PAOLO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO
A PERPETUA MEMORIA
DECRETO SUL RINNOVAMENTO
DELLA VITA RELIGIOSA
PERFECTAE CARITATIS
1. Il santo Concilio ha mostrato già in precedenza nella costituzione
«
Lumen Gentium », che il raggiungimento della carità perfetta per
mezzo dei consigli evangelici trae origine dalla dottrina e dagli esempi
del divino Maestro ed appare come un segno eccellente del regno dei
cieli. Ora lo stesso Concilio intende occuparsi della vita e della
disciplina di quegli istituti, i cui membri fanno professione di
castità, di povertà e di obbedienza, e provvedere alle loro necessità
secondo le odierne esigenze.
Fin dai primi tempi della Chiesa vi furono uomini e donne che per
mezzo della pratica dei consigli evangelici vollero seguire Cristo con
maggiore libertà ed imitarlo più da vicino, e condussero, ciascuno a
loro modo, una vita consacrata a Dio. Molti di essi, sotto l'impulso
dello Spirito Santo, vissero una vita solitaria o fondarono famiglie
religiose che la Chiesa con la sua autorità volentieri accolse ed
approvò. Cosicché per disegno divino si sviluppò una meravigliosa
varietà di comunità religiose, che molto ha contribuito a far sì che la
Chiesa non solo sia atta ad ogni opera buona e preparata al suo
ministero per l'edificazione del corpo di Cristo (cfr. Ef 4,12),
ma attraverso la varietà dei doni dei suoi figli appaia altresì come una
sposa adornata per il suo sposo (cfr. Ap 21,2), e per mezzo di
essa si manifesti la multiforme sapienza di Dio (cfr. Ef 3, 10).
In tanta varietà di doni, tutti coloro che, chiamati da Dio alla
pratica dei consigli evangelici, ne fanno fedelmente professione, si
consacrano in modo speciale al Signore, seguendo Cristo che, casto e
povero (cfr. Mt 8,20; Lc 9,58), redense e santificò gli
uomini con la sua obbedienza spinta fino alla morte di croce (cfr.
Fil 2,8). Così essi, animati dalla carità che lo Spirito Santo
infonde nei loro cuori (cfr. Rm 5,5) sempre più vivono per Cristo
e per il suo corpo che è la Chiesa (cfr. Col 1,24). Quanto più
fervorosamente, adunque, vengono uniti a Cristo con questa donazione di
sé che abbraccia tutta la vita, tanto più si arricchisce la vitalità
della Chiesa ed il suo apostolato diviene vigorosamente fecondo.
Affinché poi il superiore valore della vita consacrata per mezzo
della professione dei consigli evangelici, nonché la sua necessaria
funzione nelle presenti circostanze riescano di maggior vantaggio alla
Chiesa, questo sacro Concilio sancisce le seguenti norme, che riguardano
soltanto i principi generali del rinnovamento della vita e della
disciplina da attuarsi nelle famiglie religiose, come pure nelle società
di vita comune senza voti e negli istituti secolari, conservando ognuno
la propria fisionomia. Le norme particolari che riguardano la
esposizione e l'applicazione di questi principi saranno poi emanate
dalla competente autorità ecclesiastica dopo il Concilio.
Rinnovamento e adattamento
2. Il rinnovamento della vita religiosa comporta il continuo ritorno
alle fonti di ogni forma di vita cristiana e alla primitiva ispirazione
degli istituti, e nello stesso tempo l'adattamento degli istituti stessi
alle mutate condizioni dei tempi. Questo rinnovamento, sotto l'influsso
dello Spirito Santo e la guida della Chiesa, deve attuarsi secondo i
seguenti principi:
a) Essendo norma fondamentale della vita religiosa il seguire Cristo
come viene insegnato dal Vangelo, questa norma deve essere considerata
da tutti gli istituti come la loro regola suprema.
b) Torna a vantaggio della Chiesa stessa che gli istituti abbiano una
loro propria fisionomia ed una loro propria funzione. Perciò si
conoscano e si osservino fedelmente lo spirito e le finalità proprie dei
fondatori, come pure le sane tradizioni, poiché tutto ciò costituisce il
patrimonio di ciascun istituto.
c) Tutti gli istituti partecipino alla vita della Chiesa e secondo la
loro indole facciano propri e sostengano nella misura delle proprie
possibilità le sue iniziative e gli scopi che essa si propone di
raggiungere nei vari campi, come in quello biblico, liturgico,
dogmatico, pastorale, ecumenico, missionario e sociale.
d) Gli istituti procurino ai loro membri un'appropriata conoscenza
sia della condizione umana nella loro epoca, sia dei bisogni della
Chiesa, in modo che essi, sapendo rettamente giudicare le circostanze
attuali di questo mondo secondo i criteri della fede e ardendo di zelo
apostolico, siano in grado di giovare agli altri più efficacemente.
e) Essendo la vita religiosa innanzitutto ordinata a far sì che i
suoi membri seguano Cristo e si uniscano a Dio con la professione dei
consigli evangelici, bisogna tener ben presente che le migliori forme di
aggiornamento non potranno avere successo, se non saranno animate da un
rinnovamento spirituale. A questo spetta sempre il primo posto anche
nelle opere esterne di apostolato.
