MISSALE ROMANUM

EX DECRETO SS. CONCILII TRIDENTINI

  RESTITUTUM

AUCTORITATE S. PII Pp. V PROMULGATUM

B. JOANNIS Pp. XXIII CURA RECOGNITUM
 

 
               Copertina
               Premessa Generale
               Istruzione Universae Ecclesiae sull’applicazione della
               
Lettera Apostolica Motu Proprio data 
"Summorum
               
Pontificum"
di S.S. Benedetto P.P. XVI
               Introduzione al Rito Straordinario
               Cose utili da sapersi per chi impara a Celebrare
                secondo il
Rito di San Pio V
 
               Documenti
               Rubriche
               Ritus Servandus
               De Defectibus
 

 
         1) Præparatio ad Missam
         2) Ordo Missæ
    
    3) Gratiarum actio post Missam

               
Orazioni
             Preghiere prima della Messa
             Preghiere dopo la Messa

                Appendice
             Tutto il Missale Romanum 1962 in pdf. (online)
             Carteglorie
             Cantus ad Libitum
             Graduale Romanum (online)
             Canto Gregoriano in MP3  (online)
             Ordinario della Messa Latino-Italiano per i Fedeli
   
         Calendario Liturgico Festivo 2012
             Divinum Officium (S. Missæ, Breviarium, Calendarium)
             Video per Imparare a Celebrare la Messa Tridentina
               
(online)
 

Rubricæ Generales
Rubricæ Generales Missalis Romani
 


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RUBRICÆ GENERALES

 
Missale
Romanum, Typis Poliglottis Vaticanis 1962

 
 

I           NORME GENERALI
II         IL GIORNO LITURGICO IN GENERALE
III        LE DOMENICHE
IV        LE FERIE
V          LE VIGILIE
VI        LE FESTE E IL CALENDARIO
VII       LE OTTAVE
VIII      I TEMPI DELL'ANNO
IX         SANTA MARIA IN SABATO
X           LE LITANIE MAGGIORI E MINORI
XI         LA PRECEDENZA DEI GIORNI LITURGICI
XII        L'OCCORENZA DEI GIORNI LITURGICI
XIII      OCCORENZA ACC. E TRASLAZIONE DEI GIORNI LITURGICI
XIV      OCCORENZA PERP. E RIPOSIZIONE DEI GIORNI LITURGICI
XV       LA CONCORRENZA DEI GIORNI LITURGICI
XVI      LE COMMEMORAZIONI
XVII    LA CONCLUSIONE DELLE ORAZIONI
XVIII   IL COLORE DEI PARAMENTI
XIX     IMPIEGO E NATURA DEI PARAMENTI

 

Capitolo I

 

NORME GENERALI

 

 

1. Le seguenti rubriche riguardano il rito romano.

 

2. Per “calendario” s’intende sia il Calendario ad uso della Chiesa universale, sia i calendari particolari.

 

3. Le seguenti rubriche generali valgono tanto per il Breviario quanto per il Messale. Eventuali eccezioni sono specificate nelle rubriche particolari che si trovano nel Breviario e nel Messale redatti conformemente a queste rubriche.

 

 

Capitolo II

 

IL GIORNO LITURGICO IN GENERALE

 

 

4. Il giorno liturgico è il giorno santificato dalle azioni liturgiche, in particolare dal Sacrificio eucaristico e dalla preghiera pubblica della Chiesa, ossia l’Ufficio divino; e decorre da mezzanotte a mezzanotte.

 

5. La celebrazione del giorno liturgico decorre, di per sé, da Mattutino a Compieta. Vi sono però alcuni giorni solenni in cui l’Ufficio comincia dai I Vespri, il giorno precedente.

 

Vi è infine una celebrazione liturgica non completa, costituita soltanto da una commemorazione nell’Ufficio e nella Messa del giorno liturgico in corso.

 

6. Ogni giorno si celebra una domenica, una feria, una vigilia, una festa o un’ottava, secondo il calendario e la precedenza dei giorni liturgici.

 

7. La precedenza tra i diversi giorni liturgici è determinata unicamente dall’apposita tabella di cui al n. 91.

 

8. I giorni liturgici sono di prima, seconda, terza o quarta classe.

 

 

Capitolo III

 

LE DOMENICHE

 

 

9. Per “domenica” s’intende il giorno del Signore che cade all’inizio di ogni settimana.

 

10. Le domeniche sono di I o di II classe.

 

11. Sono domeniche di I classe:

 

         a) le quattro domeniche d’Avvento;

         b) le quattro domeniche di Quaresima;

         c) le due domeniche di Passione;

         d) la domenica di Resurrezione o di Pasqua;

         e) la domenica in albis;

         f) la domenica di Pentecoste.

 

Le domeniche di Pasqua e di Pentecoste sono al tempo stesso feste di I classe con ottava.

 

12. Tutte le altre domeniche sono di II classe.

 

13. L’Ufficio della domenica comincia dai I Vespri, il sabato precedente, e termina dopo Compieta della domenica stessa.

 

14. La domenica si celebra nel suo giorno, secondo le rubriche. L’Ufficio e la Messa della domenica impedita non si anticipano né si riprendono.

 

15. Una domenica di I classe, in caso di occorrenza, prevale su qualsiasi festa.

 

Tuttavia, la festa dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria prevale sulla domenica d’Avvento occorrente.

 

Per quanto riguarda la concorrenza, si osservi la norma di cui ai nn. 104-105.

 

16. Una domenica di II classe, in caso di occorrenza, prevale sulle feste di II classe.

Tuttavia:

 

a) una festa del Signore di I o II classe, che cade in una domenica di II classe, prende il posto della domenica, con tutti i suoi diritti e privilegi: della domenica, quindi, non si fa alcuna commemorazione;

b) la domenica di II classe prevale sulla Commemorazione di tutti i Fedeli defunti.

Per quanto riguarda la concorrenza, si osservi la norma di cui ai nn. 104-105.

 

17. La domenica, di per sé, esclude l’assegnazione perpetua delle feste.

Fanno eccezione:

 

a) la festa del Ss. Nome di Gesù, che va celebrata la domenica che cade tra il 2 e il 5 gennaio (altrimenti il 2 gennaio);

b) la festa della S. Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe, che va celebrata la prima domenica dopo l’Epifania;

c) la festa della Ss. Trinità, che va celebrata la prima domenica dopo Pentecoste;

d) la festa di N. S. Gesù Cristo Re, che va celebrata l’ultima domenica di ottobre;

e) le feste del Signore di I classe che, nei calendari particolari, sono assegnate ad una domenica di II classe.

 

Queste feste prendono il posto della domenica occorrente, con tutti i suoi diritti e privilegi: della domenica, quindi, non si fa alcuna commemorazione.

 

18. Le domeniche dopo l’Epifania impedite dalla Settuagesima si trasferiscono dopo la XXIII domenica dopo Pentecoste, in questo ordine:

 

a) se vi sono 25 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sarà quella indicata come VI dopo l’Epifania;

b) se vi sono 26 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sarà quella indicata come V dopo l’Epifania; e la 25a quella indicata come VI;

c) se vi sono 27 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sarà quella indicata come IV dopo l’Epifania; la 25a quella indicata come V; e la 26a quella indicata come VI;

d) se vi sono 28 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sarà quella indicata come III dopo l’Epifania; la 25a quella indicata come IV; la 26a quella indicata come V; e la 27a quella indicata come VI.

 

Per ultima si pone sempre la domenica indicata come XXIV dopo Pentecoste, omettendo, se ce ne fosse bisogno, le domeniche che non possono avere luogo.

 

19. Per “prima domenica del mese” s’intende quella che cade per prima nel corso del mese, cioè dal primo al settimo giorno del mese; e per “ultima domenica” quella che precede immediatamente il primo giorno del mese successivo.

 

Allo stesso modo, per computare la prima domenica dei mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre, onde regolare la lettura delle Scritture, si considera “prima domenica del mese” quella che cade dal primo al settimo giorno del mese.

 

20. La prima domenica d’Avvento è quella che cade il 30 novembre o che è più vicina a questa data.

 

 

 

Capitolo IV

 

LE FERIE

 

 

21. Per “feria” s’intende ciascuno dei giorni della settimana, esclusa la domenica.

 

22. Le ferie sono di prima, seconda, terza o quarta classe.

 

23. Sono ferie di I classe:

 

     a) il mercoledì delle Ceneri;

     b) tutte le ferie della Settimana santa.

 

Queste ferie prevalgono su qualsiasi festa e ammettono una sola commemorazione privilegiata.

 

24. Sono ferie di II classe:

 

a) le ferie d’Avvento dal 17 al 23 dicembre;

b) le ferie delle Quattro Tempora d’Avvento, di Quaresima e di settembre.

 

Queste ferie prevalgono sulle feste particolari di II classe; e, se sono impedite, se ne deve fare commemorazione.

 

25. Sono ferie di III classe:

 

a) le ferie di Quaresima e di Passione, dal giovedì dopo le ceneri al sabato che precede la II domenica di Passione compreso, eccetto quelle menzionate al numero precedente; esse prevalgono sulle feste di III classe;

b) le ferie d’Avvento fino al 16 dicembre compreso, eccetto quelle menzionate al numero precedente; esse cedono il posto alle feste di III classe.

 

Se queste ferie sono impedite, se ne deve fare commemorazione.

 

26. Tutte le ferie non menzionate ai nn. 23-25 sono ferie di IV classe, delle quali non si fa mai commemorazione.

 

27. L’Ufficio della feria comincia dal Mattutino e termina, di per sé, dopo Compieta; ma l’Ufficio del sabato, eccetto quello del sabato santo, termina dopo Nona.

 

 

 

Capitolo V

 

LE VIGILIE

 

 

28. Per “vigilia” s’intende il giorno liturgico che precede una festa ed ha il compito di prepararla.

 

La vigilia di Pasqua, tuttavia, non essendo un giorno liturgico, si celebra in un modo suo proprio, che è quello della veglia.

 

 

29. Le vigilie sono di prima, seconda o terza classe.

 

30. Sono vigilie di I classe:

 

a) la vigilia della Natività del Signore, che, in caso di occorrenza, prende il posto della IV domenica d’Avvento, della quale, quindi, non si fa alcuna commemorazione;

b) la vigilia di Pentecoste.

 

Queste vigilie prevalgono su qualsiasi festa e non ammettono alcuna commemorazione.

 

31. Sono vigilie di II classe:

 

a) la vigilia dell’Ascensione del Signore;

b) la vigilia dell’Assunzione della beata Vergine Maria;

c) la vigilia della Natività di S. Giovanni Battista;

d) la vigilia dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo;

 

Queste vigilie prevalgono sui giorni liturgici di III e IV classe e, se sono impedite, se ne deve fare commemorazione, secondo le rubriche.

 

32. Vigilia di III classe è la vigilia di S. Lorenzo.

Questa vigilia prevale sui giorni liturgici di IV classe e, se è impedita, se ne deve fare commemorazione, secondo le rubriche.

 

33. Una vigilia di II o III classe si omette del tutto se cade in una domenica qualsiasi o in una festa di I classe, oppure se la festa che precede è stata trasferita ad un altro giorno o è stata ridotta a commemorazione.

 

34. L’Ufficio della vigilia comincia dal Mattutino e termina quando comincia l’Ufficio della festa seguente.

 

 

 

Capitolo VI

 

LE FESTE E IL CALENDARIO

 

 

A) Natura e proprietà delle feste

 

35. Per “festa” s’intende il giorno liturgico nel quale il culto pubblico della Chiesa è specialmente rivolto al ricordo dei misteri del Signore o alla venerazione della beata Vergine Maria, degli Angeli, dei Santi o dei Beati.

 

36. Le feste sono di prima, seconda o terza classe.

 

37. Le feste si celebrano in questo modo:

 

a) le feste di I classe sono annoverate tra i giorni più solenni; il loro Ufficio comincia dai I Vespri, il giorno precedente;

b) le feste di II e III classe hanno un Ufficio che, di per sé, decorre da Mattutino a Compieta del giorno medesimo;

c) tuttavia, le feste del Signore di II classe acquistano i I Vespri ogni volta che, in caso di occorrenza, prendono il posto di una domenica di II classe.

 

38. Le feste sono universali o particolari; le feste particolari sono proprie o concesse.

 

39. Le feste universali sono quelle iscritte dalla Santa Sede nel calendario della Chiesa universale.

 

Queste feste devono essere celebrate, secondo le rubriche, da tutti coloro che seguono il rito romano.

 

40. Le feste particolari sono quelle che, per diritto o per indulto della Santa Sede, sono iscritte nei calendari particolari.

 

Queste feste devono essere celebrate, secondo le rubriche, da tutti coloro che seguono tale calendario, e solo per speciale indulto della Santa Sede possono essere espunte dal calendario o cambiate di grado.

 

41. Le feste particolari che per diritto devono essere iscritte nel calendario sono le feste proprie:

 

a) di ogni nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile (n. 42);

b) di ogni diocesi o territorio ecclesiastico governato da un “Ordinario del luogo” (n. 43);

c) di ogni luogo, paese o città (n. 44);

d) di ogni chiesa od oratorio pubblico o semi-pubblico che tiene il posto della chiesa (n. 45);

e) di ogni Ordine o Congregazione (n. 46).

 

42. Le feste proprie di ogni nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, sono:

 

a) la festa del Patrono principale regolarmente costituito (I classe);

b) la festa del Patrono secondario regolarmente costituito (II classe).

 

43. Le feste proprie di ogni diocesi o territori ecclesiastico governato da un “Ordinario del luogo” sono:

 

a) la festa del Patrono principale regolarmente costituito (I classe);

b) l’anniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale (I classe);

c) la festa del Patrono secondario regolarmente costituito (II classe);

d) le feste di Santi e Beati, regolarmente iscritti nel Martirologio o nella sua Appendice, che hanno relazioni particolari con la diocesi, come l’origine, il soggiorno prolungato, la morte (II o III classe, o commemorazione).

 

44. Le feste proprie di ogni luogo, paese o città sono:

 

a) la festa del Patrono principale regolarmente costituito (I classe);

b) la festa del Patrono secondario regolarmente costituito (II classe).

 

45. Le feste proprie di ogni chiesa od oratorio pubblico o semi-pubblico che tiene il posto della chiesa sono:

 

a) l’anniversario della Dedicazione, se sono consacrati (I classe);

b) la festa del Titolare, se sono consacrati o almeno solennemente benedetti (I classe);

c) la festa del Santo, regolarmente iscritto nel Martirologio o nella sua Appendice, di cui ivi si conserva il corpo (II classe);

d) la festa del Beato, regolarmente iscritto nel Martirologio o nella sua Appendice, di cui ivi si conserva il corpo (III classe);

 

46. Le feste proprie di ogni Ordine o Congregazione sono:

 

a) la festa del Titolare (I classe);

b) la festa del Fondatore canonizzato (I classe) o beatificato (II classe);

c) in tutto l’Ordine o Congregazione: la festa del Patrono principale regolarmente costituito di tutto l’Ordine o Congregazione; nelle singole province: la festa del Patrono principale regolarmente costituito di ciascuna provincia religiosa (I classe);

d) la festa del Patrono secondario, come sopra (II classe);

e) le feste dei Santi o Beati che furono membri di quell’Ordine o Congregazione (II o III classe, o commemorazione).

 

47. Le feste particolari concesse sono quelle che si iscrivono nei calendari particolari per indulto della Santa Sede.

 

 

B) Il calendario e le feste da iscrivervi

 

48. Il calendario è universale oppure particolare, cioè proprio.

 

49. Il calendario universale è il calendario ad uso della Chiesa universale, posto all’inizio del Breviario e del Messale.

 

50. Il calendario particolare, cioè proprio, è diocesano o religioso; e si redige inserendo nel calendario universale le feste particolari.

 

Tale calendario particolare perpetuo dev’essere redatto rispettivamente dall’Ordinario del luogo o dal Superiore generale dell’Istituto religioso su consiglio del proprio Capitolo o Consiglio generale, e dev’essere approvato dalla S. Congregazione dei Riti.

 

51. Ogni diocesi e ogni altro territorio ecclesiastico governato da un “Ordinario del luogo” ha un calendario diocesano.

 

52. Nel calendario diocesano, oltre alle feste universali, si devono iscrivere:

 

a) le feste proprie (n. 42) e concesse di tutta la nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile;

b) le feste proprie (n. 43) e concesse di tutta la diocesi.

 

53. Sulla base di tale calendario diocesano si redige:

 

a) il calendario di ciascun luogo, aggiungendovi le feste proprie (n. 44) e concesse;

b) il calendario di ciascuna chiesa od oratorio, aggiungendovi le feste del proprie (n. 44) e concesse del luogo, e le feste proprie (n. 45) e concesse della chiesa stessa;

c) il calendario delle Congregazioni religiose o Istituti di diritto pontificio che non sono tenuti alla recita dell’Ufficio divino, e delle Congregazioni di diritto diocesano, aggiungendovi le feste proprie (n. 44) e concesse del luogo, nonché le feste proprie (nn. 45 e 46) e concesse delle stesse Congregazioni o Istituti.

