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                   Giobbe
                  - Capitolo 1   
                  
                   
                  I.
                  PROLOGO
                  
                  
                  Satana
                  mette Giobbe alla prova
                  
                  
                  [1]C'era
                  nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e
                  retto, temeva Dio ed era alieno dal male. [2]Gli erano
                  nati sette figli e tre figlie; [3]possedeva settemila
                  pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e
                  cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù.
                  Quest'uomo era il più grande fra tutti i figli d'oriente. 
                  
                   
                  [4]Ora
                  i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno
                  di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche
                  le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. [5]Quando
                  avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li
                  mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino
                  e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe
                  infatti pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno
                  offeso Dio nel loro cuore». Così faceva Giobbe ogni volta. 
                  
                   
                  [6]Un
                  giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al
                  Signore e anche satana andò in mezzo a loro. [7]Il
                  Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al
                  Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». [8]Il
                  Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo
                  Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto,
                  teme Dio ed è alieno dal male». [9]Satana rispose al
                  Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? [10]Non
                  hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a
                  tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani
                  e il suo bestiame abbonda di terra. [11]Ma stendi un
                  poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in
                  faccia!». [12]Il Signore disse a satana: «Ecco,
                  quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di
                  lui». Satana si allontanò dal Signore. 
                  
                   
                  [13]Ora
                  accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie
                  stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, [14]un
                  messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano
                  arando e le asine pascolando vicino ad essi, [15]quando
                  i Sabei sono piombati su di essi e li hanno predati e hanno
                  passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che
                  ti racconto questo». 
                  
                   
                  [16]Mentr'egli
                  ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è
                  caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai guardiani e
                  li ha divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
                  
                  
                   
                  [17]Mentr'egli
                  ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno
                  formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno
                  presi e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono
                  scampato io solo che ti racconto questo». 
                  
                   
                  [18]Mentr'egli
                  ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le
                  tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro
                  fratello maggiore, [19]quand'ecco un vento impetuoso si
                  è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati
                  della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono
                  scampato io solo che ti racconto questo». 
                  
                   
                  [20]Allora
                  Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo,
                  cadde a terra, si prostrò [21]e disse: 
                  
                   
                  «Nudo
                  uscii dal seno di mia madre, 
                  e nudo vi ritornerò. 
                  Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, 
                  sia benedetto il nome del Signore!». 
                  
                   
                  [22]In
                  tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di
                  ingiusto. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 2 
                   
                  
                   
                  [1]Quando
                  un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore,
                  anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. [2]Il
                  Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al
                  Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». [3]Il
                  Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo
                  Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto,
                  teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua
                  integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per
                  rovinarlo». [4]Satana rispose al Signore: «Pelle per
                  pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua
                  vita. [5]Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso
                  e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». [6]Il
                  Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto
                  risparmia la sua vita». 
                  
                   
                  [7]Satana
                  si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga
                  maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. [8]Giobbe
                  prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla
                  cenere. [9]Allora sua moglie disse: «Rimani ancor
                  fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». [10]Ma
                  egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato!
                  Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il
                  male?». 
                  
                   
                  In
                  tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra. 
                  
                   
                  [11]Nel
                  frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di tutte
                  le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono,
                  ciascuno dalla sua contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il
                  Suchita e Zofar il Naamatita, e si accordarono per andare a
                  condolersi con lui e a consolarlo. [12]Alzarono gli
                  occhi da lontano ma non lo riconobbero e, dando in grida, si
                  misero a piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si cosparse
                  il capo di polvere. [13]Poi sedettero accanto a lui in
                  terra, per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse
                  una parola, perché vedevano che molto grande era il suo
                  dolore. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 3 
                   
                  
                   
                  II.
                  DIALOGO
                  
                  
                  1. PRIMO CICLO DI DISCORSI
                  
                  
                  Giobbe
                  maledice il giorno della sua nascita
                  
                  
                  [1]Dopo,
                  Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno; [2]prese
                  a dire: 
                  
                   
                  [3]Perisca
                  il giorno in cui nacqui 
                  e la notte in cui si disse: «E' stato concepito un uomo!». 
                  [4]Quel giorno sia tenebra, 
                  non lo ricerchi Dio dall'alto, 
                  né brilli mai su di esso la luce. 
                  [5]Lo rivendichi tenebra e morte, 
                  gli si stenda sopra una nube 
                  e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno! 
                  [6]Quel giorno lo possieda il buio 
                  non si aggiunga ai giorni dell'anno, 
                  non entri nel conto dei mesi. 
                  [7]Ecco, quella notte sia lugubre 
                  e non entri giubilo in essa. 
                  [8]La maledicano quelli che imprecano al giorno, 
                  che sono pronti a evocare Leviatan. 
                  [9]Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, 
                  speri la luce e non venga; 
                  non veda schiudersi le palpebre dell'aurora, 
                  [10]poiché non mi ha chiuso il varco del grembo
                  materno, 
                  e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei! 
                  [11]E perché non sono morto fin dal seno di mia madre 
                  e non spirai appena uscito dal grembo? 
                  [12]Perché due ginocchia mi hanno accolto, 
                  e perché due mammelle, per allattarmi? 
                  [13]Sì, ora giacerei tranquillo, 
                  dormirei e avrei pace 
                  [14]con i re e i governanti della terra, 
                  che si sono costruiti mausolei, 
                  [15]o con i principi, che hanno oro 
                  e riempiono le case d'argento. 
                  [16]Oppure, come aborto nascosto, più non sarei, 
                  o come i bimbi che non hanno visto la luce. 
                  [17]Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi, 
                  laggiù riposano gli sfiniti di forze. 
                  [18]I prigionieri hanno pace insieme, 
                  non sentono più la voce dell'aguzzino. 
                  [19]Laggiù è il piccolo e il grande, 
                  e lo schiavo è libero dal suo padrone. 
                  [20]Perché dare la luce a un infelice 
                  e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore, 
                  [21]a quelli che aspettano la morte e non viene, 
                  che la cercano più di un tesoro, 
                  [22]che godono alla vista di un tumulo, 
                  gioiscono se possono trovare una tomba... 
                  [23]a un uomo, la cui via è nascosta 
                  e che Dio da ogni parte ha sbarrato? 
                  [24]Così, al posto del cibo entra il mio gemito, 
                  e i miei ruggiti sgorgano come acqua, 
                  [25]perché ciò che temo mi accade 
                  e quel che mi spaventa mi raggiunge. 
                  [26]Non ho tranquillità, non ho requie, 
                  non ho riposo e viene il tormento! 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 4 
                   
                  
                   
                  Fiducia
                  in Dio
                  
                  
                  [1]Elifaz
                  il Temanita prese la parola e disse: 
                  
                   
                  [2]Se
                  si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso? 
                  Ma chi può trattenere il discorso? 
                  [3]Ecco, tu hai istruito molti 
                  e a mani fiacche hai ridato vigore; 
                  [4]le tue parole hanno sorretto chi vacillava 
                  e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. 
                  [5]Ma ora questo accade a te e ti abbatti; 
                  capita a te e ne sei sconvolto. 
                  [6]La tua pietà non era forse la tua fiducia 
                  e la tua condotta integra, la tua speranza? 
                  [7]Ricordalo: quale innocente è mai perito 
                  e quando mai furon distrutti gli uomini retti? 
                  [8]Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità, 
                  chi semina affanni, li raccoglie. 
                  [9]A un soffio di Dio periscono 
                  e dallo sfogo della sua ira sono annientati. 
                  [10]Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo 
                  e i denti dei leoncelli sono frantumati. 
                  [11]Il leone è perito per mancanza di preda 
                  e i figli della leonessa sono stati dispersi. 
                  [12]A me fu recata, furtiva, una parola 
                  e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro. 
                  [13]Nei fantasmi, tra visioni notturne, 
                  quando grava sugli uomini il sonno, 
                  [14]terrore mi prese e spavento 
                  e tutte le ossa mi fece tremare; 
                  [15]un vento mi passò sulla faccia, 
                  e il pelo si drizzò sulla mia carne... 
                  [16]Stava là ritto uno, di cui non riconobbi
                  l'aspetto, 
                  un fantasma stava davanti ai miei occhi... 
                  Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire: 
                  [17]«Può il mortale essere giusto davanti a Dio 
                  o innocente l'uomo davanti al suo creatore? 
                  [18]Ecco, dei suoi servi egli non si fida 
                  e ai suoi angeli imputa difetti; 
                  [19]quanto più a chi abita case di fango, 
                  che nella polvere hanno il loro fondamento! 
                  Come tarlo sono schiacciati, 
                  [20]annientati fra il mattino e la sera: 
                  senza che nessuno ci badi, periscono per sempre. 
                  [21]La funicella della loro tenda  
                  non
                  viene forse strappata? 
                  Muoiono senza saggezza!». 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 5 
                   
                  
                   
                  [1]Chiama,
                  dunque! Ti risponderà forse qualcuno? 
                  E a chi fra i santi ti rivolgerai? 
                  [2]Poiché allo stolto dà morte lo sdegno 
                  e la collera fa morire lo sciocco. 
                  [3]Io ho visto lo stolto metter radici, 
                  ma imputridire la sua dimora all'istante. 
                  [4]I suoi figli sono lungi dal prosperare, 
                  sono oppressi alla porta, senza difensore; 
                  [5]l'affamato ne divora la messe 
                  e gente assetata ne succhia gli averi. 
                  [6]Non esce certo dalla polvere la sventura 
                  né germoglia dalla terra il dolore, 
                  [7]ma è l'uomo che genera pene, 
                  come le scintille volano in alto. 
                  [8]Io, invece, mi rivolgerei a Dio 
                  e a Dio esporrei la mia causa: 
                  [9]a lui, che fa cose grandi e incomprensibili, 
                  meraviglie senza numero, 
                  [10]che dà la pioggia alla terra 
                  e manda le acque sulle campagne. 
                  [11]Colloca gli umili in alto 
                  e gli afflitti solleva a prosperità; 
                  [12]rende vani i pensieri degli scaltri 
                  e le loro mani non ne compiono i disegni; 
                  [13]coglie di sorpresa i saggi nella loro astuzia 
                  e manda in rovina il consiglio degli scaltri. 
                  [14]Di giorno incappano nel buio 
                  e brancolano in pieno sole come di notte, 
                  [15]mentre egli salva dalla loro spada l'oppresso, 
                  e il meschino dalla mano del prepotente. 
                  [16]C'è speranza per il misero 
                  e l'ingiustizia chiude la bocca. 
                  [17]Felice l'uomo, che è corretto da Dio: 
                  perciò tu non sdegnare la correzione 
                  dell'Onnipotente, 
                  [18]perché egli fa la piaga e la fascia, 
                  ferisce e la sua mano risana. 
                  [19]Da sei tribolazioni ti libererà 
                  e alla settima non ti toccherà il male; 
                  [20]nella carestia ti scamperà dalla morte 
                  e in guerra dal colpo della spada; 
                  [21]sarai al riparo dal flagello della lingua, 
                  né temerai quando giunge la rovina. 
                  [22]Della rovina e della fame ti riderai 
                  né temerai le bestie selvatiche; 
                  [23]con le pietre del campo avrai un patto 
                  e le bestie selvatiche saranno in pace con te. 
                  [24]Conoscerai la prosperità della tua tenda, 
                  visiterai la tua proprietà e non sarai deluso. 
                  [25]Vedrai, numerosa, la prole, 
                  i tuoi rampolli come l'erba dei prati. 
                  [26]Te ne andrai alla tomba in piena maturità, 
                  come si ammucchia il grano a suo tempo. 
                  [27]Ecco, questo abbiamo osservato: è così. 
                  Ascoltalo e sappilo per tuo bene. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 6 
                   
                  
                   
                  L'uomo
                  oppresso conosce solo la sua miseria
                  
                  
                  [1]Allora
                  Giobbe rispose: 
                  
                   
                  [2]Se
                  ben si pesasse il mio cruccio 
                  e sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura... 
                  [3]certo sarebbe più pesante della sabbia del mare! 
                  Per questo temerarie sono state le mie parole, 
                  [4]perché le saette dell'Onnipotente mi stanno
                  infitte, 
                  sì che il mio spirito ne beve il veleno 
                  e terrori immani mi si schierano contro! 
                  [5]Raglia forse il somaro con l'erba davanti 
                  o muggisce il bue sopra il suo foraggio? 
                  [6]Si mangia forse un cibo insipido, senza sale? 
                  O che gusto c'è nell'acqua di malva? 
                  [7]Ciò che io ricusavo di toccare 
                  questo è il ributtante mio cibo! 
                  [8]Oh, mi accadesse quello che invoco, 
                  e Dio mi concedesse quello che spero! 
                  [9]Volesse Dio schiacciarmi, 
                  stendere la mano e sopprimermi! 
                  [10]Ciò sarebbe per me un qualche conforto 
                  e gioirei, pur nell'angoscia senza pietà, 
                  per non aver rinnegato i decreti del Santo. 
                  [11]Qual la mia forza, perché io possa durare, 
                  o qual la mia fine, perché prolunghi la vita? 
                  [12]La mia forza è forza di macigni? 
                  La mia carne è forse di bronzo? 
                  [13]Non v'è proprio aiuto per me? 
                  Ogni soccorso mi è precluso? 
                  [14]A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici, 
                  anche se ha abbandonato il timore di Dio. 
                  [15]I miei fratelli mi hanno deluso come un torrente, 
                  sono dileguati come i torrenti delle valli, 
                  [16]i quali sono torbidi per lo sgelo, 
                  si gonfiano allo sciogliersi della neve, 
                  [17]ma al tempo della siccità svaniscono 
                  e all'arsura scompaiono dai loro letti. 
                  [18]Deviano dalle loro piste le carovane, 
                  avanzano nel deserto e vi si perdono; 
                  [19]le carovane di Tema guardano là, 
                  i viandanti di Saba sperano in essi: 
                  [20]ma rimangono delusi d'avere sperato, 
                  giunti fin là, ne restano confusi. 
                  [21]Così ora voi siete per me: 
                  vedete che faccio orrore e vi prende paura. 
                  [22]Vi ho detto forse: «Datemi qualcosa» 
                  o «dei vostri beni fatemi un regalo» 
                  [23]o «liberatemi dalle mani di un nemico» 
                  o «dalle mani dei violenti riscattatemi»? 
                  [24]Istruitemi e allora io tacerò, 
                  fatemi conoscere in che cosa ho sbagliato. 
                  [25]Che hanno di offensivo le giuste parole? 
                  Ma che cosa dimostra la prova che viene da voi? 
                  [26]Forse voi pensate a confutare parole, 
                  e come sparsi al vento stimate i detti di un disperato! 
                  [27]Anche sull'orfano gettereste la sorte 
                  e a un vostro amico scavereste la fossa. 
                  [28]Ma ora degnatevi di volgervi verso di me: 
                  davanti a voi non mentirò. 
                  [29]Su, ricredetevi: non siate ingiusti! 
                  Ricredetevi; la mia giustizia è ancora qui! 
                  [30]C'è forse iniquità sulla mia lingua 
                  o il mio palato non distingue più le sventure? 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 7 
                   