3. Il modo di vivere, di pregare e di agire deve convenientemente
adattarsi alle odierne condizioni fisiche e psichiche dei religiosi,
come pure, per quanto è richiesto dalla natura di ciascun istituto, alle
necessità dell'apostolato, alle esigenze della cultura, alle circostanze
sociali ed economiche; e ciò dovunque, ma specialmente nei luoghi di
missione. Anche il modo di governare deve essere sottoposto ad esame
secondo gli stessi criteri. Perciò le costituzioni, i « direttori », i
libri delle usanze, delle preghiere e delle cerimonie ed altre simili
raccolte siano convenientemente riesaminati e, soppresse le prescrizioni
che non sono più attuali, vengano modificati in base ai documenti
emanati da questo sacro Concilio.
4. Non è possibile procedere ad un rinnovamento efficace e a un vero
adattamento senza la collaborazione di tutti i membri dell'istituto. Ma
stabilire le norme dell'aggiornamento e fissarne le leggi, come pure
determinare un sufficiente e prudente periodo di prova, è compito che
spetta soltanto alle competenti autorità, soprattutto ai capitoli
generali, salva restando, quando sia necessaria, l'approvazione della
santa Sede o degli ordinari del luogo, a norma del diritto. I superiori
poi, in tutto ciò che riguarda le sorti dell'intero istituto, consultino
ed ascoltino come si conviene i membri. Per l'aggiornamento dei
monasteri femminili si potranno ottenere anche i voti e le consultazioni
delle adunanze delle federazioni o di altre riunioni legalmente
convocate. Tutti però devono tener presente che l'auspicato
rinnovamento, più che nel moltiplicare le leggi, è da riporsi in una più
coscienziosa osservanza della regola e delle costituzioni.
Elementi comuni a tutte le forme di vita religiosa
5. I membri di qualsiasi istituto ricordino anzi tutto di aver
risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli
evangelici, in modo che essi non solo morti al peccato (cfr. Rm 6,11),
ma rinunziando anche al mondo, vivano per Dio solo. Tutta la loro vita,
infatti, è stata posta al suo servizio, ciò costituisce una speciale
consacrazione che ha le sue profonde radici nella consacrazione
battesimale l'esprime con maggior pienezza. Avendo poi la Chiesa
ricevuto questa loro donazione di sé, sappiano di essere anche al
servizio della Chiesa. Tale servizio di Dio deve in essi stimolare e
favorire l'esercizio delle virtù, specialmente dell'umiltà e
dell'obbedienza, della fortezza e della castità, con cui si partecipa
all'annientamento del Cristo (cfr. Fil 2,7-8), e insieme alla sua
vita nello Spirito (cfr. Rm 8,1-13). I religiosi dunque, fedeli
alla loro professione, lasciando ogni cosa per amore di Cristo (cfr.
Mc 10,28), lo seguano (cfr. Mt 19,21) come l'unica cosa
necessaria (cfr. Lc 10,42), ascoltandone le parole (cfr. Lc
10,39), pieni di sollecitudine per le cose sue (cfr. 1 Cor 7,32).
Perciò è necessario che i membri di qualsiasi istituto, avendo di mira
unicamente e sopra ogni cosa Dio, uniscano la contemplazione, con cui
aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l'ardore apostolico, con
cui si sforzano di collaborare all'opera della redenzione e dilatare il
regno di Dio.
Primato della vita spirituale
6. Coloro che fanno professione dei consigli evangelici, prima di
ogni cosa cerchino ed amino Dio che ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv
4,10), e in tutte le circostanze si sforzino di alimentare la vita
nascosta con Cristo in Dio (cfr. Col 3,3), donde scaturisce e
riceve impulso l'amore del prossimo per la salvezza del mondo e
l'edificazione della Chiesa. Questa carità anima e guida anche la stessa
pratica dei consigli evangelici. Perciò i membri degli istituti
coltivino con assiduità lo spirito di preghiera e la preghiera stessa,
attingendoli dalle fonti genuine della spiritualità cristiana. In primo
luogo abbiano quotidianamente in mano la sacra Scrittura, affinché dalla
lettura e dalla meditazione dei libri sacri imparino « la sovreminente
scienza di Gesù Cristo » (Fil 3,8). Compiano le funzioni
liturgiche, soprattutto il sacrosanto mistero dell'eucaristia, pregando
secondo lo spirito della Chiesa col cuore e con le labbra, ed alimentino
presso questa ricchissima fonte la propria vita spirituale. In tal modo,
nutriti alla mensa della legge divina e del sacro altare, amino
fraternamente le membra di Cristo; con spirito filiale circondino di
riverenza e di affetto i pastori; sempre più intensamente vivano e
sentano con la Chiesa e si mettano a completo servizio della sua
missione.