 

54. Hanno un calendario religioso:

 

a) gli Ordini regolari, e le Monache e le Suore del medesimo Ordine, come pure i Terziari ad esso aggregati che vivono in comune ed emettono i voti semplici;

b) le Congregazioni religiose o Istituti maschili e femminili di diritto pontificio, retti da un unico Superiore generale, se sono tenuti, per qualsiasi titolo, alla recita dell’Ufficio divino.

 

55. Nel calendario religioso, oltre alle feste universali, si devono iscrivere le feste proprie (n. 46) e concesse del medesimo Ordine o Congregazione.

 

56. Sulla base di tale calendario religioso si redige:

 

a) il calendario di ciascuna provincia religiosa, aggiungendovi le feste proprie (n. 46) e concesse;

b) il calendario di ciascuna chiesa od oratorio, aggiungendovi le feste proprie (n. 45) e concesse, nonché quelle di cui al numero seguente: si tratta del calendario di una casa religiosa.

 

57. In ogni diocesi e luogo, i religiosi, anche coloro che seguono un rito diverso da quello romano, sono tenuti a celebrare, insieme al clero diocesano:

 

a) la festa del Patrono principale della nazione, della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, della diocesi, del luogo o paese o città (I classe);

b) l’anniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale (I classe);

c) le eventuali altre feste attualmente di precetto, con lo stesso grado che hanno nel calendario diocesano.

 

58. I Religiosi, nella celebrazione delle feste dei Santi dell’Ordine o della Congregazione, sono tenuti a conformarsi al clero diocesano per ciò che riguarda il giorno e l’Ufficio più proprio, laddove questi Santi sono venerati come Patroni principali (n. 57 a).

 

Parimenti, se le feste di Santi o Beati di qualche Ordine o Congregazione sono celebrate dal clero di qualche diocesi o luogo con grado superiore o Ufficio più proprio, possono essere celebrate con lo stesso grado superiore o con l’Ufficio più proprio anche dai Religiosi del medesimo Ordine o Congregazione, purché queste feste, in entrambi i calendari, siano iscritte allo stesso giorno.

 

 

C) Il giorno proprio delle feste

 

59. Le feste già introdotte nei calendari si celebrano nel giorno loro assegnato.

 

60. Per le nuove feste universali, si osservi quanto segue:

 

a) le feste dei Santi saranno di norma assegnate al giorno natalizio, cioè al giorno in cui il Santo è nato alla vita eterna; se questo giorno, per qualsiasi ragione, è impedito, tali feste saranno assegnate ad un giorno stabilito dalla Santa Sede, che sarà considerato come giorno quasi-natalizio;

b) per le altre feste, il giorno sarà assegnato dalla Santa Sede.

 

61. Per le nuove feste particolari, si osservi quanto segue:

 

a) le feste proprie di Santi o Beati saranno di norma assegnate al giorno natalizio, a meno che questo non sia impedito o che la Santa Sede non disponga diversamente. Tuttavia, le feste proprie di un luogo o di una chiesa, che sono iscritte con grado inferiore anche nel calendario universale o diocesano o religioso, devono essere celebrate nello stesso giorno assegnato nel calendario universale o diocesano o religioso;

b) se s’ignora il giorno natalizio, le feste saranno assegnate, previa approvazione della Santa Sede, ad un giorno che nel calendario perpetuo diocesano o religioso sia di IV classe;

c) se invece il giorno natalizio è perpetuamente impedito per tutta la diocesi, Istituto religioso o chiesa propria, in tale calendario particolare le feste, se sono di I o II classe, saranno assegnate al primo giorno seguente che non sia di I o II classe; se sono di III classe, saranno assegnate al primo giorno seguente che sia libero da altre feste o Uffici di grado pari o superiore;

d) le feste particolari concesse per indulto saranno iscritte nel calendario al giorno assegnato dalla Santa Sede nell’atto di concessione.

 

62. I Santi o i Beati che, per qualsiasi ragione, sono iscritti nel calendario in un’unica festa, quando sono dello stesso grado si celebrano sempre insieme come si trovano nel Breviario romano, anche se uno o qualcuno di loro fosse più proprio.

Quindi:

 

a) se uno o alcuni di tali Santi dovessero essere celebrati con una festa di I classe, si celebra l’Ufficio solo di questi, omettendo i compagni;

b) se uno o alcuni di tali Santi o Beati fossero più propri e dovessero essere celebrati con grado superiore, si celebra l’Ufficio dei più propri, con la commemorazione dei compagni.

 

 

 

Capitolo VII

 

LE OTTAVE

 

 

A) Le ottave in generale

 

63. L’ottava è la celebrazione delle feste maggiori protratta per otto giorni consecutivi.

 

64. Si celebrano soltanto le ottave della Natività del Signore, di Pasqua e di Pentecoste; tutte le altre, sia nel calendario universale che nei calendari particolari, sono abolite.

 

65. Le ottave sono di I o di II classe.

 

 

B) Le ottave di I classe

 

66. Sono ottave di I classe quelle di Pasqua e di Pentecoste. I giorni durante queste ottave sono di I classe.

 

 

C) L’ottava di II classe

 

67. Ottava di II classe è quella della Natività del Signore. I giorni durante questa ottava sono di II classe, mentre l’ottavo giorno è di I classe.

 

68. L’ottava di Natale è ordinata in modo particolare, e cioè:

 

a) il 26 dicembre si celebra la festa di S. Stefano Protomartire (II classe);

b) il 27 dicembre si celebra la festa di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista (II classe);

c) il 28 dicembre si celebra la festa dei Ss. Innocenti Martiri (II classe);

d) il 29 dicembre si fa commemorazione di S. Tommaso Vescovo e Martire;

e) il 31 dicembre si fa commemorazione di S. Silvestro Papa e Confessore;

f) quanto alle feste particolari, sono ammesse soltanto quelle di I classe e in onore di quei Santi che nel calendario universale si celebrano in questi giorni, anche come semplice commemorazione; le altre si trasferiscono dopo l’ottava.

 

69. Della domenica fra l’ottava di Natale, cioè quella che cade dal 26 al 31 dicembre, si celebra sempre l’Ufficio con commemorazione della festa eventualmente occorrente, a meno che tale domenica non cada in una festa di I classe: in questo caso si dice l’Ufficio della festa, con commemorazione della domenica.

 

70. Le norme particolari per ordinare l’Ufficio e la Messa durante l’ottava di Natale si trovano nelle rubriche del Breviario e del Messale.

 

 

 

Capitolo VIII

 

I TEMPI DELL’ANNO

 

 

A) Il tempo d’Avvento

 

71. Il tempo del sacro Avvento decorre dai I Vespri della I domenica d’Avvento fino a Nona compresa della vigilia della Natività.

 

 

B) Il tempo natalizio

 

72. Il tempo natalizio decorre dai I Vespri della Natività fino al 13 gennaio compreso.

Quest’arco di tempo comprende:

 

a) il tempo della Natività, che decorre dai I Vespri della Natività del Signore fino a Nona compresa del 5 gennaio;

b) il tempo dell’Epifania, che decorre dai I vespri dell’Epifania del Signore fino al 13 gennaio compreso.

 

 

C) Il tempo di Settuagesima

 

73. Il tempo di Settuagesima decorre dai I Vespri della domenica di Settuagesima fino a dopo Compieta del martedì della settimana di Quinquagesima.

 

 

D) Il tempo quaresimale

 

74. Il tempo quaresimale decorre dal Mattutino del mercoledì delle ceneri fino alla Messa della Vigilia pasquale esclusa.

 

Quest’arco di tempo comprende:

 

a) il tempo di Quaresima, che decorre dal Mattutino del mercoledì delle ceneri fino a Nona compresa del sabato che precede la I domenica di Passione;

b) il tempo di Passione, che decorre dai I Vespri della I domenica di passione fino alla Messa della Vigilia pasquale esclusa.

 

75. La settimana che va dalla II domenica di Passione o delle palme fino al sabato santo compreso si dice Settimana santa; gli ultimi tre giorni di tale settimana si chiamano Triduo sacro.

 

 

E) Il tempo pasquale

 

76. Il tempo pasquale decorre dall’inizio della Messa della Vigilia pasquale fino a Nona compresa del sabato nell’ottava di Pentecoste.

Quest’arco di tempo comprende:

 

a) il tempo di Pasqua, che decorre dall’inizio della Messa della Vigilia pasquale fino a Nona compresa della vigilia dell’Ascensione;

b) il tempo dell’Ascensione, che decorre dai I Vespri dell’Ascensione del Signore fino a Nona compresa della vigilia di Pentecoste;

c) l’ottava di Pentecoste, che decorre dalla Messa della vigilia di Pentecoste fino a Nona compresa del sabato seguente.

 

 

F) Il tempo «per annum»

 

77. Il tempo «per annum» decorre dal 14 gennaio fino a Nona compresa del sabato che precede la domenica di Settuagesima, e dai I Vespri della festa della Ss. Trinità, cioè della I domenica dopo Pentecoste, fino a Nona compresa del sabato che precede la I domenica d’Avvento.

 

 

 

Capitolo IX

 

SANTA MARIA IN SABATO

 

 

78. Nei sabati di IV classe si celebra l’Ufficio di santa Maria in sabato.

 

79. L’Ufficio di santa Maria in sabato comincia dal Mattutino e termina dopo Nona.

 

 

 

Capitolo X

 

LE LITANIE MAGGIORI E MINORI

 

 

A) Le Litanie maggiori

 

80. Le Litanie maggiori sono assegnate al giorno 25 aprile; se però in tale giorno cade la domenica o il lunedì di Pasqua, si trasferiscono al martedì seguente.

 

81. Le Litanie maggiori non riguardano l’Ufficio, ma soltanto la Messa. La loro commemorazione non dev’essere considerata una commemorazione «del Tempo»

 

82. Secondo le condizioni e le consuetudini delle chiese e dei luoghi, di cui solo giudice è l’Ordinario, in questo giorno si fa una processione nella quale si dicono le Litanie dei Santi (che però non vanno duplicate) con le relative preghiere.

 

83. Ma se tale processione non può avere luogo, gli Ordinari istituiscano delle suppliche particolari, nelle quali si dicano le Litanie dei Santi e le altre preghiere che ordinariamente si fanno durante la processione.

 

84. Tutti coloro che sono obbligati alla recita dell’Ufficio divino e non assistono alla processione o alle suppliche particolari di cui al numero precedente, sono tenuti a dire in questo giorno le Litanie dei Santi con le relative preghiere, in latino.

 

85. Se durante la processione o le altre suppliche particolari, secondo la consuetudine del luogo, le Litanie dei Santi con le relative preghiere vengono recitate in lingua volgare insieme ai fedeli, coloro che sono tenuti alla recita dell’Ufficio divino e partecipano a queste suppliche non sono tenuti a ripetere tali preghiere in latino.

 

86. La Messa delle Rogazioni si dice normalmente dopo la processione, secondo quanto stabilito ai nn. 346-347. Tuttavia, è opportuno che la Messa delle Rogazioni venga celebrata anche dopo le suppliche particolari che sostituiscono la processione, anche se hanno luogo nelle ore pomeridiane.

 

 

B) Le Litanie minori o Rogazioni

 

87. Le Litanie minori o Rogazioni, di per sé, sono assegnate al lunedì, al martedì e al mercoledì prima della festa dell’Ascensione del Signore.

 

Agli Ordinari dei luoghi, tuttavia, si concede la facoltà di trasferirle ad altri tre giorni consecutivi più adatti, secondo la situazione, la consuetudine o la necessità delle diverse regioni.

 

88. Le Litanie minori non riguardano l’Ufficio, ma soltanto la Messa che è legata alla processione o alle altre suppliche particolari.

 

89. Per quanto riguarda la processione o le altre suppliche particolari e la Messa o la commemorazione, si osservi quanto stabilito a proposito delle Litanie maggiori (nn. 81-83 e 86).

 

90. In questi giorni, le Litanie dei Santi con le relative preghiere vengono recitate solo durante la processione o le altre suppliche (cfr. n. 85). Pertanto, coloro che sono obbligati alla recita dell’Ufficio divino e non assistono alla processione né alle altre suppliche particolari, in questi giorni non sono tenuti a dire le Litanie dei Santi con le relative preghiere.

 

 

 

Capitolo XI

 

LA PRECEDENZA DEI GIORNI LITURGICI

 

 

91. La precedenza dei giorni liturgici, abolito qualunque altro titolo o regola, è regolata unicamente dalla seguente

 

 

TABELLA DEI GIORNI LITURGICI

 

disposti secondo l’ordine di precedenza

 

 

Giorni liturgici di I classe

 

1. Festa della Natività del Signore, domenica di Resurrezione e domenica di Pentecoste (I classe con ottava).

2. Triduo sacro.

3. Feste dell’Epifania e dell’Ascensione del Signore, della Ss. Trinità, del Ss. Corpo di Cristo, del S. Cuore di Gesù e di Cristo Re.

4. Feste dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione della beata Vergine Maria.

5. Vigilia e ottavo giorno della Natività del Signore.

6. Domeniche d’Avvento, di Quaresima, di Passione, e domenica in albis.

7. Ferie di I classe non menzionate sopra, e cioè: mercoledì delle ceneri; lunedì, martedì e mercoledì della Settimana santa.

8. Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, che però cede il posto alla domenica occorrente.

9. Vigilia di Pentecoste.

10. Giorni durante l’ottava di Pasqua e Pentecoste.

11. Feste di I classe della Chiesa universale non menzionate sopra.

12. Feste proprie di I classe, e cioè:

 

1) Festa del Patrono principale regolarmente costituito: a) della nazione, b) della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, c) della diocesi.

2) Anniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale.

3) Festa del Patrono principale regolarmente costituito del luogo, paese o città.

4) Festa e anniversario della Dedicazione della chiesa propria, o dell’oratorio pubblico o semi-pubblico che tiene il posto della chiesa.

5) Festa del Titolare della chiesa propria.

6) Festa del Titolare dell’Ordine o Congregazione.

7) Festa del Fondatore canonizzato dell’Ordine o Congregazione.

8) Festa del Patrono principale regolarmente costituito dell’Ordine o Congregazione, e della provincia religiosa.

 

13. Feste concesse di I classe, prima quelle mobili, poi quelle fisse.

 

 

Giorni liturgici di II classe

 

14. Feste del Signore di II classe, prima quelle mobili, poi quelle fisse.

15. Domeniche di II classe.

16. Feste di II classe della Chiesa universale che non sono del Signore.

17. Giorni durante l’ottava della Natività del Signore.

18. Ferie di II classe, e cioè: ferie d’Avvento dal 17 al 23 dicembre compreso, e ferie delle Quattro Tempora d’Avvento, di Quaresima e di settembre.

19. Feste proprie di II classe, e cioè:

 

1) Festa del Patrono secondario regolarmente costituito: a) della nazione, b) della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, c) della diocesi, d) del luogo, paese o città.

2) Feste di Santi o Beati di cui al n. 43 d.

3) Feste di Santi propri di una chiesa (n. 45 c).

4) Festa del Fondatore beatificato dell’Ordine o Congregazione (n. 46 b).

5) Festa del Patrono secondario regolarmente costituito dell’Ordine o Congregazione, e della provincia religiosa (n. 46 d).

6) Feste di Santi o Beati di cui al n. 46 e.

 

20. Feste concesse di II classe, prima quelle mobili, poi quelle fisse.

21. Vigilie di II classe.

 

 

Giorni liturgici di III classe

 

22. Ferie di Quaresima e di Passione, dal giovedì dopo le ceneri fino al sabato che precede la II domenica di Passione compreso, eccetto le ferie delle Quattro Tempora.

23. Feste di III classe iscritte nei calendari particolari, prima le feste proprie, e cioè:

 

1) Feste di Santi o Beati di cui al n. 43 d.

2) Feste di Beati propri di una chiesa (n. 45 d).

3) Feste di Santi o Beati di cui al n. 46 e; e poi le feste concesse, prima quelle mobili, poi quelle fisse.

 

24. Feste di III classe iscritte nel calendario della Chiesa universale, prima quelle mobili, poi quelle fisse.

25. Ferie d’Avvento fino al 16 dicembre compreso, eccetto le ferie delle Quattro Tempora.

26. Vigilia di III classe.

 

 

Giorni liturgici di IV classe

 

27. Ufficio di santa Maria in sabato.

28. Ferie di IV classe.

 

 

 

Capitolo XII

 

L’OCCORRENZA DEI GIORNI LITURGICI

 

 

92. Si dice “occorrenza” l’incontro di due o più Uffici nello stesso giorno.

L’occorrenza si dice accidentale quando un giorno mobile e un giorno fisso coincidono solo in certi anni; e perpetua quando due giorni liturgici coincidono ogni anno.

 

93. Per effetto dell’occorrenza, l’Ufficio del giorno liturgico di grado inferiore cede il posto all’Ufficio di grado superiore, il che può avvenire per omissione, commemorazione, traslazione o riposizione dell’Ufficio meno nobile, secondo quanto indicato nei numeri successivi.

