417.
Questa domanda
è il compendio delle altre
Questa richiesta, l'ultima con la quale il Figlio di Dio ha posto fine
alla sua divina preghiera, comprende tutte le altre. Per dimostrarne il
valore e l'efficacia Egli si servi di questa formula quando, in procinto
di morire, invoco da Dio Padre la salvezza degli uomini: Ti prego che tu
li guardi dal male (Jn 17,15). Con questa preghiera, dunque, che
ci ingiunse di fare e confermo con l'esempio, egli quasi ha compendiato
in breve sommario il valore e lo spirito delle domande precedenti. Una
volta ottenuto ciò che si domanda in essa, nulla, secondo san Cipriano,
rimane da domandare; chiesta e impetrata contro il male la protezione di
Dio, stiamo senza timore e in perfetta sicurezza contro tutti i mezzi
che il demonio o il mondo mettono in opera (Della oraz. Dom.). Perciò
essendo essa cosi importante, come abbiamo detto, il Parroco nello
spiegarla ai fedeli usi grande diligenza.
Differisce questa domanda dalla precedente, perché con la prima
chiediamo di poter evitare la colpa, con questa invece, di essere
liberati dalla pena; ragion per cui non sarà necessario dimostrare ai
fedeli quanto essi vengano travagliati nelle avversità e nelle
disgrazie, e come abbiano bisogno dell'aiuto del cielo, poiché nessuno
c'è che non abbia capito per sua o altrui esperienza a quanti e a quanto
grandi mali sia esposta la vita umana. Inoltre, gli autori sacri e i
profani hanno largamente trattato questo argomento; e tutti ne sono
convinti dall'esempio tramandatoci della pazienza di Giobbe: L'uomo nato
di donna, vivendo poco tempo, è pieno di travagli. Quasi fiore, si
innalza ed è calpestato; è come l'ombra che fugge, e mai sosta nel suo
stato (Jb 14,1). Non passa giorno che non s'avverta un nuovo
dolore, o un nuovo incomodo; e lo attesta la stessa parola di Cristo
Signore: Basta a ciascun giorno il suo affanno (Mt 6,34). Anzi
questa condizione della vita umana è implicita in quel monito del
Signore che ci dichiara la necessità di prendere ogni giorno la croce e
di seguirlo (Lc 9,23).
Come dunque ognuno sente quanto sia penosa e pericolosa questa vita,
cosi sarà facile persuadere il popolo fedele della necessità di
implorare da Dio la liberazione dai mali; tanto più che da nulla sono
cosi spinti gli uomini alla preghiera, come dal desiderio e dalla
speranza di essere liberati dai malanni che soffrono o che li
minacciano. Infatti è disposizione innata dell'anima umana di cercare
subito rifugio nell'aiuto in Dio nella disgrazia. Perciò sta scritto:
Copri la loro faccia di ignominia, e cercheranno il nome tuo, Signore (Ps
82,17).
418. Modo giusto di
chiedere
Ma
se gli uomini spontaneamente invocano Dio nei pericoli e nelle
disgrazie, quelli alla cui fede e saggezza è affidata la salute comune,
hanno il compito di istruirli sul modo di pregare ordinatamente. Non
mancano, infatti di quelli, che pregano seguendo un ordine tutto a
rovesciò di quello stabilito dal nostro Signore Gesù Cristo. Perché chi
ci ha ordinato di rifugiarci in lui nei giorni della sventura (Ps
49,15), nello stesso tempo ha prescritto l'ordine della preghiera; e
volle che noi, prima di pregarlo di liberarci dal male, chiediamo che
sia santificato il nome di Dio, che venga il suo regno, e domandiamo poi
tutte quelle cose, per le quali, come per gradi, si arriva a questa.
Qualcuno invece, per un dolor di testa, al fianco o al piede, oppure per
rovesci di fortuna, minacce o pericoli preparati dal nemico, oppure
nella fame, in guerra, nella pestilenza, omette tutti quei gradi
intermedi della preghiera e chiede soltanto di essere sottratto a quei
mali.