La vita contemplativa
7. Gli istituti dediti interamente alla contemplazione, in modo tale
che i loro membri si occupano unicamente di Dio nella solitudine e nel
silenzio, i continua preghiera e intensa penitenza conservano sempre,
pur nella urgente necessità di apostolato attivo, un posto eminente nel
corpo mistico di Cristo in cui « nessun membro ha la stessa funzione » (Rm
12,4). Essi infatti offrono a Dio un eccellente sacrificio di lode; e
producendo frutti abbondantissimi di santità, sono di onore e di esempio
al popolo di Dio, cui danno incremento con una segreta fecondità
apostolica. In tal modo costituiscono una gloria per la Chiesa e una
sorgente di grazie celesti. Tuttavia il loro genere di vita sia riveduto
secondo i principi e i criteri di aggiornamento sopra indicati, nel
pieno rispetto della loro separazione dal mondo e degli esercizi propri
della vita contemplativa.
La vita attiva
8. Vi sono nella Chiesa moltissimi istituti, clericali o laicali,
dediti alle varie opere di apostolato. Essi hanno differenti doni
secondo la grazia che è stata loro data: chi ha il dono del ministero,
chi insegna, chi esorta, chi dispensa con liberalità, chi fa opere di
misericordia con gioia (cfr. Rm 12,5-8) « Vi è varietà di doni,
ma è lo stesso Spirito » (1 Cor 12,4). In questi istituti
l'azione apostolica e caritatevole rientra nella natura stessa della
vita religiosa, in quanto costituisce un ministero sacro e un'opera di
carità, che sono stati loro affidati dalla Chiesa e devono essere
esercitati in suo nome. Perciò tutta la vita religiosa dei membri sia
compenetrata di spirito apostolico, e tutta l'azione apostolica sia
animata da spirito religioso. Affinché dunque i religiosi corrispondano
in primo luogo alla loro vocazione che li chiama a seguire Cristo e
servano Cristo nelle sue membra, bisogna che la loro azione apostolica
si svolga in intima unione con lui. Con ciò viene alimentata la carità
stessa verso Dio e verso gli uomini. Perciò detti istituti adattino
convenientemente le loro osservanze e i loro usi alle esigenze
dell'apostolato cui si dedicano. Siccome poi molteplici sono le forme di
vita religiosa consacrata alle opere di apostolato, è necessario che
l'aggiornamento tenga conto di questa diversità e che, nei vari
istituti, la vita dei membri a servizio di Cristo sia sostentata con
mezzi propri e rispondenti allo scopo.
La vita monastica e conventuale
9. Sia fedelmente conservata e sempre più rifulga nel suo genuino
spirito, sia in Oriente che in Occidente, la veneranda istituzione della
vita monastica che lungo il corso dei secoli si acquistò insigni
benemerenze verso la Chiesa e la società. Ufficio principale dei monaci
è quello di prestare umile e insieme nobile servizio alla divina maestà
entro le mura del monastero, sia dedicandosi interamente al culto divino
con una vita di nascondimento, sia assumendo qualche legittimo incarico
di apostolato o di carità cristiana. Mantenendo pertanto la fisionomia
caratteristica del proprio istituto, i monaci rinnovino le antiche
tradizioni di beneficenza e le adattino agli odierni bisogni delle
anime, in modo che i monasteri siano come altrettanti centri viventi di
edificazione del popolo cristiano. Parimenti gli istituti religiosi, i
quali per regola uniscono strettamente la vita apostolica all'ufficio
corale e alle osservanze monastiche, armonizzino il loro modo di vivere
con le esigenze del loro apostolato, in maniera tale da conservare
fedelmente il loro genere di vita, essendo esso di grande vantaggio per
la Chiesa.
La vita religiosa laicale
10. La vita religiosa laicale, tanto maschile quanto femminile,
costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli
evangelici. Perciò il sacro Concilio, che ha grande stima di esso poiché
tanta utilità arreca all'attività pastorale della Chiesa nell'educazione
della gioventù, nell'assistenza agli infermi e in altri ministeri,
conferma i membri di tale forma di vita religiosa nella loro vocazione e
li esorta ad adattare la loro vita alle odierne esigenze. Il sacro
Concilio dichiara non esservi alcun impedimento a che nelle comunità
religiose di fratelli, essendo fermamente mantenuto il carattere laico
di questi istituti, per disposizione del capitolo generale alcuni membri
ricevano gli ordini sacri, allo scopo di provvedere nelle proprie case
alle necessità del servizio sacerdotale.
