PAOLO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO
A PERPETUA MEMORIA
DECRETO SULL’APOSTOLATO DEI LAICI
APOSTOLICAM ACTUOSITATEM
PROEMIO
1. Il sacro Concilio, volendo rendere più intensa l'attività
apostolica del popolo di Dio (1), con viva premura si rivolge ai fedeli
laici, dei quali già altrove ha ricordato (2) il ruolo proprio e
assolutamente necessario che essi svolgono nella missione della Chiesa.
L'apostolato dei laici, infatti, derivando dalla loro stessa vocazione
cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa. La stessa sacra
Scrittura mostra abbondantemente quanto spontanea e fruttuosa fosse tale
attività ai primordi della Chiesa (cfr. At 11,19-21; 18,26; Rm
16,1-16; Fil 4,3).
I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici;
anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro
apostolato sia più intenso e più esteso. Infatti l'aumento costante
della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni
umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato
straordinariamente il campo dell'apostolato dei laici, in gran parte
accessibile solo ad essi, ma hanno anche suscitato nuovi problemi, che
richiedono il loro sollecito impegno e zelo.
Tale apostolato si è reso tanto più urgente, in quanto l'autonomia di
molti settori della vita umana si è assai accresciuta, com'è giusto; ma
talora ciò è avvenuto con un certo distacco dall'ordine etico e
religioso e con grave pericolo della vita cristiana. Inoltre in molte
regioni, in cui i sacerdoti sono assai pochi, oppure, come talvolta
avviene, vengono privati della dovuta libertà di ministero, senza
l'opera dei laici la Chiesa a stento potrebbe essere presente e
operante. Il segno di questa molteplice e urgente necessità è l'evidente
intervento dello Spirito Santo, il quale rende oggi sempre più
consapevoli i laici della loro responsabilità e dovunque li stimola a
mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa (3).
Con il presente decreto il Concilio vuole illustrare la natura, il
carattere e la varietà dell'apostolato dei laici, enunciarne i principi
fondamentali e dare delle direttive pastorali per un suo più efficace
esercizio. Tutto questo dovrà servire di norma per la revisione del
diritto canonico per quanto riguarda l'apostolato dei laici.
CAPITOLO I
LA VOCAZIONE DEI LAICI ALL'APOSTOLATO
La partecipazione dei laici alla missione della Chiesa
2. Questo è il fine della Chiesa: con la diffusione del regno di
Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi (4)
tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di
essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo. Tutta l'attività
del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama « apostolato »; la
Chiesa lo esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi
diversi; la vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione
all'apostolato. Come nella compagine di un corpo vivente non vi è membro
alcuno che si comporti in maniera del tutto passiva, ma unitamente alla
vita partecipa anche alla sua attività, così nel corpo di Cristo, che è
la Chiesa « tutto il corpo... secondo l'energia propria ad ogni singolo
membro... contribuisce alla crescita del corpo stesso » (Ef
4,16). Anzi in questo corpo è tanta l'armonia e la compattezza delle
membra (cfr. Ef 4,16), che un membro il quale non operasse per la
crescita del corpo secondo la propria energia dovrebbe dirsi inutile per
la Chiesa e per se stesso.
C'è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione. Gli
apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di
insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità. Ma
anche i laici, essendo partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e
regale di Cristo, all'interno della missione di tutto il popolo di Dio
hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo (5). In realtà essi
esercitano l'apostolato evangelizzando e santificando gli uomini, e
animando e perfezionando con lo spirito evangelico l'ordine temporale,
in modo che la loro attività in quest'ordine costituisca una chiara
testimonianza a Cristo e serva alla salvezza degli uomini. Siccome è
proprio dello stato dei laici che essi vivano nel mondo e in mezzo agli
affari profani, sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito
cristiano, esercitino il loro apostolato nel mondo, a modo di fermento.
I fondamenti dell'apostolato dei laici
3. I laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro
stessa unione con Cristo capo. Infatti, inseriti nel corpo mistico di
Cristo per mezzo del battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito
Santo per mezzo della cresima, sono deputati dal Signore stesso
all'apostolato. Vengono consacrati per formare un sacerdozio regale e
una nazione santa (cfr. 1 Pt 2,4-10), onde offrire sacrifici
spirituali mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo.
Inoltre con i sacramenti, soprattutto con quello dell'eucaristia, viene
comunicata e alimentata quella carità che è come l'anima di tutto
l'apostolato (6).
L'apostolato si esercita nella fede, nella speranza e nella carità:
virtù che lo Spirito Santo diffonde nel cuore di tutti i membri della
Chiesa. Anzi, in forza del precetto della carità, che è il più grande
comando del Signore, ogni cristiano è sollecitato a procurare la gloria
di Dio con l'avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini:
perché conoscano l'unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù
Cristo (cfr. Gv 17,3).
A tutti i cristiani quindi è imposto il nobile impegno di lavorare
affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato
da tutti gli uomini, su tutta la terra.
Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo che già santifica
il popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai
fedeli anche dei doni particolari (1 Cor 12,7) «distribuendoli a
ciascuno come vuole» (1 Cor 12,11), affinché mettendo « ciascuno
a servizio degli altri il suo dono al fine per cui l'ha ricevuto,
contribuiscano anch'essi come buoni dispensatori delle diverse grazie
ricevute da Dio» (1 Pt 4,10) alla edificazione di tutto il corpo
nella carità (cfr. Ef 4,16).
Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per
ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli
uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel
mondo con la libertà dello Spirito, il quale « spira dove vuole » (Gv
3,8) e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo,
soprattutto con i propri pastori essi hanno il compito di giudicare
sulla loro genuinità e uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito
ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 1 Tes
5,12,19,21) (7).
La spiritualità dei laici in ordine all'apostolato
4. Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è
Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato
dei laici dipende dalla loro unione vitale con Cristo, secondo il detto
del Signore: « Chi rimane in me ed io in lui, questi produce molto
frutto, perché senza di me non potete far niente » (Gv 15,5).
Questa vita d'intimità con Cristo viene alimentata nella Chiesa con
gli aiuti spirituali comuni a tutti i fedeli, soprattutto con la
partecipazione attiva alla sacra liturgia (8). I laici devono usare tali
aiuti in modo che, mentre compiono con rettitudine i doveri del mondo
nelle condizioni ordinarie di vita, non separino dalla propria vita
l'unione con Cristo, ma crescano sempre più in essa compiendo la propria
attività secondo il volere divino.
Su questa strada occorre che i laici progrediscano nella santità con
ardore e gioia, cercando di superare le difficoltà con prudenza e
pazienza (9). Né la cura della famiglia né gli altri impegni secolari
devono essere estranei alla spiritualità della loro vita, secondo il
detto dell'Apostolo: « Tutto quello che fate, in parole e in opere,
fatelo nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio e al Padre per
mezzo di lui » (Col 3,17).
Tale vita richiede un continuo esercizio della fede, della speranza e
della carità.
Solo alla luce della fede e nella meditazione della parola di Dio è
possibile, sempre e dovunque, riconoscere Dio nel quale « viviamo, ci
muoviamo e siamo » (At 17,28), cercare in ogni avvenimento la sua
volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare
rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in se
stesse e in ordine al fine dell'uomo.
Quanti hanno tale fede vivono nella speranza della rivelazione dei
figli di Dio, nel ricordo della croce e della risurrezione del Signore.
Nel pellegrinaggio della vita presente, nascosti con Cristo in Dio e
liberi dalla schiavitù delle ricchezze, mentre mirano ai beni eterni,
con animo generoso si dedicano totalmente ad estendere il regno di Dio e
ad animare e perfezionare con lo spirito cristiano l'ordine delle realtà
temporali. Nelle avversità della vita trovano la forza nella speranza,
pensando che « le sofferenze del tempo presente non reggono il confronto
con la gloria futura che si rivelerà in noi» (Rm 8,18).
Spinti dalla carità che viene da Dio, operano il bene verso tutti e
in modo speciale verso i fratelli nella fede (cfr. Gal 6,10)
«eliminando ogni malizia e ogni inganno, le ipocrisie e le invidie, e
tutte le maldicenze » (1 Pt 2,1), attraendo così gli uomini a
Cristo.
La carità di Dio, « diffusa nel nostro cuore per mezzo dello Spirito
Santo che ci è stato dato » (Rm 5,5), rende capaci i laici di
esprimere realmente nella loro vita lo spirito delle beatitudini.
Seguendo Gesù povero, non si deprimono nella mancanza dei beni
temporali, né si inorgogliscono nella abbondanza di essi; imitando Gesù
umile, non diventano avidi di una gloria vana (cfr. Gal 5,26), ma
cercano di piacere più a Dio che agli uomini, sempre pronti a lasciare
tutto per Cristo (cfr. Lc 14,26) e a soffrire persecuzione per la
giustizia (cfr. Mt 5,10), memori delle parole del Signore: « Se
qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua
croce e mi segua» (Mt 16,24). Coltivando l'amicizia cristiana tra
loro si offrono vicendevolmente aiuto in qualsiasi necessità.
Questa spiritualità dei laici deve parimenti assumere una sua
fisionomia particolare a seconda dello stato del matrimonio e della
famiglia, del celibato o della vedovanza, della condizione di infermità,
dell'attività professionale e sociale. I laici non tralascino dunque di
coltivare costantemente le qualità e le doti ricevute, corrispondenti a
tali condizioni, e di servirsi dei doni ottenuti dallo Spirito Santo.
Inoltre, quei laici che, seguendo la propria particolare vocazione,
sono iscritti a qualche associazione o istituto approvato dalla Chiesa,
si sforzino di assimilare fedelmente la spiritualità peculiare dei
medesimi.