                  
                   
                  [1]Non
                  ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra 
                  e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario? 
                  [2]Come lo schiavo sospira l'ombra 
                  e come il mercenario aspetta il suo salario, 
                  [3]così a me son toccati mesi d'illusione 
                  e notti di dolore mi sono state assegnate. 
                  [4]Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?». 
                  Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino
                  all'alba. 
                  [5]Ricoperta di vermi e croste è la mia carne, 
                  raggrinzita è la mia pelle e si disfà. 
                  [6]I miei giorni sono stati più veloci d'una spola, 
                  sono finiti senza speranza. 
                  [7]Ricordati che un soffio è la mia vita: 
                  il mio occhio non rivedrà più il bene. 
                  [8]Non mi scorgerà più l'occhio di chi mi vede: 
                  i tuoi occhi saranno su di me e io più non sarò. 
                  [9]Una nube svanisce e se ne va, 
                  così chi scende agl'inferi più non risale; 
                  [10]non tornerà più nella sua casa, 
                  mai più lo rivedrà la sua dimora. 
                  [11]Ma io non terrò chiusa la mia bocca, 
                  parlerò nell'angoscia del mio spirito, 
                  mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore! 
                  [12]Son io forse il mare oppure un mostro marino, 
                  perché tu mi metta accanto una guardia? 
                  [13]Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà
                  sollievo, 
                  il mio letto allevierà la mia sofferenza», 
                  [14]tu allora mi spaventi con sogni 
                  e con fantasmi tu mi atterrisci. 
                  [15]Preferirei essere soffocato, 
                  la morte piuttosto che questi miei dolori! 
                  [16]Io mi disfaccio, non vivrò più a lungo. 
                  Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni. 
                  [17]Che è quest'uomo che tu nei fai tanto conto 
                  e a lui rivolgi la tua attenzione 
                  [18]e lo scruti ogni mattina 
                  e ad ogni istante lo metti alla prova? 
                  [19]Fino a quando da me non toglierai lo sguardo 
                  e non mi lascerai inghiottire la saliva? 
                  [20]Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, 
                  o custode dell'uomo? 
                  Perché m'hai preso a bersaglio 
                  e ti son diventato di peso? 
                  [21]Perché non cancelli il mio peccato 
                  e non dimentichi la mia iniquità? 
                  Ben presto giacerò nella polvere, 
                  mi cercherai, ma più non sarò! 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 8 
                   
                  
                   
                  Il
                  corso inarrestabile della giustizia divina
                  
                  
                  [1]Allora
                  prese a dire Bildad il Suchita: 
                  
                   
                  [2]Fino
                  a quando dirai queste cose 
                  e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca? 
                  [3]Può forse Dio deviare il diritto 
                  o l'Onnipotente sovvertire la giustizia? 
                  [4]Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, 
                  li ha messi in balìa della loro iniquità. 
                  [5]Se tu cercherai Dio 
                  e implorerai l'Onnipotente, 
                  [6]se puro e integro tu sei, 
                  fin d'ora veglierà su di te 
                  e ristabilirà la dimora della tua giustizia; 
                  [7]piccola cosa sarà la tua condizione di prima, 
                  di fronte alla grandezza che avrà la futura. 
                  [8]Chiedilo infatti alle generazioni passate, 
                  poni mente all'esperienza dei loro padri, 
                  [9]perché noi siamo di ieri e nulla sappiamo, 
                  come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra. 
                  [10]Essi forse non ti istruiranno e ti parleranno 
                  traendo le parole dal cuore? 
                  [11]Cresce forse il papiro fuori della palude 
                  e si sviluppa forse il giunco senz'acqua? 
                  [12]E' ancora verde, non buono per tagliarlo, 
                  e inaridisce prima d'ogn'altra erba. 
                  [13]Tale il destino di chi dimentica Dio, 
                  così svanisce la speranza dell'empio; 
                  [14]la sua fiducia è come un filo 
                  e una tela di ragno è la sua sicurezza: 
                  [15]si appoggi alla sua casa, essa non resiste, 
                  vi si aggrappi, ma essa non regge. 
                  [16]Rigoglioso sia pure in faccia al sole 
                  e sopra il giardino si spandano i suoi rami, 
                  [17]sul terreno sassoso s'intreccino le sue radici, 
                  tra le pietre attinga la vita. 
                  [18]Se lo si toglie dal suo luogo, 
                  questo lo rinnega: «Non t'ho mai visto!». 
                  [19]Ecco la gioia del suo destino 
                  e dalla terra altri rispuntano. 
                  [20]Dunque, Dio non rigetta l'uomo integro, 
                  e non sostiene la mano dei malfattori. 
                  [21]Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso 
                  e le tue labbra di gioia. 
                  [22]I tuoi nemici saran coperti di vergogna 
                  e la tenda degli empi più non sarà. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 9 
                   
                  
                   
                  La
                  giustizia divina è al di sopra del diritto
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  rispose dicendo: 
                  
                   
                  [2]In verità
                  io so che è così: 
                  e come può un uomo aver ragione innanzi a Dio? 
                  [3]Se uno volesse disputare con lui, 
                  non gli risponderebbe una volta su mille. 
                  [4]Saggio di mente, potente per la forza, 
                  chi s'è opposto a lui ed è rimasto salvo? 
                  [5]Sposta le montagne e non lo sanno, 
                  egli nella sua ira le sconvolge. 
                  [6]Scuote la terra dal suo posto 
                  e le sue colonne tremano. 
                  [7]Comanda al sole ed esso non sorge 
                  e alle stelle pone il suo sigillo. 
                  [8]Egli da solo stende i cieli 
                  e cammina sulle onde del mare. 
                  [9]Crea l'Orsa e l'Orione, 
                  le Pleiadi e i penetrali del cielo australe. 
                  [10]Fa cose tanto grandi da non potersi indagare, 
                  meraviglie da non potersi contare. 
                  [11]Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, 
                  se ne va e di lui non m'accorgo. 
                  [12]Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire? 
                  Chi gli può dire: «Che fai?». 
                  [13]Dio non ritira la sua collera: 
                  sotto di lui sono fiaccati i sostenitori di Raab. 
                  [14]Tanto meno io potrei rispondergli, 
                  trovare parole da dirgli! 
                  [15]Se avessi anche ragione, non risponderei, 
                  al mio giudice dovrei domandare pietà. 
                  [16]Se io lo invocassi e mi rispondesse, 
                  non crederei che voglia ascoltare la mia voce. 
                  [17]Egli con una tempesta mi schiaccia, 
                  moltiplica le mie piaghe senza ragione, 
                  [18]non mi lascia riprendere il fiato, 
                  anzi mi sazia di amarezze. 
                  [19]Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore; 
                  se di giustizia, chi potrà citarlo? 
                  [20]Se avessi ragione, il mio parlare mi condannerebbe; 
                  se fossi innocente, egli proverebbe che io sono reo. 
                  [21]Sono innocente? Non lo so neppure io, 
                  detesto la mia vita! 
                  [22]Per questo io dico: «E' la stessa cosa»: 
                  egli fa perire l'innocente e il reo! 
                  [23]Se un flagello uccide all'improvviso, 
                  della sciagura degli innocenti egli ride. 
                  [24]La terra è lasciata in balìa del malfattore: 
                  egli vela il volto dei suoi giudici; 
                  se non lui, chi dunque sarà? 
                  [25]I miei giorni passano più veloci d'un corriere, 
                  fuggono senza godere alcun bene, 
                  [26]volano come barche di giunchi, 
                  come aquila che piomba sulla preda. 
                  [27]Se dico: «Voglio dimenticare il mio gemito, 
                  cambiare il mio volto ed essere lieto», 
                  [28]mi spavento per tutti i miei dolori; 
                  so bene che non mi dichiarerai innocente. 
                  [29]Se sono colpevole, 
                  perché affaticarmi invano? 
                  [30]Anche se mi lavassi con la neve 
                  e pulissi con la soda le mie mani, 
                  [31]allora tu mi tufferesti in un pantano 
                  e in orrore mi avrebbero le mie vesti. 
                  [32]Poiché non è uomo come me, che io possa 
                  rispondergli: 
                  «Presentiamoci alla pari in giudizio». 
                  [33]Non c'è fra noi due un arbitro 
                  che ponga la mano su noi due. 
                  [34]Allontani da me la sua verga 
                  sì che non mi spaventi il suo terrore: 
                  [35]allora io potrò parlare senza temerlo, 
                  perché così non sono in me stesso.
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                   Giobbe
                  - Capitolo 10 
                   
                  
                   
                  [1]Stanco
                  io sono della mia vita! 
                  Darò libero sfogo al mio lamento, 
                  parlerò nell'amarezza del mio cuore. 
                  [2]Dirò a Dio: Non condannarmi! 
                  Fammi sapere perché mi sei avversario. 
                  [3]E' forse bene per te opprimermi, 
                  disprezzare l'opera delle tue mani 
                  e favorire i progetti dei malvagi? 
                  [4]Hai tu forse occhi di carne 
                  o anche tu vedi come l'uomo? 
                  [5]Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un uomo, 
                  i tuoi anni come i giorni di un mortale, 
                  [6]perché tu debba scrutare la mia colpa 
                  e frugare il mio peccato, 
                  [7]pur sapendo ch'io non sono colpevole 
                  e che nessuno mi può liberare dalla tua mano? 
                  [8]Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto 
                  integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi? 
                  [9]Ricordati che come argilla mi hai plasmato 
                  e in polvere mi farai tornare. 
                  [10]Non m'hai colato forse come latte 
                  e fatto accagliare come cacio? 
                  [11]Di pelle e di carne mi hai rivestito, 
                  d'ossa e di nervi mi hai intessuto. 
                  [12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso 
                  e la tua premura ha custodito il mio spirito. 
                  [13]Eppure, questo nascondevi nel cuore, 
                  so che questo avevi nel pensiero! 
                  [14]Tu mi sorvegli, se pecco, 
                  e non mi lasci impunito per la mia colpa. 
                  [15]Se sono colpevole, guai a me! 
                  Se giusto, non oso sollevare la testa, 
                  sazio d'ignominia, come sono, ed ebbro di miseria. 
                  [16]Se la sollevo, tu come un leopardo mi dai la caccia 
                  e torni a compiere prodigi contro di me, 
                  [17]su di me rinnovi i tuoi attacchi, 
                  contro di me aumenti la tua ira 
                  e truppe sempre fresche mi assalgono. 
                  [18]Perché tu mi hai tratto dal seno materno? 
                  Fossi morto e nessun occhio m'avesse mai visto! 
                  [19]Sarei come se non fossi mai esistito; 
                  dal ventre sarei stato portato alla tomba! 
                  [20]E non son poca cosa i giorni della mia vita? 
                  Lasciami, sì ch'io possa respirare un poco 
                  [21]prima che me ne vada, senza ritornare, 
                  verso la terra delle tenebre e dell'ombra di morte, 
                  [22]terra di caligine e di disordine, 
                  dove la luce è come le tenebre. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 11 
                   
                  
                   
                  La
                  sapienza di Dio provoca il riconoscimento di Giobbe
                  
                  
                  [1]Allora
                  Zofar il Naamatita prese la parola e disse: 
                  
                   
                  [2]A
                  tante parole non si darà risposta? 
                  O il loquace dovrà aver ragione? 
                  [3]I tuoi sproloqui faranno tacere la gente? 
                  Ti farai beffe, senza che alcuno ti svergogni? 
                  [4]Tu dici: «Pura è la mia condotta, 
                  io sono irreprensibile agli occhi di lui». 
                  [5]Tuttavia, volesse Dio parlare 
                  e aprire le labbra contro di te, 
                  [6]per manifestarti i segreti della sapienza, 
                  che sono così difficili all'intelletto, 
                  allora sapresti che Dio ti condona parte della tua 
                  colpa. 
                  [7]Credi tu di scrutare l'intimo di Dio 
                  o di penetrare la perfezione dell'Onnipotente? 
                  [8]E' più alta del cielo: che cosa puoi fare? 
                  E' più profonda degli inferi: che ne sai? 
                  [9]Più lunga della terra ne è la dimensione, 
                  più vasta del mare. 
                  [10]Se egli assale e imprigiona 
                  e chiama in giudizio, chi glielo può impedire? 
                  [11]Egli conosce gli uomini fallaci, 
                  vede l'iniquità e l'osserva: 
                  [12]l'uomo stolto mette giudizio 
                  e da ònagro indomito diventa docile. 
                  [13]Ora, se tu a Dio dirigerai il cuore 
                  e tenderai a lui le tue palme, 
                  [14]se allontanerai l'iniquità che è nella tua mano 
                  e non farai abitare l'ingiustizia nelle tue tende, 
                  [15]allora potrai alzare la faccia senza macchia 
                  e sarai saldo e non avrai timori, 
                  [16]perché dimenticherai l'affanno 
                  e te ne ricorderai come di acqua passata; 
                  [17]più del sole meridiano splenderà la tua vita, 
                  l'oscurità sarà per te come l'aurora. 
                  [18]Ti terrai sicuro per ciò che ti attende 
                  e, guardandoti attorno, riposerai tranquillo. 
                  [19]Ti coricherai e nessuno ti disturberà, 
                  molti anzi cercheranno i tuoi favori. 
                  [20]Ma gli occhi dei malvagi languiranno, 
                  ogni scampo è per essi perduto, 
                  unica loro speranza è l'ultimo respiro! 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 12 
                   
                  
                   
                  La
                  sapienza di Dio si manifesta 
                  anche
                  con le devastazioni provocate dalla sua potenza
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  allora rispose: 
                  
                   
                  [2]E'
                  vero, sì, che voi siete la voce del popolo 
                  e la sapienza morirà con voi! 
                  [3]Anch'io però ho senno come voi, 
                  e non sono da meno di voi; 
                  chi non sa cose simili? 
                  [4]Ludibrio del suo amico è diventato 
                  chi grida a Dio perché gli risponda; 
                  ludibrio il giusto, l'integro! 
                  [5]«Per la sventura, disprezzo», pensa la gente
                  prosperosa, 
                  «spinte, a colui che ha il piede tremante». 
                  [6]Le tende dei ladri sono tranquille, 
                  c'è sicurezza per chi provoca Dio, 
                  per chi vuol ridurre Dio in suo potere. 
                  [7]Ma interroga pure le bestie, perché ti 
                  ammaestrino, 
                  gli uccelli del cielo, perché ti informino, 
                  [8]o i rettili della terra, perché ti istruiscano 
                  o i pesci del mare perché te lo faccian sapere. 
                  [9]Chi non sa, fra tutti questi esseri, 
                  che la mano del Signore ha fatto questo? 
                  [10]Egli ha in mano l'anima di ogni vivente 
                  e il soffio d'ogni carne umana. 
                  [11]L'orecchio non distingue forse le parole 
                  e il palato non assapora i cibi? 
                  [12]Nei canuti sta la saggezza 
                  e nella vita lunga la prudenza. 
                  [13]In lui risiede la sapienza e la forza, 
                  a lui appartiene il consiglio e la prudenza! 
                  [14]Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire, 
                  se imprigiona uno, non si può liberare. 
                  [15]Se trattiene le acque, tutto si secca, 
                  se le lascia andare, devastano la terra. 
                  [16]Da lui viene potenza e sagacia, 
                  a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore. 
                  [17]Rende stolti i consiglieri della terra, 
                  priva i giudici di senno; 
                  [18]scioglie la cintura dei re 
                  e cinge i loro fianchi d'una corda. 
                  [19]Fa andare scalzi i sacerdoti 
                  e rovescia i potenti. 
                  [20]Toglie la favella ai più veraci 
                  e priva del senno i vegliardi. 
                  [21]Sui nobili spande il disprezzo 
                  e allenta la cintura ai forti. 
                  [22]Strappa dalle tenebre i segreti 
                  e porta alla luce le cose oscure. 
                  [23]Fa grandi i popoli e li lascia perire, 
                  estende le nazioni e le abbandona. 
                  [24]Toglie il senno ai capi del paese 
                  e li fa vagare per solitudini senza strade, 
                  [25]vanno a tastoni per le tenebre, senza luce, 
                  e barcollano come ubriachi. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 13 
                   