11. Gli istituti secolari, pur non essendo istituti religiosi,
tuttavia comportano una vera e completa professione dei consigli
evangelici nel mondo, riconosciuta come tale dalla Chiesa. Tale
professione conferisce una consacrazione agli uomini e alle donne, ai
laici e ai chierici che vivono nel mondo. Perciò essi anzitutto
intendano darsi totalmente a Dio nella perfetta carità, e gli istituti
stessi conservino la loro propria particolare fisionomia, cioè quella
secolare, per essere in grado di esercitare efficacemente e dovunque il
loro specifico apostolato nella vita secolare e come dal seno della vita
secolare. Tuttavia sappiano che non potranno assolvere un compito così
importante se i loro membri non riceveranno una tale formazione nelle
cose divine e umane da diventare realmente nel mondo un lievito
destinato a dare vigore e incremento al corpo di Cristo. I superiori
perciò seriamente procurino di dare ai loro sudditi una istruzione
specialmente spirituale e di sviluppare ulteriormente la loro
formazione.
I tre voti religiosi:
a) castità
12. La castità « per il regno dei cieli » (Mt 19,12), quale
viene professata dai religiosi, deve essere apprezzata come un insigne
dono della grazia. Essa infatti rende libero in maniera speciale il
cuore dell'uomo (cfr. 1 Cor 7,32-35), cosi da accenderlo sempre
più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini; per conseguenza essa
costituisce un segno particolare dei beni celesti, nonché un mezzo
efficacissimo offerto ai religiosi per potere generosamente dedicarsi al
servizio divino e alle opere di apostolato. In tal modo essi davanti a
tutti i fedeli sono un richiamo di quella mirabile unione operata da Dio
e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, mediante la quale la
Chiesa ha Cristo come unico suo sposo.
Bisogna adunque che i religiosi, sforzandosi di mantener fede alla
loro professione, credano nelle parole del Signore e, fidando nell'aiuto
divino, non presumano delle loro forze, ma pratichino la mortificazione
e la custodia dei sensi. E neppure trascurino i mezzi naturali che
giovano alla sanità mentale e fisica. In tal modo essi non potranno
essere influenzati dalle false teorie, che sostengono essere la
continenza perfetta impossibile o nociva al perfezionamento dell'uomo;
e, come per un istinto spirituale, sapranno respingere tutto ciò che può
mettere in pericolo la castità. Inoltre ricordino tutti, specialmente i
superiori, che la castità si potrà custodire più sicuramente se i
religiosi sapranno praticare un vero amore fraterno nella vita comune.
Poiché l'osservanza della continenza perfetta tocca le inclinazioni
più profonde della natura umana i candidati alla professione di castità
non abbraccino questo stato, né vi siano ammessi, se non dopo una prova
veramente sufficiente e dopo che sia stata da essi raggiunta una
conveniente maturità psicologica ed affettiva. Essi non solo siano
preavvertiti circa i pericoli ai quali va incontro la castità, ma devono
essere educati in maniera tale da abbracciare il celibato consacrato a
Dio integrandolo nello sviluppo della propria personalità.
b) povertà
13. La povertà volontariamente abbracciata per mettersi alla sequela
di Cristo, di cui oggi specialmente essa è un segno molto apprezzato,
sia coltivata diligentemente dai religiosi e, se sarà necessario, si
trovino nuove forme per esprimerla. Per mezzo di essa si partecipa alla
povertà di Cristo, il quale da ricco che era si fece povero per amore
nostro, allo scopo di farci ricchi con la sua povertà (cfr. 2 Cor
8,9; Mt 8,20). Per quanto riguarda la povertà religiosa, non
basta dipendere dai superiori nell'uso dei beni, ma occorre che i
religiosi siano poveri effettivamente e in spirito, avendo il loro
tesoro in cielo (cfr. Mt 6,20). Nel loro ufficio sentano di
obbedire alla comune legge del lavoro, e mentre in tal modo si procurano
i mezzi necessari al loro sostentamento e alle loro opere, allontanino
da sé ogni eccessiva preoccupazione e si affidino alla Provvidenza del
Padre celeste (cfr. Mt 6,25).