Tutti i laici facciano pure gran conto della competenza
professionale, del senso della famiglia, del senso civico e di quelle
virtù che riguardano i rapporti sociali, come la correttezza, lo spirito
di giustizia, la sincerità, la cortesia, la fortezza di animo: virtù
senza le quali non ci può essere neanche una vera vita cristiana.
Modello perfetto di tale vita spirituale e apostolica è la beata
vergine Maria, regina degli apostoli, la quale, mentre viveva sulla
terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di
lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo, e cooperava in modo
del tutto singolare all'opera del Salvatore; ora poi assunta in cielo, «
con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo
ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni fino a che
non siano condotti nella patria beata» (10). La onorino tutti
devotissimamente e affidino alla sua materna cura la propria vita e il
proprio apostolato.
CAPITOLO II
I FINI DELL'APOSTOLATO DEI LAICI
Introduzione
5. L'opera della redenzione di Cristo ha per natura sua come fine la
salvezza degli uomini, però abbraccia pure il rinnovamento di tutto
l'ordine temporale. Di conseguenza la missione della Chiesa non mira
soltanto a portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini,
ma anche ad animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito
evangelico. I laici, dunque, svolgendo tale missione della Chiesa,
esercitano il loro apostolato nella Chiesa e nel mondo, nell'ordine
spirituale e in quello temporale. Questi ordini, sebbene siano distinti,
tuttavia sono così legati nell'unico disegno divino, che Dio stesso
intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo per formare una creazione
nuova: in modo iniziale sulla terra, in modo perfetto alla fine del
tempo. Nell'uno e nell'altro ordine il laico, che è simultaneamente
membro del popolo di Dio e della città degli uomini, deve continuamente
farsi guidare dalla sua unica coscienza cristiana.
L'apostolato di evangelizzazione e di santificazione
6. La missione della Chiesa ha come scopo la salvezza degli uomini,
che si raggiunge con la fede in Cristo e con la sua grazia. Perciò
l'apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri è diretto prima di
tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e i
fatti e a comunicare la sua grazia. Ciò viene effettuato soprattutto con
il ministero della parola e dei sacramenti, affidato in modo speciale al
clero, nel quale anche i laici hanno la loro parte molto importante da
compiere « per essere anch'essi cooperatori della verità » (3 Gv
8). È specialmente in questo ordine che l'apostolato dei laici e il
ministero pastorale si completano a vicenda.
Molte sono le occasioni che si presentano ai laici per esercitare
l'apostolato dell'evangelizzazione e della santificazione. La stessa
testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito
soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio;
il Signore dice infatti: « Così risplenda la vostra luce davanti agli
uomini in modo che vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre
vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).
Tuttavia tale apostolato non consiste soltanto nella testimonianza
della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo
con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli
per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente; « poiché
l'amore di Cristo ci sospinge » (2 Cor 5,14) e nel cuore di tutti
devono echeggiare le parole dell'Apostolo: «Guai a me se non annunciassi
il Vangelo » (1 Cor 9,16) (11).
Siccome m questo nostro tempo nascono nuove questioni e si diffondono
gravissimi errori che cercano di abbattere dalle fondamenta la
religione, l'ordine morale e la stessa società umana, questo sacro
Concilio esorta vivamente tutti i laici, perché secondo la misura dei
loro talenti e della loro formazione dottrinale, e seguendo il pensiero
della Chiesa, adempiano con diligenza anche maggiore la parte loro
spettante nell'enucleare, difendere e rettamente applicare i principi
cristiani ai problemi attuali.
L'animazione cristiana dell'ordine temporale
7. Quanto al mondo, è questo il disegno di Dio: che gli uomini, con
animo concorde, instaurino e perfezionino sempre più l'ordine delle
realtà temporali.
Tutto ciò che compone l'ordine temporale, cioè i beni della vita e
della famiglia, la cultura, l'economia, le arti e le professioni, le
istituzioni della comunità politica, le relazioni internazionali e così
via, la loro evoluzione e il loro progresso, non sono soltanto mezzi con
cui l'uomo può raggiungere il suo fine ultimo, ma hanno un valore
proprio, riposto in essi da Dio, sia considerati in se stessi, sia
considerati come parti di tutto l'ordine temporale: « E Dio vide tutte
le cose che aveva fatto, ed erano assai buone » (Gen 1,31).
Questa loro bontà naturale riceve una speciale dignità dal rapporto che
essi hanno con la persona umana a servizio della quale sono stati
creati. Infine piacque a Dio unificare in Cristo Gesù tutte le cose
naturali e soprannaturali, « affinché egli abbia il primato sopra tutte
le cose» (Col 1,18). Questa destinazione, tuttavia, non solo non
priva l'ordine delle realtà temporali della sua autonomia, dei suoi
propri fini, delle sue proprie leggi, dei suoi propri mezzi, della sua
importanza per il bene dell'uomo, ma anzi ne perfeziona la forza e il
valore e nello stesso tempo lo adegua alla vocazione totale dell'uomo
sulla terra.
Nel corso della storia, l'uso delle cose temporali è stato macchiato
da gravi manchevolezze, perché gli uomini, in conseguenza del peccato
originale, spesso sono caduti in moltissimi errori intorno al vero Dio,
alla natura dell'uomo e ai principi della legge morale: allora i costumi
e le istituzioni umane sono stati corrotti e non di rado conculcata la
stessa persona umana. Anche ai nostri giorni, non pochi, ponendo
un'eccessiva fiducia nel progresso delle scienze naturali e della
tecnica inclinano verso una specie di idolatria delle cose temporali,
fattisi piuttosto schiavi che padroni di esse.
È compito di tutta la Chiesa aiutare gli uomini affinché siano resi
capaci di ben costruire tutto l'ordine temporale e di ordinarlo a Dio
per mezzo di Cristo.
È compito dei pastori enunciare con chiarezza i principi circa il
fine della creazione e l'uso del mondo, dare gli aiuti morali e
spirituali affinché l'ordine temporale venga instaurato in Cristo.
I laici devono assumere il rinnovamento dell'ordine temporale come
compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero
della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in
modo concreto; come cittadini devono cooperare con gli altri cittadini
secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità;
dappertutto e in ogni cosa devono cercare la giustizia del regno di Dio.
L'ordine temporale deve essere rinnovato in modo che, nel rispetto
integrale delle leggi sue proprie, sia reso più conforme ai principi
superiori della vita. cristiana e adattato alle svariate condizioni di
luogo di tempo e di popoli. Tra le opere di simile apostolato si
distingue eminentemente l'azione sociale dei cristiani. Il Concilio
desidera oggi che essa si estenda a tutto l'ambito dell'ordine
temporale, anche a quello della cultura (12).
L'azione caritativa
8. Sebbene ogni esercizio di apostolato nasca e attinga il suo vigore
dalla carità, tuttavia alcune opere per natura propria sono atte a
diventare vivida espressione della stessa carità; e Cristo Signore volle
che esse fossero segni della sua missione messianica (cfr. Mt
11,4-5).
Il più grande dei comandamenti della legge è amare Dio con tutto il
cuore e il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22,37-40). Cristo ha
fatto proprio questo precetto della carità verso il prossimo e lo ha
arricchito di un nuovo significato, avendo identificato se stesso con i
fratelli come oggetto della carità e dicendo: « Ogni volta che voi avete
fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l'avete fatto a me » (Mt 25,40). Egli infatti, assumendo la
natura umana, ha legato a sé come sua famiglia tutto il genere umano in
una solidarietà soprannaturale ed ha stabilito che la carità fosse il
distintivo dei suoi discepoli con le parole: «Da questo conosceranno
tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri
» (Gv 13,35).
La santa Chiesa, come fin dalle sue prime origini, unendo insieme
l'«agape» con la cena eucaristica, si manifestava tutta unita nel
vincolo della carità attorno a Cristo, così, in ogni tempo, si riconosce
da questo contrassegno della carità, e mentre gode delle iniziative
altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto
inalienabile. Perciò la misericordia verso i poveri e gli infermi con le
cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare
ogni umano bisogno, sono da essa tenute in particolare onore (13).
Oggi che i mezzi di comunicazione sono divenuti più rapidi, le
distanze tra gli uomini quasi eliminate e gli abitanti di tutto il mondo
resi membri quasi di una unica famiglia, tali attività ed opere sono
divenute molto più urgenti e devono prendere di più le dimensioni
dell'universo. L'azione caritativa ora può e deve abbracciare tutti
assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità. Ovunque vi è chi
manca di cibo, di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro,
di istruzione, dei mezzi necessari per condurre una vita veramente
umana, ovunque vi è chi afflitto da tribolazioni e da malferma salute,
chi soffre l'esilio o il carcere, la carità cristiana deve cercarli e
trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo loro
aiuto. E quest'obbligo si impone prima di tutto ai singoli uomini e
popoli che vivono nella prosperità (14).
Affinché tale esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni
critica e appaia come tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio
secondo cui è stato creato, e Cristo Signore, al quale veramente è
donato quanto si dà al bisognoso; si abbia estremamente riguardo della
libertà e della dignità della persona che riceve l'aiuto; la purità di
intenzione non macchiata da ricerca alcuna della propria utilità o
desiderio di dominio (15); siano anzitutto adempiuti gli obblighi di
giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò che è
già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti
ma anche le cause dei mali; l'aiuto sia regolato in t modo che coloro i
quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza
altrui e diventi sufficienti a se stessi.
I laici dunque abbiano in grande stima e sostengano, nella misura
delle proprie forze, le opere caritative e le iniziative di « assistenza
sociale », private pubbliche, anche internazionali, con cui si porta
aiuto efficace agli individui e ai popoli che si trovano nel bisogno, e
in ciò collaborino con tutti gli uomini di buona volontà (16).