                  
                   
                  [1]Ecco,
                  tutto questo ha visto il mio occhio, 
                  l'ha udito il mio orecchio e l'ha compreso. 
                  [2]Quel che sapete voi, lo so anch'io; 
                  non sono da meno di voi. 
                  [3]Ma io all'Onnipotente vorrei parlare, 
                  a Dio vorrei fare rimostranze. 
                  [4]Voi siete raffazzonatori di menzogne, 
                  siete tutti medici da nulla. 
                  [5]Magari taceste del tutto! 
                  sarebbe per voi un atto di sapienza! 
                  [6]Ascoltate dunque la mia riprensione 
                  e alla difesa delle mie labbra fate attenzione. 
                  [7]Volete forse in difesa di Dio dire il falso 
                  e in suo favore parlare con inganno? 
                  [8]Vorreste trattarlo con parzialità 
                  e farvi difensori di Dio? 
                  [9]Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse? 
                  Come s'inganna un uomo, credete di ingannarlo? 
                  [10]Severamente vi redarguirà, 
                  se in segreto gli siete parziali. 
                  [11]Forse la sua maestà non vi incute spavento 
                  e il terrore di lui non vi assale? 
                  [12]Sentenze di cenere sono i vostri moniti, 
                  difese di argilla le vostre difese. 
                  [13]Tacete, state lontani da me: parlerò io, 
                  mi capiti quel che capiti. 
                  [14]Voglio afferrare la mia carne con i denti 
                  e mettere sulle mie mani la mia vita. 
                  [15]Mi uccida pure, non me ne dolgo; 
                  voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta! 
                  [16]Questo mi sarà pegno di vittoria, 
                  perché un empio non si presenterebbe davanti a lui. 
                  [17]Ascoltate bene le mie parole 
                  e il mio esposto sia nei vostri orecchi. 
                  [18]Ecco, tutto ho preparato per il giudizio, 
                  son convinto che sarò dichiarato innocente. 
                  [19]Chi vuol muover causa contro di me? 
                  Perché allora tacerò, pronto a morire. 
                  [20]Solo, assicurami due cose 
                  e allora non mi sottrarrò alla tua presenza; 
                  [21]allontana da me la tua mano 
                  e il tuo terrore più non mi spaventi; 
                  [22]poi interrogami pure e io risponderò 
                  oppure parlerò io e tu mi risponderai. 
                  [23]Quante sono le mie colpe e i miei peccati? 
                  Fammi conoscere il mio misfatto e il mio peccato. 
                  [24]Perché mi nascondi la tua faccia 
                  e mi consideri come un nemico? 
                  [25]Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento 
                  e dar la caccia a una paglia secca? 
                  [26]Poiché scrivi contro di me sentenze amare 
                  e mi rinfacci i miei errori giovanili; 
                  [27]tu metti i miei piedi in ceppi, 
                  spii tutti i miei passi 
                  e ti segni le orme dei miei piedi. 
                  [28]Intanto io mi disfò come legno tarlato 
                  o come un vestito corroso da tignola. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 14 
                   
                  
                   
                  [1]L'uomo,
                  nato di donna, 
                  breve di giorni e sazio di inquietudine, 
                  [2]come un fiore spunta e avvizzisce, 
                  fugge come l'ombra e mai si ferma. 
                  [3]Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi 
                  e lo chiami a giudizio presso di te? 
                  [4]Chi può trarre il puro dall'immondo? Nessuno. 
                  [5]Se i suoi giorni sono contati, 
                  se il numero dei suoi mesi dipende da te, 
                  se hai fissato un termine che non può oltrepassare, 
                  [6]distogli lo sguardo da lui e lascialo stare 
                  finché abbia compiuto, come un salariato, la sua giornata! 
                  [7]Poiché anche per l'albero c'è speranza: 
                  se viene tagliato, ancora ributta 
                  e i suoi germogli non cessano di crescere; 
                  [8]se sotto terra invecchia la sua radice 
                  e al suolo muore il suo tronco, 
                  [9]al sentore dell'acqua rigermoglia 
                  e mette rami come nuova pianta. 
                  [10]L'uomo invece, se muore, giace inerte, 
                  quando il mortale spira, dov'è? 
                  [11]Potranno sparire le acque del mare 
                  e i fiumi prosciugarsi e disseccarsi, 
                  [12]ma l'uomo che giace più non s'alzerà, 
                  finché durano i cieli non si sveglierà, 
                  né più si desterà dal suo sonno. 
                  [13]Oh, se tu volessi nascondermi nella tomba, 
                  occultarmi, finché sarà passata la tua ira, 
                  fissarmi un termine e poi ricordarti di me! 
                  [14]Se l'uomo che muore potesse rivivere, 
                  aspetterei tutti i giorni della mia milizia 
                  finché arrivi per me l'ora del cambio! 
                  [15]Mi chiameresti e io risponderei, 
                  l'opera delle tue mani tu brameresti. 
                  [16]Mentre ora tu conti i miei passi 
                  non spieresti più il mio peccato: 
                  [17]in un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio misfatto 
                  e tu cancelleresti la mia colpa. 
                  [18]Ohimè! come un monte finisce in una frana 
                  e come una rupe si stacca dal suo posto, 
                  [19]e le acque consumano le pietre, 
                  le alluvioni portano via il terreno: 
                  così tu annienti la speranza dell'uomo. 
                  [20]Tu lo abbatti per sempre ed egli se ne va, 
                  tu sfiguri il suo volto e lo scacci. 
                  [21]Siano pure onorati i suoi figli, non lo sa; 
                  siano disprezzati, lo ignora! 
                  [22]Soltanto i suoi dolori egli sente 
                  e piange sopra di sé. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 15 
                   
                  
                   
                  2. SECONDO CICLO DI DISCORSI
                  
                  
                  Giobbe
                  si condanna con le sue stesse parole
                  
                  
                  [1]Elifaz
                  il Temanita prese a dire: 
                  
                   
                  [2]Potrebbe
                  il saggio rispondere con ragioni campate in aria 
                  e riempirsi il ventre di vento d'oriente? 
                  [3]Si difende egli con parole senza costrutto 
                  e con discorsi inutili? 
                  [4]Tu anzi distruggi la religione 
                  e abolisci la preghiera innanzi a Dio. 
                  [5]Sì, la tua malizia suggerisce alla tua bocca 
                  e scegli il linguaggio degli astuti. 
                  [6]Non io, ma la tua bocca ti condanna 
                  e le tue labbra attestano contro di te. 
                  [7]Sei forse tu il primo uomo che è nato, 
                  o, prima dei monti, sei venuto al mondo? 
                  [8]Hai avuto accesso ai segreti consigli di Dio 
                  e ti sei appropriata tu solo la sapienza? 
                  [9]Che cosa sai tu che noi non sappiamo? 
                  Che cosa capisci che da noi non si comprenda? 
                  [10]Anche fra di noi c'è il vecchio e c'è il canuto 
                  più di tuo padre, carico d'anni. 
                  [11]Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio 
                  e una parola moderata a te rivolta? 
                  [12]Perché il tuo cuore ti trasporta 
                  e perché fanno cenni i tuoi occhi, 
                  [13]quando volgi contro Dio il tuo animo 
                  e fai uscire tali parole dalla tua bocca? 
                  [14]Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro, 
                  perché si dica giusto un nato di donna? 
                  [15]Ecco, neppure dei suoi santi egli ha fiducia 
                  e i cieli non sono puri ai suoi occhi; 
                  [16]quanto meno un essere abominevole e corrotto, 
                  l'uomo, che beve l'iniquità come acqua. 
                  [17]Voglio spiegartelo, ascoltami, 
                  ti racconterò quel che ho visto, 
                  [18]quello che i saggi riferiscono, 
                  non celato ad essi dai loro padri; 
                  [19]a essi soli fu concessa questa terra, 
                  né straniero alcuno era passato in mezzo a loro. 
                  [20]Per tutti i giorni della vita il malvagio si
                  tormenta; 
                  sono contati gli anni riservati al violento. 
                  [21]Voci di spavento gli risuonano agli orecchi 
                  e in piena pace si vede assalito dal predone. 
                  [22]Non crede di potersi sottrarre alle tenebre, 
                  egli si sente destinato alla spada. 
                  [23]Destinato in pasto agli avvoltoi, 
                  sa che gli è preparata la rovina. 
                  [24]Un giorno tenebroso lo spaventa, 
                  la miseria e l'angoscia l'assalgono 
                  come un re pronto all'attacco, 
                  [25]perché ha steso contro Dio la sua mano, 
                  ha osato farsi forte contro l'Onnipotente; 
                  [26]correva contro di lui a testa alta, 
                  al riparo del curvo spessore del suo scudo; 
                  [27]poiché aveva la faccia coperta di grasso 
                  e pinguedine intorno ai suoi fianchi. 
                  [28]Avrà dimora in città diroccate, 
                  in case dove non si abita più, 
                  destinate a diventare macerie. 
                  [29]Non arricchirà, non durerà la sua fortuna, 
                  non metterà radici sulla terra. 
                  [30]Alle tenebre non sfuggirà, 
                  la vampa seccherà i suoi germogli 
                  e dal vento sarà involato il suo frutto. 
                  [31]Non confidi in una vanità fallace, 
                  perché sarà una rovina. 
                  [32]La sua fronda sarà tagliata prima del tempo 
                  e i suoi rami non rinverdiranno più. 
                  [33]Sarà spogliato come vigna della sua uva ancor
                  acerba 
                  e getterà via come ulivo i suoi fiori, 
                  [34]poiché la stirpe dell'empio è sterile 
                  e il fuoco divora le tende dell'uomo venale. 
                  [35]Concepisce malizia e genera sventura 
                  e nel suo seno alleva delusione. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 16 
                   
                  
                   
                  Dall'ingiustizia
                  degli uomini alla giustizia di Dio
                  
                  
                  [1]Allora
                  rispose: 
                  
                   
                  [2]Ne
                  ho udite gia molte di simili cose! 
                  Siete tutti consolatori molesti. 
                  [3]Non avran termine le parole campate in aria? 
                  O che cosa ti spinge a rispondere così? 
                  [4]Anch'io sarei capace di parlare come voi, 
                  se voi foste al mio posto: 
                  vi affogherei con parole 
                  e scuoterei il mio capo su di voi. 
                  [5]Vi conforterei con la bocca 
                  e il tremito delle mie labbra cesserebbe. 
                  [6]Ma se parlo, non viene impedito il mio dolore; 
                  se taccio, che cosa lo allontana da me? 
                  [7]Ora però egli m'ha spossato, fiaccato, 
                  tutto il mio vicinato mi è addosso; 
                  [8]si è costituito testimone ed è insorto contro di
                  me: 
                  il mio calunniatore mi accusa in faccia. 
                  [9]La sua collera mi dilania e mi perseguita; 
                  digrigna i denti contro di me, 
                  il mio nemico su di me aguzza gli occhi. 
                  [10]Spalancano la bocca contro di me, 
                  mi schiaffeggiano con insulti, 
                  insieme si alleano contro di me. 
                  [11]Dio mi consegna come preda all'empio, 
                  e mi getta nelle mani dei malvagi. 
                  [12]Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato, 
                  mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; 
                  ha fatto di me il suo bersaglio. 
                  [13]I suoi arcieri mi circondano; 
                  mi trafigge i fianchi senza pietà, 
                  versa a terra il mio fiele, 
                  [14]mi apre ferita su ferita, 
                  mi si avventa contro come un guerriero. 
                  [15]Ho cucito un sacco sulla mia pelle 
                  e ho prostrato la fronte nella polvere. 
                  [16]La mia faccia è rossa per il pianto 
                  e sulle mie palpebre v'è una fitta oscurità. 
                  [17]Non c'è violenza nelle mie mani 
                  e pura è stata la mia preghiera. 
                  [18]O terra, non coprire il mio sangue 
                  e non abbia sosta il mio grido! 
                  [19]Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei cieli, 
                  il mio mallevadore è lassù; 
                  [20]miei avvocati presso Dio sono i miei lamenti, 
                  mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio, 
                  [21]perché difenda l'uomo davanti a Dio, 
                  come un mortale fa con un suo amico; 
                  [22]poiché passano i miei anni contati 
                  e io me ne vado per una via senza ritorno. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 17 
                   
                  
                   
                  [1]Il
                  mio spirito vien meno, 
                  i miei giorni si spengono; 
                  non c'è per me che la tomba! 
                  [2]Non sono io in balìa di beffardi? 
                  Fra i loro insulti veglia il mio occhio. 
                  [3]Sii tu la mia garanzia presso di te! 
                  Qual altro vorrebbe stringermi la destra? 
                  [4]Poiché hai privato di senno la loro mente, 
                  per questo non li lascerai trionfare. 
                  [5]Come chi invita gli amici a parte del suo pranzo, 
                  mentre gli occhi dei suoi figli languiscono; 
                  [6]così son diventato ludibrio dei popoli 
                  sono oggetto di scherno davanti a loro. 
                  [7]Si offusca per il dolore il mio occhio 
                  e le mie membra non sono che ombra. 
                  [8]Gli onesti ne rimangono stupiti 
                  e l'innocente s'indigna contro l'empio. 
                  [9]Ma il giusto si conferma nella sua condotta 
                  e chi ha le mani pure raddoppia il coraggio. 
                  [10]Su, venite di nuovo tutti: 
                  io non troverò un saggio fra di voi. 
                  [11]I miei giorni sono passati, svaniti i miei
                  progetti, 
                  i voti del mio cuore. 
                  [12]Cambiano la notte in giorno, 
                  la luce - dicono - è più vicina delle tenebre. 
                  [13]Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la mia
                  casa, 
                  nelle tenebre distendo il mio giaciglio. 
                  [14]Al sepolcro io grido: «Padre mio sei tu!» 
                  e ai vermi: «Madre mia, sorelle mie voi siete!». 
                  [15]E la mia speranza dov'è? 
                  Il mio benessere chi lo vedrà? 
                  [16]Scenderanno forse con me nella tomba 
                  o caleremo insieme nella polvere! 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 18 
                   