Le congregazioni religiose nelle loro costituzioni possono permettere
che i loro membri rinuncino ai beni patrimoniali acquistati o da
acquistarsi. Gli istituti stessi, tenendo conto delle condizioni dei
singoli luoghi, cerchino di dare in qualche modo una testimonianza
collettiva della povertà, e volentieri destinino qualche parte dei loro
beni alle altre necessità della Chiesa e al sostentamento dei poveri,
che i religiosi tutti devono amare nelle viscere di Cristo (cfr. Mt
19,21; 25,34-46; Gc 2,15-16; 1 Gv 3,17). Le province e le
altre case di istituti religiosi si scambino tra loro i beni temporali,
in modo che le più fornite di mezzi aiutino le altre che soffrono la
povertà. Quantunque gli istituti, salvo disposizioni contrarie di regole
e costituzioni, abbiano diritto di possedere tutto ciò che è necessario
al loro sostentamento e alle loro opere, tuttavia sono tenuti ad evitare
ogni lusso, lucro eccessivo e accumulazione di beni.
c) obbedienza
14. I religiosi con la professione di obbedienza offrono a Dio la
completa oblazione della propria volontà come sacrificio di se stessi, e
per mezzo di esso in maniera più salda e sicura vengono uniti alla
volontà salvifica di Dio. Pertanto, ad imitazione di Gesù Cristo, che
venne per fare la volontà del Padre (cfr. Gv 4,34; 5,30; Eb
10,7; Sal 39,9), e « prendendo la forma di servo » (Fil
2,7), dai patimenti sofferti conobbe l'obbedienza (cfr. Eb 5,8), i
religiosi, mossi dallo Spirito Santo, si sottomettono in spirito di fede
ai superiori che sono i rappresentanti di Dio, e sotto la loro guida si
pongono al servizio di tutti i fratelli in Cristo, come Cristo stesso
per la sua sottomissione al Padre venne per servire i fratelli e diede
la sua vita in riscatto per la moltitudine (cfr. Mt 20,28; Gv
10,14-18). Così essi si vincolano sempre più strettamente al servizio
della Chiesa e si sforzano di raggiungere la misura della piena statura
di Cristo (cfr. Ef 4,13).
Perciò i religiosi, in spirito di fede e di amore verso la volontà di
Dio, secondo quanto prescrivono la regola e le costituzioni, prestino
umile ossequio ai loro superiori col mettere a disposizione tanto le
energie della mente e della volontà, quanto i doni di grazia e di
natura, nella esecuzione degli ordini e nel compimento degli uffici loro
assegnati, nella certezza di dare la propria collaborazione alla
edificazione del corpo di Cristo secondo il piano di Dio. Così
l'obbedienza religiosa, lungi dal diminuire la dignità della persona
umana, la conduce alla maturità, facendo crescere la libertà dei figli
di Dio.
I superiori poi, dovendo un giorno rendere conto a Dio delle anime
che sono state loro affidate (cfr. Eb 13,17), docili alla volontà
di Dio nel compimento del loro ufficio, esercitino l'autorità in spirito
di servizio verso i fratelli, in modo da esprimere la carità con cui Dio
li ama. Governino come figli di Dio quelli che sono loro sottomessi, con
rispetto della persona umana e facendo sl che la loro soggezione sia
volontaria. Per conseguenza concedano loro la dovuta libertà,
specialmente per quanto riguarda il sacramento della penitenza e la
direzione della coscienza. Guidino i religiosi in maniera tale che
questi, nell'assolvere i propri compiti e nell'intraprendere iniziative,
cooperino con un'obbedienza attiva e responsabile. Perciò i superiori
ascoltino volentieri i religiosi e promuovano l'unione delle loro forze
per il bene dell'istituto e della Chiesa, pur rimanendo ferma la loro
autorità di decidere e di comandare ciò che si deve fare.
I capitoli e i consigli eseguiscano fedelmente i compiti che sono
stati loro affidati nel governo, e tutti a loro modo siano l'espressione
della partecipazione e dell'interesse di tutti i membri per il bene
della intera comunità.
La vita comune
15. La vita in comune perseveri nella preghiera e nella comunione di
uno stesso spirito, nutrita della dottrina del Vangelo, della santa
liturgia e soprattutto dell'eucaristia (cfr. At 2,42),
sull'esempio della Chiesa primitiva, in cui la moltitudine dei credenti
era d'un cuore solo e di un'anima sola (cfr. At 4,32). I
religiosi, come membri di Cristo, in fraterna comunanza di vita si
prevengano gli uni gli altri nel rispetto scambievole (cfr. Rm
12,10), portando gli uni i pesi degli altri (cfr. Gal 6,2).
Infatti con l'amore di Dio diffuso nei cuori per mezzo dello Spirito
Santo (cfr. Rm 5,5), la comunità come una famiglia unita nel nome
del Signore gode della sua presenza (cfr. Mt 18,20). La carità è
poi il compimento della legge (cfr. Rm 13,10) e vincolo di
perfezione (cfr. Col 3,14), e per mezzo di essa noi sappiamo di
essere passati dalla morte alla vita (cfr. 1 Gv 3,14). Anzi
l'unità dei fratelli manifesta l'avvento di Cristo (cfr. Gv
13,35; 17,21), e da essa promana grande energia per l'apostolato.