 

94. Una commemorazione assegnata ad un giorno fisso non può essere trasferita o riposta insieme alla festa da trasferire o riporre, ma si fa nel suo giorno proprio oppure si omette, secondo le rubriche.

 

 

 

Capitolo XIII

 

OCCORRENZA ACCIDENTALE E TRASLAZIONE DEI GIORNI LITURGICI

 

 

95. Il diritto di traslazione ad un altro giorno, a causa dell’occorrenza accidentale con un giorno liturgico che nella tabella della precedenza è di rango superiore, spetta solo alle feste di I classe. Le altre feste, accidentalmente impedite da un Ufficio di grado superiore, si commemorano oppure per quell’anno si omettono del tutto, secondo le rubriche.

 

Ma se due feste della medesima Persona divina o dello stesso Santo o Beato cadono nello stesso giorno, si celebra la festa che nella tabella della precedenza è di rango superiore, e l’altra si omette.

 

96. Una festa di I classe, impedita da un giorno che nella tabella della precedenza è di rango superiore, si trasferisce al primo giorno seguente che non sia di I o II classe.

Tuttavia:

 

a) la festa dell’Annunciazione della beata Vergine Maria, quando va trasferita dopo Pasqua, si trasferisce, come suo giorno proprio, al lunedì dopo la domenica in albis;

b) la Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, quando cade in domenica, si trasferisce, come suo giorno proprio, al lunedì seguente.

 

97. Se nello stesso giorno cadono più feste di I classe, quel giorno si celebri la festa che nella tabella della precedenza è di rango superiore, e le altre si trasferiscano secondo l’ordine con cui sono iscritte nella suddetta tabella.

 

98. Allo stesso modo, se si devono trasferire contemporaneamente più feste di I classe, si osservi l’ordine con cui sono iscritte nella tabella della precedenza; in caso di parità, ha la precedenza l’Ufficio impedito per primo.

 

99. Le feste traslate hanno lo stesso grado della loro originaria collocazione.

 

 

 

Capitolo XIV

 

OCCORRENZA PERPETUA E RIPOSIZIONE DEI GIORNI LITURGICI

 

 

100. Il diritto di riposizione ad un altro giorno, a causa dell’occorrenza perpetua con un giorno liturgico che nella tabella della precedenza è di rango superiore, spetta a tutte le feste di I e II classe, come pure alle feste particolari di III classe che non cadano in Avvento o in Quaresima, quando sono impedite in tutta la diocesi, in tutto l’Ordine o Congregazione o nella propria chiesa.

 

Invece, le feste di III classe della Chiesa universale perpetuamente impedite in un calendario particolare, come pure le feste di III classe della diocesi, o dell’Ordine o Congregazione, perpetuamente impedite solo in alcune chiese, si commemorano oppure si omettono del tutto, secondo le rubriche.

 

101. Le feste da riporre, se sono di I o II classe, sono assegnate al primo giorno seguente che non sia di I o II classe; se sono di III classe, sono assegnate al primo giorno seguente che sia libero da Uffici di grado pari o superiore.

 

102. Il giorno in cui si ripongono le feste perpetuamente impedite è considerato come giorno proprio, e la festa riposta ha lo stesso grado della sua originaria collocazione.

 

 

 

Capitolo XV

 

LA CONCORRENZA DEI GIORNI LITURGICI

 

 

103. Si dice “concorrenza” l’incontro dei Vespri del giorno liturgico in corso coi primi Vespri del giorno liturgico seguente.

 

104. In caso di concorrenza, hanno la precedenza i Vespri del giorno liturgico di grado superiore, e gli altri si commemorano, secondo le rubriche.

 

105. Tuttavia, quando i giorni liturgici i cui Vespri sono in concorrenza sono della stessa classe, si dicono integralmente i Vespri dell’Ufficio in corso e si fa commemorazione dell’Ufficio seguente, secondo le rubriche.

 

 

 

Capitolo XVI

 

LE COMMEMORAZIONI

 

 

106. Quanto si stabilisce qui a proposito delle commemorazioni vale sia per la Messa che per l’Ufficio, tanto in caso di occorrenza che di concorrenza.

 

107. Le commemorazioni sono privilegiate od ordinarie.

 

108. Le commemorazioni privilegiate si fanno alle Lodi e ai Vespri, e a tutte le Messe; le commemorazioni ordinarie si fanno solo alle Lodi, alle Messe conventuali e a tutte le Messe lette.

 

109. Sono commemorazioni privilegiate quelle:

 

a) della domenica;

b) di un giorno liturgico di I classe;

c) dei giorni durante l’ottava di Natale;

d) delle ferie delle Quattro Tempora di settembre;

e) delle ferie d’Avvento, di Quaresima e di Passione;

f) delle Litanie maggiori, alla Messa.

 

Tutte le altre commemorazioni sono commemorazioni ordinarie.

 

110. Nell’Ufficio e nella Messa di S. Pietro si fa sempre commemorazione di S. Paolo, e viceversa. Tale commemorazione si dice inseparabile; e le due orazioni devono ritenersi fuse in una sola, così che, nel computare il numero di orazioni, le si considerino come una sola.

Pertanto:

 

a) nell’Ufficio di S. Pietro o di S. Paolo, alle Lodi e ai Vespri, si aggiunge all’orazione del giorno l’orazione dell’altro Apostolo con una sola conclusione, senza antifona né versetto;

b) nella Messa di S. Pietro o di S. Paolo, si aggiunge all’orazione del giorno l’orazione dell’altro Apostolo con una sola conclusione;

c) quando l’orazione di uno di questi Apostoli deve aggiungersi a modo di commemorazione, a questa orazione si aggiunge immediatamente quella dell’altro Apostolo, prima di ogni ulteriore commemorazione.

 

111. Le norme per ammettere le commemorazioni sono le seguenti:

 

a) nei giorni liturgici di I classe e nelle Messe in canto non conventuali, è ammessa una sola commemorazione privilegiata;

b) nelle domeniche di II classe è ammessa una sola commemorazione, cioè quella di una festa di II classe, che però si omette se si deve fare una commemorazione privilegiata;

c) negli altri giorni liturgici di II classe è ammessa una sola commemorazione, o una privilegiata o una ordinaria;

d) nei giorni liturgici di III e IV classe sono ammesse due sole commemorazioni.

 

112. Per quanto riguarda le commemorazioni e le orazioni, si osservi inoltre quanto segue:

 

a) l’Ufficio, la Messa o la commemorazione di una festa o mistero di una Persona divina esclude la commemorazione o l’orazione di un’altra festa o mistero della medesima Persona divina;

b) l’Ufficio, la Messa o la commemorazione della domenica esclude la commemorazione o l’orazione di una festa o mistero del Signore, e viceversa;

c) l’Ufficio, la Messa o la commemorazione del Proprio del Tempo esclude un’altra commemorazione del Proprio del Tempo;

d) l’Ufficio, la Messa o la commemorazione della beata Vergine Maria, di un Santo o di un Beato esclude un’altra commemorazione od orazione nella quale si invochi l’intercessione della stessa beata Vergine Maria, dello stesso Santo o dello stesso Beato; questo però non vale per l’orazione della domenica o della feria nella quale s’invochi lo stesso Santo.

 

113. Si fa per prima la commemorazione del Proprio del Tempo. Per ammettere e ordinare le altre commemorazioni, si osservi l’ordine della tabella della precedenza.

 

114. Qualsiasi commemorazione che oltrepassi il numero stabilito per ciascun giorno liturgico si omette.

 

 

 

Capitolo XVII

 

LA CONCLUSIONE DELLE ORAZIONI

 

 

115. La conclusione delle orazioni, sia alla Messa che all’Ufficio, è questa:

 

a) se l’orazione è rivolta al Padre, si conclude: Per Dóminum nostrum Iesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen;

b) se l’orazione è rivolta al Padre, ma all’inizio si menziona il Figlio, si conclude: Per eúndem Dóminum nostrum, ecc. come sopra;

c) se l’orazione è rivolta al Padre, ma alla fine si menziona il Figlio, si conclude: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula seculórum. Amen;

d) se l’orazione è rivolta al Figlio, si conclude: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen;

e) se nell’orazione si menziona lo Spirito Santo, nella conclusione si dice: ... in unitáte eiúsdem Spíritus Sancti, ecc.

 

116. Si mantengano le conclusioni particolari riportate a suo luogo nei libri liturgici.

 

 

 

Capitolo XVIII

 

IL COLORE DEI PARAMENTI

 

 

A) Il colore dei paramenti in generale

 

117. I paramenti dell’altare, del celebrante e dei ministri devono essere del colore richiesto dall’Ufficio e dalla Messa del giorno o da un’altra Messa che si celebra fuori dall’ordine dell’Ufficio, secondo la consuetudine della Chiesa romana, che utilizza cinque colori: bianco, rosso, verde, viola e nero.

 

Tuttavia, gli indulti e le legittime consuetudini circa l’uso di altri colori restano in vigore.

 

Nei paesi di Missione dove, a causa di una comprovata e autentica tradizione dei popoli indigeni, il significato che la Chiesa romana ha attribuito a questo o a quel colore non si accorda col significato tradizionalmente inteso da tali popoli, la Conferenza Episcopale della regione ha facoltà di sostituire il colore inadatto con un altro più adeguato; questo, però, non avvenga senza consultare la S. Congregazione dei Riti.

 

118. Per quanto riguarda il colore dei paramenti alle Messe votive lette di IV classe, ci si attenga alle prescrizioni di cui al n. 323.

 

 

B) Il colore bianco

 

119. Il colore bianco dev’essere usato all’Ufficio e alla Messa del Tempo:

 

a) dalla festa della Natività del Signore fino al termine del tempo dell’Epifania;

b) dalla Messa della Vigilia pasquale fino alla Messa della vigilia di Pentecoste esclusa.

 

120. Il colore bianco dev’essere usato all’Ufficio e alla Messa delle feste:

 

a) del Signore, eccettuate le feste dei misteri e degli strumenti della Passione;

b) della beata Vergine Maria, anche alla benedizione e alla processione delle candele il 2 febbraio;

c) dei Ss. Angeli;

d) di Tutti i Santi (1° novembre);

e) dei Santi non Martiri;

f) di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista (27 dicembre); della Cattedra di S. Pietro (22 febbraio); della Conversione di S. Paolo (25 gennaio); della Natività di S. Giovanni Battista (24 giugno).

 

121. Il colore bianco è richiesto alle Messe votive:

 

a) che corrispondo alle feste di cui al numero precedente;

b) di N. S. Gesù Cristo sommo ed eterno Sacerdote;

c) dell’incoronazione del Sommo Pontefice e degli anniversari del Sommo Pontefice e del Vescovo diocesano;

d) «per gli sposi».

 

122. Infine, il colore bianco dev’essere usato il giovedì santo alla Messa crismale e alla Messa della Cena del Signore; parimenti dev’essere usato dal diacono per il canto del preconio pasquale e dal celebrante per il rinnovo delle promesse battesimali, nella Vigilia pasquale.

 

 

C) Il colore rosso

 

123. Il colore rosso dev’essere usato all’Ufficio e alla Messa del Tempo dalla Messa della vigilia di Pentecoste fino a Nona del sabato seguente.

 

124. Il colore rosso dev’essere usato all’Ufficio e alla Messa delle feste:

 

a) dei misteri e degli strumenti della Passione del Signore;

b) dei Santi Apostoli ed Evangelisti nel loro giorno natalizio, eccetto che nella festa di S. Giovanni (27 dicembre);

c) della Commemorazione di S. Paolo Apostolo (30 giugno);

d) della Commemorazione di tutti i Ss. Sommi Pontefici;

e) dei Santi Martiri, quando se ne celebra il martirio, l’invenzione o la traslazione;

f) delle Sante Reliquie.

 

125. Il colore rosso è richiesto alle Messe votive:

 

a) della Passione del Signore;

b) dello Spirito Santo;

c) dei Misteri e dei Santi di cui al numero precedente;

d) per l’elezione del Sommo Pontefice.

 

126. Infine, il colore rosso dev’essere usato nella II domenica di Passione o delle palme per la benedizione e la processione dei rami.

 

 

D) Il colore verde

 

127. Il colore verde dev’essere usato all’Ufficio e alla Messa del Tempo:

 

a) dal 14 gennaio al sabato prima della Settuagesima;

b) dal lunedì che segue la I domenica dopo Pentecoste al sabato prima dell’Avvento.

 

Fanno eccezione le ferie delle Quattro Tempora di settembre e le vigilie di II e III classe, fuori dal tempo pasquale.

 

 

E) Il colore viola

 

128. Il colore viola dev’essere usato all’Ufficio e alla Messa del Tempo:

 

a) dalla I domenica d’Avvento fino alla vigilia della Natività compresa;

b) dalla domenica di Settuagesima fino alla Vigilia pasquale, eccetto che: alla benedizione e alla processione delle palme nella II domenica di passione; il giovedì santo alla Messa crismale e alla Messa della Cena del Signore; nell’Azione liturgica del venerdì santo fino alla Comunione esclusa; al canto del preconio pasquale (per il diacono) e al rinnovo delle promesse battesimali (per il celebrante) nella Vigilia pasquale;

c) nelle ferie delle Quattro Tempora di settembre;

d) nelle vigilie di II e III classe, fuori dal tempo pasquale.

 

129. Il colore viola è richiesto alle Messe votive:

 

a) per la propagazione della Fede;

b) per la difesa della Chiesa;

c) per l’unità della Chiesa;

d) in tempo di guerra;

e) per la pace;

f) per evitare la pestilenza;

g) per la remissione dei peccati;

h) per i pellegrini e i viaggiatori;

i) per i malati;

l) per domandare la grazia di ben morire;

m) per qualunque necessità.

 

130. Il colore viola dev’essere usato anche:

 

a) alla processione e alla Messa delle Litanie maggiori e minori;

b) alla benedizione delle ceneri;

c) alla Comunione nell’Azione liturgica del venerdì santo;

d) alle Messe della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti che si celebrano durante l’esposizione del Ss. Sacramento per la preghiera delle Quarantore.

 

131. I paramenti di colore rosa si possono utilizzare la III domenica d’Avvento e la IV domenica di Quaresima, ma solo all’Ufficio e alla Messa della domenica.

 

 

F) Il colore nero

 

132. Il colore nero dev’essere usato:

 

a) nell’Azione liturgica del venerdì santo, fino alla Comunione esclusa;

b) all’Ufficio e alla Messa dei defunti, eccettuato il caso di cui al n. 130 d.

 

 

 

Capitolo XIX

 

IMPIEGO E NATURA DEI PARAMENTI

 

 

133. Alla Messa il sacerdote celebrante porta sempre la pianeta o casula.

 

134. Il Vescovo e gli altri godono dell’uso delle insegne pontificali, quando celebrano solennemente, portano la pianeta sopra la dalmatica e la tunicella. Il Vescovo porta la pianeta sopra la dalmatica e la tunicella anche alla Messa letta:

 

a) per la consacrazione di un Vescovo;

b) per il conferimento dei sacri Ordini;

c) per la benedizione di un Abate;

d) per la benedizione di una Badessa;

e) per la benedizione e la consacrazione delle Vergini;

f) per la consacrazione di una chiesa o di un altare.

 

Tuttavia, i Vescovi e gli altri di cui sopra possono astenersi, per una giusta causa, dal portare la dalmatica e la tunicella sotto la pianeta.

 

135. Il piviale si usa:

 

a) all’Ufficio delle Lodi e dei Vespri, quando si celebrano solennemente;

b) alle benedizioni che si fanno all’altare;

c) alle processioni;

d) all’assoluzione sul cadavere o sul tumulo;

e) alla Messa pontificale, da parte del prete assistente;

f) alle orazioni solenni, nell’Azione liturgica del venerdì santo;

g) nella Vigilia pasquale.

 

136. Quando il celebrante porta il piviale non usa mai il manipolo; e se non può avere il piviale, alle benedizioni che si fanno all’altare, il sacerdote sta in camice e stola, senza pianeta né manipolo.

 

137. Il diacono e il suddiacono indossano rispettivamente la dalmatica e la tunicella quando servono il sacerdote:

 

a) alla Messa;

b) alle benedizioni all’altare;

c) alle processioni.

 

Tuttavia, quando il sacerdote sta senza piviale, anche i ministri stanno senza dalmatica e tunicella. Le pianete piegate e lo stolone non si usano più.

  


 

Per la traduzione si ringrazia vivamente Daniele Di Sorco.