                  
                   
                  La
                  collera non può nulla contro la giustizia
                  
                  
                  [1]Bildad
                  il Suchita prese a dire: 
                  
                   
                  [2]Quando
                  porrai fine alle tue chiacchiere? 
                  Rifletti bene e poi parleremo. 
                  [3]Perché considerarci come bestie, 
                  ci fai passare per bruti ai tuoi occhi? 
                  [4]Tu che ti rodi l'anima nel tuo furore, 
                  forse per causa tua sarà abbandonata la terra 
                  e le rupi si staccheranno dal loro posto? 
                  [5]Certamente la luce del malvagio si spegnerà 
                  e più non brillerà la fiamma del suo focolare. 
                  [6]La luce si offuscherà nella sua tenda 
                  e la lucerna si estinguerà sopra di lui. 
                  [7]Il suo energico passo s'accorcerà 
                  e i suoi progetti lo faran precipitare, 
                  [8]poiché incapperà in una rete con i suoi piedi 
                  e sopra un tranello camminerà. 
                  [9]Un laccio l'afferrerà per il calcagno, 
                  un nodo scorsoio lo stringerà. 
                  [10]Gli è nascosta per terra una fune 
                  e gli è tesa una trappola sul sentiero. 
                  [11]Lo spaventano da tutte le parti terrori 
                  e lo inseguono alle calcagna. 
                  [12]Diventerà carestia la sua opulenza 
                  e la rovina è lì in piedi al suo fianco. 
                  [13]Un malanno divorerà la sua pelle, 
                  roderà le sue membra il primogenito della morte. 
                  [14]Sarà tolto dalla tenda in cui fidava, 
                  per essere trascinato al re dei terrori! 
                  [15]Potresti abitare nella tenda che non è più sua; 
                  sulla sua dimora si spargerà zolfo. 
                  [16]Al di sotto, le sue radici si seccheranno, 
                  sopra, saranno tagliati i suoi rami. 
                  [17]Il suo ricordo sparirà dalla terra 
                  e il suo nome più non si udrà per la contrada. 
                  [18]Lo getteranno dalla luce nel buio 
                  e dal mondo lo stermineranno. 
                  [19]Non famiglia, non discendenza avrà nel suo popolo, 
                  non superstiti nei luoghi della sua dimora. 
                  [20]Della sua fine stupirà l'occidente 
                  e l'oriente ne prenderà orrore. 
                  [21]Ecco qual è la sorte dell'iniquo: 
                  questa è la dimora di chi misconosce Dio. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 19 
                   
                  
                   
                  Il
                  trionfo della fede nell'abbandono di Dio e degli uomini
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  allora rispose: 
                  
                   
                  [2]Fino a
                  quando mi tormenterete 
                  e mi opprimerete con le vostre parole? 
                  [3]Son dieci volte che mi insultate 
                  e mi maltrattate senza pudore. 
                  [4]E' poi vero che io abbia mancato 
                  e che persista nel mio errore? 
                  [5]Non è forse vero che credete di vincere contro di
                  me, 
                  rinfacciandomi la mia abiezione? 
                  [6]Sappiate dunque che Dio mi ha piegato 
                  e mi ha avviluppato nella sua rete. 
                  [7]Ecco, grido contro la violenza, ma non ho risposta, 
                  chiedo aiuto, ma non c'è giustizia! 
                  [8]Mi ha sbarrato la strada perché non passi 
                  e sul mio sentiero ha disteso le tenebre. 
                  [9]Mi ha spogliato della mia gloria 
                  e mi ha tolto dal capo la corona. 
                  [10]Mi ha disfatto da ogni parte e io sparisco, 
                  mi ha strappato, come un albero, la speranza. 
                  [11]Ha acceso contro di me la sua ira 
                  e mi considera come suo nemico. 
                  [12]Insieme sono accorse le sue schiere 
                  e si sono spianata la strada contro di me; 
                  hanno posto l'assedio intorno alla mia tenda. 
                  [13]I miei fratelli si sono allontanati da me, 
                  persino gli amici mi si sono fatti stranieri. 
                  [14]Scomparsi sono vicini e conoscenti, 
                  mi hanno dimenticato gli ospiti di casa; 
                  [15]da estraneo mi trattano le mie ancelle, 
                  un forestiero sono ai loro occhi. 
                  [16]Chiamo il mio servo ed egli non risponde, 
                  devo supplicarlo con la mia bocca. 
                  [17]Il mio fiato è ripugnante per mia moglie 
                  e faccio schifo ai figli di mia madre. 
                  [18]Anche i monelli hanno ribrezzo di me: 
                  se tento d'alzarmi, mi danno la baia. 
                  [19]Mi hanno in orrore tutti i miei confidenti: 
                  quelli che amavo si rivoltano contro di me. 
                  [20]Alla pelle si attaccano le mie ossa 
                  e non è salva che la pelle dei miei denti. 
                  [21]Pietà, pietà di me, almeno voi miei amici, 
                  perché la mano di Dio mi ha percosso! 
                  [22]Perché vi accanite contro di me, come Dio, 
                  e non siete mai sazi della mia carne? 
                  [23]Oh, se le mie parole si scrivessero, 
                  se si fissassero in un libro, 
                  [24]fossero impresse con stilo di ferro sul piombo, 
                  per sempre s'incidessero sulla roccia! 
                  [25]Io lo so che il mio Vendicatore è vivo 
                  e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! 
                  [26]Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, 
                  senza la mia carne, vedrò Dio. 
                  [27]Io lo vedrò, io stesso, 
                  e i miei occhi lo contempleranno non da straniero. 
                  Le mie viscere si consumano dentro di me. 
                  [28]Poiché dite: «Come lo perseguitiamo noi, 
                  se la radice del suo danno è in lui?», 
                  [29]temete per voi la spada, 
                  poiché punitrice d'iniquità è la spada, 
                  affinché sappiate che c'è un giudice.
                      | 
               
              
                | 
                   Giobbe
                  - Capitolo 20 
                   
                  
                   
                  L'ordine
                  della giustizia non ammette eccezioni
                  
                  
                  [1]Zofar
                  il Naamatita prese a dire: 
                  
                   
                  [2]Per
                  questo i miei pensieri mi spingono a rispondere 
                  e perciò v'è questa fretta dentro di me. 
                  [3]Ho ascoltato un rimprovero per me offensivo, 
                  ma uno spirito, dal mio interno, mi spinge a 
                  replicare. 
                  [4]Non sai tu che da sempre, 
                  da quando l'uomo fu posto sulla terra, 
                  [5]il trionfo degli empi è breve 
                  e la gioia del perverso è d'un istante? 
                  [6]Anche se innalzasse fino al cielo la sua statura 
                  e il suo capo toccasse le nubi, 
                  [7]come lo sterco sarebbe spazzato per sempre 
                  e chi lo aveva visto direbbe: «Dov'è?». 
                  [8]Svanirà come un sogno, e non si troverà più, 
                  si dileguerà come visione notturna. 
                  [9]L'occhio avvezzo a vederlo più non lo vedrà, 
                  né più lo scorgerà la sua dimora. 
                  [10]I suoi figli dovranno risarcire i poveri, 
                  le loro mani restituiranno le sue ricchezze. 
                  [11]Le sue ossa erano ancora piene di giovinezza, 
                  ma con lui giacciono nella polvere. 
                  [12]Se alla sua bocca fu dolce il male, 
                  se lo teneva nascosto sotto la sua lingua, 
                  [13]assaporandolo senza inghiottirlo, 
                  se lo tratteneva in mezzo al suo palato: 
                  [14]il suo cibo gli si guasterà nelle viscere, 
                  veleno d'aspidi gli sarà nell'intestino. 
                  [15]I beni divorati ora rivomita, 
                  Dio glieli caccia fuori dal ventre. 
                  [16]Veleno d'aspide ha succhiato, 
                  una lingua di vipera lo uccide. 
                  [17]Non vedrà più ruscelli d'olio, 
                  fiumi di miele e fior di latte; 
                  [18]renderà i sudati acquisti senza assaggiarli, 
                  come non godrà del frutto del suo commercio, 
                  [19]perché ha oppresso e abbandonato i miseri, 
                  ha rubato case invece di costruirle; 
                  [20]perché non ha saputo essere pago dei suoi beni, 
                  con i suoi tesori non si salverà. 
                  [21]Nulla è sfuggito alla sua voracità, 
                  per questo non durerà il suo benessere. 
                  [22]Nel colmo della sua abbondanza si troverà in
                  miseria; 
                  ogni sorta di sciagura piomberà su di lui. 
                  [23]Quando starà per riempire il suo ventre, 
                  Dio scaglierà su di lui la fiamma del suo sdegno, 
                  e gli farà piovere addosso brace. 
                  [24]Se sfuggirà l'arma di ferro, 
                  lo trafiggerà l'arco di bronzo: 
                  [25]gli uscirà il dardo dalla schiena, 
                  una spada lucente dal fegato. 
                  Lo assaliranno i terrori; 
                  [26]tutte le tenebre gli sono riservate. 
                  Lo divorerà un fuoco non acceso da un uomo, 
                  esso consumerà quanto è rimasto nella sua tenda. 
                  [27]Riveleranno i cieli la sua iniquità 
                  e la terra si alzerà contro di lui. 
                  [28]Un'alluvione travolgerà la sua casa, 
                  scorrerà nel giorno dell'ira. 
                  [29]Questa è la sorte che Dio riserva all'uomo 
                  perverso, 
                  la parte a lui decretata da Dio. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 21 
                   
                  
                   
                  La
                  smentita dei fatti
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  rispose: 
                  
                   
                  [2]Ascoltate
                  bene la mia parola 
                  e sia questo almeno il conforto che mi date. 
                  [3]Tollerate che io parli 
                  e, dopo il mio parlare, deridetemi pure. 
                  [4]Forse io mi lamento di un uomo? 
                  E perché non dovrei perder la pazienza? 
                  [5]Statemi attenti e resterete stupiti, 
                  mettetevi la mano sulla bocca. 
                  [6]Se io ci penso, ne sono turbato 
                  e la mia carne è presa da un brivido. 
                  [7]Perché vivono i malvagi, 
                  invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi? 
                  [8]La loro prole prospera insieme con essi, 
                  i loro rampolli crescono sotto i loro occhi. 
                  [9]Le loro case sono tranquille e senza timori; 
                  il bastone di Dio non pesa su di loro. 
                  [10]Il loro toro feconda e non falla, 
                  la vacca partorisce e non abortisce. 
                  [11]Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi 
                  e i loro figli saltano in festa. 
                  [12]Cantano al suono di timpani e di cetre, 
                  si divertono al suono delle zampogne. 
                  [13]Finiscono nel benessere i loro giorni 
                  e scendono tranquilli negli inferi. 
                  [14]Eppure dicevano a Dio: «Allontanati da noi, 
                  non vogliamo conoscer le tue vie. 
                  [15]Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo? 
                  E che ci giova pregarlo?». 
                  [16]Non hanno forse in mano il loro benessere? 
                  Il consiglio degli empi non è lungi da lui? 
                  [17]Quante volte si spegne la lucerna degli empi, 
                  o la sventura piomba su di loro, 
                  e infliggerà loro castighi con ira? 
                  [18]Diventano essi come paglia di fronte al vento 
                  o come pula in preda all'uragano? 
                  [19]«Dio serba per i loro figli il suo castigo...». 
                  Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta! 
                  [20]Veda con i suoi occhi la sua rovina 
                  e beva dell'ira dell'Onnipotente! 
                  [21]Che cosa gli importa infatti della sua casa dopo di
                  sé, 
                  quando il numero dei suoi mesi è finito? 
                  [22]S'insegna forse la scienza a Dio, 
                  a lui che giudica gli esseri di lassù? 
                  [23]Uno muore in piena salute, 
                  tutto tranquillo e prospero; 
                  [24]i suoi fianchi sono coperti di grasso 
                  e il midollo delle sue ossa è ben nutrito. 
                  [25]Un altro muore con l'amarezza in cuore 
                  senza aver mai gustato il bene. 
                  [26]Nella polvere giacciono insieme 
                  e i vermi li ricoprono. 
                  [27]Ecco, io conosco i vostri pensieri 
                  e gli iniqui giudizi che fate contro di me! 
                  [28]Infatti, voi dite: «Dov'è la casa del prepotente, 
                  dove sono le tende degli empi?». 
                  [29]Non avete interrogato quelli che viaggiano? 
                  Non potete negare le loro prove, 
                  [30]che nel giorno della sciagura è risparmiato il
                  malvagio 
                  e nel giorno dell'ira egli la scampa. 
                  [31]Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta 
                  e di quel che ha fatto chi lo ripaga? 
                  [32]Egli sarà portato al sepolcro, 
                  sul suo tumulo si veglia 
                  [33]e gli sono lievi le zolle della tomba. 
                  Trae dietro di sé tutti gli uomini 
                  e innanzi a sé una folla senza numero. 
                  [34]Perché dunque mi consolate invano, 
                  mentre delle vostre risposte non resta che inganno? 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 22 
                   
                  
                   
                  3. TERZO CICLO DI DISCORSI
                  
                  
                  Dio
                  castiga solo in nome della giustizia
                  
                  
                  [1]Elifaz
                  il Temanita prese a dire: 
                  