Allo scopo poi di rendere più intimo il vincolo di fraternità fra i
religiosi, coloro che sono chiamati conversi, coadiutori o con altro
nome, siano strettamente associati alla vita e alle opere della
comunità. Se le circostanze non consigliano proprio di fare
diversamente, bisogna far sì che negli istituti femminili si arrivi ad
un'unica categoria di suore. In tal caso, si manterrà solamente tra le
persone la diversità richiesta dalla distinzione delle varie opere a cui
le suore o per speciale vocazione divina o per particolare attitudine
sono destinate.
I monasteri e gli istituti maschili non del tutto laicali possono
accettare, secondo la loro indole e a norma delle costituzioni, chierici
e laici, in pari misura e con eguali diritti ed obblighi, eccettuati
quelli che scaturiscono dall'ordine sacro.
La clausura femminile
16. La clausura papale per le monache di vita unicamente
contemplativa rimanga in vigore, ma si aggiorni secondo le condizioni
dei tempi e dei luoghi, abolendo le usanze che non hanno più ragione di
esistere, dopo che sono stati ascoltati i pareri dei monasteri stessi.
Le altre monache invece, che per loro regola si dedicano alle opere
esterne di apostolato, siano esenti dalla clausura papale, in modo da
essere in grado di attendere meglio ai loro impegni di apostolato;
rimanga in vigore tuttavia la clausura a norma delle loro costituzioni.
L'abito religioso
17. L'abito religioso, segno della consacrazione, sia semplice e
modesto, povero e nello stesso tempo decoroso, come pure rispondente
alle esigenze della salute e adatto sia ai tempi e ai luoghi, sia alle
necessità dell'apostolato. Gli abiti dei religiosi e delle religiose che
non concordano con queste norme, siano modificati.
L'aggiornamento e la formazione religiosa
18. L'aggiornamento degli istituti dipende in massima parte dalla
formazione dei loro membri. Perciò gli stessi religiosi non chierici e
le religiose non siano destinate alle opere di apostolato immediatamente
dopo il noviziato, ma la loro formazione religiosa ed apostolica,
dottrinale e tecnica, col conseguimento anche dei titoli specifici, si
protragga convenientemente in apposite case.
Per evitare poi il pericolo che l'adattamento alle esigenze del
nostro tempo sia solo esteriore o che siano impari al proprio compito
coloro che per regola attendono all'apostolato esterno, i religiosi,
secondo le capacità intellettuali e il carattere di ciascuno, siano
convenientemente istruiti intorno alla mentalità e ai costumi della vita
sociale odierna. Attraverso la fusione armonica dei vari elementi la
formazione deve avvenire in maniera tale da contribuire all'unità di
vita dei religiosi stessi.
Per tutta la vita poi i religiosi si adoperino a perfezionare
diligentemente questa cultura spirituale, dottrinale e tecnica, e i
superiori, nella misura del possibile, procurino loro a questo scopo
l'occasione opportuna, i mezzi e il tempo necessari. È pure dovere dei
superiori provvedere alla scelta accurata e alla solida preparazione dei
direttori, dei maestri spirituali e dei professori.
19. Nel fondare nuovi istituti si deve ben ponderare la necessità o
almeno la grande utilità nonché la possibilità di sviluppo, affinché non
sorgano imprudentemente istituti inutili o sprovvisti di sufficiente
vigore. In modo speciale si abbia cura di promuovere e coltivare le
forme di vita religiosa nelle Chiese di nuova fondazione, e in ciò si
tenga conto del carattere e dei costumi degli abitanti, come pure delle
condizioni di vita e delle consuetudini locali.
Le opere degli istituti
20. Gli istituti mantengano e svolgano fedelmente le opere proprie e,
tenendo presente l'utilità della Chiesa universale e delle diocesi,
adattino le opere stesse alle necessità dei tempi e dei luoghi,
adoperando i mezzi opportuni e anche nuovi, e tralasciando invece quelle
opere che oggi non corrispondono più allo spirito e alla vera natura
dell'istituto. Si deve assolutamente conservare negli istituti religiosi
lo spirito missionario, e, secondo la natura propria di ciascuno,
adattarlo alle condizioni odierne in modo che sia resa più efficace la
predicazione del Vangelo a tutte le genti.
Istituti e monasteri in decadenza
21. Agli istituti invece e ai monasteri che, dopo essere stato
ascoltato il parere degli ordinari del luogo interessati, a giudizio
della santa Sede non offrono fondata speranza che in seguito possano
rifiorire, Si proibisca di ricevere ancora novizi in avvenire, e, se
sarà possibile, siano uniti ad un altro istituto o monastero più
fiorente che non differisca molto nelle finalità e nello spirito.