 


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RUBRICÆ GENERALES

 

MISSALIS ROMANI

 

Missale Romanum, Typis Poliglottis Vaticanis 1962

 
 

I          NOZIONI E NORME GENERALI
II        CALENDARIO DA USARSI NELLA MESSA
III       LA MESSA CONVENTUALE
IV       LA MESSA NELLE DOMENICHE E NELLE FERIE
V         LE MESSE FESTIVE
VI       LE MESSE VOTIVE
            A) Messe votive in generale
            B) Messe votive di prima classe
            C) Messe votive di seconda classe
            D) Messe votive di terza classe
            E) Messe votive di quarta classe

VII      LE MESSE DEI DEFUNTI
            A) Le Messe dei defunti in generale
            B) Le Messe dei defunti di prima classe
            C) Le Messe dei defunti di seconda classe
            D) Le Messe dei defunti di terza classe
            E) Le Messe dei defunti di quarta classe o quotidiane

VIII    LE DIVERSE PARTI DELLA MESSA
            A) Il salmo, la confessione, l'incensazione
            B) L'antifona d'Introito e il K
ýrie
            C) L'inno di Gloria
            D) Le orazioni
            E) Dalle letture al Vangelo
            F) Il simbolo
            G) L'antifona d'Offertorio e le orazioni secrete
            H) Il prefazio
            I)  Dal canone della messa fino a dopo comunione
            L) La conclusione della Messa

IX       COSA BISOGNA DIRE AD ALTA O SOTTOVOCE
X         PER INGINOCCHIARSI, SEDERSI E STARE IN PIEDI
XI        LA PREPARAZIONE DELL'ALTARE PER LA MESSA

 
 

 

Capitolo I

 

NOZIONI E NORME GENERALI

 

 

269. Il santo Sacrificio della Messa, celebrato secondo i canoni e le rubriche, è un atto di culto pubblico, reso a Dio in nome di Cristo e della Chiesa. L’espressione «Messa privata» è dunque da evitarsi.

 

270. La Messa insieme all’Ufficio divino costituisce il vertice di tutto il culto cristiano; perciò la Messa, di per sé, dev’essere conforme all’Ufficio del giorno.

 

Esistono tuttavia alcune Messe fuori dall’ordine dell’Ufficio, cioè le Messe votive e quelle dei defunti.

 

271. Vi sono due tipi di Messe: la Messa in canto e la Messa letta.

La Messa si dice in canto se il sacerdote effettivamente canta quelle parti che le rubriche prescrivono di cantare; altrimenti si dice letta.

 

La Messa in canto, poi, se è celebrata con l’assistenza dei sacri ministri, si dice Messa solenne; se è celebrata senza sacri ministri, si dice Messa cantata.

 

Infine, la Messa solenne che viene celebrata dal Vescovo o da altri che hanno questa facoltà con le solennità prescritte dai libri liturgici, si dice Messa pontificale.

 

272. La Messa, per sua natura, richiede che tutti i presenti vi partecipino, ciascuno nel modo suo proprio.

 

Le diverse modalità con cui i fedeli possono partecipare attivamente al santo Sacrificio devono essere opportunamente regolate, in modo da evitare il pericolo di qualsiasi abuso e ottenere il fine principale di tale partecipazione: maggior pienezza del culto di Dio ed edificazione dei fedeli.

 

Di questa partecipazione attiva dei fedeli si è ampiamente trattato nell’Istruzione sulla Musica sacra e la sacra Liturgia, promulgata dalla S. Congregazione dei Riti il 3 settembre 1958.

 

273. Le seguenti rubriche valgono sia per le Messe in canto che per le Messe lette, salvo diversa specificazione.

 

 

 

Capitolo II

 

IL CALENDARIO DA USARSI NELLA CELEBRAZIONE DELLA MESSA

 

 

274. La Messa dev’essere detta secondo il calendario o della chiesa od oratorio in cui viene celebrata, o del luogo, o dello stesso sacerdote celebrante, o della Chiesa universale, come qui di seguito spiegato.

 

275. In una chiesa od oratorio pubblico, ogni sacerdote, sia diocesano che religioso, è tenuto a celebrare secondo il calendario di tale chiesa od oratorio pubblico.

 

Questa norma va osservata anche nell’oratorio semipubblico principale di un seminario, casa religiosa, collegio, ospedale, carcere e simili.

 

276. Negli oratori secondari di un seminario, casa religiosa, collegio, ospedale, carcere e simili, ogni sacerdote può seguire o il calendario di tale oratorio o il proprio calendario.

 

277. Negli oratori privati e quando celebra su un altare portatile fuori da un luogo sacro, ogni sacerdote può seguire o il calendario del luogo (n. 53 a) o il proprio calendario.

 

278. Ogni sacerdote, anche se ha facoltà di seguire il proprio calendario, deve celebrare la Messa delle feste del Patrono principale della nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, della diocesi, paese o città, come pure l’anniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale e le eventuali altre feste attualmente di precetto.

 

279. L’oratorio stabilito in modo permanente sulle navi è un oratorio pubblico, e vi si deve impiegare il calendario della Chiesa universale. Ma quando un sacerdote celebra fuori da tale oratorio, su un altare portatile, può impiegare o il calendario della Chiesa universale o il proprio calendario. Può fare altrettanto chi celebra legittimamente durante un viaggio aereo, fluviale o ferroviario.

 

280. Nei seminari e nei collegi di chierici diocesani affidati a Religiosi, come pure nei seminari e collegi di chierici interdiocesani, regionali, nazionali ed internazionali affidati a Religiosi, si deve usare lo stesso calendario prescritto per la recita dell’Ufficio divino (nn. 154-155).

 

[154. Nei seminari e nei collegi di chierici diocesani affidati a Religiosi, per la recita dell’Ufficio divino in comune, sia i chierici sia i religiosi che recitano l’Ufficio con i chierici, devono seguire il calendario del luogo (n. 53 a), aggiungendovi le feste della chiesa del seminario o del collegio (n. 45), con la facoltà di aggiungere anche la festa del Titolare e del santo Fondatore dei Religiosi ai quali è affidato il seminario.

 

155. Nei seminari e nei collegi di chierici interdiocesani, regionali, nazionali ed internazionali di chierici, per la recita dell’Ufficio divino in comune si deve seguire il calendario della Chiesa universale, aggiungendovi le feste del Patrono principale della nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, diocesi, paese o città, l’anniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale della diocesi e le eventuali altre feste attualmente di precetto, come pure le feste della chiesa del seminario o collegio (n. 45).

 

Se tale seminario è affidato a Religiosi, anch’essi devono osservare il calendario della Chiesa universale quando recitano l’Ufficio divino in comune con i chierici, con la facoltà di aggiungervi la festa del Titolare dell’Ordine o Congregazione e del santo Fondatore dei Religiosi ai quali è affidato il seminario.]

 

281. Nei collegi e nelle case interprovinciali, nazionali e internazionali di Religiosi, si deve usare il calendario proprio di tutto l’Ordine o Congregazione (n. 55), aggiungendovi solo le feste di cui al n. 57.

 

282. Il calendario diocesano, con l’aggiunta delle feste proprie del luogo e della chiesa od oratorio, dev’essere utilizzato:

 

a) nelle chiese cattedrali, anche se affidate a Religiosi;

b) nelle chiese e oratori del clero diocesano, anche se hanno annesso un coro di Religiosi che comunica con la chiesa solo per mezzo di grate;

c) nelle chiese e oratori dei Religiosi di entrambi i sessi che non hanno un calendario proprio, aggiungendo in questo caso le loro feste proprie e concesse;

d) nelle chiese e oratori dei Religiosi che sono affidate al clero diocesano o hanno annesso un coro di Canonici; non però se la chiesa o l’oratorio fosse affidato a un sacerdote in particolare;

e) nella chiesa e oratorio principale di un seminario, anche se affidato a Religiosi, con la facoltà di aggiungere le feste di cui al n. 154.

 

283. Il calendario religioso, con l’aggiunta delle feste di cui al n. 57 e delle feste proprie della chiesa od oratorio, dev’essere utilizzato:

 

a) nelle chiese e oratori principali dei Religiosi che hanno un calendario proprio, anche se sono parrocchiali;

b) nelle chiese e oratori del clero diocesano che sono affidati a Religiosi o nei quali i Religiosi recitano l’Ufficio divino, anche se sono parrocchiali; non però se la chiesa o l’oratorio fosse affidato a un Religioso in particolare;

c) nelle chiese e oratori dei Terziari di entrambi i sessi, anche se recitano soltanto il piccolo Ufficio della B. Vergine Maria;

d) negli oratori secondari di un seminario affidato a Religiosi, se tali oratori servono solo per i Religiosi.

 

284. Il sacerdote che celebra in una chiesa od oratorio in cui vige un rito diverso dal proprio, deve attenersi al calendario di tale chiesa od oratorio per quel che riguarda le feste e il loro grado, le commemorazioni e la colletta imperata. Nell’ordinare la Messa deve prendere le parti variabili proprie dell’altro rito, mantenendo le cerimonie e l’Ordinario del proprio rito.

 

 

 

Capitolo III

 

LA MESSA CONVENTUALE

 

 

285. Per “Messa conventuale” s’intende la Messa conforme all’Ufficio divino che dev’essere celebrata quotidianamente da coloro che, per le leggi ecclesiastiche, hanno l’obbligo del coro.

 

286. Ogni giorno si dice una sola Messa conventuale, che deve corrispondere all’Ufficio recitato in coro, salvo i giorni di cui ai nn. 289-294.

Resta in vigore, tuttavia, l’obbligo derivante da pie fondazioni o altra legittima causa, di celebrare in coro altre Messe.

 

287. La Messa conventuale dev’essere celebrata dopo Terza, a meno che il superiore della comunità, per una grave causa, non decida di trasferirla dopo Sesta o Nona.

 

Nella vigilia di Pentecoste, la Messa conventuale si dice dopo Nona.

 

288. La Messa conventuale di per sé dev’essere solenne o almeno cantata. Dove però per leggi particolari o speciali indulti si è dispensati dalla solennità della Messa in coro, è opportuno che i corali prestino una partecipazione liturgica diretta alla Messa conventuale letta, recitando almeno le parti dell’Ordinario della Messa. Inoltre agli stessi corali è proibito continuare coralmente le Ore canoniche durante la Messa conventuale.

 

289. In tutte le ferie di IV classe, se non è prescritto altrimenti, al posto della Messa conventuale conforme all’Ufficio del giorno, si può dire, senza commemorazione della feria:

 

a) o la Messa corrispondente ad una commemorazione eventualmente occorrente nell’Ufficio del giorno;

b) o la Messa del Mistero, Santo o Beato il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese;

c) o una delle Messe votive che nel Messale sono disposte secondo i giorni della settimana per la Messa conventuale;

d) o qualunque altra Messa che può essere celebrata come votiva.

 

290. La Messa conventuale per i defunti sacerdoti, benefattori ed altri, fuori dal tempo natalizio e pasquale:

 

a) dev’essere detta ogni mese, eccettuato il mese di novembre, nella prima feria di IV classe;

b) può essere detta, ogni settimana, nella prima feria di IV classe.

 

Si prende la Messa «quotidiana» con l’orazione Deus, véniæ largítor.

 

291. Nei giorni delle Litanie maggiori e minori, dove ha luogo la processione o altre suppliche particolari, come Messa conventuale si deve dire la Messa delle Rogazioni (nn. 346-347).

 

292. Nel giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari dello stesso Sommo Pontefice e del Vescovo diocesano, nelle chiese cattedrali e collegiate come Messa conventuale si deve dire la Messa di tali anniversari, secondo i nn. 362-363.

 

293. Nell’anniversario dell’ultimo Vescovo defunto, come pure nell’anniversario che si celebra nell’ottavario dei defunti per le anime di tutti i Vescovi e Canonici defunti della chiesa cattedrale, nella stessa chiesa cattedrale come Messa conventuale si deve dire la Messa di tali anniversari.

 

294. Negli anniversari di tutti i defunti di qualche Capitolo o Ordine o Congregazione obbligata al coro, come Messa conventuale si deve dire la Messa di tali anniversari.

 

295. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, come Messa conventuale si dice la prima di quel giorno; e i corali sono tenuti a partecipare solo ad essa.

 

296. Nella festa della Natività del Signore, in coro si dicono due Messe conventuali: quella della notte e quella del giorno.

 

297. Quando il Vescovo celebra solennemente la Messa o vi assiste, oppure quando in coro si canta una Messa non conforme all’Ufficio, in occasione di qualche solennità esterna, i corali sono tenuti a partecipare soltanto a tale Messa, quantunque non applicata per i benefattori, fermo restando l’obbligo di applicare per essi un’altra Messa da parte di colui al quale spetta.

 

 

 

Capitolo IV

 

LA MESSA NELLE DOMENICHE E NELLE FERIE

 

 

298. Tutte le domeniche, sia di I che di II classe, hanno una Messa propria. Tuttavia, le domeniche dopo l’Epifania che vengono trasferite tra la XXIII e la XXIV domenica dopo Pentecoste prendono le antifone d’Introito, Offertorio e Comunione, nonché il graduale e l’Allelúia col suo versetto, dalla XXIII domenica dopo Pentecoste, mantenendo orazioni, Epistola e Vangelo propri.

 

299. Hanno una Messa propria tutte le ferie del tempo di Quaresima e Passione, come pure le ferie delle Quattro Tempora d’Avvento e di settembre. Nelle altre ferie si dice la Messa della domenica precedente, a meno che le rubriche non dispongano altrimenti.

 

300. Nei sabati delle Quattro Tempora e nel sabato «Sitiéntes», la Messa nella quale si conferiscono gli Ordini sacri dev’essere del sabato, anche se coincidesse con una festa di I o II classe.

 

 

 

Capitolo V

 

LE MESSE FESTIVE

 

 

301. Per Messa festiva in senso stretto s’intende la Messa del Mistero, Santo o Beato celebrata secondo l’ordine dell’Ufficio.

 

302. In senso lato si dicono Messe festive anche:

 

a) la Messa di una festa di III classe impedita da un’altra festa del medesimo grado;

b) la Messa di una commemorazione occorrente nell’Ufficio del giorno;

c) la Messa del Mistero, Santo o Beato il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese.

 

303. Le Messe festive di cui al numero precedente godono di tutti i diritti liturgici che avrebbero se la festa fosse celebrata con Ufficio completo. Tuttavia:

 

a) la Messa di una festa di III classe impedita si può dire nel suo giorno solo se la festa che la impedisce è pure di III classe;

b) la Messa di una commemorazione occorrente nell’Ufficio del giorno, e la Messa del Mistero, Santo o Beato il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese, si può dire solo se coincide con un giorno liturgico di IV classe.

 

304. Le Messe festive in senso lato sono proibite nelle chiese che hanno una sola Messa:

 

a) quando urge l’obbligo della Messa conventuale che non possa essere soddisfatto da un altro sacerdote, a meno che la Messa, secondo il n. 289, non possa essere detta come conventuale;

b) quando nei giorni delle Litanie si deve dire, secondo le rubriche, la Messa delle Rogazioni.

 

305. Per scegliere il formulario della Messa festiva non conventuale, si osservi quanto segue:

 

a) per le feste che si trovano nel Proprio del Santi, si prende la Messa assegnata dal Messale al suo giorno. Tuttavia, al posto della Messa del Comune si può prendere, a scelta del sacerdote celebrante, la Messa propria della medesima festa che si trovasse tra le Messe per alcuni luoghi;

b) per le feste che non si trovano nel Proprio dei Santi, si prende la Messa del Comune. Quando nel medesimo Comune vi sono diversi formulari, la scelta spetta al sacerdote celebrante. Nei singoli Comuni, inoltre, le Epistole e i Vangeli che si trovano nelle Messe stesse o al termine di tutto il Comune, possono essere impiegati in qualunque Messa del medesimo Comune.

 

 

 

Capitolo VI

 

LE MESSE VOTIVE

 

 

A) Le Messe votive in generale

 

306. Per “Messa votiva” s’intende la Messa che si dice al di fuori dell’ordine dell’Ufficio o della commemorazione del giorno corrente, o che non è del Mistero o del Santo il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio.

 

307. La Messa votiva può essere:

 

a) dei misteri del Signore;

b) della beata Vergine Maria;

c) degli Angeli;

d) dei Santi;

e) per diverse intenzioni.

 

308. Come Messe votive dei misteri del Signore si possono celebrare:

 

a) nella Chiesa universale, quelle:

 

              1. della Ss. Trinità;

              2. del Ss. Nome di Gesù;

              3. del Ss. Cuore di Gesù;

              4. del preziosissimo Sangue di N. S. G. C.;

              5. di Cristo Re;

              6. del Ss. Sacramento dell’Eucaristia;

              7. di N. S. Gesù Cristo sommo ed eterno Sacerdote;

              8. della santa Croce;

              9. della Passione del Signore;

              10. della santa Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe;

              11. dello Spirito Santo.

 

b) nelle singole chiese, oltre alle Messe sopra menzionate, tutte le Messe delle feste del Signore che sono iscritte nei calendari particolari, e le altre Messe votive specialmente concesse.

 

Tuttavia, non si possono celebrare come votive le Messe che si riferiscono ai misteri della vita del Signore.

 

309. Come Messe votive della Beata Vergine Maria si possono celebrare:

 

a) nella Chiesa universale, le Messe di santa Maria in sabato assegnate nel Messale secondo i diversi tempi dell’anno, nonché tutte le Messe delle feste della B. Vergine Maria che sono iscritte nel calendario universale;

b) nelle singole chiese, oltre alle Messe sopra menzionate, tutte le Messe delle feste della B. Vergine Maria che sono iscritte nei calendari particolari, e le altre Messe votive specialmente concesse.

Le parti che devono essere variate a seconda dei diversi tempi dell’anno e mancano in queste Messe, si prendono dal Comune delle feste della B. Vergine Maria.