                   
                  [2]Può
                  forse l'uomo giovare a Dio, 
                  se il saggio giova solo a se stesso? 
                  [3]Quale interesse ne viene all'Onnipotente che tu sia
                  giusto 
                  o che vantaggio ha, se tieni una condotta integra? 
                  [4]Forse per la tua pietà ti punisce 
                  e ti convoca in giudizio? 
                  [5]O non piuttosto per la tua grande malvagità 
                  e per le tue iniquità senza limite? 
                  [6]Senza motivo infatti hai angariato i tuoi fratelli 
                  e delle vesti hai spogliato gli ignudi. 
                  [7]Non hai dato da bere all'assetato 
                  e all'affamato hai rifiutato il pane, 
                  [8]la terra l'ha il prepotente 
                  e vi abita il tuo favorito. 
                  [9]Le vedove hai rimandato a mani vuote 
                  e le braccia degli orfani hai rotto. 
                  [10]Ecco perché d'intorno a te ci sono lacci 
                  e un improvviso spavento ti sorprende. 
                  [11]Tenebra è la tua luce e più non vedi 
                  e la piena delle acque ti sommerge. 
                  [12]Ma Dio non è nell'alto dei cieli? 
                  Guarda il vertice delle stelle: quanto sono alte! 
                  [13]E tu dici: «Che cosa sa Dio? 
                  Può giudicare attraverso la caligine? 
                  [14]Le nubi gli fanno velo e non vede 
                  e sulla volta dei cieli passeggia». 
                  [15]Vuoi tu seguire il sentiero d'un tempo, 
                  gia battuto da uomini empi, 
                  [16]che prima del tempo furono portati via, 
                  quando un fiume si era riversato sulle loro fondamenta? 
                  [17]Dicevano a Dio: «Allontànati da noi! 
                  Che cosa ci può fare l'Onnipotente?». 
                  [18]Eppure egli aveva riempito le loro case di beni, 
                  anche se i propositi degli empi erano lontani da lui. 
                  [19]I giusti ora vedono e ne godono 
                  e l'innocente si beffa di loro: 
                  [20]«Sì, certo è stata annientata la loro fortuna 
                  e il fuoco ne ha divorati gli avanzi!». 
                  [21]Su, riconcìliati con lui e tornerai felice, 
                  ne riceverai un gran vantaggio. 
                  [22]Accogli la legge dalla sua bocca 
                  e poni le sue parole nel tuo cuore. 
                  [23]Se ti rivolgerai all'Onnipotente con umiltà, 
                  se allontanerai l'iniquità dalla tua tenda, 
                  [24]se stimerai come polvere l'oro 
                  e come ciottoli dei fiumi l'oro di Ofir, 
                  [25]allora sarà l'Onnipotente il tuo oro 
                  e sarà per te argento a mucchi. 
                  [26]Allora sì, nell'Onnipotente ti delizierai 
                  e alzerai a Dio la tua faccia. 
                  [27]Lo supplicherai ed egli t'esaudirà 
                  e tu scioglierai i tuoi voti. 
                  [28]Deciderai una cosa e ti riuscirà 
                  e sul tuo cammino splenderà la luce. 
                  [29]Egli umilia l'alterigia del superbo, 
                  ma soccorre chi ha gli occhi bassi. 
                  [30]Egli libera l'innocente; 
                  tu sarai liberato per la purezza delle tue mani. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 23 
                   
                  
                   
                  Dio
                  è lontano e il male trionfa
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  allora rispose: 
                  
                   
                  [2]Ancor
                  oggi il mio lamento è amaro 
                  e la sua mano grava sopra i miei gemiti. 
                  [3]Oh, potessi sapere dove trovarlo, 
                  potessi arrivare fino al suo trono! 
                  [4]Esporrei davanti a lui la mia causa 
                  e avrei piene le labbra di ragioni. 
                  [5]Verrei a sapere le parole che mi risponde 
                  e capirei che cosa mi deve dire. 
                  [6]Con sfoggio di potenza discuterebbe con me? 
                  Se almeno mi ascoltasse! 
                  [7]Allora un giusto discuterebbe con lui 
                  e io per sempre sarei assolto dal mio giudice. 
                  [8]Ma se vado in avanti, egli non c'è, 
                  se vado indietro, non lo sento. 
                  [9]A sinistra lo cerco e non lo scorgo, 
                  mi volgo a destra e non lo vedo. 
                  [10]Poiché egli conosce la mia condotta, 
                  se mi prova al crogiuolo, come oro puro io ne esco. 
                  [11]Alle sue orme si è attaccato il mio piede, 
                  al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato; 
                  [12]dai comandi delle sue labbra non mi sono
                  allontanato, 
                  nel cuore ho riposto i detti della sua bocca. 
                  [13]Se egli sceglie, chi lo farà cambiare? 
                  Ciò che egli vuole, lo fa. 
                  [14]Compie, certo, il mio destino 
                  e di simili piani ne ha molti. 
                  [15]Per questo davanti a lui sono atterrito, 
                  ci penso e ho paura di lui. 
                  [16]Dio ha fiaccato il mio cuore, 
                  l'Onnipotente mi ha atterrito; 
                  [17]non sono infatti perduto a causa della tenebra, 
                  né a causa dell'oscurità che ricopre il mio volto. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 24 
                   
                  
                   
                  [1]Perché
                  l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi 
                  e i suoi fedeli non vedono i suoi giorni? 
                  [2]I malvagi spostano i confini, 
                  rubano le greggi e le menano al pascolo; 
                  [3]portano via l'asino degli orfani, 
                  prendono in pegno il bue della vedova. 
                  [4]Spingono i poveri fuori strada, 
                  tutti i miseri del paese vanno a nascondersi. 
                  [5]Eccoli, come ònagri nel deserto 
                  escono per il lavoro; 
                  di buon mattino vanno in cerca di vitto; 
                  la steppa offre loro cibo per i figli. 
                  [6]Mietono nel campo non loro; 
                  racimolano la vigna del malvagio. 
                  [7]Nudi passan la notte, senza panni, 
                  non hanno da coprirsi contro il freddo. 
                  [8]Dagli scrosci dei monti sono bagnati, 
                  per mancanza di rifugi si aggrappano alle rocce. 
                  [9]Rapiscono con violenza l'orfano 
                  e prendono in pegno ciò che copre il povero. 
                  [10]Ignudi se ne vanno, senza vesti 
                  e affamati portano i covoni. 
                  [11]Tra i filari frangono le olive, 
                  pigiano l'uva e soffrono la sete. 
                  [12]Dalla città si alza il gemito dei moribondi 
                  e l'anima dei feriti grida aiuto: 
                  Dio non presta attenzione alle loro preghiere. 
                  [13]Altri odiano la luce, 
                  non ne vogliono riconoscere le vie 
                  né vogliono batterne i sentieri. 
                  [14]Quando non c'è luce, si alza l'omicida 
                  per uccidere il misero e il povero; 
                  nella notte si aggira il ladro 
                  e si mette un velo sul volto. 
                  [15]L'occhio dell'adultero spia il buio 
                  e pensa: «Nessun occhio mi osserva!». 
                  [16]Nelle tenebre forzano le case, 
                  di giorno se ne stanno nascosti: 
                  non vogliono saperne della luce; 
                  [17]l'alba è per tutti loro come spettro di morte; 
                  quando schiarisce, provano i terrori del buio fondo. 
                  [18]Fuggono veloci di fronte al giorno; 
                  maledetta è la loro porzione di campo sulla terra, 
                  non si volgono più per la strada delle vigne. 
                  [19]Come siccità e calore assorbono le acque nevose, 
                  così la morte rapisce il peccatore. 
                  [20]Il seno che l'ha portato lo dimentica, 
                  i vermi ne fanno la loro delizia, 
                  non se ne conserva la memoria 
                  ed è troncata come un albero l'iniquità. 
                  [21]Egli maltratta la sterile che non genera 
                  e non fa del bene alla vedova. 
                  [22]Ma egli con la sua forza trascina i potenti, 
                  sorge quando più non può contare sulla vita. 
                  [23]Anche Dio gli concede sicurezza ed egli sta saldo, 
                  ma i suoi occhi sono sopra la sua condotta. 
                  [24]Salgono in alto per un poco, poi non sono più, 
                  sono buttati giù come tutti i mortali, 
                  falciati come la testa di una spiga. 
                  [25]Non è forse così? Chi può smentirmi 
                  e ridurre a nulla le mie parole? 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 25 
                   
                  
                   
                  Inno
                  all'onnipotenza di Dio
                  
                  
                  [1]Bildad
                  il Suchita prese a dire: 
                  
                   
                  [2]V'è
                  forse dominio e paura presso Colui 
                  Che mantiene la pace nell'alto dei cieli? 
                  [3]Si possono forse contare le sue schiere? 
                  E sopra chi non sorge la sua luce? 
                  [4]Come può giustificarsi un uomo davanti a Dio 
                  e apparire puro un nato di donna? 
                  [5]Ecco, la luna stessa manca di chiarore 
                  e le stelle non sono pure ai suoi occhi: 
                  [6]quanto meno l'uomo, questo verme, 
                  l'essere umano, questo bruco! 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 26 
                   
                  
                   
                  Bildad
                  parla all'aria
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  rispose: 
                  
                   
                  [2]Quanto
                  aiuto hai dato al debole 
                  e come hai soccorso il braccio senza forza! 
                  [3]Quanti buoni consigli hai dato all'ignorante 
                  e con quanta abbondanza hai manifestato la saggezza! 
                  [4]A chi hai tu rivolto la parola 
                  e qual è lo spirito che da te è uscito? 
                  [5]I morti tremano sotto terra, 
                  come pure le acque e i loro abitanti. 
                  [6]Nuda è la tomba davanti a lui 
                  e senza velo è l'abisso. 
                  [7]Egli stende il settentrione sopra il vuoto, 
                  tiene sospesa la terra sopra il nulla. 
                  [8]Rinchiude le acque dentro le nubi, 
                  e le nubi non si squarciano sotto il loro peso. 
                  [9]Copre la vista del suo trono 
                  stendendovi sopra la sua nube. 
                  [10]Ha tracciato un cerchio sulle acque, 
                  sino al confine tra la luce e le tenebre. 
                  [11]Le colonne del cielo si scuotono, 
                  sono prese da stupore alla sua minaccia. 
                  [12]Con forza agita il mare 
                  e con intelligenza doma Raab. 
                  [13]Al suo soffio si rasserenano i cieli, 
                  la sua mano trafigge il serpente tortuoso. 
                  [14]Ecco, questi non sono che i margini delle sue
                  opere; 
                  quanto lieve è il sussurro che noi ne percepiamo! 
                  Ma il tuono della sua potenza chi può comprenderlo? 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 27 
                   
                  
                   
                  Giobbe,
                  innocente, conosce la potenza di Dio
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  continuò a dire: 
                  
                   
                  [2]Per
                  la vita di Dio, che mi ha privato del mio 
                  diritto, 
                  per l'Onnipotente che mi ha amareggiato l'animo, 
                  [3]finché ci sarà in me un soffio di vita, 
                  e l'alito di Dio nelle mie narici, 
                  [4]mai le mie labbra diranno falsità 
                  e la mia lingua mai pronunzierà menzogna! 
                  [5]Lungi da me che io mai vi dia ragione; 
                  fino alla morte non rinunzierò alla mia integrità. 
                  [6]Mi terrò saldo nella mia giustizia senza cedere, 
                  la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei miei giorni. 
                  [7]Sia trattato come reo il mio nemico 
                  e il mio avversario come un ingiusto. 
                  [8]Che cosa infatti può sperare l'empio, quando finirà, 
                  quando Dio gli toglierà la vita? 
                  [9]Ascolterà forse Dio il suo grido, 
                  quando la sventura piomberà su di lui? 
                  [10]Porrà forse la sua compiacenza nell'Onnipotente? 
                  Potrà forse invocare Dio in ogni momento? 
                  [11]Io vi mostrerò la mano di Dio, 
                  non vi celerò i pensieri dell'Onnipotente. 
                  [12]Ecco, voi tutti lo vedete; 
                  perché dunque vi perdete in cose vane? 
                  
                   
                  Discorso
                  di Zofar: Il maledetto
                  
                  
                  [13]Questa
                  è la sorte che Dio riserva al malvagio 
                  e la porzione che i violenti ricevono dall'Onnipotente. 
                  [14]Se ha molti figli, saranno per la spada 
                  e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi; 
                  [15]i superstiti li seppellirà la peste 
                  e le loro vedove non faranno lamento. 
                  [16]Se ammassa argento come la polvere 
                  e come fango si prepara vesti: 
                  [17]egli le prepara, ma il giusto le indosserà 
                  e l'argento lo spartirà l'innocente. 
                  [18]Ha costruito la casa come fragile nido 
                  e come una capanna fatta da un guardiano. 
                  [19]Si corica ricco, ma per l'ultima volta, 
                  quando apre gli occhi, non avrà più nulla. 
                  [20]Di giorno il terrore lo assale, 
                  di notte se lo rapisce il turbine; 
                  [21]il vento d'oriente lo solleva e se ne va, 
                  lo strappa lontano dal suo posto. 
                  [22]Dio lo bersaglia senza pietà; 
                  tenta di sfuggire alla sua mano. 
                  [23]Si battono le mani contro di lui 
                  e si fischia su di lui dal luogo dove abita. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 28 
                   
                  
                   
                  4. ELOGIO DELLA SAPIENZA
                  
                  
                  La
                  sapienza inaccessibile all'uomo
                  
                  
                  [1]Certo,
                  per l'argento vi sono miniere 
                  e per l'oro luoghi dove esso si raffina. 
                  [2]Il ferro si cava dal suolo 
                  e la pietra fusa libera il rame. 
                  [3]L'uomo pone un termine alle tenebre 
                  e fruga fino all'estremo limite 
                  le rocce nel buio più fondo. 
                  [4]Forano pozzi lungi dall'abitato 
                  coloro che perdono l'uso dei piedi: 
                  pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano. 
                  [5]Una terra, da cui si trae pane, 
                  di sotto è sconvolta come dal fuoco. 
                  [6]Le sue pietre contengono zaffiri 
                  e oro la sua polvere. 
                  [7]L'uccello rapace ne ignora il sentiero, 
                  non lo scorge neppure l'occhio dell'aquila, 
                  [8]non battuto da bestie feroci, 
                  né mai attraversato dal leopardo. 
                  [9]Contro la selce l'uomo porta la mano, 
                  sconvolge le montagne: 
                  [10]nelle rocce scava gallerie 
                  e su quanto è prezioso posa l'occhio: 
                  [11]scandaglia il fondo dei fiumi 
                  e quel che vi è nascosto porta alla luce. 
                  [12]Ma la sapienza da dove si trae? 
                  E il luogo dell'intelligenza dov'è? 
                  [13]L'uomo non ne conosce la via, 
                  essa non si trova sulla terra dei viventi. 
                  [14]L'abisso dice: «Non è in me!» 
                  e il mare dice: «Neppure presso di me!». 
                  [15]Non si scambia con l'oro più scelto, 
                  né per comprarla si pesa l'argento. 
                  [16]Non si acquista con l'oro di Ofir, 
                  con il prezioso berillo o con lo zaffiro. 
                  [17]Non la pareggia l'oro e il cristallo, 
                  né si permuta con vasi di oro puro. 
                  [18]Coralli e perle non meritano menzione, 
                  vale più scoprire la sapienza che le gemme. 
                  [19]Non la eguaglia il topazio d'Etiopia; 
                  con l'oro puro non si può scambiare a peso. 
                  [20]Ma da dove viene la sapienza? 
                  E il luogo dell'intelligenza dov'è? 
                  [21]E' nascosta agli occhi di ogni vivente 
                  ed è ignota agli uccelli del cielo. 
                  [22]L'abisso e la morte dicono: 
                  «Con gli orecchi ne udimmo la fama». 
                  [23]Dio solo ne conosce la via, 
                  lui solo sa dove si trovi, 
                  [24]perché volge lo sguardo 
                  fino alle estremità della terra, 
                  vede quanto è sotto la volta del cielo. 
                  [25]Quando diede al vento un peso 
                  e ordinò alle acque entro una misura, 
                  [26]quando impose una legge alla pioggia 
                  e una via al lampo dei tuoni; 
                  [27]allora la vide e la misurò, 
                  la comprese e la scrutò appieno 
                  [28]e disse all'uomo: 
                  «Ecco, temere Dio, questo è sapienza 
                  e schivare il male, questo è intelligenza». 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 29 
                   