Questo però è contro il precetto di Cristo: Cercate in primo luogo il
regno di Dio (Mt 6,33). Pertanto coloro che pregano
ordinatamente, quando domandano l'allontanamento delle calamità, delle
sofferenze, dei mali, tutto riferiscono alla gloria di Dio. E cosi David
alla preghiera: O Signore, non giudicarmi nella tua collera, aggiunge un
pensiero col quale mostra il suo zelo per la gloria di Dio: Non v'è chi
nella morte si possa ricordare di te, e chi ti esalterà sottoterra? (Ps
6,2-6). E pregando Iddio di usargli misericordia, soggiunge:
Insegnerò ai cattivi i tuoi sentieri, e gli empi si convertiranno a te (Ps
50,3-15).
Cosi i fedeli ascoltatori vengano incitati non solo a pregare in
quest'ordine salutare e a seguire l'esempio del Profeta, ma siano anche
istruiti sulla grande differenza tra le preghiere del cristiano e quelle
degli infedeli. Questi pure chiedono con calore a Dio di guarire dalle
malattie e dalle ferite, e di sottrarsi ai mali che loro sovrastano; ma
ripongono la principale speranza della liberazione nei rimedi preparati
dalla natura o dalle mani dell'uomo; anzi, prendono la medicina da
chiunque, anche se è preparata con incantesimi, venefici, o col soccorso
dei demoni. E lo fanno senza scrupolo, purché venga loro data qualche
speranza di salute.
Quando fu compilato il Catechismo Tridentino, cioè sul finire del secolo
16, la medicina scientifica non aveva ancora mosso i primi passi. Gli
stessi medici spesso si affidavano alle strane indicazioni
dell'astrologia, del sortilegio e della magia. Di qui il presente
richiamo pastorale.
Ben diverso da questo è il modo di fare dei cristiani, i quali nelle
malattie e nelle avversità ricercano in Dio il supremo rifugio, la
difesa della loro salute, riconoscendo e venerando lui solo autore
d'ogni bene e loro liberatore. Essi stimano che certamente da Dio
proviene alle medicine la virtù risanatrice, ma che esse riescono
salutari ai malati solo in quanto Dio lo vuole. Difatti da Dio è data
agli uomini qualsiasi medicina che li sani. Si legge nell'Ecclesiastico:
L'Altissimo ha creato dalla terra le medicine, e il saggio non le
disdegnerà (Si 33,4).
Pertanto, quelli che hanno dato a Gesù Cristo il loro nome, non
ripongono in quei rimedi la suprema speranza di guarire dalla malattia,
ma confidano grandemente nell'autore stesso delle medicine. Giustamente
nelle sacre Scritture sono ripresi quelli che, fiduciosi nell'efficacia
della medicina, non chiedono a Dio nessun aiuto (2Ch 16,12; Jr
46,11). Invece quelli che vivono conformandosi in tutto alla legge
divina, si astengono da quei rimedi che non risultino ordinati da Dio
alla guarigione (Lv 20,6 1S 28,7). Anche se a loro sia
manifesta la probabile guarigione proveniente dall'uso di quei rimedi,
tuttavia li aborriscono, come malie e arti magiche del demonio.
Bisogna dunque esortare i fedeli a riporre la loro fiducia in Dio,
poiché il nostro beneficentissimo Genitore ha ordinato di chiedere a lui
la liberazione dai mali, perché appunto in questo stesso ordine che ci
ha dato, troviamo una ragione per sperare di essere esauditi. Molti sono
gli esempi di questa verità nella sacra Scrittura, perché anche coloro
che non vengono indotti a bene sperare da queste ragioni, lo siano
almeno dal loro numero.
Ricchissime prove del soccorso divino ci s'affacciano alla memoria:
Abramo, Giacobbe, Lot, Giuseppe, David; e sono tanti nelle sacre
Scritture del nuovo Testamento quelli strappati ai più grandi pericoli
dalla virtù di questa devota preghiera, da essere inutile il ricordarli.
