta, se non quanto meno si potrà
convenientemente. (7) Né si apra affatto a chiunque volesse entrare, se non
fosse concesso dal sommo Pontefice o dal nostro signor cardinale. (8) Né le
sorelle permettano che qualcuno entri in monastero prima del sorgere del sole, né
rimanga dentro dopo il tramonto del sole, se non lo esiga manifesta, ragionevole
e inevitabile causa. (9) Se per la benedizione dell'abbadessa o per la
consacrazione come monaca di qualcuna delle sorelle o anche in altro modo, fosse
concesso a qualche vescovo di celebrare la messa all'interno, si accontenti di
compagni e ministri in minor numero e più onesti possibile. (10) Quando sarà
necessario che alcuni entrino in monastero per fare un lavoro, l'abbadessa
collochi allora al portone la persona conveniente, (11) che apra soltanto a
quelli deputati al lavoro e non ad altri. (12) Le sorelle allora si guardino con
ogni zelo dall'essere vedute da coloro che entrano.
CAPITOLO
12
(Del
visitatore, del cappellano e del Cardinale Protettore)
(1) Il
nostro visitatore sia sempre dell'Ordine dei Frati Minori, secondo la volontà e
il comando del nostro cardinale. (2) E sia tale che si abbia piena conoscenza
della sua onestà e dei suoi costumi. (3) Il suo ufficio sarà quello di
correggere, tanto nella testa che nelle membra gli accessi commessi contro la
forma della nostra professione. (4) Stando in luogo pubblico, per poter essere
veduto dagli altri, gli sia permesso di parlare con molte e con ciascuna di
quelle cose che sono pertinenti all'ufficio della visita, secondo che gli
sembrerà più conveniente. (5) E anche, come abbiamo sempre misericordiosamente
avuto dal detto Ordine dei Frati Minori, per sovvenire alla nostra povertà, (6)
un cappellano con un compagno chierico di buona fama, di preveggente
discrezione, e due fratelli laici di santa condotta e amanti dell'onestà, (7)
per riguardo alla pietà di Dio e del beato Francesco, li domandiamo in grazia
al medesimo Ordine. (8) Non sia permesso al cappellano di entrare monastero
senza compagno. (9) E quando entrano, siano sempre in luogo pubblico, perché
possano sempre osservarsi l'un l'altro ed essere osservati dagli altri. (10) Per
la confessione delle inferme che non potessero andare in parlatorio, per
comunicarle , per l'estrema unzione, per la raccomandazione dell'anima, sia loro
lecito entrare. (11) Ma per le esequie e per la celebrazione della messa per i
defunti, e per scavare o aprire una sepoltura o anche per accomodarla, possano
entrare persone in numero sufficiente e capaci, secondo la previdenza della
abbadessa. (12) In vista di tutto ciò, le sorelle siano fermamente tenute ad
avere sempre per nostro governatore, protettore e correttore quello dei
cardinali della santa Chiesa romana che è stato deputato dal signor papa per i
Frati Minori, (13) affinché, sempre sottomesse e prosternate ai piedi della
medesima santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo in perpetuo la
povertà e l'umiltà del Signore nostro Gesù e della sua santissima madre e il
santo Vangelo, che abbiamo fermamente promesso. Amen.
(Dato
a Perugia, il sedici di settembre, anno decimo del pontificato del signor
Innocenzo papa IV (1252).
Non sia
dunque lecito a nessuno d'infrangere questa nostra pagina di conferma o con
audacia temeraria contraddirla. Se poi qualcuno presumesse di tentare ciò,
sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei beati Pietro e
Paolo suoi apostoli.
Dato
ad Assisi, il 9 agosto, anno undecimo del nostro pontificato (1253). |
|
|
www.maranatha.it | |