                  
                   
                  5. CONCLUSIONE DEL DIALOGO
                  
                  
                  Lamenti
                  e apologia di Giobbe:
                  
                  
                  A.
                  I giorni passati
                  
                  
                  [1]Giobbe
                  continuò a pronunziare le sue sentenze e disse: 
                  
                   
                  [2]Oh,
                  potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo, 
                  ai giorni in cui Dio mi proteggeva, 
                  [3]quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo 
                  e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre; 
                  [4]com'ero ai giorni del mio autunno, 
                  quando Dio proteggeva la mia tenda, 
                  [5]quando l'Onnipotente era ancora con me 
                  e i giovani mi stavano attorno; 
                  [6]quando mi lavavo in piedi nel latte 
                  e la roccia mi versava ruscelli d'olio! 
                  [7]Quando uscivo verso la porta della città 
                  e sulla piazza ponevo il mio seggio: 
                  [8]vedendomi, i giovani si ritiravano 
                  e i vecchi si alzavano in piedi; 
                  [9]i notabili sospendevano i discorsi 
                  e si mettevan la mano sulla bocca; 
                  [10]la voce dei capi si smorzava 
                  e la loro lingua restava fissa al palato; 
                  [11]con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felice, 
                  con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza, 
                  [12]perché soccorrevo il povero che chiedeva aiuto, 
                  l'orfano che ne era privo. 
                  [13]La benedizione del morente scendeva su di me 
                  e al cuore della vedova infondevo la gioia. 
                  [14]Mi ero rivestito di giustizia come di un
                  vestimento; 
                  come mantello e turbante era la mia equità. 
                  [15]Io ero gli occhi per il cieco, 
                  ero i piedi per lo zoppo. 
                  [16]Padre io ero per i poveri 
                  ed esaminavo la causa dello sconosciuto; 
                  [17]rompevo la mascella al perverso 
                  e dai suoi denti strappavo la preda. 
                  [18]Pensavo: «Spirerò nel mio nido 
                  e moltiplicherò come sabbia i miei giorni». 
                  [19]La mia radice avrà adito alle acque 
                  e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo. 
                  [20]La mia gloria sarà sempre nuova 
                  e il mio arco si rinforzerà nella mia mano. 
                  [21]Mi ascoltavano in attesa fiduciosa 
                  e tacevano per udire il mio consiglio. 
                  [22]Dopo le mie parole non replicavano 
                  e su di loro scendevano goccia a goccia i miei detti. 
                  [23]Mi attendevano come si attende la pioggia 
                  e aprivano la bocca come ad acqua primaverile. 
                  [24]Se a loro sorridevo, non osavano crederlo, 
                  né turbavano la serenità del mio volto. 
                  [25]Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo, 
                  e vi rimanevo come un re fra i soldati 
                  o come un consolatore d'afflitti.
                      | 
               
              
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                   Giobbe
                  - Capitolo 30 
                   
                  
                   
                  B.
                  Angoscia presente
                  
                  
                  [1]Ora
                  invece si ridono di me 
                  i più giovani di me in età, 
                  i cui padri non avrei degnato 
                  di mettere tra i cani del mio gregge. 
                  [2]Anche la forza delle loro mani a che mi giova? 
                  Hanno perduto ogni vigore; 
                  [3]disfatti dalla indigenza e dalla fame, 
                  brucano per l'arido deserto, 
                  [4]da lungo tempo regione desolata, 
                  raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli 
                  e radici di ginestra per loro cibo. 
                  [5]Cacciati via dal consorzio umano, 
                  a loro si grida dietro come al ladro; 
                  [6]sì che dimorano in valli orrende, 
                  nelle caverne della terra e nelle rupi. 
                  [7]In mezzo alle macchie urlano 
                  e sotto i roveti si adunano; 
                  [8]razza ignobile, anzi razza senza nome, 
                  sono calpestati più della terra. 
                  [9]Ora io sono la loro canzone, 
                  sono diventato la loro favola! 
                  [10]Hanno orrore di me e mi schivano 
                  e non si astengono dallo sputarmi in faccia! 
                  [11]Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha
                  abbattuto, 
                  essi han rigettato davanti a me ogni freno. 
                  [12]A destra insorge la ragazzaglia; 
                  smuovono i miei passi 
                  e appianano la strada contro di me per perdermi. 
                  [13]Hanno demolito il mio sentiero, 
                  cospirando per la mia disfatta 
                  e nessuno si oppone a loro. 
                  [14]Avanzano come attraverso una larga breccia, 
                  sbucano in mezzo alle macerie. 
                  [15]I terrori si sono volti contro di me; 
                  si è dileguata, come vento, la mia grandezza 
                  e come nube è passata la mia felicità. 
                  [16]Ora mi consumo 
                  e mi colgono giorni d'afflizione. 
                  [17]Di notte mi sento trafiggere le ossa 
                  e i dolori che mi rodono non mi danno riposo. 
                  [18]A gran forza egli mi afferra per la veste, 
                  mi stringe per l'accollatura della mia tunica. 
                  [19]Mi ha gettato nel fango: 
                  son diventato polvere e cenere. 
                  [20]Io grido a te, ma tu non mi rispondi, 
                  insisto, ma tu non mi dai retta. 
                  [21]Tu sei un duro avversario verso di me 
                  e con la forza delle tue mani mi perseguiti; 
                  [22]mi sollevi e mi poni a cavallo del vento 
                  e mi fai sballottare dalla bufera. 
                  [23]So bene che mi conduci alla morte, 
                  alla casa dove si riunisce ogni vivente. 
                  [24]Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera, 
                  né per la sua sventura invoca aiuto. 
                  [25]Non ho pianto io forse con chi aveva i giorni duri 
                  e non mi sono afflitto per l'indigente? 
                  [26]Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male, 
                  aspettavo la luce ed è venuto il buio. 
                  [27]Le mie viscere ribollono senza posa 
                  e giorni d'affanno mi assalgono. 
                  [28]Avanzo con il volto scuro, senza conforto, 
                  nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto. 
                  [29]Sono divenuto fratello degli sciacalli 
                  e compagno degli struzzi. 
                  [30]La mia pelle si è annerita, mi si stacca 
                  e le mie ossa bruciano dall'arsura. 
                  [31]La mia cetra serve per lamenti 
                  e il mio flauto per la voce di chi piange. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 31 
                   
                  
                   
                  Apologia
                  di Giobbe
                  
                  
                  [1]Avevo
                  stretto con gli occhi un patto 
                  di non fissare neppure una vergine. 
                  [2]Che parte mi assegna Dio di lassù 
                  e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto? 
                  [3]Non è forse la rovina riservata all'iniquo 
                  e la sventura per chi compie il male? 
                  [4]Non vede egli la mia condotta 
                  e non conta tutti i miei passi? 
                  [5]Se ho agito con falsità 
                  e il mio piede si è affrettato verso la frode, 
                  [6]mi pesi pure sulla bilancia della giustizia 
                  e Dio riconoscerà la mia integrità. 
                  [7]Se il mio passo è andato fuori strada 
                  e il mio cuore ha seguito i miei occhi, 
                  se alla mia mano si è attaccata sozzura, 
                  [8]io semini e un altro ne mangi il frutto 
                  e siano sradicati i miei germogli. 
                  [9]Se il mio cuore fu sedotto da una donna 
                  e ho spiato alla porta del mio prossimo, 
                  [10]mia moglie macini per un altro 
                  e altri ne abusino; 
                  [11]difatti quello è uno scandalo, 
                  un delitto da deferire ai giudici, 
                  [12]quello è un fuoco che divora fino alla distruzione 
                  e avrebbe consumato tutto il mio raccolto. 
                  [13]Se ho negato i diritti del mio schiavo 
                  e della schiava in lite con me, 
                  [14]che farei, quando Dio si alzerà, 
                  e, quando farà l'inchiesta, che risponderei? 
                  [15]Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
                  anche lui? 
                  Non fu lo stesso a formarci nel seno? 
                  [16]Mai ho rifiutato quanto brama il povero, 
                  né ho lasciato languire gli occhi della vedova; 
                  [17]mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane, 
                  senza che ne mangiasse l'orfano, 
                  [18]poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin 
                  dall'infanzia 
                  e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato. 
                  [19]Se mai ho visto un misero privo di vesti 
                  o un povero che non aveva di che coprirsi, 
                  [20]se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi, 
                  o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato; 
                  [21]se contro un innocente ho alzato la mano, 
                  perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava, 
                  [22]mi si stacchi la spalla dalla nuca 
                  e si rompa al gomito il mio braccio, 
                  [23]perché mi incute timore la mano di Dio 
                  e davanti alla sua maestà non posso resistere. 
                  [24]Se ho riposto la mia speranza nell'oro 
                  e all'oro fino ho detto: «Tu sei la mia fiducia»; 
                  [25]se godevo perché grandi erano i miei beni 
                  e guadagnava molto la mia mano; 
                  [26]se vedendo il sole risplendere 
                  e la luna chiara avanzare, 
                  [27]si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore 
                  e con la mano alla bocca ho mandato un bacio, 
                  [28]anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale, 
                  perché avrei rinnegato Dio che sta in alto. 
                  [29]Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico 
                  e ho esultato perché lo colpiva la sventura, 
                  [30]io che non ho permesso alla mia lingua di peccare, 
                  augurando la sua morte con imprecazioni? 
                  [31]Non diceva forse la gente della mia tenda: 
                  «A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?». 
                  [32]All'aperto non passava la notte lo straniero 
                  e al viandante aprivo le mie porte. 
                  [33]Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
                  colpa, 
                  tenendo celato il mio delitto in petto, 
                  [34]come se temessi molto la folla, 
                  e il disprezzo delle tribù mi spaventasse, 
                  sì da starmene zitto senza uscire di casa. 
                  [38]Se contro di me grida la mia terra 
                  e i suoi solchi piangono con essa; 
                  [39]se ho mangiato il suo frutto senza pagare 
                  e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori, 
                  [40]in luogo di frumento, getti spine, 
                  ed erbaccia al posto dell'orzo. 
                  [35]Oh, avessi uno che mi ascoltasse! 
                  Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda! 
                  Il documento scritto dal mio avversario 
                  [36]vorrei certo portarlo sulle mie spalle 
                  e cingerlo come mio diadema! 
                  [37]Il numero dei miei passi gli manifesterei 
                  
                   
                  e
                  mi presenterei a lui come sovrano. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 32 
                   
                  
                   
                  III.
                  I DISCORSI DI ELIU
                  
                  
                  Intervento
                  di Eliu
                  
                  
                  (31,40b)
                  Quando Giobbe ebbe finito di parlare, [1]quei tre
                  uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perchè egli si
                  riteneva giusto. [2]Allora si accese lo sdegno di Eliu,
                  figlio di Barachele il Buzita, della tribù di Ram. Si accese
                  di sdegno contro Giobbe, perché pretendeva d'aver ragione di
                  fronte a Dio; [3]si accese di sdegno anche contro i
                  suoi tre amici, perché non avevano trovato di che rispondere,
                  sebbene avessero dichiarato Giobbe colpevole. [4]Però
                  Eliu aveva aspettato, mentre essi parlavano con Giobbe, perché
                  erano più vecchi di lui in età. [5]Quando dunque vide
                  che sulla bocca di questi tre uomini non vi era più alcuna
                  risposta, Eliu si accese di sdegno. 
                  
                   
                  [6]Presa
                  dunque la parola, Eliu, figlio di Barachele il Buzita, disse: 
                  
                   
                  Esordio
                  
                  
                  Giovane
                  io sono di anni 
                  e voi siete gia canuti; 
                  per questo ho esitato per rispetto 
                  a manifestare a voi il mio sapere. 
                  [7]Pensavo: Parlerà l'età 
                  e i canuti insegneranno la sapienza. 
                  [8]Ma certo essa è un soffio nell'uomo; 
                  l'ispirazione dell'Onnipotente lo fa intelligente. 
                  [9]Non sono i molti anni a dar la sapienza, 
                  né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto. 
                  [10]Per questo io oso dire: Ascoltatemi; 
                  anch'io esporrò il mio sapere. 
                  [11]Ecco, ho atteso le vostre parole, 
                  ho teso l'orecchio ai vostri argomenti. 
                  Finché andavate in cerca di argomenti 
                  [12]su di voi fissai l'attenzione. 
                  Ma ecco, nessuno ha potuto convincere Giobbe, 
                  nessuno tra di voi risponde ai suoi detti. 
                  [13]Non dite: Noi abbiamo trovato la sapienza, 
                  ma lo confuti Dio, non l'uomo! 
                  [14]Egli non mi ha rivolto parole, 
                  e io non gli risponderò con le vostre parole. 
                  [15]Sono vinti, non rispondono più, 
                  mancano loro le parole. 
                  [16]Ho atteso, ma poiché non parlano più, 
                  poiché stanno lì senza risposta, 
                  [17]voglio anch'io dire la mia parte, 
                  anch'io esporrò il mio parere; 
                  [18]mi sento infatti pieno di parole, 
                  mi preme lo spirito che è dentro di me. 
                  [19]Ecco, dentro di me c'è come vino senza sfogo, 
                  come vino che squarcia gli otri nuovi. 
                  [20]Parlerò e mi sfogherò, 
                  aprirò le labbra e risponderò. 
                  [21]Non guarderò in faccia ad alcuno, 
                  non adulerò nessuno, 
                  [22]perché io non so adulare: 
                  altrimenti il mio creatore in breve mi eliminerebbe. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 33 
                   
                  
                   