CAPITOLO III
VARI CAMPI DI APOSTOLATO
Introduzione
9. I laici esercitano il loro multiforme apostolato tanto nella
Chiesa che nel mondo. Su questo duplice fronte si aprono svariati campi
di attività apostolica di cui ricordiamo i principali. Essi sono: le
comunità ecclesiali, la famiglia, i giovani, l'ambiente sociale,
l'ordine nazionale e internazionale. Siccome poi ai nostri giorni le
donne prendono parte sempre più attiva a tutta la vita sociale, è di
grande importanza una loro più larga partecipazione anche nei vari campi
dell'apostolato della Chiesa.
Le comunità ecclesiali
10. Come partecipi della missione di Cristo sacerdote, profeta e re,
i laici hanno la loro parte attiva nella vita e nell'azione della
Chiesa. All'interno delle comunità ecclesiali la loro azione è talmente
necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può
per lo più ottenere il suo pieno effetto. Infatti i laici che hanno
davvero spirito apostolico, ad esempio di quegli uomini e di quelle
donne che aiutavano Paolo nella diffusione del Vangelo (cfr. At
18,18-26; Rm 16,3), suppliscono a quello che manca ai loro
fratelli e confortano cosi sia i pastori, sia gli altri membri del
popolo fedele (cfr. 1 Cor 16,17-18). Nutriti dall'attiva
partecipazione alla vita liturgica della propria comunità, partecipano
con sollecitudine alle sue opere apostoliche; conducono alla Chiesa gli
uomini che forse ne vivono lontani; cooperano con dedizione generosa nel
comunicare la parola di Dio, specialmente mediante l'insegnamento del
catechismo; rendono più efficace la cura delle anime ed anche
l'amministrazione dei beni della Chiesa, mettendo a disposizione la loro
competenza.
La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario,
fondendo insieme tutte le diversità umane che vi si trovano e
inserendole nell'universalità della Chiesa (17). I laici si abituino ad
agire nella parrocchia in stretta unione con i loro sacerdoti (18)
apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del
mondo, nonché le questioni concernenti la salvezza degli uomini, perché
siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; diano, secondo le
proprie possibilità, il loro contributo a ogni iniziativa apostolica e
missionaria della propria famiglia ecclesiale.
Coltivino costantemente il senso della diocesi, di cui la parrocchia
è come la cellula, pronti sempre, all'invito del loro pastore, ad unire
le proprie forze alle iniziative diocesane. Anzi, per venire incontro
alle necessità delle città e delle zone rurali (19) non limitino la
propria cooperazione entro i confini della parrocchia e della diocesi,
ma procurino di allargarla all'ambito interparrocchiale, interdiocesano,
nazionale o internazionale, tanto più che il crescente spostamento delle
popolazioni, lo sviluppo delle mutue relazioni, la facilità delle
comunicazioni, non consentono più ad alcuna parte della società di
rimanere chiusa in se stessa. Anzitutto facciano proprie le opere
missionarie, fornendo aiuti materiali o anche personali. È infatti un
dovere e un onore per i cristiani restituire a Dio parte dei beni da lui
ricevuti.
La famiglia
11. Poiché il Creatore di tutte le cose ha costituito il matrimonio
quale principio e fondamento dell'umana società e, con la sua grazia,
l'ha reso sacramento grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa (cfr.
Ef 5,32), l'apostolato dei coniugi e delle famiglie acquista una
singolare importanza sia per la Chiesa sia per la società civile.
I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della
fede l'uno per l'altro, nei confronti dei figli e di tutti gli altri
familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro
figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e con
l'esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e
favoriscono con ogni diligenza la sacra vocazione eventualmente in essi
scoperta.
Sono sempre stati doveri dei coniugi, ed oggi sono la parte
principale del loro apostolato:
a) manifestare e comprovare, con l'esempio della propria vita,
l'indissolubilità e la santità del vincolo matrimoniale;
b) affermare con fortezza il diritto e il dovere che spetta per
natura ai genitori e ai tutori di educare cristianamente la prole;
c) difendere la dignità e la legittima autonomia della famiglia. Essi
dunque e gli altri fedeli collaborino con gli uomini di buona volontà,
affinché nella legislazione civile siano sanciti e difesi questi sacri
diritti; perché nel governo della società si tenga conto delle esigenze
familiari per quanto riguarda l'alloggio, l'educazione dei fanciulli, le
condizioni di lavoro, la sicurezza sociale e gli oneri fiscali; nella
regolamentazione dell'emigrazione si salvaguardi nel modo più assoluto
la convivenza della famiglia (20).
La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la cellula prima
e vitale della società. E essa adempirà tale missione se, mediante il
mutuo affetto dei membri e la preghiera elevata a Dio in comune, si
mostrerà come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia
si inserirà nel culto liturgico della Chiesa; se infine praticherà una
fattiva ospitalità e se promuoverà la giustizia e le buone opere a
servizio di tutti i fratelli che si trovano in necessità.
Fra le svariate opere dell'apostolato familiare, ci sia concesso
enumerare le seguenti: adottare come figli i bambini abbandonati,
accogliere con benevolenza i forestieri, dare il proprio contributo
nella direzione delle scuole, consigliare e aiutare gli adolescenti,
aiutare i fidanzati a prepararsi meglio al matrimonio, collaborare alle
opere catechistiche, sostenere i coniugi e le famiglie nelle loro
difficoltà materiali e morali, provvedere ai vecchi non solo
l'indispensabile, ma anche renderli partecipi equamente dei frutti del
progresso economico.
Le famiglie cristiane le quali in tutta la loro vita si mostrano
coerenti con il Vangelo e mostrano con l'esempio cosa sia il matrimonio
cristiano, offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana,
sempre e dovunque, ma in modo speciale nelle regioni in cui viene
annunziato per la prima volta il Vangelo, oppure la Chiesa si trova
tuttora nei suoi inizi o urta contro gravi ostacoli (21).
Affinché possano raggiungere più facilmente le finalità del loro
apostolato, può essere opportuno che le famiglie si uniscano in qualche
associazione (22).
I giovani
12. I giovani esercitano un influsso di somma importanza nella
società odierna (23). Le circostanze della loro vita, la mentalità e gli
stessi rapporti con la propria famiglia sono grandemente mutati. Essi
passano spesso troppo rapidamente ad una nuova condizione sociale ed
economica. Mentre cresce sempre più la loro importanza sociale ed anche
politica, appaiono quasi impari ad affrontare adeguatamente i loro nuovi
compiti.
L'accresciuto loro peso nella società esige da essi una
corrispondente attività apostolica; del resto lo stesso carattere
naturale li dispone a questo. Col maturare della coscienza della propria
personalità, spinti dall'ardore della vita e dalla loro esuberanza,
assumono le proprie responsabilità e desiderano prendere il loro posto
nella vita sociale e culturale: zelo questo che, se è impregnato dallo
spirito di Cristo e animato da obbedienza ed amore verso i pastori della
Chiesa, fa sperare abbondantissimi frutti. I giovani debbono divenire i
primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi
l'apostolato fra di loro, tenendo conto dell'ambiente sociale in cui
vivono (24).
Gli adulti procurino d'instaurare con i giovani un dialogo amichevole
passando sopra la distanza dell'età, di conoscersi reciprocamente e di
comunicarsi reciprocamente le proprie ricchezze interiori. Stimolino i
giovani all'apostolato anzitutto con l'esempio, e, all occasione, con un
prudente consiglio e con un valido aiuto. I giovani nutrano rispetto e
fiducia verso gli adulti; quantunque siano inclinati naturalmente alle
novità, apprezzino come meritano le buone tradizioni.
Anche i fanciulli hanno la loro attività apostolica. Secondo le
proprie forze sono veri testimoni viventi di Cristo tra i compagni.
L'ambiente sociale
13. L'apostolato dell'ambiente sociale, cioè l'impegno nel permeare
di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture
della comunità in cui uno vive, è un compito e un obbligo talmente
proprio dei laici, che nessun altro può mai debitamente compierlo al
loro posto. In questo campo i laici possono esercitare l'apostolato del
simile verso il simile. Qui completano la testimonianza della vita con
la testimonianza della parola (25). Qui nel campo del lavoro, della
professione, dello studio, dell'abitazione, del tempo libero o delle
associazioni sono i più adatti ad aiutare i propri fratelli.
I laici adempiono tale missione della Chiesa nel mondo:
a) anzitutto nella coerenza della vita con la fede, mediante la quale
diventano luce del mondo, e con la loro onestà in qualsiasi affare, con
la quale attraggono tutti all'amore del vero e del bene, e in definitiva
a Cristo e alla Chiesa;
b) con la carità fraterna, con cui diventano partecipi delle
condizioni di vita, di lavoro, dei dolori e delle aspirazioni dei
fratelli e dispongono a poco a poco il cuore di tutti alla salutare
azione della grazia;
c) con la piena coscienza della propria responsabilità
nell'edificazione della società, per cui si sforzano di svolgere la
propria attività domestica, sociale, professionale con cristiana
magnanimità. Così il loro modo d'agire penetra un po' alla volta
l'ambiente di vita e di lavoro.
Questo apostolato deve abbracciare tutti quelli che vivono nel
proprio raggio di azione e non escludere alcun bene spirituale o
temporale realizzabile. Ma i veri apostoli non si accontentano soltanto
di questa azione, bensì cercano di annunziare Cristo al prossimo anche
con la parola. Molti uomini non possono udire il Vangelo e conoscere
Cristo, se non per mezzo dei laici che stan loro vicino.
L'ordine nazionale e internazionale
14. Immenso è il campo di apostolato che si apre nell'ordine
nazionale e internazionale, dove sono specialmente i laici a essere
ministri della sapienza cristiana. Animati dall'amore di patria e nel
fedele adempimento dei doveri civici, i cattolici si sentano obbligati a
promuovere il vero bene comune e facciano valere il peso della propria
opinione in maniera tale che il potere civile venga esercitato secondo
giustizia e le leggi corrispondano ai precetti morali e al bene comune.