 

Tuttavia, non si possono celebrare come votive le Messe che si riferiscono ai misteri della vita della B. Vergine Maria, eccetto la Messa della sua Immacolata Concezione.

 

310. Come Messe votive degli Angeli si possono celebrare:

 

a) le Messe delle singole feste degli Angeli;

b) la Messa votiva degli Angeli assegnata al martedì.

 

311. Come Messe votive dei Santi si possono celebrare le Messe di qualunque Santo canonizzato il cui elogio si trova nel Martirologio romano o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese.

 

312. Le Messe votive dei Beati sono permesse, per Indulto Apostolico, unicamente durante il triduo che si celebra in loro onore nell’anno che segue la beatificazione.

 

313. Le Messe votive «per diverse intenzioni» si trovano nel Messale o nella sua Appendice approvata per qualche chiesa, e devono essere celebrate in particolari circostanze o necessità.

 

314. Come Messa votiva dei misteri del Signore si prende la Messa della rispettiva festa, a meno che non sia espressamente indicato di utilizzarne un’altra; oppure si prende l’apposita Messa votiva.

 

315. Come Messa votiva della B. Vergine Maria, degli Angeli e dei Santi si prende la Messa della rispettiva festa, se si trova nel Messale, sia nel Proprio dei Santi che tra le Messe per alcuni luoghi, a meno che nel Messale non vi sia un’altra Messa espressamente indicata come votiva.

 

Se la festa non si trova nel Messale, la Messa si prende dal Comune. Quando nel medesimo Comune vi sono diversi formulari, la scelta spetta al sacerdote celebrante. Nei singoli Comuni, inoltre, le Epistole e i Vangeli che si trovano nelle Messe stesse o al termine di tutto il Comune, possono essere impiegati in qualunque Messa del medesimo Comune.

 

Si osservino le rubriche per cambiare quelle parti o parole che variano a seconda dei tempi dell’anno e del carattere puramente votivo di queste Messe.

 

316. Per una particolare necessità si prende la Messa votiva propria, se si trova nel Messale; se manca, si prende la Messa «per qualunque necessità», utilizzando, al posto delle orazioni di tale Messa, le orazioni adeguate alla necessità occorrente, se presenti tra le «Orazioni diverse».

 

317. Qualunque Messa votiva dei misteri del Signore, della B. Vergine Maria o di un Santo, è proibita quando occorre un giorno liturgico di I o II classe in cui si celebra l’Ufficio della stessa Persona. In questo caso, al posto della Messa votiva, si deve dire la Messa dell’Ufficio occorrente. Se invece occorre un giorno liturgico di III o IV classe, si può scegliere tra la Messa dell’Ufficio del giorno e la Messa votiva, senza la commemorazione dell’altra.

 

318. L’orazione della Messa votiva impedita si aggiunge, con una sola conclusione, all’orazione della Messa del giorno solo nel caso in cui la Messa votiva sia di I o II classe e non occorra un giorno di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza.

 

Della Messa votiva di III classe impedita non si fa alcuna commemorazione nella Messa dell’Ufficio occorrente.

 

319. Per ammettere e ordinare le orazioni nelle Messe votive, si osservi quanto stabilito per le singole classi di Messe votive (nn. 330 b, 343 b, 386 b, 389 b).

 

320. Per quanto riguarda l’inno angelico e il simbolo alle Messe votive, si osservi quanto stabilito per le singole classi di Messe votive, e ai nn. 431-432 e 475-476.

 

321. Nelle Messe votive si omette l’eventuale sequenza.

 

322. Si dice il prefazio proprio di ciascuna Messa votiva; in mancanza, si dice il prefazio del Tempo o il prefazio comune, secondo le norme generali.

 

323. Il colore dei paramenti alle Messe votive dev’essere quello proprio di ciascuna Messa; ma alle Messe votive lette di IV classe non conventuali, si può utilizzare anche il colore dell’Ufficio del giorno, mantenendo tuttavia il colore viola e nero per le Messe che di per sé lo richiedono.

 

324. A meno che in rubriche particolari non si stabilisca diversamente, la Messa votiva può essere in canto o letta.

 

325. Le Messe votive sono di I, II, III o IV classe; delle singole classi si tratta nei numeri seguenti.

 

326. Qualunque Messa votiva è proibita nelle chiese che hanno una sola Messa:

 

a) quando urge l’obbligo della Messa conventuale che non possa essere soddisfatto da un altro sacerdote, eccettuate le Messe votive che in alcuni giorni possono (n. 289) o devono (nn. 290-294) essere dette come Messe conventuali;

b) il 2 febbraio, se si fa la benedizione delle candele;

c) nei giorni delle Litanie maggiori e minori, se si dice la Messa delle Rogazioni (n. 346).

 

327. Quando, nelle rubriche o in un indulto particolare, una Messa votiva è indicata come votiva di una certa classe, va ordinata secondo le norme e i privilegi stabiliti per tale classe di Messe votive.

 

 

B) Le Messe votive di I classe

 

I - Le Messe votive di I classe in generale

 

328. Per “Messa votiva di I classe” s’intende la Messa votiva che si può celebrare in tutti i giorni liturgici, esclusi quelli di cui ai nn. 1-8 nella tabella della precedenza, e salvo quanto è stabilito al n. 332.

 

329. Le Messe votive di I classe previste dalle rubriche generali sono:

 

a) le Messe della Dedicazione nell’atto di consacrazione di una chiesa (nn. 331-334);

b) le Messe in canto del Ss. Sacramento dell’Eucaristia nelle solenni celebrazioni di un Congresso eucaristico (n. 335);

c) le Messe in canto dei misteri del Signore, della B. Vergine Maria, di un Santo o Beato, in occasione di una celebrazione straordinaria (n. 340 a).

 

330. I privilegi delle Messe votive di I classe sono i seguenti:

        

a) si dicono con Glória e Credo;

b) escludono tutte le commemorazioni non privilegiate e la colletta imperata dall’Ordinario del luogo;

c) l’orazione della Messa votiva impedita si aggiunge, con una sola conclusione, all’orazione della Messa del giorno, purché non occorra un giorno di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza;

d) se sono celebrate in canto, si usa il tono solenne.

 

 

II - La Messa della Dedicazione nell’atto di consacrazione di una chiesa

 

331. La consacrazione delle chiese può essere compiuta, per diritto, in qualsiasi giorno, ma è preferibile compierla nelle domeniche e nei giorni festivi. Essa, tuttavia, è proibita nella vigilia e nella festa della Natività del Signore, nelle feste dell’Epifania, dell’Ascensione e del Corpo di Cristo, nei giorni che vanno dalla II domenica di Passione o delle palme fino alla domenica di Resurrezione comprese, nella domenica di Pentecoste e nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti.

 

332. La Messa della dedicazione nell’atto di consacrazione di una chiesa od oratorio è parte integrante di tutto il rito della consacrazione; pertanto la si deve celebrare ogni volta che una chiesa o un oratorio viene consacrato, anche nei giorni in cui le altre Messe votive di I classe sono proibite.

 

333. Nella Messa della Dedicazione nell’atto di consacrazione di una chiesa si aggiunge, con una sola conclusione, l’orazione del Mistero o del Santo in onore del quale la chiesa od oratorio viene consacrato, e non è ammessa nessuna ulteriore commemorazione, neppure privilegiata.

 

334. Le altre Messe che si celebrano nella chiesa od oratorio nel giorno della consacrazione, dopo il compimento del rito, possono essere della Dedicazione, come votive di I classe.

 

 

III - Le Messe nei Congressi eucaristici

 

335. Nei singoli giorni di un Congresso eucaristico diocesano, regionale, nazionale o internazionale, la Messa principale, purché sia in canto, può essere del Ss. Sacramento dell’Eucaristia, come votiva di I classe.

 

336. Nelle altre pubbliche funzioni di tali Congressi, la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia può essere celebrata come votiva di II classe.

 

337. I singoli sacerdoti che partecipano al Congresso eucaristico possono celebrare la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia come votiva di III classe.

 

 

IV - Le Messe votive in alcune celebrazioni straordinarie

 

338. I privilegi indicati in questo paragrafo spettano alle Messe:

 

a) del triduo o dell’ottavario che si celebra in onore di qualche Santo o Beato nell’anno che segue la canonizzazione o beatificazione;

b) di alcune celebrazioni straordinarie, protratte per un triduo o per un ottavario, in occasione, per esempio, di un centenario. Sono però escluse le celebrazioni straordinarie in onore dei Beati.

 

339. Per compiere le celebrazioni di cui al numero precedente è necessario uno speciale indulto della Santa Sede.

 

340. Nei singoli giorni di queste celebrazioni sono permesse:

 

a) una sola Messa in canto del mistero del Signore, della B. Maria Vergine, del Santo o Beato in onore del quale si compiono le celebrazioni, come votiva di I classe;

b) tutte le Messe lette, di cui al punto precedente, come votive di II classe.

 

 

C) Le Messe votive di II classe

 

I - Le Messe votive di II classe in generale

 

341. Per “Messa votiva di II classe” s’intende la Messa votiva che si può celebrare in tutti i giorni liturgici di II, III e IV classe.

 

Tuttavia, la Messa per gli Sposi e la Messa di ringraziamento nel 25° o 50° anniversario del matrimonio sono proibite in tutte le domeniche.

 

342. Le Messe votive di II classe previste dalle rubriche generali sono:

 

a) la Messa in occasione della benedizione solenne di una chiesa od oratorio, e della consacrazione di un altare (n. 345);

b) la Messa delle Rogazioni nei giorni delle Litanie maggiori e minori (nn. 346-347);

c) le Messe votive in occasione della preghiera delle Quarantore o di un’altra esposizione del Ss. Sacramento (nn. 348-355);

d) le Messe della solennità esterna delle feste (nn. 356-361);

e) la Messa nel giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari del Papa e del Vescovo diocesano (nn. 362-365);

f) la Messa per una causa grave e pubblica (nn. 366-368);

g) la Messa «per la propagazione della Fede» (n. 369);

h) le Messe per alcune occasioni particolari (nn. 370-372);

i) le Messe votive nei santuari (nn. 373-377);

l) la Messa votiva per gli Sposi e la Messa di ringraziamento nel 25° o 50° anniversario del matrimonio (nn. 378-382).

 

343. I privilegi delle Messe votive di II classe sono i seguenti:

 

a) si dicono col Glória, salvo quando si usano paramenti di colore viola; ma senza il Credo, a meno che non lo si debba dire in ragione della domenica o dell’ottava occorrente;

b) ammettono una sola commemorazione ed escludono la colletta imperata dall’Ordinario del luogo;

c) l’orazione della Messa votiva impedita si aggiunge, con una sola conclusione, all’orazione della Messa del giorno, purché non occorra un giorno di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza, e salvo quanto è stabilito n. 380;

d) se sono celebrate in canto, si usa il tono solenne.

 

344. Le Messe votive di II classe sono regolate dalle norme generali esposte al n. 343; le norme particolari relative a ciascuna Messa sono qui di seguito indicate.

 

 

II - La Messa votiva in occasione della benedizione solenne di una chiesa od oratorio,

e della consacrazione di un altare

 

345. In occasione della benedizione solenne di una chiesa od oratorio e della consacrazione di un altare, terminato il rito, si dice, come votiva di II classe, la Messa del Mistero o del Santo in onore del quale è stata benedetta la chiesa o l’oratorio, oppure è stato consacrato l’altare.

 

 

III - La Messa delle Rogazioni nei giorni delle Litanie maggiori e minori

 

346. Nei giorni delle Litanie maggiori e minori (nn. 80-90), nelle chiese in cui si fa la processione o, secondo le prescrizioni dell’Ordinario del luogo, si celebrano suppliche particolari (n. 83), si dice, come votiva di II classe, la Messa delle Rogazioni (cfr. n. 86).

 

347. La Messa delle Rogazioni, oppure la Messa del giorno che sostituisce la Messa votiva impedita, va considerata come parte integrante di tutta l’azione liturgica; e normalmente si celebra alla fine della processione o delle altre suppliche particolari.

 

 

IV - Le Messe votive in occasione della preghiera delle Quarantore

o di un’altra esposizione del Ss. Sacramento

 

348. Prima di esporre e riporre il Ss. Sacramento per la preghiera delle Quarantore, sia continua che interrotta, allo stesso altare dell’esposizione si celebra in canto, come votiva di II classe, la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia.

    

349. Nel giorno intermedio dell’esposizione, ad un altare in cui non è esposto il Ss. Sacramento, si può celebrare in canto, come votiva di II classe, o la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia o un’altra Messa votiva adatta alle particolari necessità del luogo.

 

350. Nei giorni in cui le rubriche consentono le Messe votive di IV classe, è conveniente che le Messe celebrate nella chiesa in cui si svolge la preghiera delle Quarantore siano del Ss. Sacramento dell’Eucaristia.

 

351. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti:

 

a) l’esposizione del Ss. Sacramento deve seguire e la riposizione precedere la Messa in canto o principale;

b) durante l’esposizione, le Messe dell’Ufficio del giorno si dicono coi paramenti viola, e non all’altare dell’esposizione.

 

352. Il 2 febbraio, il mercoledì delle Ceneri e la II domenica di Passione o delle palme, se si compie la benedizione rispettivamente delle candele, delle ceneri o delle palme, il Ss. Sacramento esposto per l’adorazione delle Quarantore, durante la benedizione, la processione o l’imposizione delle ceneri, o si trasferisce ad un altro altare dove l’adorazione può essere continuata senza detrimento della pietà dei fedeli, oppure si ripone e l’adorazione si riprende al termine della benedizione, processione o imposizione delle ceneri. È opportuno che queste norme siano osservate anche nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti per la Messa principale del giorno e per la seguente assoluzione al tumulo.

 

353. Prima di esporre il Ss. Sacramento per una pubblica adorazione che duri un’intera giornata, si può dire, come votiva di II classe, la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia.

 

354. Prima di esporre il Ss. Sacramento per una pubblica adorazione che duri soltanto alcune ore, si dice la Messa del giorno, senza commemorazione del Ss. Sacramento.

 

Tuttavia, nei giorni in cui sono consentite le Messe votive di IV classe, è più opportuno dire la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia.

 

355. Nelle Messe che, durante l’adorazione, si celebrano per indulto all’altare dell’esposizione, si aggiunge, con una sola conclusione, l’orazione del Ss. Sacramento dell’Eucaristia, purché non occorra una domenica o l’Ufficio o la Messa o una commemorazione di N. S. Gesù Cristo.

 

 

V - Le Messe votive della solennità esterna delle feste

 

356. Per “solennità esterna di una festa” s’intende la celebrazione della stessa festa senza Ufficio, per il bene dei fedeli, o nel giorno in cui la festa è impedita, o in domenica, quando tale festa cade durante la settimana, o in un altro giorno stabilito.

 

357. La solennità esterna spetta per diritto ad alcune feste, ad altre viene concessa per indulto.

 

358. La solennità esterna spetta per diritto soltanto:

 

a) alla festa del Ss. Cuore di Gesù;

b) alla festa della B. Vergine Maria del Rosario, nella I domenica di ottobre;

c) alla festa della Purificazione della B. Vergine Maria, se l’azione liturgica di questo giorno è trasferita, col permesso della Santa Sede, alla domenica, ma solo per la Messa che segue la benedizione e processione delle candele;

d) alla festa del Patrono principale regolarmente costituito della nazione, della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, della diocesi, del luogo, paese o città;

e) alla festa del Patrono principale regolarmente costituito dell’Ordine o Congregazione, e della provincia religiosa;

f) alla festa del Patrono regolarmente costituito di associazioni o istituzioni, nelle chiese e oratori dove i fedeli si riuniscono per celebrare il loro Patrono;

g) alle feste dell’anniversario della Dedicazione e del Titolare della propria chiesa;

h) alle feste del Titolare e del Fondatore canonizzato dell’Ordine o Congregazione;

i) alle feste o commemorazioni, iscritte nel calendario della Chiesa universale o in un calendario proprio, che si celebrano con particolare concorso di popolo: il giudizio spetta all’Ordinario del luogo.

 

359. La solennità esterna, se spetta per diritto, salvo quanto stabilito al n. 358 per alcune solennità esterne, si può celebrare o nello stesso giorno in cui la festa è impedita, o nella domenica che immediatamente precede o segue l’Ufficio della festa impedita, o in un altro giorno da stabilirsi dall’Ordinario del luogo, secondo le rubriche.

 

Se invece viene concessa per indulto speciale, la solennità esterna è assegnata a un giorno stabilito.

 

360. Della festa di cui si celebra la solennità esterna si possono celebrare, come votive di II classe, una Messa in canto e una letta oppure due Messe lette, eccettuato il caso di cui al n. 358 c.

 

361. Le solennità esterne già concesse per indulto speciale a diocesi, chiese o famiglie religiose restano in vigore con le seguenti restrizioni: sono proibite nei giorni liturgici di I classe e non si possono mai celebrare più di due Messe della medesima solennità.