Basterà questo detto del Profeta, per rassicurare anche il più debole: I
giusti hanno gridato, e il Signore li ha esauditi, e li ha liberati da
ogni tribolazione (Ps 33,18).
419.
Che genere di liberazione dobbiamo chiedere
Perché i fedeli capiscano il valore e lo spirito di questa domanda, si
spieghi loro che non preghiamo di essere liberati da tutti i mali,
poiché ci sono cose credute generalmente mali, e che invece sono utili a
chi le patisce, come quello stimolo inflitto all'Apostolo, affinché
potesse rendere più perfetta, con l'aiuto di Dio, la sua virtù nella
debolezza (2Co 12,7 2Co 12,9). Se l'efficacia di queste cose
viene conosciuta, i giusti le accoglieranno con sommo piacere, piuttosto
che chiedere di esserne liberati. Perciò noi qui deprechiamo soltanto
quei mali che non possono arrecare all'anima nessun vantaggio, non già
gli altri, se deve derivarne qualche frutto salutare.
Questa preghiera, dunque, intende chiedere che, come noi siamo stati
liberati dal peccato e dal pericolo della tentazione, lo siamo anche dai
mali interni ed esterni; che siamo immuni dall'acqua, dal fuoco, dalle
folgori; che la grandine non rechi danno alle messi, né ci angustino la
carestia, le sedizioni, le guerre. Chiediamo inoltre a Dio che tenga
lontane da noi le malattie, la peste, il saccheggio, le catene, il
carcere, l'esilio, i tradimenti, gli agguati; e ci eviti tutti gli altri
mali per i quali specialmente la vita umana suole svolgersi nel terrore
e nell'affanno; ed elimini le cause di atti disonorevoli e di delitti.
Né solo invochiamo che siano lontani da noi quelli che sono mali per
consenso generale, ma domandiamo anche che quelle cose le quali, quasi
da tutti, sono ritenute come beni, quali le ricchezze, gli onori, la
salute, la forza, la vita stessa, non siano volte al male ed alla morte
dell'anima nostra. Preghiamo anche Dio di non esser vittime di morte
improvvisa, di non provocare su di noi la sua collera, di non incorrere
nei supplizi che sovrastano sugli empi, di non essere avvolti nel fuoco
del Purgatorio, dal quale invochiamo devotamente e piamente che gli
altri pure siano liberati. Insomma la Chiesa interpreta, tanto nella
Messa che nelle Litanie, questa preghiera, nel senso che da noi vengano
tenuti lontani i mali passati, presenti e futuri.
La bontà di Dio ci libera dal male non in un solo modo, ma trattiene le
tante sventure che ci sovrastano, come leggiamo aver salvato il grande
Giacobbe dai nemici che l'uccisione dei Sichimiti aveva eccitati contro
di lui. E scritto infatti:Il terrore di Dio invase tutte le città
d'intorno, e non osarono inseguire quelli che si ritiravano (Gn 35,5).
Cosi tutti quelli che in cielo regnano con Cristo Signore, sono stati
liberati da ogni male per opera di Dio; e se egli non vuole che noi,
viventi ancora in questo pellegrinaggio, siamo sciolti da qualunque
affanno, ci sottrae però a non pochi di essi, quantunque siano quasi una
liberazione dai mali, le consolazioni che Dio da a volte ai colpiti
dalla sventura. Di queste si consolava il Profeta dicendo: Secondo la
moltitudine dei miei dolori nel mio cuore, le tue consolazioni hanno
allietato l'anima mia (Ps 93,19). Dio inoltre libera gli uomini
dal male quando, versando essi in grandissimo pericolo, li conserva
integri e incolumi: come accadde a quei fanciulli gettati nella fornace
ardente e a Daniele: questi non fu affatto toccato dai leoni (Da 6,22)
né quelli dalle fiamme (Da 3,21).
420.