Le federazioni tra i religiosi
22. Gli istituti e i monasteri « sui iuris », secondo l'opportunità e
con l'approvazione della santa Sede, promuovano tra di loro federazioni,
se appartengono in qualche maniera alla stessa famiglia religiosa;
oppure unioni, se hanno quasi uguali le costituzioni e gli usi e sono
animati dallo stesso spirito, soprattutto se sono troppo esigui; oppure
associazioni, se attendono alle stesse o a simili opere di apostolato.
23. Si devono favorire conferenze o consigli dei superiori maggiori
eretti dalla santa Sede, i quali possono molto contribuire a far
conseguire meglio il fine proprio dei singoli istituti, a promuovere una
più efficace collaborazione per il bene della Chiesa, a distribuire più
razionalmente gli operai dell'Evangelo in un determinato territorio,
nonché a trattare le questioni che i religiosi hanno in comune e a
stabilire una conveniente opera di coordinamento e di collaborazione con
le conferenze episcopali per quanto riguarda l'esercizio
dell'apostolato. Conferenze di questo genere si possono istituire anche
per gli istituti secolari.
La scelta delle vocazioni
24. I sacerdoti e gli educatori cristiani facciano seri sforzi,
affinché per mezzo di vocazioni religiose, scelte in maniera conveniente
ed accurata, la Chiesa riceva nuovi sviluppi in piena corrispondenza con
le necessità del momento. Anche nella predicazione ordinaria si tratti
più frequentemente dei consigli evangelici e della scelta dello stato
religioso. I genitori, curando l'educazione cristiana dei figli,
coltivino e custodiscano nei loro cuori la vocazione religiosa. Agli
istituti poi è lecito, allo scopo di suscitare vocazioni, curare la
propria propaganda e la ricerca dei candidati, purché ciò avvenga con la
dovuta prudenza e nell'osservanza delle norme stabilite dalla santa Sede
e dall'ordinario del luogo. Ricordino tuttavia i religiosi che l'esempio
della propria vita costituisce la migliore raccomandazione del proprio
istituto ed il migliore invito ad abbracciare lo stato religioso.
Conclusione
25. Gli istituti per i quali sono state emanate queste norme di
aggiornamento corrispondano prontamente alla loro divina vocazione e al
compito che oggi devono assolvere nella Chiesa. Il sacro Concilio
infatti molto apprezza il loro genere di vista casta, povera e
obbediente, di cui Cristo stesso è il modello, e ripone ferma speranza
nella loro così feconda opera, sia nascosta che conosciuta da tutti.
Tutti i religiosi perciò, animati da fede integra, da carità verso Dio e
il prossimo, dall'amore alla croce e dalla speranza nella futura gloria,
diffondano in tutto il mondo la buona novella di Cristo, in modo che la
loro testimonianza sia visibile a tutti e sia glorificato il Padre
nostro che è nei cieli (cfr. Mt 5,16). Così, per l'intercessione
della dolcissima vergine Maria madre di Dio, « la cui vita è modello per
tutti » essi progrediranno (1) ogni giorno più ed apporteranno frutti di
salvezza sempre più abbondanti.
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute
ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica
conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito
Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto è stato
così sinodalmente deciso comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.
Roma, presso San Pietro 28 ottobre 1965.
Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica
Seguono le firme dei Padri.
Firme dei Padri
Io PAOLO Vescovo della Chiesa
Cattolica
† Ego ANTONIUS titulo S. Laurentii in Panisperna Presbyter Cardinalis
GAGGIANO, Archiepiscopus Bonaërensis.
Ego PETRUS titulo S. Laurentii in Lucina Presbyter Cardinalis
CIRIACI.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Mariae de Victoria Presbyter Cardinalis
SIRI, Archiepiscopus Ianuensis.
† Ego IACOBUS titulo S. Mariae in Transpontina Presbyter Cardinalis
LERCARO, Archiepiscopus Bononiensis.
† Ego STEPHANUS titulo S. Mariae Trans Tiberim Presbyter Cardinalis
WYSZYNSKI, Archiepiscopus Gnesnensis et Varsaviensis, Primas Poloniae.
† Ego BENIAMINUS titulo S. Vitalis Presbyter Cardinalis DE ARRIBA Y
CASTRO, Archiepiscopus Tarraconensis.
† Ego FERDINANDUS titulo S. Augustini Presbyter Cardinalis QUIROGA Y
PALACIOS, Archiepiscopus Compostellanus.
† Ego PAULUS AEMILIUS titulo S. Mariae Angelorum in Thermis Presbyter
Cardinalis LEGER, Archiepiscopus Marianopolitanus.
† Ego VALERIANUS titulo S. Mariae in Via Lata Presbyter Cardinalis
GRACIAS, Archiepiscopus Bombayensis.