I cattolici esperti in politica e, come è naturale, saldamente ancorati
alla fede e alla dottrina cristiana, non ricusino le cariche pubbliche,
potendo mediante una buona amministrazione provvedere al bene comune e
al tempo stesso aprire la via al Vangelo.
Si sforzino i cattolici di collaborare con tutti gli uomini di buona
volontà nel promuovere tutto ciò che è vero, tutto ciò che è giusto,
tutto ciò che è santo, tutto ciò che è amabile (cfr. Fil 4,8).
Entrino in dialogo con essi, andando loro incontro con prudenza e
gentilezza e promuovano indagini circa le istituzioni sociali e
pubbliche per portarle a perfezione secondo lo spirito del Vangelo.
Tra i segni del nostro tempo è degno di speciale menzione il
crescente e inarrestabile senso di solidarietà di tutti i popoli, che è
compito dell'apostolato dei laici promuovere con sollecitudine e
trasformare in sincero e autentico affetto fraterno. I laici inoltre
debbono prendere coscienza del campo internazionale e delle questioni e
soluzioni sia dottrinali sia pratiche che sorgono in esso, specialmente
per quanto riguarda i popoli in via di sviluppo.
Rammentino tutti coloro che lavorano in altre nazioni o danno ad esse
aiuto, che le relazioni fra i popoli devono essere un vero scambio
fraterno, in cui l'una e l'altra parte simultaneamente dà e riceve.
Coloro poi che viaggiano per ragioni di impegni internazionali o di
affari o di divertimento, si ricordino che essi sono dovunque anche
degli araldi itineranti di Cristo, e come tali si comportino davvero
(26).
CAPITOLO IV
VARI MODI DI APOSTOLATO
Introduzione
15. I laici possono esercitare l'attività apostolica o
individualmente o uniti in varie comunità e associazioni.
Importanza e molteplicità dell'apostolato individuale
16. L'apostolato che ciascuno deve esercitare personalmente,
sgorgando in misura abbondante dalla fonte di una vita veramente
cristiana (Gv 4,14), è la prima forma e la condizione di ogni
altro apostolato dei laici, anche di quello associato ed è
insostituibile.
A tale apostolato, sempre e dovunque proficuo, anzi in certe
circostanze l'unico adatto e possibile, sono chiamati e obbligati tutti
i laici, di qualsiasi condizione, ancorché non abbiano l'occasione o la
possibilità di collaborare nelle associazioni.
Molte sono le forme di apostolato con cui i laici edificano la Chiesa
e santificano il mondo animandolo in Cristo.
Una forma particolare di apostolato individuale e segno adattissimo
anche ai nostri tempi a manifestare il Cristo vivente nei suoi fedeli, è
la testimonianza di tutta la vita laicale, promanante dalla fede, dalla
speranza e dalla carità. Con l'apostolato poi della parola, in alcuni
casi del tutto necessario, i laici annunziano Cristo, spiegano e
diffondono la sua dottrina secondo la propria condizione e capacità e
fedelmente la professano.
Collaborando inoltre, come cittadini di questo mondo, in ciò che
riguarda la costruzione e la gestione dell'ordine temporale, i laici
devono perseguire nella vita familiare, professionale, culturale e
sociale, alla luce della fede, ancor più alti motivi dell'agire e,
presentandosi l'occasione, farli conoscere agli altri, consapevoli di
rendersi così collaboratori di Dio creatore, redentore e santificatore e
di glorificarlo.
Infine i laici animino la propria vita con la carità e l'esprimano
con le opere, secondo le proprie possibilità.
Si ricordino tutti che, con il culto pubblico e la preghiera, con la
penitenza e la spontanea accettazione delle fatiche e delle pene della
vita, con cui si conformano a Cristo sofferente (cfr. 2 Cor 4,10;
Col 1,24), essi possono raggiungere tutti gli uomini e
contribuire alla salvezza di tutto il mondo.
L'apostolato individuale in particolari circostanze
17. Questo apostolato individuale è di grande necessità e urgenza in
quelle regioni in cui la libertà della Chiesa è gravemente impedita. In
tali difficilissime circostanze i laici, sostituendo come possono i
sacerdoti, mettendo in pericolo la propria libertà e talvolta anche la
vita, insegnano la dottrina cristiana a coloro cui vivono vicino, li
formano alla vita religiosa e allo spirito cattolico, li inducono a
ricevere con frequenza i sacramenti e a coltivare la pietà, soprattutto
quella eucaristica (27). Il sacro Concilio, mentre di tutto cuore
ringrazia Dio che anche nella nostra epoca, non manca di suscitare laici
di eroica fortezza in mezzo alle persecuzioni, li abbraccia con paterno
affetto e con riconoscenza.
L'apostolato individuale ha luogo particolarmente in quelle regioni
dove i cattolici sono pochi e dispersi. Ivi i laici, che solo
individualmente possono esercitare l'apostolato, sia per i motivi
suddetti, sia per speciali ragioni derivanti anche dalla loro attività
professionale, opportunamente a tempo e luogo si radunano insieme in
piccoli gruppi per scambiarsi le idee senza alcuna rigida formula di
istituzione od organizzazione, in maniera che questo apparisca sempre
come segno della comunità della Chiesa di fronte agli altri e quale vera
testimonianza di amore. In questo modo, con l'amicizia e lo scambio di
esperienze, aiutandosi a vicenda spiritualmente, si fortificano per
superare i disagi di una vita e di una attività troppo isolate e per
produrre frutti sempre più abbondanti di apostolato.
Importanza dell'apostolato organizzato
18. I fedeli sono dunque chiamati ad esercitare l'apostolato
individuale nelle diverse condizioni della loro vita; tuttavia ricordino
che l'uomo, per natura sua, è sociale e che piacque a Dio di riunire i
credenti in Cristo per farne il popolo di Dio (cfr. 1 Pt 2,5-10)
e un unico corpo (cfr. 1 Cor 12,12). Quindi l'apostolato
associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei
fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e
dell'unità della Chiesa in Cristo che disse: « Dove sono due o tre
riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20).
Perciò i fedeli esercitino il loro apostolato accordandosi su uno
stesso fine (28). Siano apostoli tanto nelle proprie comunità familiari,
quanto in quelle parrocchiali e diocesane, che già sono esse stesse
espressione del carattere comunitario dell'apostolato, e in quelle
libere istituzioni nelle quali si vorranno riunire.
L'apostolato associato è di grande importanza anche perché sia nelle
comunità ecclesiali, sia nei vari ambienti, spesso richiede di essere
esercitato con azione comune. Infatti le associazioni erette per
un'attività apostolica in comune sono di sostegno ai propri membri e li
formano all'apostolato, ordinano e guidano la loro azione apostolica,
così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i
singoli operassero separatamente.
Nelle attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che
nell'ambiente di lavoro dei laici sia rafforzata la forma di apostolato
associata e organizzata, poiché solo la stretta unione delle forze è in
grado di raggiungere pienamente tutte le finalità dell'apostolato
odierno e di difenderne validamente i frutti (29). In questo campo è
cosa particolarmente importante che l'apostolato incida anche sulla
mentalità generale e sulle condizioni sociali di coloro ai quali si
rivolge; altrimenti i laici saranno spesso impari a sostenere la
pressione sia della pubblica opinione sia delle istituzioni.
Molteplicità di forme dell'apostolato associato
19. Grande è la varietà delle associazioni apostoliche alcune si
propongono il fine apostolico generale della Chiesa (30); altre in
particolare il fine dell'evangelizzazione e della santificazione; altre
attendono ai fini dell'animazione cristiana dell'ordine delle realtà
temporali; altre rendono in modo speciale testimonianza a Cristo con le
opere di misericordia e di carità.
Tra queste associazioni vanno considerate in primo luogo quelle che
favoriscono e rafforzano una più intima unità tra la vita pratica dei
membri e la loro fede. Le associazioni non sono fine a se stesse, ma
devono servire a compiere la missione della Chiesa nei riguardi del
mondo: la loro incidenza apostolica dipende dalla conformità con le
finalità della Chiesa, nonché dalla testimonianza cristiana e dallo
spirito evangelico dei singoli membri e di tutta l'associazione.
Inoltre la missione universale della Chiesa, in considerazione del
progresso delle istituzioni e sotto la spinta del rapido evolversi della
società odierna, richiede che le iniziative apostoliche dei cattolici
perfezionino sempre più le forme associate in campo internazionale. Le
organizzazioni internazionali cattoliche raggiungono meglio il proprio
fine, se le associazioni che ne fanno parte e i loro membri sono più
intimamente uniti ad esse.
Salvo il dovuto legame con l'autorità ecclesiastica (31) i laici
hanno il diritto di creare associazioni e guidarle (32), e di aderire a
quelle già esistenti. Occorre tuttavia evitare la dispersione delle
forze che si ha allorché si promuovono nuove associazioni e opere senza
motivo sufficiente, o si mantengono in vita, più del necessario,
associazioni o metodi invecchiati; né sarà sempre opportuno che forme
istituite in una nazione vengano portate indiscriminatamente in altre
(33).
L'Azione cattolica
20. Da diversi decenni i laici sono andati consacrandosi sempre più
all'apostolato in molte nazioni e si sono raccolti in forme varie di
attività e di associazioni che, in unione particolarmente stretta con la
gerarchia, si sono occupate e si occupano di fini propriamente
apostolici. Tra queste o anche altre simili del passato, sono
soprattutto da ricordare quelle che, pur seguendo diversi metodi, hanno
prodotto abbondantissimi frutti nel regno di Cristo e, meritatamente
raccomandate e promosse dai romani Pontefici e da molti vescovi, hanno
avuto da essi il nome di Azione cattolica e spessissimo sono state
descritte come collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico (34).