Il male dal
quale chiediamo di essere liberati
è specialmente il demonio
Malvagio in modo speciale è il demonio, secondo san Basilio Magno, san
Jn Crisostomo e sant'Agostino, perché istigatore della colpa degli
uomini, cioè del delitto e del peccato. Dio si serve anche di lui come
di suo ministro per far scontare le pene agli scellerati e facinorosi;
poiché da Dio vengono agli uomini tutti i mali che soffrono a causa dei
loro peccati. In questo senso si esprimono le sacre Scritture: Potrà
esserci nella città un male che Dio non abbia mandato? (Am 3,6).
Io sono il Signore, io non un altro, che formo la luce e creo le
tenebre, faccio la pace e creo il male (Is 45,7).
Ma il demonio è chiamato cattivo anche per questo; sebbene noi non gli
abbiamo fatto alcun male, tuttavia ci fa perpetua guerra e ci perseguita
senza tregua con odio mortale. Che se egli non può nuocere a noi, muniti
come siamo di fede e d'innocenza, tuttavia mai pone fine alle sue
tentazioni con mali esterni e con qualunque altro mezzo nocivo, per cui
preghiamo Dio di liberarci dal male.
E diciamo dal male, non dai mali, perché appunto quei mali che ci
vengono dal prossimo, li attribuiamo al demonio come al vero autore e
incitatore di esso. Perciò non dobbiamo andare in collera contro il
prossimo, ma invece rivolgere tutto l'odio e l'ira contro Satana, dal
quale gli uomini sono spinti ad offenderci. Se, pertanto, i1 prossimo ti
offenderà in qualsiasi modo, nelle tue preghiere a Dio Padre chiedigli
che non solo ti liberi dal male, ossia dalle offese che il prossimo ti
avrà fatte, ma anche che strappi questo tuo stesso prossimo dalle mani
del demonio, per la cui istigazione gli uomini sono indotti al male.
421. Come sopportare
i mali
Si
deve poi notare che se noi in seguito a preghiere e a voti non siamo
liberati dal male, abbiamo il dovere di sopportarlo con pazienza, certi
di renderci graditi a Dio tollerandolo. E male quindi sdegnarci o
dolerci che Dio non esaudisca le nostre preghiere; tutto si deve
attribuire alla sua volontà, pensando che sia utile e salutare solo ciò
che a Dio piace, non quello che a noi sembra bene.
Si devono infine esortare i buoni fedeli a rassegnarsi alla necessità di
sopportare, nel breve corso della vita terrena, le contrarietà o
sventure di qualsiasi genere con animo non solo sereno, ma lieto: Poiché
tutti quelli che vogliono santamente vivere in Gesù Cristo soffriranno
persecuzione (2Th 3,12). Ancora la Scrittura afferma: Per via di
molte tribolazioni dobbiamo arrivare al regno di Dio (Ac 15,21).
Non doveva forse il Cristo patire tali cose, e cosi entrare nella sua
gloria? (Lc 24,26). Sarebbe ingiusto che il servo fosse più
favorito del padrone, come è vergognoso, secondo san Bernardo, che vi
siano membra delicate sotto un capo coronato di spine (Su tutti i santi,
serm. 5,9). Insigne esempio, raccomandato all'imitazione, è quello di
Uria che, alle esortazioni di David di restare in casa, disse: L'arca di
Dio e Giuda e Israele abitano sotto le tende ed io entrerò nella mia
casa? (2S 11,11).
Se con tali pensieri e meditazioni noi andiamo a pregare, otterremo che,
sebbene cinti da ogni parte di minacce, e attorniati di mali, resteremo
inviolati come i tre fanciulli rimasti intatti nel fuoco; e certamente
potremo sopportare con energia e costanza le avversità, come i Maccabei.
Nelle offese e nei travagli imitiamo i santi Apostoli che, anche
fustigati con verghe, si rallegravano di essere stati fatti degni di
soffrire oltraggi per Gesù Cristo. Cosi disposti, potremo cantare con
grande letizia dell'animo: I principi mi hanno perseguitato senza
ragione, ma solo le tue parole ispirano timore al mio cuore. Io mi
rallegrerò delle tue parole, come colui che ha trovato grandi tesori (Ps
98).
|