† Ego IOANNES titulo S. Marci Presbyter Cardinalis URBANI, Patriarcha
Venetiarum.
Ego PAULUS titulo S. Mariae in Vallicella Presbyter Cardinalis
GIOBBE, S. R. E. Datarius.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Honuphrii in Ianiculo Presbyter Cardinalis
GARIBI Y RIVERA, Archiepiscopus Guadalajarensis.
† Ego ANTONIUS MARIA titulo S Chrysogoni Presbyter Cardinalis
BARBIERI, Archiepiscopus Montisvidei.
Ego CAROLUS titulo S. Agnetis extra moenia Presbyter Cardinalis
CONFALONIERI.
† Ego PAULUS titulo Ss. Quirici et Iulittae Presbyter Cardinalis
RICHAUD, Archiepiscopus Burdigalensis.
† Ego IOSEPHUS M. titulo Ss. Viti, Modesti et Crescentiae Presbyter
Cardinalis BUENO Y MONREAL, Archiepiscopus Hispalensis.
† Ego FRANCISCUS titulo S. Eusebii Presbyter Cardinalis KÖNIG,
Archiepiscopus Vindobonensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Athanasii Presbyter Cardinalis SLIPYI,
Archiepiscopus Maior Ucrainorum.
† Ego LAURENTIUS titulo S. Leonis I Presbyter Cardinalis JAEGER,
Archiepiscopus Paderbornensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Crucis in via Flaminia Presbyter Cardinalis
BERAN, Archiepiscopus Pragensis.
† Ego MAURITIUS titulo D.nae N.ae de SS. Sacramento et Martyrum
Canadensium Presbyter Cardinalis ROY, Archiepiscopus Quebecensis, Primas
Canadiae.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Teresiae Presbyter Cardinalis MARTIN,
Archiepiscopus Rothomagensis.
† Ego AUDOËNUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis MCCANN,
Archiepiscopus Civitatis Capitis.
† Ego LEO STEPHANUS titulo S. Balbinae Presbyter Cardinalis DUVAL,
Archiepiscopus Algeriensis.
† Ego ERMENEGILDUS titulo Reginae Apostolorum Presbyter Cardinalis
FLORIT, Archiepiscopus Florentinus.
† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Petri et Pauli in Via Ostiensi Presbyter
Cardinalis ŠEPER, Archiepiscopus Zagrabiensis.
† Ego IOANNES titulo S. Silvestri in Capite Presbyter Cardinalis
HEENAN, Archiepiscopus Vestmonasteriensis, Primas Angliae.
† Ego IOANNES titulo Ssmae Trinitatis in Monte Pincio Presbyter
Cardinalis VILLOT, Archiepiscopus Lugdunensis et Viennensis, Primas
Galliae.
† Ego PAULUS titulo S. Camilli de Lellis ad Hortos Sallustianos
Presbyter Cardinalis ZOUNGRANA, Archiepiscopus Uagaduguensis.
† Ego LAURENTIUS I. titulo S. Clementis Presbyter Cardinalis SHEHAN,
Archiepiscopus Baltimorensis.
† Ego HENRICUS titulo S. Agathae in Urbe Presbyter Cardinalis DANTE.
Ego CAESAR titulo D.nae N.ae a Sacro Corde in Circo Agonali Presbyter
Cardinalis ZERBA.
† Ego AGNELLUS titulo Praecelsae Dei Matris Presbyter Cardinalis
ROSSI, Archiepiscopus S. Pauli in Brasilia.
† Ego IOANNES titulo S. Martini in Montibus Presbyter Cardinalis
COLOMBO, Archiepiscopus Mediolanensis.
† Ego GUILLELMUS titulo S. Patricii ad Villam Ludovisi Presbyter
Cardinalis CONWAY, Archiepiscopus Armachanus, totius Hiberniae Primas.
† Ego MICHAEL DARIUS MIRANDA, Archiepiscopus Mexicanus, Primas
Mexici.
† Ego FRANCISCUS MARIA DA SILVA, Archiepiscopus Bracharensis, Primas
Hispaniarum.
† Ego PAULUS GOUYON, Archiepiscopus Rhedonensis, Primas Britanniae.
† Ego HUMBERTUS MALCHIODI, Archiepiscopus Episcopus Placentinus.
Sequuntur ceterae subsignationes.
Ita est.
† Ego PERICLES FELICI
Archiepiscopus tit. Samosatensis
Ss. Concilii Secretarius Generalis
† Ego IOSEPHUS ROSSI
Episcopus tit. Palmyrenus
Ss. Concilii Notarius
† Ego FRANCISCUS HANNIBAL FERRETTI
Ss. Concilii Notarius
NOTE
(1) S. AMBROGIO, De Virginitate, l. II, c. II, n. 15. |