Queste forme di apostolato, si chiamino esse Azione cattolica o con
altro nome, esercitano oggi un apostolato prezioso. Esse sono costituite
dal concorso delle seguenti note caratteristiche prese tutte insieme:
a) Fine immediato di tali organizzazioni è il fine apostolico
della Chiesa, cioè l'evangelizzazione e la santificazione degli
uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo che
riescano ad impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e
i vari ambienti.
b) I laici, collaborando con la gerarchia secondo il modo loro
proprio, portano la loro esperienza e assumono la loro
responsabilità nel dirigere tali organizzazioni, nel ponderare le
circostanze in cui si deve esercitare l'azione pastorale della
Chiesa e nella elaborazione ed esecuzione del loro programma di
azione.
c) I laici agiscono uniti a guisa di corpo organico, affinché sia
meglio espressa la comunità della Chiesa e l'apostolato riesca più
efficace.
d) Questi laici, sia che si offrano spontaneamente, o siano
invitati all'azione e alla cooperazione diretta con l'apostolato
gerarchico, agiscono sotto la superiore direzione della gerarchia
medesima, la quale può sancire tale cooperazione anche per mezzo di
un « mandato » esplicito.
Le organizzazioni in cui, a giudizio della gerarchia, si trovano
tutte insieme queste note, si devono ritenere Azione cattolica, anche
se, per esigenze di luoghi e di popoli, prendono varie forme e nomi. Il
sacro Concilio raccomanda vivamente queste istituzioni, che certamente
in molti paesi rispondono alle necessità dell'apostolato della Chiesa;
invita i sacerdoti e i laici che lavorano in esse a tradurre sempre più
in atto le note sopra ricordate e a cooperare sempre fraternamente nella
Chiesa con tutte le altre forme di apostolato.
Stima delle associazioni
21. Occorre stimare nel modo giusto tutte le associazioni di
apostolato; quelle poi che la gerarchia secondo le necessità dei tempi e
dei luoghi, ha lodato o raccomandato o ha deciso di istituire come più
urgenti, vanno tenute in somma considerazione da sacerdoti, dai
religiosi e dai laici e promosse secondo la natura propria di ciascuna
di esse. Tra queste, soprattutto oggi, vanno certamente annoverate le
associazioni e i gruppi internazionali dei cattolici.
I laici dediti al servizio della Chiesa a titolo speciale
22. Nella Chiesa sono degni di particolare onore e di raccomandazione
quei laici, celibi o uniti in matrimonio, che si consacrano in perpetuo
o temporaneamente al servizio delle istituzioni e delle loro opere con
la propria competenza professionale. È per essa di grande gioia veder
crescere sempre più il numero dei laici che offrono il proprio servizio
alle associazioni e alle opere di apostolato, sia dentro i limiti della
propria nazione, sia in campo internazionale, sia soprattutto nelle
comunità cattoliche delle missioni e delle Chiese nascenti.
I pastori della Chiesa accolgano volentieri e con animo grato tali
laici, procurino che la loro condizione soddisfi nella misura migliore
possibile alle esigenze della giustizia, dell'equità e della carità,
soprattutto in merito all'onesto sostentamento loro e della famiglia, e
che essi godano della necessaria formazione, di conforto e di stimoli
spirituali.
CAPITOLO V
L'ORDINE DA OSSERVARE NELL'APOSTOLATO
Introduzione
23. L'apostolato dei laici, sia esso esercitato dai singoli che dai
cristiani consociati, dev'essere inserito, con il debito ordine,
nell'apostolato di tutta la Chiesa; anzi l'unione con coloro che lo
Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa di Dio (cfr. At 20,28)
è un elemento essenziale dell'apostolato cristiano. Non meno necessaria
è la collaborazione tra le varie iniziative di apostolato, che deve
essere convenientemente predisposta dalla gerarchia.
Infatti, per promuovere lo spirito di unione, affinché in tutto
l'apostolato della Chiesa splenda la carità fraterna, si raggiungano le
comuni finalità e siano evitate dannose rivalità, si richiede una stima
vicendevole fra tutte le forme di apostolato nella Chiesa e un
conveniente coordinamento, nel rispetto della natura propria di ciascuna
(35). Ciò è sommamente conveniente quando una determinata attività nella
Chiesa richiede l'armonia e la cooperazione apostolica dell'uno e
dell'altro clero, dei religiosi e dei laici.
Rapporti con la gerarchia
24. Spetta alla gerarchia promuovere l'apostolato dei laici, fornire
i principi e gli aiuti spirituali, ordinare l'esercizio dell'apostolato
medesimo al bene comune della Chiesa, vigilare affinché la dottrina e le
disposizioni fondamentali siano rispettate.
L'apostolato dei laici ammette certamente vari tipi di rapporti con
la gerarchia, secondo le svariate forme e diversi scopi dell'apostolato
stesso.
Sono molte infatti le iniziative apostoliche che vengono prese dalla
libera volontà dei laici e sono rette dal loro prudente criterio.
Mediante queste iniziative, in certe circostanze la missione della
Chiesa può essere meglio adempiuta; perciò esse vengono non di rado
lodate o raccomandate dalla gerarchia (36). Ma nessuna iniziativa
rivendichi a se stessa la denominazione di « cattolica », se non
interviene il consenso della legittima autorità ecclesiastica.
Alcune forme di apostolato dei laici vengono espressamente
riconosciute dalla gerarchia in maniere diverse. L'autorità
ecclesiastica, per il bene comune della Chiesa, può inoltre scegliere e
promuovere in modo particolare alcune associazioni e iniziative aventi
finalità immediatamente spirituali, per le quali assume una speciale
responsabilità. Così la gerarchia, ordinando in diverse maniere
l'apostolato secondo le circostanze, unisce più strettamente alcune
forme di esso alla sua missione apostolica, rispettando tuttavia la
natura propria e la distinzione dell'una e dell'altra, senza per questo
togliere ai laici la necessaria facoltà di agire di propria iniziativa.
Questo atto della gerarchia prende in vari documenti ecclesiastici il
nome di « mandato ».
Infine la gerarchia affida ai laici alcuni compiti che sono più
intimamente collegati con i doveri dei pastori, e ciò sia
nell'esposizione della dottrina cristiana, sia in alcuni atti liturgici,
sia nella cura delle anime. In forza di tale missione, i laici,
nell'esercizio di questi compiti, sono pienamente soggetti alla
direzione del superiore ecclesiastico.
Nei confronti delle opere e istituzioni di ordine temporale, il
compito della gerarchia consiste nell'insegnare e interpretare
autenticamente i principi dell'ordine morale che devono essere seguiti
nelle cose temporali; inoltre è in suo potere giudicare, tutto ben
considerato e servendosi dell'aiuto di esperti, della conformità di tali
opere e istituzioni con i principi morali, e stabilire quali cose sono
necessarie per custodire e promuovere i beni di ordine soprannaturale.
L'aiuto che il clero deve dare all'apostolato dei laici
25. Ricordino i vescovi, i parroci e gli altri sacerdoti dell'uno e
dell'altro clero, che il diritto e il dovere di esercitare l'apostolato
è comune a tutti i fedeli, sia chierici sia laici, e che anche i laici
hanno compiti propri nell'edificazione della Chiesa (37). Perciò
lavorino fraternamente con i laici nella Chiesa e per la Chiesa, ed
abbiano una cura speciale dei laici nel loro lavoro apostolico (38).
Si scelgano con diligenza sacerdoti dotati delle qualità necessarie e
convenientemente formati per aiutare i laici in speciali forme di
apostolato (39). Coloro che si dedicano a questo ministero, una volta
ricevuta la missione dalla gerarchia, la rappresentano nella loro azione
pastorale: favoriscano le opportune relazioni dei laici con la gerarchia
stessa, sempre aderendo fedelmente allo spirito e alla dottrina della
Chiesa; consacrino se stessi ad alimentare la vita spirituale e il senso
apostolico delle associazioni cattoliche ad essi affidate; le assistano
con il loro sapiente consiglio nella loro operosità apostolica e ne
favoriscano le iniziative; instaurando un continuo dialogo con i laici,
studino attentamente quali siano gli accorgimenti per rendere più
fruttuosa la loro azione apostolica; (40)promuovano lo spirito d'unione
nell'interno dell'associazione medesima, come pure fra essa e le altre.
I religiosi, infine, sia i frati che le suore, abbiano stima delle
opere apostoliche dei laici; secondo lo spirito e le regole dei loro
istituti, si dedichino volentieri a promuovere le opere dei laici
procurino di sostenere, aiutare, completare i compiti del sacerdote.
Alcuni strumenti per la mutua collaborazione
26. Nelle diocesi, per quanto è possibile, vi siano dei consigli che
aiutino il lavoro apostolico della Chiesa, sia nel campo
dell'evangelizzazione e della santificazione, sia in campo caritativo,
sociale, ecc., nei quali devono convenientemente collaborare clero,
religiosi e laici. Questi consigli potranno giovare alla mutua
coordinazione delle varie associazioni e iniziative dei laici, nel
rispetto dell'indole propria e dell'autonomia di ciascuna (41).
Consigli di tal genere vi siano pure, per quanto è possibile,
nell'ambito parrocchiale, interparrocchiale, interdiocesano, nonché a
livello nazionale e internazionale (42).
Sia costituito inoltre presso la santa Sede uno speciale segretariato
per il servizio e l'impulso dell'apostolato dei laici, come centro che,
con mezzi adatti fornisca notizie delle varie iniziative apostoliche dei
laici, istituisca ricerche intorno ai problemi che sorgono in questo
campo e assista con i suoi consigli la gerarchia e i laici nelle opere
apostoliche. In questo segretariato abbiano la parte loro i movimenti e
le iniziative dell'apostolato dei laici esistenti in tutto il mondo e,
con i laici, vi lavorino anche dei chierici e dei religiosi.