 

 

VI - La Messa votiva nel giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari del Papa e del Vescovo diocesano

 

362. Nel giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice, nell’anniversario dell’incoronazione del Sommo Pontefice, nell’anniversario o dell’elezione o della consacrazione o del trasferimento del Vescovo diocesano (nel giorno da scegliersi una volta per tutte dal Vescovo stesso), nelle chiese cattedrali e collegiate, come Messa conventuale, si dice la Messa propria di tali anniversari, come votiva di II classe.

 

363. Se tale Messa fosse impedita, si osservi quanto segue:

 

a) se l’anniversario dell’incoronazione del Sommo Pontefice è impedito in perpetuo per tutta la Chiesa, o se l’anniversario del Vescovo è impedito in perpetuo per tutta la diocesi, si ripone stabilmente nel primo giorno non impedito. Similmente si ripone l’anniversario del Vescovo diocesano, se occorre nello stesso giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice o nel suo anniversario;

b) se sono impediti soltanto accidentalmente da uno dei giorni di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza, si trasferiscono al primo giorno che non sia di I classe.

 

364. Negli stessi giorni di cui al n. 362, in tutte le chiese e in tutte le Messe, eccettuate quelle dei defunti, si aggiunge l’orazione per il Papa o per il Vescovo, come indicato al n. 499. Questa orazione, tuttavia, si trasferisce ogni qualvolta si trasferisce la Messa nelle chiese cattedrali e collegiate.

 

365. Nelle singole chiese, nel giorno in cui si svolgono particolari celebrazioni in onore del Sommo Pontefice, è permessa, previo consenso dell’Ordinario del luogo, una sola Messa «Nell’anniversario dell’incoronazione del Papa», come votiva di II classe.

 

 

VII - La Messa votiva per una causa grave e pubblica

 

366. Per “Messa votiva per una causa grave e pubblica” s’intende la Messa che, per comando o con il consenso dell’Ordinario del luogo, si celebra con concorso di popolo per qualche grave necessità o utilità spirituale o temporale, che riguarda tutta la comunità o notevole parte di essa.

 

367. In ciascuna chiesa si può dire una sola Messa votiva per una causa grave e pubblica; si prende la Messa adatta alla necessità o, in mancanza, la «Messa per qualunque necessità», secondo quanto indicato al n. 366.

 

368. Quando occorresse una grave necessità o una calamità pubblica e non ci fosse tempo di ricorrere all’Ordinario del luogo, il parroco può comandare nella sua parrocchia la Messa votiva di cui al n. 366.

 

 

VIII - La Messa «per la propagazione della Fede»

 

369. In ciascuna chiesa, nel giorno in cui si compiono particolari celebrazioni per le Missioni e in occasione di un Congresso missionario, si può celebrare, come votiva di II classe, una sola Messa «per la propagazione della Fede».

 

 

IX - Le Messe votive per alcune occasioni particolari

 

370. Le Messe di cui si tratta in questo paragrafo riguardano le celebrazioni particolari proprie di alcune associazioni o di una parte soltanto di fedeli.

 

Queste celebrazioni particolari sono:

 

a) per le parrocchie: l’inizio e la fine della sacra Missione al popolo; i principali giubilei della parrocchia, del parroco o di un altro sacerdote dimorante nella parrocchia; le solenni celebrazioni straordinarie e simili;

b) per scuole, collegi, seminari e altri istituti di questo genere: l’inizio e la fine dell’anno scolastico; i giubilei straordinari, come il cinquantesimo o il centesimo anniversario della loro fondazione;

c) per le case religiose: le solennità della vestizione e della professione; l’inizio e la fine del Capitolo generale e provinciale; i principali giubilei della Religione,  della provincia e della casa; il venticinquesimo o cinquantesimo anniversario della professione o dell’ordinazione sacerdotale dei membri;

d) per varie associazioni, come confraternite, pie società, unioni professionali e simili: i convegni generali annui; i convegni straordinari di più associazioni dello stesso genere; i principali giubilei e simili occasioni;

e) per le case di esercizi spirituali: l’inizio e la fine del corso di esercizi o un convegno straordinario;

f) per ospedali, caserme, carceri e istituti simili: le celebrazioni religiose straordinarie e le altre festività da celebrarsi in modo o in tempo straordinario.

 

371. Questa Messa, unica per le singole occasioni, è votiva di II classe, e può essere celebrata per comando o con il consenso del rispettivo Ordinario.

 

372. Per le suddette circostanze si scelga la Messa adatta, secondo le diverse occasioni: per esempio, la Messa dello Spirito Santo, di ringraziamento, di un mistero del Signore, della B. Vergine Maria o di un Santo, oppure una delle Messe votive per diverse intenzioni.

 

 

X - Le Messe votive nei santuari

 

373. Per “santuario” s’intende una chiesa o edificio sacro dedicato al pubblico esercizio del culto divino che, per un particolare motivo di pietà (per esempio un’immagine sacra ivi venerata, una reliquia ivi custodita, un miracolo che Dio vi ha operato, una particolare indulgenza che vi si può lucrare), è divenuto per i fedeli meta di pellegrinaggi per ottenere grazie o adempiere voti.

 

374. Le Messe votive concesse o da concedersi, per indulto della Santa Sede, ai santuari e ad altri luoghi pii sono Messe votive di II classe.

 

375. Tale Messa votiva si può celebrare ad ogni altare del santuario nei singoli giorni in cui sono permesse le Messe votive di II classe, ma solo da parte dei sacerdoti pellegrini, oppure quando la Messa si dice in favore dei pellegrini.

 

376. Parimenti, i sacerdoti che visitano un luogo pio vi possono celebrare una Messa votiva di II classe.

 

377. All’infuori dei casi previsti ai nn. 375 e 376, la Messa votiva si può celebrare solo come votiva di IV classe.

 

 

XI - La Messa votiva «per gli Sposi» e la Messa di ringraziamento nel 25° o 50° anniversario del matrimonio

 

378. La Messa votiva «per gli Sposi» o almeno la sua orazione nella Messa del giorno impediente, è permessa ogni qualvolta si celebrano le nozze, sia al di fuori dei tempi proibiti, sia nei tempi proibiti, se l’Ordinario del luogo, per una giusta causa, ha permesso la solenne benedizione nuziale.

 

379. Oltre che nei giorni in cui sono proibite le Messe votive di II classe, la Messa «per gli Sposi» è proibita anche nelle domeniche e quando, secondo il n. 381 c, non si può dare la benedizione nuziale.

 

380. Quando è proibita la Messa «per gli Sposi» ma è permessa la benedizione nuziale, si dice la Messa dell’Ufficio del giorno, alla cui orazione si aggiunge, con una sola conclusione, l’orazione della Messa votiva impedita, anche nei giorni in cui, secondo il n. 343 c, è proibita la commemorazione della Messa votiva di II classe impedita; e durante tale Messa si dà la benedizione nuziale come al solito.

 

Quando sono proibite sia la Messa «per gli Sposi» che la benedizione nuziale, la Messa insieme alla benedizione può essere trasferita al giorno più opportuno non impedito dopo la celebrazione del matrimonio.

 

381. Per quanto riguarda la Messa «per gli Sposi» e la benedizione nuziale, si osservi inoltre quanto segue:

 

a) la benedizione nuziale è inseparabile dalla Messa. Pertanto non può essere data fuori dalla Messa, se non per Indulto Apostolico; in tal caso, va impartita secondo la formula che si trova nel Rituale romano, tit. VIII, cap. III;

b) la benedizione nuziale durante la Messa dev’essere impartita dal sacerdote che celebra la Messa, anche se al matrimonio avesse assistito un altro sacerdote;

c) la benedizione nuziale si omette se gli sposi non sono presenti, e se entrambi o uno dei due hanno già ricevuto la benedizione, fatta salva, dove vige, la consuetudine di impartire di nuovo la benedizione se solo l’uomo l’avesse già ricevuta;

d) nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti e nel Triduo sacro, sono proibite sia la Messa votiva, sia la sua commemorazione nella Messa del giorno, sia la benedizione nuziale durante la Messa.

 

382. Per il ringraziamento nel 25° o 50° anniversario del matrimonio, si può dire, come votiva di II classe, la Messa della Ss. Trinità o della B. Vergine Maria, aggiungendo alla prima orazione, con una sola conclusione, l’orazione per il rendimento di grazie.

 

Terminata la Messa, si dicono per i coniugi le preghiere che si trovano nel Rituale romano, tit. VIII, cap. VII.

 

 

XII - Altre Messe votive di II classe

 

383. Oltre alle Messe votive di II classe elencate ai numeri precedenti, vanno ricordate le Messe votive lette che sono permesse, come votive di II classe, nelle celebrazioni di un Congresso eucaristico (n. 336) e in alcune occasioni straordinarie (n. 340 b).

 

 

D) Le Messe votive di III classe

 

384. Per “Messa votiva di III classe” s’intende la Messa votiva che può essere celebrata nei giorni liturgici di III e IV classe.

 

385. Le Messe votive di III classe previste dalle rubriche generali sono:

 

a) una sola Messa di N. S. Gesù Cristo sommo ed eterno Sacerdote, il primo giovedì o il primo sabato di ogni mese, nelle chiese e oratori dove quel giorno si compiono particolari esercizi di pietà per la santificazione del clero;

b) due Messe del Ss. Cuore di Gesù, il primo venerdì di ogni mese,  nelle chiese e oratori dove quel giorno si compiono particolari esercizi di pietà in onore del Ss. Cuore;

c) una sola Messa del Cuore Immacolato della B. Vergine Maria, il primo sabato di ogni mese, nelle chiese e oratori dove quel giorno si compiono particolari esercizi di pietà in onore del Cuore Immacolato della B. Vergine Maria.

A queste bisogna aggiungere la Messa del Ss. Sacramento dell’Eucaristia che è concessa ai singoli sacerdoti nei giorni di un Congresso eucaristico (n. 337).

 

386. Le Messe votive di III classe sono ordinate nel modo seguente:

 

a) si dicono col Glória, ma sempre senza il Credo;

b) ammettono due commemorazioni, o una commemorazio-ne e la colletta imperata dall’Ordinario del luogo;

c) se sono celebrate in canto, si usa il tono solenne;

d) quando sono proibite, non si commemorano nella Messa del giorno.

 

 

E) Le Messe votive di IV classe

 

387. La Messa votiva di IV classe è la Messa votiva che si può celebrare soltanto nei giorni liturgici di IV classe.

 

388. Come Messa votiva di IV classe si può prendere qualsiasi Messa che le rubriche permettono di celebrare come votiva. Si richiede, tuttavia, una giusta causa, come la necessità, l’utilità o la devozione del sacerdote celebrante o dei fedeli.

 

389. Le Messe votive di IV classe sono ordinate nel modo seguente:

 

a) non si dice il Glória, eccetto che alla Messa degli Angeli, in qualsiasi giorno, e alle Messe della B. Vergine Maria che si celebrano in sabato;

b) oltre all’orazione della Messa, si possono dire altre due orazioni, tra le quali bisogna annoverare sia le commemorazioni dell’Ufficio del giorno o occorrenti nell’Ufficio del giorno, sia la colletta imperata dall’Ordinario del luogo, sia l’orazione votiva;

c) il Credo si omette sempre;

d) se sono celebrate in canto, si usa il tono feriale.

 

 

 

Capitolo VII

 

LE MESSE DEI DEFUNTI

 

 

A) Le Messe dei defunti in generale

 

390. Le Messe dei defunti che si celebrano nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti sono conformi all’ordine dell’Ufficio; tutte le altre Messe dei defunti sono al di fuori dell’ordine dell’Ufficio.

 

391. Nelle Messe dei defunti non si fa alcuna commemorazione dell’Ufficio del giorno corrente.

 

392. Le Messe dei defunti sono di I, II, III o IV classe; delle singole classi si tratta nei numeri seguenti.

 

393. Qualsiasi Messa dei defunti, compresa quella esequiale, è proibita:

 

a) nelle chiese e oratori dove, per qualunque ragione, è in corso l’esposizione del Ss. Sacramento, per tutto il tempo dell’esposizione. Fanno eccezione le Messe nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti (n. 352);

b) nelle chiese che hanno una sola Messa, quando urge l’obbligo della Messa conventuale che non possa essere soddisfatto da un altro sacerdote, a meno che la stessa Messa dei defunti non possa o debba essere detta come conventuale;

c) nelle chiese che hanno una sola Messa, il 2 febbraio e il mercoledì delle Ceneri, se si fa la benedizione rispettivamente delle candele e delle ceneri; e nei giorni delle Litanie maggiori e minori, se si deve dire la Messa delle Rogazioni.

 

394. La prima Messa tra quelle riportate nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, con le orazioni proprie assegnate nel Messale tra le orazioni diverse per i defunti, si prende:

 

a) per il Sommo Pontefice, i Cardinali, i Vescovi e i Sacerdoti defunti, in tutte le Messe di I, II e III classe;

b) negli anniversari di tutti i defunti di un certo Ordine o Congregazione clericale.

 

395. La Messa «Nel giorno della morte o della deposizione del defunto» si dice per i defunti non sacerdoti:

 

a) nella Messa esequiale;

b) nella Messa per il giorno della morte;

c) nelle Messe dopo l’arrivo della notizia della morte;

d) per la definitiva sepoltura del defunto;

e) nel 3°, 7° e 30° giorno, utilizzando le orazioni proprie.

 

396. La Messa «Nell’anniversario dei defunti» si dice negli anniversari dei defunti che non sono sacerdoti.

 

397. La Messa «quotidiana» si dice per tutti i defunti di ogni ordine e grado, fuori dai giorni sopra elencati.

 

398. Per quanto riguarda le orazioni alle Messe dei defunti, si osservi quanto segue:

 

a) in tutte le Messe dei defunti, sia in canto che lette, si dice normalmente una sola orazione, a meno che non si debba aggiungere l’orazione imperata per i defunti, secondo il n. 458, o si possa aggiungere l’orazione votiva per i defunti, secondo il n. 468;

b) nelle Messe dei defunti di IV classe, se sono applicate per determinati defunti, si dice l’orazione conveniente, da prendersi nel Messale tra le orazioni diverse per i defunti; se invece sono applicate per i defunti in generale, o se s’ignora l’intenzione, si dice l’orazione Fidélium;

c) nelle Messe dei defunti è proibita qualsiasi orazione che non sia dei defunti.

 

399. La sequenza Dies iræ:

 

a) è obbligatoria solo nelle Messe dei defunti di I classe. Tuttavia, nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, quando si celebrano tre Messe senza interruzione, la sequenza si deve dire solo nella Messa principale o nella prima Messa; nelle altre Messe, a meno che non siano in canto, si può omettere;

b) si può omettere nelle Messe dei defunti di II, III e IV classe.

 

400. Qualsiasi Messa dei defunti può essere in canto o letta.

 

401. L’assoluzione sul cadavere o sul tumulo:

 

a) dev’essere impartita dopo la Messa esequiale;

b) può essere impartita dopo le altre Messe dei defunti;

c) può essere impartita, per una causa ragionevole, anche dopo le Messe che non sono dei defunti.

 

 

B) Le Messe dei defunti di I classe

 

I - Le Messe dei defunti di I classe in generale

 

402. Le Messe dei defunti di I classe sono:

 

a) le Messe nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti;

b) la Messa esequiale.

 

 

II - Le Messe nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti

 

403. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti ogni sacerdote può celebrare tre Messe, quelle cioè assegnate nel Messale per questo giorno.

 

404. Nel celebrare le Messe di questo giorno, si osservi quanto segue:

 

a) chi celebra una sola Messa, usa la prima; chi ne celebra due, usa la prima e la seconda;

b) chi celebra la Messa in canto o conventuale usa la prima, con la facoltà di anticipare la seconda e la terza;

c) chi celebra più Messe in canto in chiese diverse, deve sempre usare la prima;

d) se invece si celebrano più Messe in canto nella stessa chiesa, si usa innanzi tutto la prima, poi la seconda e infine la terza.

 

 

III - La Messa esequiale

 

405. Per “Messa esequiale” s’intende l’unica Messa dei defunti che è direttamente connessa con le esequie di un defunto.

 

Questa Messa, di per sé, dev’essere celebrata presente il cadavere; ma, per una causa ragionevole, si può anche celebrare assente o già sepolto il cadavere.

 

406. La Messa esequiale è proibita:

 

a) nei giorni di cui ai nn. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 nella tabella della precedenza;

b) nelle feste di precetto comprese tra quelle di cui al n. 11 nella tabella della precedenza;

c) nell’anniversario della Dedicazione e nella festa del Titolare della chiesa in cui si svolge il funerale;

d) nella festa del Patrono principale del paese o città;

e) nella festa del Titolare e del Santo Fondatore dell’Ordine o Congregazione cui appartiene la chiesa nella quale si svolge il funerale.

 

407. Se l’Ufficio di una festa di cui al n. 406 viene trasferito accidentalmente a un altro giorno, secondo le rubriche, la Messa esequiale è proibita nel giorno in cui la festa è impedita, ed è permessa nel giorno in cui viene trasferito l’Ufficio; se la solennità esterna di una festa si celebra in domenica, la Messa esequiale è proibita nel giorno in cui si celebra la solennità esterna, non però nel giorno della festa.