                  La
                  presunzione di Giobbe
                  
                  
                  [1]Ascolta
                  dunque, Giobbe, i miei discorsi, 
                  ad ogni mia parola porgi l'orecchio. 
                  [2]Ecco, io apro la bocca, 
                  parla la mia lingua entro il mio palato. 
                  [3]Il mio cuore dirà sagge parole 
                  e le mie labbra parleranno chiaramente. 
                  [4]Lo spirito di Dio mi ha creato 
                  e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita. 
                  [5]Se puoi, rispondimi, 
                  prepàrati davanti a me, stà pronto. 
                  [6]Ecco, io sono come te di fronte a Dio 
                  e anch'io sono stato tratto dal fango: 
                  [7]ecco, nulla hai da temere da me, 
                  né graverò su di te la mano. 
                  [8]Non hai fatto che dire ai miei orecchi 
                  e ho ben udito il suono dei tuoi detti: 
                  [9]«Puro son io, senza peccato, 
                  io sono mondo, non ho colpa; 
                  [10]ma egli contro di me trova pretesti 
                  e mi stima suo nemico; 
                  [11]pone in ceppi i miei piedi 
                  e spia tutti i miei passi!». 
                  [12]Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione. 
                  Dio è infatti più grande dell'uomo. 
                  [13]Perché ti lamenti di lui, 
                  se non risponde ad ogni tua parola? 
                  [14]Dio parla in un modo 
                  o in un altro, ma non si fa attenzione. 
                  [15]Parla nel sogno, visione notturna, 
                  quando cade il sopore sugli uomini 
                  e si addormentano sul loro giaciglio; 
                  [16]apre allora l'orecchio degli uomini 
                  e con apparizioni li spaventa, 
                  [17]per distogliere l'uomo dal male 
                  e tenerlo lontano dall'orgoglio, 
                  [18]per preservarne l'anima dalla fossa 
                  e la sua vita dalla morte violenta. 
                  [19]Lo corregge con il dolore nel suo letto 
                  e con la tortura continua delle ossa; 
                  [20]quando il suo senso ha nausea del pane, 
                  il suo appetito del cibo squisito; 
                  [21]quando la sua carne si consuma a vista d'occhio 
                  e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori, 
                  [22]quando egli si avvicina alla fossa 
                  e la sua vita alla dimora dei morti. 
                  [23]Ma se vi è un angelo presso di lui, 
                  un protettore solo fra mille, 
                  per mostrare all'uomo il suo dovere, 
                  [24]abbia pietà di lui e dica: 
                  «Scampalo dallo scender nella fossa, 
                  ho trovato il riscatto», 
                  [25]allora la sua carne sarà più fresca che in
                  gioventù, 
                  tornerà ai giorni della sua adolescenza: 
                  [26]supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza, 
                  gli mostrerà il suo volto in giubilo, 
                  e renderà all'uomo la sua giustizia. 
                  [27]Egli si rivolgerà agli uomini e dirà: 
                  «Avevo peccato e violato la giustizia, 
                  ma egli non mi ha punito per quel che meritavo; 
                  [28]mi ha scampato dalla fossa 
                  e la mia vita rivede la luce». 
                  [29]Ecco, tutto questo fa Dio, 
                  due volte, tre volte con l'uomo, 
                  [30]per sottrarre l'anima sua dalla fossa 
                  e illuminarla con la luce dei viventi. 
                  [31]Attendi, Giobbe, ascoltami, 
                  taci e io parlerò: 
                  [32]ma se hai qualcosa da dire, rispondimi, 
                  parla, perché vorrei darti ragione; 
                  [33]se no, tu ascoltami 
                  e io ti insegnerò la sapienza. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 34 
                   
                  
                   
                  Scacco
                  dei tre saggi nel discolpare Dio
                  
                  
                  [1]Eliu
                  continuò a dire: 
                  
                   
                  [2]Ascoltate,
                  saggi, le mie parole 
                  e voi, sapienti, porgetemi l'orecchio, 
                  [3]Perché l'orecchio distingue le parole, 
                  come il palato assapora i cibi. 
                  [4]Esploriamo noi ciò che è giusto, 
                  indaghiamo fra di noi quale sia il bene: 
                  [5]poiché Giobbe ha detto: «Io son giusto, 
                  ma Dio mi ha tolto il mio diritto; 
                  [6]contro il mio diritto passo per menzognero, 
                  inguaribile è la mia piaga benché senza colpa». 
                  [7]Chi è come Giobbe 
                  che beve, come l'acqua, l'insulto, 
                  [8]che fa la strada in compagnia dei malfattori, 
                  andando con uomini iniqui? 
                  [9]Poiché egli ha detto: «Non giova all'uomo 
                  essere in buona grazia con Dio». 
                  [10]Perciò ascoltatemi, uomini di senno: 
                  lungi da Dio l'iniquità 
                  e dall'Onnipotente l'ingiustizia! 
                  [11]Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato 
                  e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta. 
                  [12]In verità, Dio non agisce da ingiusto 
                  e l'Onnipotente non sovverte il diritto! 
                  [13]Chi mai gli ha affidato la terra 
                  e chi ha disposto il mondo intero? 
                  [14]Se egli richiamasse il suo spirito a sè 
                  e a sé ritraesse il suo soffio, 
                  [15]ogni carne morirebbe all'istante 
                  e l'uomo ritornerebbe in polvere. 
                  [16]Se hai intelletto, ascolta bene questo, 
                  porgi l'orecchio al suono delle mie parole. 
                  [17]Può mai governare chi odia il diritto? 
                  E tu osi condannare il Gran Giusto? 
                  [18]lui che dice ad un re: «Iniquo!» 
                  e ai principi: «Malvagi!», 
                  [19]lui che non usa parzialità con i potenti 
                  e non preferisce al povero il ricco, 
                  perché tutti costoro sono opera delle sue mani? 
                  [20]In un istante muoiono e nel cuore della notte 
                  sono colpiti i potenti e periscono; 
                  e senza sforzo rimuove i tiranni, 
                  [21]poiché egli tiene gli occhi sulla condotta 
                  dell'uomo 
                  e vede tutti i suoi passi. 
                  [22]Non vi è tenebra, non densa oscurità, 
                  dove possano nascondersi i malfattori. 
                  [23]Poiché non si pone all'uomo un termine 
                  per comparire davanti a Dio in giudizio: 
                  [24]egli fiacca i potenti, senza fare inchieste, 
                  e colloca altri al loro posto. 
                  [25]Poiché conosce le loro opere, 
                  li travolge nella notte e sono schiacciati; 
                  [26]come malvagi li percuote, 
                  li colpisce alla vista di tutti; 
                  [27]perché si sono allontanati da lui 
                  e di tutte le sue vie non si sono curati, 
                  [28]sì da far giungere fino a lui il grido 
                  dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri. 
                  [29]Se egli tace, chi lo può condannare? 
                  Se vela la faccia, chi lo può vedere? 
                  Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia, 
                  [30]perché non regni un uomo perverso, 
                  perché il popolo non abbia inciampi. 
                  [31]Si può dunque dire a Dio: 
                  «Porto la pena, senza aver fatto il male; 
                  [32]se ho peccato, mostramelo; 
                  se ho commesso l'iniquità, non lo farò più»? 
                  [33]Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare, 
                  perché tu rifiuti il suo giudizio? 
                  Poiché tu devi scegliere, non io, 
                  dì, dunque, quello che sai. 
                  [34]Gli uomini di senno mi diranno 
                  con l'uomo saggio che mi ascolta: 
                  [35]«Giobbe non parla con sapienza 
                  e le sue parole sono prive di senno». 
                  [36]Bene, Giobbe sia esaminato fino in fondo, 
                  per le sue risposte da uomo empio, 
                  [37]perché aggiunge al suo peccato la rivolta, 
                  in mezzo a noi batte le mani 
                  e moltiplica le parole contro Dio. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 35 
                   
                  
                   
                  Dio
                  non è indifferente ai casi umani
                  
                  
                  [1]Eliu
                  riprese a dire: 
                  
                   
                  [2]Ti
                  pare di aver pensato cosa giusta, 
                  quando dicesti: «Ho ragione davanti a Dio»? 
                  [3]O quando hai detto: «Che te ne importa? 
                  Che utilità ne ho dal mio peccato»? 
                  [4]Risponderò a te con discorsi 
                  e ai tuoi amici insieme con te. 
                  [5]Contempla il cielo e osserva, 
                  considera le nubi: sono più alte di te. 
                  [6]Se pecchi, che gli fai? 
                  Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi? 
                  [7]Se tu sei giusto, che cosa gli dai 
                  o che cosa riceve dalla tua mano? 
                  [8]Su un uomo come te ricade la tua malizia, 
                  su un figlio d'uomo la tua giustizia! 
                  [9]Si grida per la gravità dell'oppressione, 
                  si invoca aiuto sotto il braccio dei potenti, 
                  [10]ma non si dice: «Dov'è quel Dio che mi ha creato, 
                  che concede nella notte canti di gioia; 
                  [11]che ci rende più istruiti delle bestie selvatiche, 
                  che ci fa più saggi degli uccelli del cielo?». 
                  [12]Si grida, allora, ma egli non risponde 
                  di fronte alla superbia dei malvagi. 
                  [13]Certo è falso dire: «Dio non ascolta 
                  e l'Onnipotente non presta attenzione»; 
                  [14]più ancora quando tu dici che non lo vedi, 
                  che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri; 
                  [15]così pure quando dici che la sua ira non punisce 
                  né si cura molto dell'iniquità. 
                  [16]Giobbe dunque apre invano la sua bocca 
                  e senza cognizione moltiplica le chiacchiere. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 36 
                   
                  
                   
                  Il
                  vero senso delle sofferenze di Giobbe
                  
                  
                  [1]Eliu
                  continuò a dire: 
                  
                   
                  [2]Abbi
                  un pò di pazienza e io te lo dimostrerò, 
                  perché in difesa di Dio c'è altro da dire. 
                  [3]Prenderò da lontano il mio sapere 
                  e renderò giustizia al mio creatore, 
                  [4]poiché non è certo menzogna il mio parlare: 
                  un uomo di perfetta scienza è qui con te. 
                  [5]Ecco, Dio è grande e non si ritratta, 
                  egli è grande per fermezza di cuore. 
                  [6]Non lascia vivere l'iniquo 
                  e rende giustizia ai miseri. 
                  [7]Non toglie gli occhi dai giusti, 
                  li fa sedere sul trono con i re 
                  e li esalta per sempre. 
                  [8]Se talvolta essi sono avvinti in catene, 
                  se sono stretti dai lacci dell'afflizione, 
                  [9]fa loro conoscere le opere loro 
                  e i loro falli, perché superbi; 
                  [10]apre loro gli orecchi per la correzione 
                  e ordina che si allontanino dalla iniquità. 
                  [11]Se ascoltano e si sottomettono, 
                  chiuderanno i loro giorni nel benessere 
                  e i loro anni nelle delizie. 
                  [12]Ma se non vorranno ascoltare, 
                  di morte violenta periranno, 
                  spireranno senza neppure saperlo. 
                  [13]I perversi di cuore accumulano l'ira; 
                  non invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene: 
                  [14]si spegne in gioventù la loro anima, 
                  e la loro vita all'età dei dissoluti. 
                  [15]Ma egli libera il povero con l'afflizione, 
                  gli apre l'udito con la sventura. 
                  [16]Anche te intende sottrarre dal morso dell'angustia: 
                  avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto 
                  e la tua tavola sarà colma di vivande grasse. 
                  [17]Ma se colmi la misura con giudizi da empio, 
                  giudizio e condanna ti seguiranno. 
                  [18]La collera non ti trasporti alla bestemmia, 
                  l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare. 
                  [19]Può forse farti uscire dall'angustia il tuo grido, 
                  con tutti i tentativi di forza? 
                  [20]Non sospirare quella notte, 
                  in cui i popoli vanno al loro luogo. 
                  [21]Bada di non volgerti all'iniquità, 
                  poiché per questo sei stato provato dalla miseria. 
                  
                   
                  Inno
                  alla sapienza onnipotente
                  
                  
                  [22]Ecco,
                  Dio è sublime nella sua potenza; 
                  chi come lui è temibile? 
                  [23]Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire 
                  o chi mai ha potuto dirgli: «Hai agito male?». 
                  [24]Ricordati che devi esaltare la sua opera, 
                  che altri uomini hanno cantato. 
                  [25]Ogni uomo la contempla, 
                  il mortale la mira da lontano. 
                  [26]Ecco, Dio è così grande, che non lo 
                  comprendiamo: 
                  il numero dei suoi anni è incalcolabile. 
                  [27]Egli attrae in alto le gocce dell'acqua 
                  e scioglie in pioggia i suoi vapori, 
                  [28]che le nubi riversano 
                  e grondano sull'uomo in grande quantità. 
                  [31]In tal modo sostenta i popoli 
                  e offre alimento in abbondanza. 
                  [29]Chi inoltre può comprendere la distesa delle nubi, 
                  i fragori della sua dimora? 
                  [30]Ecco, espande sopra di esso il suo vapore 
                  e copre le profondità del mare. 
                  [32]Arma le mani di folgori 
                  e le scaglia contro il bersaglio. 
                  [33]Lo annunzia il suo fragore, 
                  riserva d'ira contro l'iniquità. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 37 
                   
                  
                   
                  [1]Per
                  questo mi batte forte il cuore 
                  e mi balza fuori dal petto. 
                  [2]Udite, udite, il rumore della sua voce, 
                  il fragore che esce dalla sua bocca. 
                  [3]Il lampo si diffonde sotto tutto il cielo 
                  e il suo bagliore giunge ai lembi della terra; 
                  [4]dietro di esso brontola il tuono, 
                  mugghia con il suo fragore maestoso 
                  e nulla arresta i fulmini, 
                  da quando si è udita la sua voce; 
                  [5]mirabilmente tuona Dio con la sua voce 
                  opera meraviglie che non comprendiamo! 
                  [6]Egli infatti dice alla neve: «Cadi sulla terra» 
                  e alle piogge dirotte: «Siate violente». 
                  [7]Rinchiude ogni uomo in casa sotto sigillo, 
                  perché tutti riconoscano la sua opera. 
                  [8]Le fiere si ritirano nei loro ripari 
                  e nelle loro tane si accovacciano. 
                  [9]Dal mezzogiorno avanza l'uragano 
                  e il freddo dal settentrione. 
                  [10]Al soffio di Dio si forma il ghiaccio 
                  e la distesa dell'acqua si congela. 
                  [11]Carica di umidità le nuvole 
                  e le nubi ne diffondono le folgori. 
                  [12]Egli le fa vagare dappertutto 
                  secondo i suoi ordini, 
                  perché eseguiscano quanto comanda loro 
                  sul mondo intero. 
                  [13]Le manda o per castigo della terra 
                  o in segno di bontà. 
                  [14]Porgi l'orecchio a questo, Giobbe, soffèrmati 
                  e considera le meraviglie di Dio. 
                  [15]Sai tu come Dio le diriga 
                  e come la sua nube produca il lampo? 
                  [16]Conosci tu come la nube si libri in aria, 
                  i prodigi di colui che tutto sa? 
                  [17]Come le tue vesti siano calde 
                  quando non soffia l'austro e la terra riposa? 
                  [18]Hai tu forse disteso con lui il firmamento, 
                  solido come specchio di metallo fuso? 
                  [19]Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli. 
                  Noi non parleremo per l'oscurità. 
                  [20]Gli si può forse ordinare: «Parlerò io?». 
                  O un uomo può dire che è sopraffatto? 
                  [21]Ora diventa invisibile la luce, 
                  oscurata in mezzo alle nubi: 
                  ma tira il vento e le spazza via. 
                  [22]Dal nord giunge un aureo chiarore, 
                  intorno a Dio è tremenda maestà. 
                  [23]L}Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere, 
                  sublime in potenza e rettitudine 
                  e grande per giustizia: egli non ha da rispondere. 
                  [24]Perciò gli uomini lo temono: 
                  a lui la venerazione di tutti i saggi di mente. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 38 
                   
                  
                   
                  IV.
                  I DISCORSI DI IAHVE
                  
                  
                  PRIMO
                  DISCORSO
                  
                  
                  La
                  sapienza creatrice confonde Giobbe
                  
                  
                  [1]Il
                  Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine: 
                  