La collaborazione con gli altri cristiani e con i non cristiani
27. Il comune patrimonio evangelico, nonché il conseguente comune
dovere della testimonianza cristiana, raccomandano e spesso esigono la
collaborazione dei cattolici con gli altri cristiani, da attuarsi dai
singoli e dalle comunità ecclesiali, sia in singole attività, sia in
associazioni, nel campo nazionale e in quello internazionale (43). Anche
i comuni valori umani richiedono non di rado una simile cooperazione dei
cristiani che perseguono finalità apostoliche con coloro che non
professano il cristianesimo, ma riconoscono tali valori. Con questa
cooperazione (44) dinamica e prudente che è di grande importanza nelle
attività temporali, i laici danno testimonianza a Cristo, salvatore del
mondo, e all'unità della famiglia umana.
CAPITOLO VI
LA FORMAZIONE ALL'APOSTOLATO
Necessità della formazione all'apostolato
28. L'apostolato può raggiungere piena efficacia soltanto mediante
una multiforme e integrale formazione. Questa è richiesta non soltanto
dal continuo progresso spirituale e dottrinale del laico, ma anche dalle
varie circostanze di cose, di persone, di compiti a cui la sua attività
deve adattarsi. Questa formazione all'apostolato deve poggiare su quei
fondamenti che da questo sacro Concilio altrove sono stati affermati e
dichiarati (45). Oltre la formazione comune a tutti i cristiani, non
poche forme di apostolato esigono una formazione specifica e
particolare, a causa della varietà delle persone e delle circostanze.
Principi per la formazione dei laici all'apostolato
29. Poiché i laici hanno un modo proprio di partecipare alla missione
della Chiesa, la loro formazione apostolica presenta un carattere
speciale a motivo dell'indole secolare propria del laicato e della sua
particolare spiritualità.
La formazione all'apostolato suppone che i laici siano integralmente
formati dal punto di vista umano, secondo la personalità e le condizioni
di vita di ciascuno. Il laico, infatti, oltre a conoscere bene il mondo
contemporaneo, deve essere un membro ben inserito nel suo gruppo sociale
e nella sua cultura.
In primo luogo il laico impari ad adempiere la missione di Cristo e
della Chiesa vivendo anzitutto nella fede il divino mistero della
creazione e della redenzione, mosso dallo Spirito Santo che vivifica il
popolo di Dio e che spinge tutti gli uomini ad amare Dio Padre e in lui
il mondo e gli uomini. Questa formazione deve essere considerata come
fondamento e condizione di qualsiasi fruttuoso apostolato.
Oltre la formazione spirituale, è richiesta una solida preparazione
dottrinale e cioè teologica, etica, filosofica, secondo la diversità
dell'età, della condizione e delle attitudini. Né si trascuri
l'importanza della cultura generale unitamente alla formazione pratica e
tecnica. Per coltivare buone relazioni umane ne bisogna favorire i
genuini valori umani, anzitutto l'arte del convivere e del cooperare
fraternamente di instaurare il dialogo.
Ma poiché la formazione all'apostolato non può consistere nella sola
istruzione teorica, il laico, fin dall'inizio della sua formazione,
impari gradualmente e prudentemente a vedere tutto, a giudicare e a
agire nella luce della fede, a formare e a perfezionare se stesso con
gli altri mediante l'azione e ad entrare così attivamente nel servizio
della Chiesa (46). Questa formazione, che dev'essere sempre
ulteriormente perfezionata per la crescente maturazione della persona
umana e per l'evolversi dei problemi, richiede una conoscenza sempre più
approfondita e un'azione sempre più idonea. Nel soddisfare a tutte le
esigenze della formazione si abbia sempre dinanzi l'unità e l'integrità
della persona umana, al fine di preservare e accrescere la sua armonia e
il suo equilibrio.
In questo modo il laico si inserisce a fondo e fattivamente nella
stessa realtà dell'ordine temporale assume la sua parte in maniera
efficace in tutte le attività; allo stesso tempo quale membro vivo e
testimone della Chiesa, la rende presente ed operante in seno alle cose
temporali (47) .
Chi forma all'apostolato
30. La formazione all'apostolato ha inizio con la prima educazione
dei fanciulli. In modo speciale vengano iniziati all'apostolato gli
adolescenti e i giovani e li si permei di spirito apostolico. La
formazione deve essere perfezionata lungo tutta la vita a misura che lo
richiedono i nuovi compiti che si assumono. È chiaro dunque che coloro
ai quali spetta l'educazione cristiana sono anche tenuti al dovere della
formazione all'apostolato.
È compito dei genitori disporre nella famiglia i loro figli fin dalla
fanciullezza a riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini.
Insegnino loro gradualmente, specialmente con l'esempio, la
sollecitudine verso le necessità sia materiali che spirituali del
prossimo. Tutta la famiglia dunque, nella sua vita in comune, diventi
quasi un tirocinio di apostolato.
È necessario inoltre educare i fanciulli in modo che, oltrepassando i
confini della famiglia, aprano il loro animo alla vita delle comunità
sia ecclesiali che temporali. Vengano accolti nella locale comunità
parrocchiale in maniera tale che acquistino in essa la coscienza
d'essere membri vivi e attivi del popolo di Dio.
I sacerdoti poi, nella catechesi e nel ministero della parola, nella
direzione delle anime, come negli altri ministeri pastorali, abbiano
dinanzi agli occhi la formazione all'apostolato. Anche le scuole, i
collegi e gli altri istituti cattolici di educazione devono promuovere
nei giovani il senso cattolico e l'azione apostolica (48). Qualora
questa formazione manchi, o perché i giovani non frequentano tali scuole
o per altra causa, la curino con tanto maggiore impegno i genitori, i
pastori d'anime e le associazioni.
Gli insegnanti, poi, e gli educatori i quali con la loro vocazione e
il loro ufficio esercitano una eccellente forma di apostolato dei laici,
siano provveduti della necessaria dottrina e dell'arte pedagogica con
cui potranno impartire efficacemente questa formazione.
Parimenti i gruppi e le associazioni di laici che abbiano per scopo
l'apostolato in genere o altre finalità soprannaturali, secondo che il
loro fine e la loro possibilità lo comportano, debbono diligentemente e
assiduamente favorire la formazione all'apostolato. Essi sono spesso la
via ordinaria di un'adeguata formazione all'apostolato. In essi infatti
si dà simultaneamente una formazione dottrinale, spirituale e pratica. I
loro membri, riuniti in piccoli gruppi con i compagni e con gli amici,
valutano i metodi e i frutti della loro attività apostolica e
confrontano con il Vangelo il loro modo di vivere quotidiano.
Tale formazione va organizzata in modo da tener conto di tutto
l'apostolato dei laici, che deve essere esercitato non solo tra i gruppi
stessi delle associazioni, ma in ogni circostanza per tutta la vita,
specialmente professionale e sociale.
Anzi ognuno deve fattivamente prepararsi all'apostolato, cosa che
urge maggiormente nell'età adulta. Infatti con il progredire dell'età,
l'animo si apre meglio in modo che ciascuno può scoprire più
accuratamente i talenti con cui Dio ha arricchito la sua anima, ed
esercitare con maggiore efficacia quei carismi che gli sono stati
concessi dallo Spirito Santo, a bene dei suoi fratelli.
Adattare la formazione ai diversi tipi di apostolato
31. Le varie forme di apostolato richiedono pure una formazione
particolare adeguata.
a) Quanto all'apostolato per l'evangelizzazione e la
santificazione degli uomini, i laici debbono essere particolarmente
formati a stabilire il dialogo con gli altri, credenti o non
credenti, per annunziare a tutti il messaggio di Cristo (49). E
poiché nel tempo nostro il materialismo di vario tipo sta
diffondendosi largamente dovunque, anche in mezzo ai cattolici, i
laici non soltanto imparino con maggior diligenza la dottrina
cattolica, specialmente in quei punti nei quali la dottrina stessa
viene messa in questione, ma contro ogni forma di materialismo
offrano anche la testimonianza di una vita evangelica.
b) Quanto alla trasformazione cristiana dell'ordine
temporale, i laici siano istruiti sul vero significato e valore dei
beni temporali in se stessi e rispetto a tutte le finalità della
persona umana; si esercitino nel retto uso delle cose e
dell'organizzazione delle istituzioni, avendo sempre di mira il bene
comune secondo i principi della dottrina morale e sociale della
Chiesa. Assimilino soprattutto i principi della dottrina sociale e
le sue applicazioni, affinché si rendano capaci sia di collaborare,
per quanto loro spetta, al progresso della dottrina stessa, sia di
applicarla correttamente ai singoli casi (50).
c) Poiché le opere di carità e di misericordia
offrono una splendida testimonianza di vita cristiana, la formazione
apostolica deve portare pure all'esercizio di esse, affinché i
fedeli, fin dalla fanciullezza, imparino a immedesimarsi nelle
sofferenze dei fratelli e a soccorrerli generosamente quando versano
in necessità (51).
I sussidi
32. I laici consacrati all'apostolato hanno già a disposizione molti
sussidi, cioè convegni, congressi, ritiri, esercizi spirituali, incontri
frequenti, conferenze, libri, riviste per una più profonda conoscenza
della sacra Scrittura e della dottrina cattolica per nutrire la propria
vita spirituale, per conoscere le condizioni del mondo e per scoprire e
impiegare i metodi apostolici adatti (52).
I suddetti sussidi di formazione sono in funzione delle svariate
forme di apostolato negli ambienti in cui essere vengono esercitate. A
questo fine sono pure stati eretti centri o istituti superiori che hanno
già recato ottimi frutti. Questo sacro Concilio si rallegra per simili
iniziative già fiorenti in alcune parti è si augura che esse siano
promosse pure in altri posti, dove risultassero necessarie.