 

408. Quando la Messa esequiale è proibita o, per una causa ragionevole, non si può celebrare contestualmente alle esequie, la si può trasferire al primo giorno non impedito.

 

409. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, come Messa esequiale si prende la prima Messa del giorno con le orazioni che si sarebbero dette alla Messa esequiale per il rispettivo defunto. Se però la prima Messa si celebra per l’Ufficio del giorno, come Messa esequiale si prende la seconda o, se anche questa fosse già stata celebrata, la terza.

 

 

C) Le Messe dei defunti di II classe

 

I - Le Messe dei defunti di II classe in generale

 

410. Le Messe dei defunti di II classe sono:

 

a) le Messe per il giorno della morte;

b) la Messa dopo l’arrivo della notizia della morte;

c) la Messa per la definitiva sepoltura del defunto.

 

411. Tutte le Messe dei defunti di II classe si dicono come nel giorno della morte; sono permesse purché:

 

a) si applichino per il defunto stesso;

b) non occorra un giorno liturgico di I classe o una domenica.

 

Se la Messa per il giorno della morte viene detta dopo più di otto giorni dalla morte o sepoltura del defunto, nell’orazione e nella dopocomunione si omette l’avverbio hódie.

 

 

II - Le Messe per il giorno della morte

 

412. Per “Messe per il giorno della morte” s’intendono le Messe che vengono celebrate per un defunto dal giorno della morte fino al giorno della sepoltura:

 

a) sia nell’oratorio privato dello stesso defunto, purché il cadavere sia fisicamente presente in casa;

b) sia nella chiesa od oratorio del luogo dove il defunto è morto, è seppellito o ebbe il domicilio;

c) sia nella chiesa od oratorio dove si celebra la Messa esequiale, anche separata dal funerale del defunto.

 

 

III - La Messa dopo l’arrivo della notizia della morte

 

413. Per “Messa dopo l’arrivo della notizia della morte” s’intende l’unica Messa che può essere celebrata per un defunto in qualsiasi chiesa od oratorio, nel giorno più opportuno dopo l’arrivo della notizia della morte.

 

 

IV - La Messa per la definitiva sepoltura del defunto

 

414. Per “Messa per la definitiva sepoltura del defunto” s’intende l’unica Messa che può essere celebrata nella chiesa od oratorio del luogo in cui il corpo del defunto, già inumato, viene trasferito alla definitiva sepoltura, nello stesso giorno della definitiva sepoltura.

 

 

D) Le Messe dei defunti di III classe

 

I - Le Messe dei defunti di III classe in generale

 

415. Le Messe dei defunti di III classe sono:

 

a) la Messa nel 3°, 7° e 30° giorno dalla morte o sepoltura del defunto;

b) la Messa «nell’anniversario»;

c) le Messe dei defunti nelle chiese e cappelle dei cimiteri;

d) le Messe dei defunti durante l’ottavario della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti.

 

416. Le Messe dei defunti di III classe sono proibite nei giorni liturgici di I e II classe; si usa il formulario qui di seguito indicato per le singole Messe, a meno che, secondo il n. 394, non si debba prendere la prima Messa della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti.

 

 

II - La Messa nel 3°, 7° e 30° giorno dalla morte o sepoltura

 

417. Nel 3°, 7° e 30° giorno dalla morte o sepoltura del defunto, in qualunque chiesa od oratorio può essere detta per lo stesso defunto una sola Messa come nel giorno della morte, utilizzando le orazioni proprie che si trovano alla fine di tale Messa.

 

Quando questa Messa è impedita dalle rubriche, può essere trasferita al giorno più vicino non impedito.

Tali Messe possono essere anche più di una nei giorni in cui sono permesse le Messe dei defunti di IV classe.

 

 

III - La Messa «nell’anniversario»

 

418. Per anniversario in senso stretto s’intende la ricorrenza annuale del giorno della morte o sepoltura di un defunto; in senso lato s’intende o l’anniversario che si celebra per fondazione, una volta all’anno, in un giorno che non è quello della morte o sepoltura, o la celebrazione che si svolge una volta all’anno per tutti i defunti di un ceto di persone, nel giorno stabilito per fondazione o per consuetudine del ceto, oppure nel giorno da stabilirsi dal ceto o dal sacerdote celebrante.

 

419. In questi giorni, in qualsiasi chiesa od oratorio è permessa una sola Messa, che dev’essere dell’anniversario; e quando è proibita dalla rubriche, può essere trasferita al giorno più vicino non impedito.

 

Tali Messe possono essere anche più di una nei giorni in cui sono permesse le Messe dei defunti di IV classe.

 

 

IV - Le Messe nelle chiese e cappelle dei cimiteri

 

420. Per “chiese o cappelle dei cimiteri” s’intendono:

 

a) la chiesa o l’oratorio pubblico principale di un cimitero nel quale attualmente si seppelliscono i cadaveri, purché tale chiesa od oratorio non abbia annesso l’onere del coro o la cura di anime;

b) la cappella di un sepolcreto particolare, regolarmente eretta entro i confini del cimitero.

 

421. Le Messe che si celebrano in questi luoghi, purché siano applicate per i defunti, possono essere “de requie”; si dice la Messa «quotidiana» con l’orazione conveniente.

 

 

V - Le Messe dei defunti durante l’ottavario della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti

 

422. Durante l’ottavario che decorre dal giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti compreso, tutte le Messe che si applicano per tutti o per qualche defunto possono essere “de requie”; si dice la Messa «quotidiana» con l’orazione conveniente.

 

 

E) Le Messe dei defunti di IV classe o «quotidiane»

 

423. Le Messe dei defunti di IV classe sono le altre Messe dei defunti «quotidiane», che si possono celebrare, al posto della Messa conforme all’Ufficio del giorno, solo nelle ferie di IV classe, fuori dal tempo natalizio.

 

È assai opportuno che queste Messe dei defunti di IV classe siano dette solo quando sono veramente applicate per i defunti, sia in generale che in particolare.

 

 

 

Capitolo VIII

 

LE DIVERSE PARTI DELLA MESSA

 

 

A) Il salmo Iúdica me, Deus, la confessione e l’incensazione dell’altare

 

424. Il salmo Iúdica me, Deus con la sua antifona e la confessione con relativa assoluzione si dicono, davanti ai gradini dell’altare, in qualsiasi Messa sia in canto che letta; però si omettono, insieme ai versetti seguenti e alle preghiere Aufer a nobis e Orámus te, Dómine, nei seguenti casi:

 

a) nella Messa della festa della Purificazione della B. Vergine Maria che segue la benedizione e processione delle candele;

b) nella Messa del mercoledì delle Ceneri che si dice dopo la benedizione e imposizione delle ceneri;

c) nella Messa della II domenica di Passione o delle palme che segue la benedizione e processione dei rami;

d) nella Messa della Vigilia pasquale;

e) nella Messa delle Rogazioni che segue la processione delle Litanie maggiori e minori;

f) nelle Messe che seguono alcune consacrazioni, secondo le rubriche del Pontificale romano.

 

425. Il salmo Iúdica me, Deus si omette:

 

a) nelle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione fino al giovedì della Cena del Signore;

b) nelle Messe dei defunti.

 

426. Le incensazioni che si devono fare alla Messa solenne, si possono fare anche a tutte le Messe cantate.

 

 

B) L’antifona d’Introito e il Kýrie, eléison

 

427. All’Introito si dice l’antifona con il versetto del salmo e il Glória Patri; al termine si ripete l’antifona.

 

L’antifona d’Introito con il salmo e il Glória Patri manca nella Messa della Vigilia pasquale.

 

428. Il Glória Patri all’Introito si omette nelle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione fino al giovedì della Cena del Signore, e nelle Messe dei defunti.

 

429. Nel tempo pasquale, dopo l’antifona d’Introito si aggiungono, se non ci fossero già, due Allelúia. Al contrario, in qualunque antifona d’Introito, lAllelúia si omette quando la Messa viene detta fuori dal tempo pasquale, a meno che per certe Messe non sia indicato diversamente.

 

430. Il Kýrie, eléison si dice nove volte dopo la ripetizione dell’antifona d’Introito, cioè tre volte Kýrie, eléison, tre volte Christe, eléison, e tre volte Kýrie, eléison.

 

 

C) L’inno Glória in excélsis

 

431. L’inno Glória in excélsis si dice:

 

a) nelle Messe conformi all’Ufficio del giorno, quando a Mattutino si è detto l’inno Te Deum;

b) nelle Messe festive di cui al n. 302;

c) nelle Messe del giovedì della Cena del Signore, e nella Messa della Vigilia pasquale;

d) nelle Messe votive di I, II e III classe, a meno che non si usino i paramenti viola;

e) nelle Messe votive di IV classe degli Angeli, in qualsiasi giorno, e nelle Messe della B. Vergine Maria che si celebrano in sabato.

 

432. L’inno Glória in excélsis si omette:

 

a) nelle Messe conformi all’Ufficio del giorno, quando a Mattutino non si è detto l’inno Te Deum;

b) in tutte le Messe in cui si usano i paramenti viola;

c) nelle Messe votive di IV classe, eccettuate quelle di cui n. 431 e;

d) nelle Messe dei defunti.

 

 

D) Le orazioni

 

I - Le orazioni in generale

 

433. Per “orazioni”, alla Messa, s’intendono:

 

a) l’orazione della Messa che si celebra;

b) le orazioni di un Ufficio commemorato e di una commemorazione occorrente;

c) le altre orazioni prescritte dalle rubriche (nn. 447-453);

d) l’orazione imperata dall’Ordinario del luogo (nn. 454-460);

e) l’orazione votiva che, in alcuni giorni liturgici, può essere detta a scelta del sacerdote celebrante (nn. 461-465).

 

434. Nel numero delle orazioni stabilito per i singoli giorni liturgici sono comprese tanto l’orazione della Messa e le commemorazioni quanto le altre orazioni prescritte dalle rubriche o imperate dall’Ordinario del luogo o votive. Pertanto, dopo l’orazione della Messa:

 

a) nei giorni liturgici di I classe, nelle Messe votive di I classe e nelle Messe in canto non conventuali, non è ammessa nessuna altra orazione, eccetto l’orazione da dirsi con una sola conclusione e una sola commemorazione privilegiata, salvo quanto prescritto al n. 333;

b) nelle domeniche di II classe non è ammessa nessuna altra orazione, eccetto la commemorazione di una festa di II classe, che tuttavia si omette se si deve fare una commemorazione privilegiata;

c) negli altri giorni liturgici di II classe e nelle Messe votive di II classe, è ammessa una sola altra orazione, cioè o una privilegiata o una ordinaria;

d) nei giorni liturgici di III e IV classe e nelle Messe votive di III e IV classe sono ammesse soltanto due orazioni.

 

435. Qualsiasi orazione che superi il numero stabilito per i singoli giorni liturgici si omette; in ogni caso, non è lecito per nessun pretesto oltrepassare il numero di tre orazioni.

 

436. L’orazione propria della Messa si dice sempre con la sua conclusione, a meno che non vi si debba unire, con una stessa conclusione, un’altra orazione, come spiegato ai nn. 444-445.

 

437. Si dicono sempre con una seconda conclusione:

 

a) le commemorazioni;

b) l’orazione imperata dall’Ordinario del luogo;

c) l’orazione votiva.

 

438. Se due orazioni, nella prima o nella seconda parte, sono composte più o meno dalle stesse parole, l’orazione che viene per seconda:

 

a) se è del Tempo, si sostituisce con l’orazione della domenica o della feria seguente;

b) se è di un Santo, si sostituisce con un’altra orazione dello stesso Comune o di un Comune simile;

c) se si tratta dell’orazione imperata, si omette.

 

439. Nelle orazioni di un Ufficio traslato o riposto non si devono cambiare le parole hanc o hodiérnam o præséntem diem, o simili.

 

440. Quando nel Messale si trovano le parole Flectámus génua, Leváte, queste devono essere proferite dal diacono nella Messa solenne, dal celebrante nelle altre Messe; e dopo le parole Flectámus génua, tutti, insieme al celebrante, s’inginocchiano e pregano in silenzio per un po’ di tempo; detto Leváte, tutti si alzano e il celebrante dice l’orazione.

 

441. Per quanto riguarda la qualità e il numero delle orazioni alle Messe dei defunti, si osservi quanto riportato al n. 398.

 

 

II - Le orazioni alle Messe con più letture

 

442. Alle Messe con più letture (nn. 467-468) le commemorazioni e le altre orazioni vanno poste dopo l’orazione che precede l’ultima lettura, ossia l’Epistola; e questa orazione è la sola da computare per definire il numero complessivo delle orazioni.

 

443. Per commemorare una feria la cui Messa ha più letture, si prende la prima orazione, cioè quella che si è detta alle Lodi.

 

 

III - Le orazioni che si devono unire con una sola conclusione all’orazione della Messa

 

444. All’orazione della Messa si aggiunge, con una sola conclusione, un’altra orazione, solo se si tratta:

 

a) dell’orazione rituale (n. 447);

b) dell’orazione di una Messa votiva di I o II classe impedita (nn. 330 c, 343 c);

c) di un’altra orazione che le rubriche espressamente prescrivono o consentono di unire con una sola conclusione all’orazione della Messa (nn. 110, 355, 449, 451, 453).

 

445. All’orazione della Messa si può unire con una sola conclusione una sola altra orazione.

 

Se all’orazione della Messa si dovessero unire, secondo le rubriche, più orazioni con una sola conclusione, se ne mantiene una sola, secondo l’ordine indicato al n. 444; le altre si omettono.

 

446. L’orazione da unirsi con una sola conclusione all’orazione della Messa si conta come una sola con la prima; e dev’essere detta anche alle Messe in canto.

 

 

IV - Le orazioni rituali

 

447. Per “orazione rituale” s’intende l’orazione da dirsi nella Messa che è connessa con le seguenti benedizioni o consacrazioni:

 

a) consacrazione di un Vescovo;

b) conferimento dei sacri Ordini;

c) benedizione di un Abate;

d) benedizione di una Badessa;

e) benedizione e consacrazione delle Vergini;

f) benedizione di un cimitero;

g) riconciliazione di una chiesa;

h) riconciliazione di un cimitero.

 

Queste orazioni, che si trovano tra le Messe votive per diverse intenzioni, devono sempre essere unite con una sola conclusione all’orazione della Messa.

 

448. Nelle Messe in cui si aggiunge l’orazione rituale sono escluse tutte le altre orazioni, salvo le commemorazioni privilegiate.

 

 

V - Le orazioni nel giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari del Papa e del Vescovo diocesano

 

449. Nel giorno dell’incoronazione del Sommo Pontefice e nel suo anniversario, e nell’anniversario o dell’elezione o della consacrazione o del trasferimento del Vescovo diocesano (nel giorno da scegliersi una volta per tutte dal Vescovo stesso), in tutte le Messe, eccettuate quelle dei defunti, all’orazione della Messa si aggiunge con una sola conclusione l’orazione per il Papa o per il Vescovo, purché non occorra un giorno liturgico di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza (cfr. n. 363).

 

450. Quando è impedita, l’orazione per il Papa o per il Vescovo si trasferisce al giorno più vicino non impedito, nello stesso modo in cui si trasferisce la Messa conventuale per gli stessi anniversari nelle chiese cattedrali e collegiate (n. 364).

 

 

VI - L’orazione per il sacerdote celebrante nell’anniversario

della propria Ordinazione sacerdotale

 

451. Nell’anniversario della propria Ordinazione sacerdotale, ogni sacerdote può aggiungere all’orazione della Messa, con una sola conclusione, l’orazione per se stesso, purché non occorra un giorno liturgico di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza.

 

452. Quando è impedita, l’orazione per il sacerdote celebrante può essere trasferita al giorno più vicino non impedito.

 

 

VII - L’orazione «per la propagazione della Fede»

 

453. Nella penultima domenica d’ottobre, o in un’altra domenica fissata dall’Ordinario del luogo «per le Missioni», in tutte le Messe, all’orazione della Messa si aggiunge con una sola conclusione l’orazione per la propagazione della Fede, purché non occorra un giorno liturgico di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza.

 

 

VIII - L’orazione imperata

 

454. Per “orazione imperata” s’intende l’orazione che l’Ordinario del luogo può prescrivere per una grave e pubblica necessità o calamità.

 

455. L’Ordinario del luogo può prescrivere come imperata qualsiasi orazione desunta dalle Messe che si possono celebrare come votive o dalle orazioni per diverse intenzioni o dalle Messe e orazioni per i defunti.

 

456. È molto opportuno che l’Ordinario del luogo non prescriva l’orazione imperata in modo permanente, ma solo per una causa veramente grave e per un periodo di tempo che non ecceda la durata della vera necessità.

 

457. L’orazione imperata:

 

a) dev’essere una sola;

b) dev’essere detta da tutti i sacerdoti che celebrano la Messa nelle chiese ed oratori, anche esenti, della diocesi;

c) non si aggiunge mai con una sola conclusione all’orazione della Messa, ma si dice dopo le commemorazioni privilegiate;

d) è proibita in tutti i giorni liturgici di I e II classe, nelle Messe votive di I e II classe, nelle Messe in canto, e quando le commemorazioni privilegiate completano il numero di orazioni stabilito per i singoli giorni liturgici.