                   
                  [2]Chi
                  è costui che oscura il consiglio 
                  con parole insipienti? 
                  [3]Cingiti i fianchi come un prode, 
                  io t'interrogherò e tu mi istruirai. 
                  [4]Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della
                  terra? 
                  Dillo, se hai tanta intelligenza! 
                  [5]Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, 
                  o chi ha teso su di essa la misura? 
                  [6]Dove sono fissate le sue basi 
                  o chi ha posto la sua pietra angolare, 
                  [7]mentre gioivano in coro le stelle del mattino 
                  e plaudivano tutti i figli di Dio? 
                  [8]Chi ha chiuso tra due porte il mare, 
                  quando erompeva uscendo dal seno materno, 
                  [9]quando lo circondavo di nubi per veste 
                  e per fasce di caligine folta? 
                  [10]Poi gli ho fissato un limite 
                  e gli ho messo chiavistello e porte 
                  [11]e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre 
                  e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde». 
                  [12]Da quando vivi, hai mai comandato al mattino 
                  e assegnato il posto all'aurora, 
                  [13]perché essa afferri i lembi della terra 
                  e ne scuota i malvagi? 
                  [14]Si trasforma come creta da sigillo 
                  e si colora come un vestito. 
                  [15]E' sottratta ai malvagi la loro luce 
                  ed è spezzato il braccio che si alza a colpire. 
                  [16]Sei mai giunto alle sorgenti del mare 
                  e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato? 
                  [17]Ti sono state indicate le porte della morte 
                  e hai visto le porte dell'ombra funerea? 
                  [18]Hai tu considerato le distese della terra? 
                  Dillo, se sai tutto questo! 
                  [19]Per quale via si va dove abita la luce 
                  e dove hanno dimora le tenebre 
                  [20]perché tu le conduca al loro dominio 
                  o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa? 
                  [21]Certo, tu lo sai, perché allora eri nato 
                  e il numero dei tuoi giorni è assai grande! 
                  [22]Sei mai giunto ai serbatoi della neve, 
                  hai mai visto i serbatoi della grandine, 
                  [23]che io riserbo per il tempo della sciagura, 
                  per il giorno della guerra e della battaglia? 
                  [24]Per quali vie si espande la luce, 
                  si diffonde il vento d'oriente sulla terra? 
                  [25]Chi ha scavato canali agli acquazzoni 
                  e una strada alla nube tonante, 
                  [26]per far piovere sopra una terra senza uomini, 
                  su un deserto dove non c'è nessuno, 
                  [27]per dissetare regioni desolate e squallide 
                  e far germogliare erbe nella steppa? 
                  [28]Ha forse un padre la pioggia? 
                  O chi mette al mondo le gocce della rugiada? 
                  [29]Dal seno di chi è uscito il ghiaccio 
                  e la brina del cielo chi l'ha generata? 
                  [30]Come pietra le acque induriscono 
                  e la faccia dell'abisso si raggela. 
                  [31]Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi 
                  o sciogliere i vincoli di Orione? 
                  [32]Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino 
                  o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli? 
                  [33]Conosci tu le leggi del cielo 
                  o ne applichi le norme sulla terra? 
                  [34]Puoi tu alzare la voce fino alle nubi 
                  e farti coprire da un rovescio di acqua? 
                  [35]Scagli tu i fulmini e partono 
                  dicendoti: «Eccoci!»? 
                  [36]Chi ha elargito all'ibis la sapienza 
                  o chi ha dato al gallo intelligenza? 
                  [37]Chi può con sapienza calcolare le nubi 
                  e chi riversa gli otri del cielo, 
                  [38]quando si fonde la polvere in una massa 
                  e le zolle si attaccano insieme? 
                  [39]Vai tu a caccia di preda per la leonessa 
                  e sazi la fame dei leoncini, 
                  [40]quando sono accovacciati nelle tane 
                  o stanno in agguato fra le macchie? 
                  [41]Chi prepara al corvo il suo pasto, 
                  quando i suoi nati gridano verso Dio 
                  e vagano qua e là per mancanza di cibo? 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 39 
                   
                  
                   
                  [1]Sai
                  tu quando figliano le camozze 
                  e assisti al parto delle cerve? 
                  [2]Conti tu i mesi della loro gravidanza 
                  e sai tu quando devono figliare? 
                  [3]Si curvano e depongono i figli, 
                  metton fine alle loro doglie. 
                  [4]Robusti sono i loro figli, crescono in campagna, 
                  partono e non tornano più da esse. 
                  [5]Chi lascia libero l'asino selvatico 
                  e chi scioglie i legami dell'ònagro, 
                  [6]al quale ho dato la steppa per casa 
                  e per dimora la terra salmastra? 
                  [7]Del fracasso della città se ne ride 
                  e gli urli dei guardiani non ode. 
                  [8]Gira per le montagne, sua pastura, 
                  e va in cerca di quanto è verde. 
                  [9]Il bufalo si lascerà piegare a servirti 
                  o a passar la notte presso la tua greppia? 
                  [10]Potrai legarlo con la corda per fare il solco 
                  o fargli erpicare le valli dietro a te? 
                  [11]Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande 
                  e a lui affiderai le tue fatiche? 
                  [12]Conterai su di lui, che torni 
                  e raduni la tua messe sulla tua aia? 
                  [13]L'ala dello struzzo batte festante, 
                  ma è forse penna e piuma di cicogna? 
                  [14]Abbandona infatti alla terra le uova 
                  e sulla polvere le lascia riscaldare. 
                  [15]Dimentica che un piede può schiacciarle, 
                  una bestia selvatica calpestarle. 
                  [16]Tratta duramente i figli, come se non fossero suoi, 
                  della sua inutile fatica non si affanna, 
                  [17]perché Dio gli ha negato la saggezza 
                  e non gli ha dato in sorte discernimento. 
                  [18]Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
                  ali: 
                  si beffa del cavallo e del suo cavaliere. 
                  [19]Puoi tu dare la forza al cavallo 
                  e vestire di fremiti il suo collo? 
                  [20]Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo? 
                  Il suo alto nitrito incute spavento. 
                  [21]Scalpita nella valle giulivo 
                  e con impeto va incontro alle armi. 
                  [22]Sprezza la paura, non teme, 
                  né retrocede davanti alla spada. 
                  [23]Su di lui risuona la faretra, 
                  il luccicar della lancia e del dardo. 
                  [24]Strepitando, fremendo, divora lo spazio 
                  e al suono della tromba più non si tiene. 
                  [25]Al primo squillo grida: «Aah!...» 
                  e da lontano fiuta la battaglia, 
                  gli urli dei capi, il fragor della mischia. 
                  [26]Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero 
                  e spiega le ali verso il sud? 
                  [27]O al tuo comando l'aquila s'innalza 
                  e pone il suo nido sulle alture? 
                  [28]Abita le rocce e passa la notte 
                  sui denti di rupe o sui picchi. 
                  [29]Di lassù spia la preda, 
                  lontano scrutano i suoi occhi. 
                  [30]I suoi aquilotti succhiano il sangue 
                  e dove sono cadaveri, là essa si trova. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 40 
                   
                  
                   
                  [1]Il
                  Signore riprese e disse a Giobbe: 
                  [2]Il censore vorrà ancora contendere con
                  l'Onnipotente? 
                  L'accusatore di Dio risponda! 
                  [3]Giobbe rivolto al Signore disse: 
                  [4]Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? 
                  Mi metto la mano sulla bocca. 
                  [5]Ho parlato una volta, ma non replicherò. 
                  ho parlato due volte, ma non continuerò. 
                  
                   
                  SECONDO
                  DISCORSO
                  
                  
                  Dio
                  controlla le forze del male
                  
                  
                  [6]Allora
                  il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e disse: 
                  [7]Cingiti i fianchi come un prode: 
                  io t'interrogherò e tu mi istruirai. 
                  [8]Oseresti proprio cancellare il mio guidizio 
                  e farmi torto per avere tu ragione? 
                  [9]Hai tu un braccio come quello di Dio 
                  e puoi tuonare con voce pari alla sua? 
                  [10]Ornati pure di maestà e di sublimità, 
                  rivestiti di splendore e di gloria; 
                  [11]diffondi i furori della tua collera, 
                  mira ogni superbo e abbattilo, 
                  [12]mira ogni superbo e umilialo, 
                  schiaccia i malvagi ovunque si trovino; 
                  [13]nascondili nella polvere tutti insieme, 
                  rinchiudili nella polvere tutti insieme, 
                  [14]anch'io ti loderò, 
                  perché hai trionfato con la destra. 
                  
                   
                  Le
                  bestie
                  
                  
                  [15]Ecco,
                  l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te, 
                  mangia l'erba come il bue. 
                  [16]Guarda, la sua forza è nei fianchi 
                  e il suo vigore nel ventre. 
                  [17]Rizza la coda come un cedro, 
                  i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi, 
                  [18]le sue vertebre, tubi di bronzo, 
                  le sue ossa come spranghe di ferro. 
                  [19]Esso è la prima delle opere di Dio; 
                  il suo creatore lo ha fornito di difesa. 
                  [20]I monti gli offrono i loro prodotti 
                  e là tutte le bestie della campagna si trastullano. 
                  [21]Sotto le piante di loto si sdraia, 
                  nel folto del canneto della palude. 
                  [22]Lo ricoprono d'ombra i loti selvatici, 
                  lo circondano i salici del torrente. 
                  [23]Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema, 
                  è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca. 
                  [24]Chi potrà afferarlo per gli occhi, 
                  prenderlo con lacci e forargli le narici? 
                  
                   
                  Leviatan
                  
                  
                  [25]Puoi
                  tu pescare il Leviatan con l'amo 
                  e tener ferma la sua lingua con una corda, 
                  [26]ficcargli un giunco nelle narici 
                  e forargli la mascella con un uncino? 
                  [27]Ti farà forse molte suppliche 
                  e ti rivolgerà dolci parole? 
                  [28]Stipulerà forse con te un'alleanza, 
                  perché tu lo prenda come servo per sempre? 
                  [29]Scherzerai con lui come un passero, 
                  legandolo per le tue fanciulle? 
                  [30]Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca, 
                  se lo divideranno i commercianti? 
                  [31]Crivellerai di dardi la sua pelle 
                  e con la fiocina la sua testa? 
                  [32]Metti su di lui la mano: 
                  al ricordo della lotta, non rimproverai! 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 41 
                   
                  
                   
                  [1]Ecco,
                  la tua speranza è fallita, 
                  al solo vederlo uno stramazza. 
                  [2]Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo 
                  e chi mai potrà star saldo di fronte a lui? 
                  [3]Chi mai lo ha assalito e si è salvato? 
                  Nessuno sotto tutto il cielo. 
                  [4]Non tacerò la forza delle sue membra: 
                  in fatto di forza non ha pari. 
                  [5]Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle 
                  e nella sua doppia corazza chi può penetrare? 
                  [6]Le porte della sua bocca chi mai ha aperto? 
                  Intorno ai suoi denti è il terrore! 
                  [7]Il suo dorso è a lamine di scudi, 
                  saldate con stretto suggello; 
                  [8]l'una con l'altra si toccano, 
                  sì che aria fra di esse non passa: 
                  [9]ognuna aderisce alla vicina, 
                  sono compatte e non possono separarsi. 
                  [10]Il suo starnuto irradia luce 
                  e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora. 
                  [11]Dalla sua bocca partono vampate, 
                  sprizzano scintille di fuoco. 
                  [12]Dalle sue narici esce fumo 
                  come da caldaia, che bolle sul fuoco. 
                  [13]Il suo fiato incendia carboni 
                  e dalla bocca gli escono fiamme. 
                  [14]Nel suo collo risiede la forza 
                  e innanzi a lui corre la paura. 
                  [15]Le giogaie della sua carne son ben compatte, 
                  sono ben salde su di lui, non si muovono. 
                  [16]Il suo cuore è duro come pietra, 
                  duro come la pietra inferiore della macina. 
                  [17]Quando si alza, si spaventano i forti 
                  e per il terrore restano smarriti. 
                  [18]La spada che lo raggiunge non vi si infigge, 
                  né lancia, né freccia né giavellotto; 
                  [19]stima il ferro come paglia, 
                  il bronzo come legno tarlato. 
                  [20]Non lo mette in fuga la freccia, 
                  in pula si cambian per lui le pietre della fionda. 
                  [21]Come stoppia stima una mazza 
                  e si fa beffe del vibrare dell'asta. 
                  [22]Al disotto ha cocci acuti 
                  e striscia come erpice sul molle terreno. 
                  [23]Fa ribollire come pentola il gorgo, 
                  fa del mare come un vaso da unguenti. 
                  [24]Dietro a sé produce una bianca scia 
                  e l'abisso appare canuto. 
                  [25]Nessuno sulla terra è pari a lui, 
                  fatto per non aver paura. 
                  [26]Lo teme ogni essere più altero; 
                  egli è il re su tutte le fiere più superbe. 
                  
                   
                  Giobbe
                  - Capitolo 42 
                   
                  
                   
                  Ultima
                  risposta di Giobbe
                  
                  
                  [1]Allora
                  Giobbe rispose al Signore e disse: 
                  
                   
                  [2]Comprendo
                  che puoi tutto 
                  e che nessuna cosa è impossibile per te. 
                  [3]Chi è colui che, senza aver scienza, 
                  può oscurare il tuo consiglio? 
                  Ho esposto dunque senza discernimento 
                  cose troppo superiori a me, che io non comprendo. 
                  [4]«Ascoltami e io parlerò, 
                  io t'interrogherò e tu istruiscimi». 
                  [5]Io ti conoscevo per sentito dire, 
                  ma ora i miei occhi ti vedono. 
                  [6]Perciò mi ricredo 
                  e ne provo pentimento sopra polvere e cenere. 
                  
                   
                  V.
                  EPILOGO
                  
                  
                  Iahve
                  biasima i tre saggi
                  
                  
                  [7]Dopo
                  che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a
                  Elifaz il Temanita: «La mia ira si è accesa contro di te e
                  contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose
                  rette come il mio servo Giobbe. [8]Prendete dunque
                  sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e
                  offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà
                  per voi, affinchè io, per riguardo a lui, non punisca la
                  vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette
                  come il mio servo Giobbe». 
                  
                   
                  [9]Elifaz
                  il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono e
                  fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe
                  riguardo di Giobbe. 
                  
                   
                  Dio
                  reintegra la fortuna di Giobbe
                  
                  
                  [10]Dio
                  ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato
                  per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva
                  posseduto. [11]Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e
                  i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono
                  pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto
                  il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli
                  regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro. 
                  
                   
                  [12]Il
                  Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della
                  prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila
                  cammelli, mille paia di buoi e mille asine. [13]Ebbe
                  anche sette figli e tre figlie. [14]A una mise nome
                  Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio. [15]In
                  tutta la terra non si trovarono donne così belle come le
                  figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità
                  insieme con i loro fratelli. 
                  
                   
                  [16]Dopo tutto
                  questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e
                  nipoti di quattro generazioni. [17]Poi Giobbe morì,
                  vecchio e sazio di giorni. 
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