Si erigano inoltre centri di documentazione e di studio, non solo in
campo teologico, ma anche antropologico, psicologico, sociologico,
metodologico, per meglio sviluppare le attitudini dei laici, uomini e
donne, giovani e adulti, in tutti i campi di apostolato.
ESORTAZIONE FINALE
33. Il sacro Concilio scongiura perciò nel Signore tutti i laici a
rispondere volentieri, con generosità e con slancio alla voce di Cristo,
che in quest'ora li invita con maggiore insistenza, e all'impulso dello
Spirito Santo. In modo speciale sentano questo appello come rivolto a se
stessi i più giovani e l'accolgano con gioia e magnanimità.
È il Signore stesso infatti che ancora una volta per mezzo di questo
santo Sinodo invita tutti i laici ad unirsi sempre più intimamente a lui
e, sentendo come proprio tutto ciò che è di lui (cfr. Fil 2,5),
si associno alla sua missione salvifica.
È ancora lui che li manda in ogni città e in ogni luogo dove egli sta
per venire (cfr. Lc 10,1), affinché gli si offrano come
cooperatori nelle varie forme e modi dell'unico apostolato della Chiesa,
che deve continuamente adattarsi alle nuove necessità dei tempi,
lavorando sempre generosamente nell'opera del Signore, sapendo bene che
faticando nel Signore non faticano invano (cfr. 1 Cor 15,58).
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute
ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica
conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito
Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto è stato
così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.
Roma, presso San Pietro 18 novembre 1965.
Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica
Seguono le firme dei Padri.
SOSPENSIONE DELLA LEGGE
Il Beatissimo Padre ha stabilito la dilazione della legge, quanto
alle nuove leggi che sono contenute nel Decreto sull’Apostolato dei
laici ora promulgato, fino al 29 giugno 1966, cioè fino alla festa dei
Ss. Apostoli Pietro e Paolo dell’anno prossimo. Nel frattempo il Sommo
Pontefice emanerà le norme per l’applicazione di dette leggi.
† PERICLES FELICI
Arcivescovo tit. di Samosata
Segretario Generale del Ss. Concilio
Firme dei Padri
Io PAOLO Vescovo della Chiesa
Cattolica
† Ego IOSEPHUS titulo S. Ioannis ante Portam Latinam Presbyter
Cardinalis FRINGS, Archiepiscopus Coloniensis.
† Ego ERNESTUS titulo S. Sabinae Presbyter Cardinalis RUFFINI,
Archiepiscopus Panormitanus.
† Ego ANTONIUS titulo S. Laurentii in Panisperna Presbyter Cardinalis
CAGGIANO, Archiepiscopus Bonaërensis.
Ego PETRUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis CIRIACI.
† Ego MAURITIUS titulo S. Mariae de Pace Presbyter Cardinalis FELTIN,
Archiepiscopus Parisiensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Mariae de Victoria Presbyter Cardinalis
SIRI, Archiepiscopus Ianuensis.
† Ego IACOBUS titulo S. Mariae in Transpontina Presbyter Cardinalis
LERCARO, Archiepiscopus Bononiensis.
† Ego STEPHANUS titulo S. Mariae Trans Tiberim Presbyter Cardinalis
WYSZYNSKI, Archiepiscopus Gnesnensis et Varsaviensis, Primas Poloniae.
† Ego BENIAMINUS titulo S. Vitalis Presbyter Cardinalis DE ARRIBA Y
CASTRO, Archiepiscopus Tarraconensis.
† Ego FERDINANDUS titulo S. Augustini Presbyter Cardinalis QUIROGA Y
PALACIOS, Archiepiscopus Compostellanus.
† Ego PAULUS AEMILIUS titulo S. Mariae Angelorum in Thermis Presbyter
Cardinalis LEGER, Archiepiscopus Marianopolitanus.
† Ego VALERIANUS titulo S. Mariae in Via Lata Presbyter Cardinalis
GRACIAS, Archiepiscopus Bombayensis.
† Ego IOANNES titulo S. Marci Presbyter Cardinalis URBANI, Patriarcha
Venetiarum.
Ego IOSEPHUS titulo S. Priscae Presbyter Cardinalis DA COSTA NUNES.
Ego HILDEBRANDUS titulo S. Sebastiani ad Catacumbas Presbyter
Cardinalis ANTONIUTTI.
Ego EPHRAEM titulo S. Crucis in Hierusalem Presbyter Cardinalis
FORNI.
† Ego IOANNES titulo S. Mariae de Aracoeli Presbyter Cardinalis
LANDAZURI RICKETTS, Archiepiscopus Limanus, Primas Peruviae.
† Ego RADULFUS titulo S. Bernardi ad Thermas Presbyter Cardinalis
SILVA HENRIQUEZ, Archiepiscopus S. Iacobi in Chile.
† Ego LEO IOSEPHUS titulo S. Petri ad Vincula Presbyter Cardinalis
SUENENS, Archiepiscopus Mechliniensis-Bruxellensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Athanasii Presbyter Cardinalis SLIPYI,
Archiepiscopus Maior Ucrainorum.
† Ego LAURENTIUS titulo S. Leonis I Presbyter Cardinalis JAEGER,
Archiepiscopus Paderbornensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Crucis in via Flaminia Presbyter Cardinalis
BERAN, Archiepiscopus Pragensis.
† Ego MAURITIUS titulo D.nae N.ae de SS. Sacramento et Martyrum
Canadensium Presbyter Cardinalis ROY, Archiepiscopus Quebecensis, Primas
Canadiae.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Teresiae Presbyter Cardinalis MARTIN,
Archiepiscopus Rothomagensis.
† Ego AUDOËNUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis MCCANN,
Archiepiscopus Civitatis Capitis.
† Ego LEO STEPHANUS titulo S. Balbinae Presbyter Cardinalis DUVAL,
Archiepiscopus Algeriensis.
† Ego ERMENEGILDUS titulo Reginae Apostolorum Presbyter Cardinalis
FLORIT, Archiepiscopus Florentinus.
† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Petri et Pauli in via Ostiensi Presbyter
Cardinalis ŠEPER, Archiepiscopus Zagrabiensis.
† Ego IOANNES titulo S. Silvestri in Capite Presbyter Cardinalis
HEENAN, Archiepiscopus Vestmonasteriensis, Primas Angliae.
† Ego IOANNES titulo Ssmae Trinitatis in Monte Pincio Presbyter
Cardinalis VILLOT, Archiepiscopus Lugdunensis et Viennensis, Primas
Galliae.
† Ego ALBERTUS GORI, Patriarcha Hierosolymitanus Latinorum.
† Ego Paulus II Cheikho, Patriarcha Babylonensis Chaldaeorum.
† Ego IGNATIUS PETRUS XVI BATANIAN, Patriarcha Ciliciae Armenorum.
† Ego IOSEPHUS VIEIRA ALVERNAZ, Patriarcha Indiarum Orientalium.
† Ego IOANNES CAROLUS MCQUAID, Archiepiscopus Dublinensis, Primas
Hiberniae.
† Ego ANDREAS ROHRACHER, Archiepiscopus Salisburgensis, Primas
Germaniae.
† Ego DEMETRIUS MOSCATO, Archiepiscopus Primas Salernitanus et
Administrator Perpetuus Acernensis.
† Ego HUGO CAMOZZO, Archiepiscopus Pisanus et Primas Sardiniae et
Corsicae.
† Ego ALEXANDER TOKI , Archiepiscopus Antibarensis et Primas Serbiae.
† Ego MICHAEL DARIUS MIRANDA, Archiepiscopus Mexicanus, Primas
Mexici.
† Ego FRANCISCUS MARIA DA SILVA, Archiepiscopus Bracharensis, Primas
Hispaniarum.
† Ego PAULUS GOUYON, Archiepiscopus Rhedonensis, Primas Britanniae.
† Ego ANDREAS CESARANO, Archiepiscopus Sipontinus.
Sequuntur ceterae subsignationes.
Ita est.
† Ego PERICLES FELICI
Archiepiscopus tit. Samosatensis
Ss. Concilii Secretarius Generalis
† Ego IOSEPHUS ROSSI
Episcopus tit. Palmyrenus
Ss. Concilii Notarius
† Ego FRANCISCUS HANNIBAL FERRETTI
Ss. Concilii Notarius
DAGLI ATTI DEL
SS. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
NOTIFICAZIONE
Fatta dall’Ecc.mo Segretario Generale del Ss. Concilio
nella CLXXI Congregazione Generale
del 15 nov. 1965
È stato chiesto quale debba essere la qualificazione teologica della
dottrina che esposta nello Schema della Costituzione dogmatica sulla
Divina Rivelazione e viene sottoposta alla votazione.
Al quesito la Commissione Dottrinale rimanda alla sua Dichiarazione
del 6 marzo 1964, di cui qui trascriviamo il testo:
"Tenendo conto della procedura conciliare e della finalit pastorale
del presente Concilio, questo S. Sinodo definisce come vincolante per la
Chiesa soltanto quello che in materia di fede e di morale avr
apertamente dichiarato come tale.
Le altre cose che il S. Sinodo propone, in quanto dottrina del
Supremo Magistero della Chiesa, tutti e ciascun fedele devono
accoglierle e aderirvi secondo la mente dello stesso S. Sinodo, quale si
deduce sia dalla materia trattata sia dal tenore dell’espressione
verbale, secondo le norme dell’interpretazione teologica".
† PERICLES FELICI
Arcivescovo tit. di Samosata
Segretario Generale del SS. Concilio
NOTE
(1) Cf. GIOVANNI XXIII, Cost. Apost.
Humanae Salutis, 25 dic. 1961: AAS 54 (1962), pp. 7-10.
(2) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, nn. 33ss: AAS 57 (1965), pp. 39s [pag. 197ss];
cf. anche la Cost. dogm. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, nn. 26-40: AAS 56 (1964), pp. 107-111
[pag. 33ss]; cf. Decr. sugli strumenti di comunicazione sociale
Inter mirifica: AAS 56 (1964), pp. 145-153; cf. Decr.
sull’Ecumenismo,
Unitatis redintegratio: AAS 57 (1965), pp. 90-107; cf. Decr.
sulla missione Pastorale dei Vescovi nella Chiesa,
Christus Dominus, nn. 16, 17, 18 [pag. 365ss]; cf. Dichiarazione
sull’Educazione cristiana,
Gravissimum educationis, nn. 3, 5, 7 [pag. 485ss].
(3) Cf. PIO XII, Disc. ai Cardinali, 18 febb. 1946: AAS 38 (1946),
pp. 101-102; IDEM, Discorso ai Giovani Lavoratori Cattolici, 25 ag.
1957: AAS 49 (1957), p. 843.
(4) Cf. PIO XI, Encicl.
Rerum Ecclesiae: AAS 18 (1926), p. 65.
(5) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa,
Lumen Gentium, n. 31: AAS 57 (1965), p. 37 [pag. 193ss].
(6) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa,
Lumen Gentium, n. 33, p. 39 [pag. 197ss]; cf. anche n. 10, p. 14
[pag. 137ss].
(7) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa,
Lumen Gentium, n. 12, p. 16 [pag. 141ss].
(8) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium, cap. I, n. 11: AAS 56 (1964), pp.
102-103 [pag. 25].
(9) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 32: AAS 57 (1965), p. 38 [pag. 195ss]; cf.
anche nn. 40-41, pp. 45-47 [pag. 211ss].
(10) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa,
Lumen Gentium, n. 62, p. 63 [pag. 257ss]; cf. anche n. 65, pp.
64-65 [pag. 261ss].
(11) Cf. PIO XI, Encicl.
Ubi arcano, 23 dic. 1922: AAS 14 (1922), p. 659; PIO XII,
Encicl.
Summi Pontificatus, 20 ott. 1939: AAS 31 (1939), p. 442-443.
(12) Cf. LEONE XIII, Encicl.
Rerum Novarum: ASS 23 (1890-91), p. 647; PIO XI, Encicl.
Quadragesimo Anno: AAS 23 (1931), p. 190 [in parte Dz 3725]; PIO
XII, Messaggio radiofonico, 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 207.
(13) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. 402.
(14) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. 440-441.
(15) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp. 442-443.
(16) Cf. PIO XII, Disc. alla “Pax Romana M. I. I. C.”, 25 apr.
1957: AAS 49 (1957), pp. 208-209, e soprattutto GIOVANNI XXIII, Disc.
Ad Conventum Consilii “Food and Agriculture Organisation” (F.A.O.),
10 nov. 1959): AAS 51 (1959), pp. 856, 866.
(17) Cf. S. PIO X, Lett. Apost. Creationis duarum novarum
paroeciarum, 1° giugno 1905: ASS 38 (1905), pp. 65-67; PIO XII,
Disc. ai fedeli della Parrocchia di S. Saba, 11 genn. 1953: Discorsi
e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, 14, 1952-1953, pp. 449-454; GIOVANNI
XXIII, Disc. al Clero e ai fedeli della diocesi suburbicaria di
Albano, pronunziato a Castelgandolfo, 26 ag. 1962: AAS 54 (1962),
pp. 656-660.
(18) Cf. LEONE XIII, Disc., 28 genn. 1894: Acta 14 (1894), pp.
424-425.
(19) Cf. PIO XII, Disc. ai Parroci ecc., 6 febbr. 1951:
Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, 12 (1950-1951), pp. 437-443;
8 marzo 1952: ibid., 14 (1952-1953), pp. 5-10; 27 marzo 1953: ibid. 15
(1953-1954), pp. 27-35; 28 febbr. 1954: ibid., pp. 585-590.
(20) Cf. PIO XI, Encicl.
Casti Connubii: AAS 22 (1930), p. 554; PIO XII,
Messaggio radiofonico, 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 203;
IDEM, Ai Delegati al Congresso dell’Unione Internazionale per la
tutela dei diritti della famiglia, 20 sett. 1949: AAS 41 (1949), p.
552; IDEM, Ai padri di famiglia pellegrini a Roma dalla Francia,
18 sett. 1951: AAS 43 (1951), p. 731; IDEM, Messaggio radiofonico per il
Natale 1952: AAS 45 (1953), p. 41; GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. 429, 439.
(21) Cf. PIO XII, Encicl.
Evangelii Praecones, 2 giugno 1951: AAS 43 (1951), p. 514.
(22) Cf. PIO XII, Ai delegati al Congresso dell’Unione
Internazionale per la tutela dei diritti della famiglia, 20 sett.
1949: AAS 41 (1949), p. 552.
(23) Cf. S. PIO X, Disc. all’Associazione cattolica della Gioventù
Francese per la pietà, la scienza e l’azione, 25 sett. 1904: ASS 37
(1904-1905), pp. 296-300.
(24) Cf. PIO XII, Lett. Dans quelques semaines, all’Arcivescovo di
Montréal: sui congressi organizzati dai giovani operai cristiani
canadesi, 24 maggio 1947: AAS 39 (1947), p. 257; Messaggio
radiofonico alla J.O.C. di Bruxelles, 3 sett. 1950: AAS 42 (1950),
pp. 640-641.
(25) Cf. PIO XI, Encicl.
Quadragesimo Anno, 15 maggio 1931: AAS 23 (1931), pp. 225-226.
(26) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. 448-450.
(27) Cf. PIO XII, Disc. al I Congresso Mondiale per l’Apostolato
dei Laici, 14 ott. 1951: AAS 43 (1951), p. 788.
(28) Cf. PIO XII, Disc. al I Congresso Mondiale per l’Apostolato
dei Laici, 14 ott. 1951: AAS 43 (1951), pp. 787-788.
(29) Cf. PIO XII, Encicl.
Le pèlerinage de Lourdes, 2 luglio 1957: AAS 49 (1957), p. 615.
(30) Cf. PIO XII, Disc. al Consiglio della Federazione
Internazionale degli uomini cattolici, 8 dic. 1956: AAS 49 (1957),
pp. 26-27.
(31) Cf. sotto, cap. V, n. 24 [pag. 605s].
(32) Cf. S. C. DEL CONCILIO, Risoluzione Corrienten. 13 nov.
1920: AAS 13 (1921), p. 139.
(33) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Princeps Pastorum, 10 dic. 1959: AAS 51 (1959), p. 856.
(34) Cf. PIO XI, Lett. Quae nobis al Card. Bertram, 13 nov. 1928: AAS
20 (1928), p. 385. Cf. anche PIO XII,
Disc. all’A.C. Italiana, 4 sett. 1940: AAS 32 (1940), p. 362.
(35) Cf. PIO XI, Encicl.
Quamvis Nostra, 30 apr. 1936: AAS 28 (1936), pp. 160-161.
(36) Cf. S. C. DEL CONCILIO, Risoluzione Corrienten., 13 nov.
1920: AAS 13 (1921), pp. 137-140.
(37) Cf. PIO XII, Disc. al II Congresso Mondiale per l’Apostolato dei
Laici, 5 ott. 1957: AAS 49 (1957), p. 927.
(38) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].
(39) Cf. PIO XII, Esort. Apost.
Menti Nostrae, 23 sett. 1950: AAS 42 (1950), p. 660.
(40) Cf. CONC. VAT. II,
Decr. sul rinnovamento della vita religiosa, n. 8: [pag. 419ss].
(41) Cf. BENEDETTO XIV, De Synodo Dioecesana, l. III, c. IX,
n. VII-VIII: Opera omnia in tomos XVII distributa, tom. XI (Prati,
1844), pp. 76-77.
(42) Cf. PIO XI, Encicl.
Quamvis Nostra, 30 apr. 1936: AAS 28 (1936), pp. 160-161.
(43) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. 456-457.
Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo
Unitatis redintegratio, n. 12: AAS 57 (1965), pp. 99-100 [pag.
327ss].
(44) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo
Unitatis redintegratio, n. 12: AAS 57 (1965), p. 100 [pag.
327ss]. Cf. anche la Cost. dogm. sulla Chiesa,
Lumen Gentium, n. 15: AAS 57 (1965), pp. 19-2
(45) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, cap. II, IV, V: AAS 57 (1965), pp. 12-23, 37-49
[pag. 133ss, 193ss]; cf. anche il Decr. sull’Ecumenismo
Unitatis redintegratio, nn. 4, 6, 7, 12: AAS 57 (1965), pp. 94,
96, 97, 99, 100 [pag. 315ss, 321ss, 327ss]; cf. anche sopra, n. 4 [pag.
565ss].
(46) Cf. PIO XII, Disc. alla VI Conferenza internazionale dei “boyscouts”,
6 giugno 1952: AAS 44 (1952), pp. 579-580; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater
et magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 456.
(47) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen Gentium, n. 33: AAS 57 (1965), p. 39 [pag. 197ss].
(48) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 455.
(49) Cf. PIUS XII, Enc. Sertum laetitiae, 1 nov. 1939: AAS 31
(1939), pp. 635-644; cf. IDEM, Ai «laureati» Az. Cat. Ital. 24 maggio
1953.
(50) Cf. PIO XII, Disc. al Congresso Universale della Federazione
Mondiale della Gioventù Femminile Cattolica, 18 apr. 1952: AAS 44
(1952), pp. 414-419. Cf. IDEM, Disc. all’Associazione Cristiana dei
Lavoratori Italiani (A.C.L.I.), 1° maggio 1955: AAS 47 (1955), pp.
403-404.
(51) Cf. PIO XII, Ai Delegati del Congresso delle Associazioni di
Carità, 27 apr. 1952: AAS 44 (1952), pp. 470-471.
(52) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl.
Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 454.
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