 

458. L’orazione imperata per i defunti si dice soltanto nelle ferie di IV classe e nelle Messe votive o dei defunti lette di IV classe.

 

459. Nel caso di una pubblica necessità o calamità che, per sua natura, duri lungo tempo (per esempio una guerra, una pestilenza e simili), l’Ordinario del luogo può prescrivere un’orazione imperata conveniente per tutto il tempo dell’infausto evento; però tale orazione:

 

a) si dice soltanto il lunedì, il mercoledì e il venerdì;

b) è proibita negli stessi giorni e Messe di cui al n. 457 d.

 

460. Se occorresse una grave e pubblica necessità o calamità particolarmente urgente e non ci fosse tempo di ricorrere all’Ordinario del luogo, il parroco, entro i limiti della sua parrocchia, anche per le chiese ed oratori esenti, può prescrivere un’orazione conveniente da dirsi per tre giorni consecutivi. Tale orazione è proibita negli stessi giorni e Messe in cui è proibita l’orazione imperata dall’Ordinario del luogo (n. 457 d), che, se fosse prescritta, si omette.

 

 

IX - L’orazione votiva

 

461. Nei giorni liturgici di IV classe ogni sacerdote può aggiungere una sola orazione a sua scelta in tutte le Messe lette non conventuali.

 

462. L’orazione votiva può essere desunta o dalle Messe che si possono celebrare come votive o dalle orazioni per diverse intenzioni o dalle Messe e orazioni per i defunti.

 

463. Tale orazione si pone all’ultimo posto, dopo le altre orazioni, e non deve superare il limite delle tre orazioni.

 

464. L’orazione votiva per i defunti si può aggiungere solo alle Messe lette non conventuali dei defunti di IV classe.

 

465. Nell’orazione A cunctis si può nominare o il Titolare della propria chiesa, o qualsiasi Patrono principale, o il Fondatore o il Titolare dell’Ordine o Congregazione. Si osservino inoltre le rubriche che si trovano nel Messale a proposito di questa orazione.

 

 

E) Dalle letture al Vangelo

 

466. Dopo le orazioni si dice l’Epistola, al termine della quale si risponde Deo grátias.

 

467. L’Epistola è preceduta da una sola lettura:

 

a) nei mercoledì delle Quattro Tempora;

b) nel mercoledì della IV settimana di Quaresima;

c) nel mercoledì della Settimana santa.

 

Alla fine di tale lettura si risponde Deo grátias.

 

468. L’Epistola è preceduta da cinque letture nei sabati delle Quattro Tempora; alla fine di ogni lettura, eccettuata quella del profeta Daniele, si risponde Deo grátias.

 

Alle Messe conventuali e alle Messe nelle quali si conferiscono i sacri Ordini, si devono dire sempre tutte le letture con le orazioni e i versetti; alle altre Messe, sia in canto che lette, si può dire soltanto la prima orazione (quella conforme all’Ufficio), preceduta dal Flectámus génua, se va detto, e la prima lettura con i suoi versetti; quindi, detto come al solito Dóminus vobíscum, Et cum spíritu tuo e Orémus, si dice la seconda orazione senza Flectámus génua, cui fanno seguito la altre commemorazioni eventualmente occorrenti e, omesse le letture successive con i loro versetti e orazioni, si passa direttamente all’ultima lettura (ossia l’Epistola), seguita dal tratto e, nel sabato dopo Pentecoste, dalla sequenza.

 

469. Dopo l’Epistola si dice il graduale, lAllelúia con i suoi versetti o il tratto, come indicato nel Messale a suo luogo.

 

470. La sequenza si dice prima dell’ultimo Allelúia o dopo il tratto. Si omette nelle Messe votive. Per quanto riguarda la sequenza Dies iræ, si osservino le norme di cui al n. 399.

 

471. All’inizio del Vangelo si dice Dóminus vobíscum e si risponde Et cum spíritu tuo; quindi Sequéntia (o Inítium) sancti Evangélii secúndum N., e si risponde Glória tibi, Dómine; alla fine si risponde Laus tibi, Christe.

 

472. Nella Settimana santa, prima della lettura della storia della Passione del Signore non si dice Dóminus vobíscum, Sequéntia sancti Evangélii secúndum N., Glória tibi, Dómine, bensì Pássio Dómini nostri Iesu Christi secúndum N., e alla fine non si risponde Laus tibi, Christe.

 

473. Alle Messe in canto, tutto ciò che il diacono, il suddiacono o il lettore cantano o leggono in forza del proprio ufficio, viene omesso dal celebrante.

 

474. Dopo il Vangelo, specialmente nelle domeniche e nelle feste di precetto, si tenga, secondo l’opportunità, una breve omelia per il popolo.

 

L’omelia, se è tenuta da un sacerdote diverso dal celebrante, non deve sovrapporsi alla celebrazione della Messa, impedendo la partecipazione dei fedeli; in questo caso, quindi, si deve sospendere la celebrazione della Messa e riprenderla solo dopo il termine dell’omelia.

 

 

F) Il simbolo

 

475. Dopo il Vangelo o l’omelia, si dice il simbolo:

 

a) in tutte le domeniche, anche se il loro Ufficio cede il posto a qualche festa o si celebra una Messa votiva di II classe;

b) nelle feste di I classe e nelle Messe votive di I classe;

c) nelle feste di II classe del Signore e della B. Vergine Maria;

d) durante le ottave della Natività del Signore, di Pasqua e di Pentecoste, anche nelle feste occorrenti e nelle Messe votive;

e) nelle feste natalizie degli Apostoli e degli Evangelisti, e nelle feste della Cattedra di S. Pietro e di S. Barnaba Apostolo.

 

476. Non si dice il simbolo:

 

a) nella Messe crismale e nella Messa della Cena del Signore, il giovedì santo, e nella Messa della Vigilia pasquale;

b) nelle feste di II classe, eccettuate quelle di cui al n. 475 c ed e;

c) nelle Messe votive di II classe;

d) nelle Messe festive e votive di III e IV classe;

e) a motivo di una commemorazione occorrente nella Messa;

f) nelle Messe dei defunti.

 

 

G) L’antifona d’Offertorio e le orazioni secrete

 

477. Dopo il simbolo o, se non bisogna dirlo, dopo il Vangelo o l’omelia, si dice Dóminus vobíscum e si risponde Et cum spíritu tuo; quindi si aggiunge Orémus e l’antifona d’Offertorio, che manca solo nella Messa della Vigilia pasquale.

 

478. Nel tempo pasquale all’antifona d’Offertorio si aggiunge, se non ci fosse già, un Allelúia. E si mantiene l’Allelúia che talvolta si trova al termine dell’antifona d’Offertorio fuori dal tempo pasquale, eccetto che dalla Settuagesima a Pasqua.

 

479. L’offerta dell’ostia e del calice e ciò che segue si svolgono come indicato nell’Ordinario della Messa.

 

480. L’orazione «secreta» si dice sottovoce, senza Dóminus vobíscum Orémus. E si dicono tante orazioni secrete quante sono le orazioni che sono state dette all’inizio della Messa. Si dicono nello stesso ordine e si concludono come le altre orazioni.

 

481. La conclusione dell’ultima orazione secreta si dice sottovoce fino alle parole Per ómnia sæcula sæculórum, che si proferiscono ad alta voce.

 

 

H) Il prefazio

 

482. Si dice il prefazio proprio di ciascuna Messa; in mancanza, si dice il prefazio del Tempo, altrimenti il prefazio comune.

 

482. Non si dice mai il prefazio proprio di una commemorazione occorrente nella Messa.

 

484. Il prefazio della Natività del Signore si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe della Natività del Signore e della sua ottava, e della Purificazione della B. Vergine Maria;

b) come prefazio del Tempo, durante l’ottava di Natale, anche alle Messe che avrebbero un prefazio proprio, eccettuate quelle Messe che hanno un prefazio proprio dei misteri o delle Persone divine; e dal 2 al 5 gennaio.

 

485. Il prefazio dell’Epifania del Signore si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe della festa dell’Epifania e della Commemorazione del Battesimo di N. S. Gesù Cristo;

b) come prefazio del Tempo dal 7 al 13 gennaio.

 

486. Il prefazio della Quaresima si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dal mercoledì delle ceneri fino al sabato che precede la I domenica di Passione;

b) come prefazio del Tempo alle Messe che si celebrano in questo tempo e non hanno prefazio proprio.

 

487. Il prefazio della santa Croce si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione fino al giovedì della Cena del Signore; alle Messe sia festive che votive della santa Croce, della Passione del Signore e degli strumenti della Passione del Signore, del preziosissimo Sangue di N. S. Gesù Cristo, del Ss. Redentore;

b) come prefazio del Tempo, dalla I domenica di passione fino al mercoledì santo, a tutte le Messe che non hanno prefazio proprio.

 

488. Il prefazio della Messa crismale si dice nel giovedì della Cena del Signore, alla sua Messa.

 

489. Il prefazio pasquale si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dalla Messa della Vigilia pasquale fino alla vigilia dell’Ascensione del Signore;

b) come prefazio del Tempo alle altre Messe che si celebrano in questo tempo e non hanno prefazio proprio.

 

490. Il prefazio dell’Ascensione del Signore si dice:

 

a) come prefazio proprio nella festa dell’Ascensione;

b) come prefazio del Tempo, dal venerdì dopo l’Ascensione fino al venerdì prima della vigilia di Pentecoste, a tutte le Messe che non hanno prefazio proprio.

 

491. Il prefazio del Ss. Cuore di Gesù si dice alle Messe festive e votive del Ss. Cuore di Gesù.

 

492. Il prefazio di N. S. Gesù Cristo Re si dice alle Messe festive e votive di N. S. Gesù Cristo Re.

 

493. Il prefazio dello Spirito Santo si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dalla vigilia di Pentecoste fino al sabato seguente, e alle Messe festive e votive dello Spirito Santo;

b) come prefazio del Tempo alle altre Messe che si celebrano in questo tempo e non hanno prefazio proprio.

 

494. Il prefazio della Ss. Trinità si dice:

 

a) come prefazio proprio alle Messe festive e votive della Ss. Trinità;

b) come prefazio del Tempo nelle domeniche d’Avvento, e in tutte le domeniche di II classe fuori dal tempo natalizio e pasquale.

 

495. Il prefazio della beata Vergine Maria si dice alle Messe festive e votive della beata Vergine Maria, eccetto che nella festa della Purificazione.

 

496. Il prefazio di S. Giuseppe si dice alle Messe festive e votive di S. Giuseppe.

 

497. Il prefazio degli Apostoli si dice alle Messe festive e votive degli Apostoli e degli Evangelisti.

 

498. Il prefazio comune si dice alle Messe che non hanno prefazio proprio e non devono prendere il prefazio del Tempo.

 

499. Il prefazio dei defunti si dice alle Messe dei defunti.

 

 

I) Dal Canone della Messa fino alla dopocomunione

 

500. Dopo il prefazio e il Sanctus si dice sottovoce il Canone della Messa, come nell’Ordinario della Messa.

 

501. Quando nel Canone si devono cambiare Communicántes, Hanc ígitur e Qui prídie, ciò è indicato a suo luogo nelle Messe proprie.

 

502. Il momento proprio per distribuire la santa Comunione ai fedeli è durante la Messa, dopo la Comunione del sacerdote celebrante, che deve distribuirla personalmente a coloro che la richiedono; tuttavia, se il numero dei comunicandi è grande, conviene che sia aiutato da uno o più altri sacerdoti.

 

È assai sconveniente che, allo stesso altare in cui si sta celebrando la Messa, la santa Comunione sia distribuita da un altro sacerdote fuori dal momento proprio della Comunione.

 

Per una causa ragionevole, è permesso distribuire la santa Comunione anche immediatamente prima o dopo la Messa, e anche al di fuori della Messa: in questi casi si utilizza il formulario prescritto nel Rituale Romano, tit. V, cap. II, nn. 1-10.

 

503. Quando si distribuisce la santa Comunione durante la Messa, il celebrante, dopo aver consumato il preziosissimo Sangue, omesse la confessione e l’assoluzione, dice Ecce Agnus Dei e tre volte Dómine, non sum dignus, e procede immediatamente alla distribuzione della santa Eucaristia.

 

504. Terminati il Canone e la Comunione, si dice l’antifona di Comunione, al termine della quale, nel tempo pasquale, si aggiunge, se non ci fosse già, un Allelúia; e si mantiene lAllelúia che talvolta si trova al termine di tale antifona fuori dal tempo pasquale, eccetto che dalla Settuagesima a Pasqua.

 

505. Le orazioni dopo la Comunione si dicono nello stesso numero, modo e ordine delle orazioni all’inizio della Messa.

 

506. Nelle Messe delle ferie di Quaresima e di Passione, eccettuato il Triduo sacro, terminata l’ultima orazione dopo la Comunione si aggiunge l’Orazione sopra il popolo, che si dice sempre con la sua conclusione ed è preceduta da Orémus, Humiliáte cápita vestra Deo. Questa orazione dev’essere detta anche quando fosse preceduta da tre orazioni dopo la Comunione.

 

 

L) La conclusione della Messa

 

507. Alla fine della Messa si dice Ite, missa est e si risponde Deo grátias.

Tuttavia:

 

a) alla Messa vespertina della Cena del Signore seguita dalla solenne riposizione del Ss. Sacramento e alle altre Messe seguite da una processione, si dice Benedicámus Dómino e si risponde Deo grátias;

b) durante l’ottava di Pasqua, alle Messe del Tempo, all’Ite, missa est e al seguente Deo grátias si aggiungono due Allelúia;

c) alle Messe dei defunti si dice Requiéscant in pace e si risponde Amen.

 

508. Dopo aver detto il Pláceat, si dà la benedizione, che si omette soltanto quando si è detto Benedicámus Dómino o Requiéscant in pace.

 

509. Come ultimo Vangelo, in tutte le Messe, si dice normalmente l’inizio del Vangelo secondo Giovanni.

Tuttavia, nella II domenica di Passione o delle palme, in tutte le Messe che non seguono la benedizione e processione dei rami si dice un ultimo Vangelo proprio.

 

510. L’ultimo Vangelo si omette del tutto:

 

a) alle Messe in cui si è detto Benedicámus Dómino, secondo il n. 507 a;

b) nella festa della Natività del Signore, alla terza Messa;

c) nella II domenica di Passione o delle palme, alla Messa che segue la benedizione e processione dei rami;

d) alla Messa della Vigilia pasquale;

e) alle Messe dei defunti seguite dall’assoluzione sul tumulo;

f) alle Messe che seguono certe consacrazioni, secondo le rubriche del Pontificale romano.

 

 

 

Capitolo IX

 

CHE COSA BISOGNA DIRE AD ALTA VOCE O SOTTOVOCE NELLA MESSA

 

 

511. Alla Messa letta, si dicono ad alta voce:

 

a) le parole In nómine Patris, ecc.; il salmo Iúdica me, Deus con la sua antifona; la confessione e ciò che segue fino a Orémus compreso; le orazioni Aufer a nobis e Orámus te, Dómine si dicono sottovoce;

b) l’antifona d’Introito con il suo versetto e il Glória Patri; e il Kýrie, eléison;

c) l’inno Glória in excélsis;

d) Dóminus vobíscum, Orémus, Flectámus génua - Leváte, e le orazioni;

e) le letture, l’Epistola, il graduale, il tratto, l’Allelúia col suo versetto, la sequenza e il Vangelo;

f) il simbolo;

g) Dóminus vobíscum, Orémus, l’antifona d’Offertorio, e le parole Oráte, fratres;

h) il prefazio e il Sanctus-Benedíctus;

i) le parole Nobis quoque peccatóribus; la preghiera del Signore con la sua introduzione; Per ómnia sæcula sæculórum e Pax Dómini sit semper vobíscum; Agnus Dei, ecc.; le parole Dómine, non sum dignus prima della Comunione del sacerdote celebrante; le formule della Comunione dei fedeli; l’antifona di Comunione, Dóminus vobíscum e le orazioni dopo la Comunione; le parole Humiliáte cápita vestra Deo e l’orazione sopra il popolo;

l) Ite, missa est o Benedicámus Dómino o Requiéscant in pace; la benedizione e l’ultimo Vangelo.

 

Il resto si dice sottovoce.

 

512. Il sacerdote abbia cura di pronunciare ciò che va detto ad alta voce in modo chiaro e distinto, non troppo velocemente, per poter comprendere ciò che legge, né troppo lentamente, per non annoiare gli ascoltatori; né a voce troppo alta, se celebra a un altare secondario, per non disturbare coloro che nel medesimo tempo celebrassero nella stessa chiesa; né a voce talmente bassa da non poter essere udito da chi gli sta vicino. Pronunci invece ciò che va detto sottovoce in modo da poter essere udito solo da se stesso e non da chi gli sta vicino.

 

513. Alla Messa solenne, il celebrante:

 

a) dice in canto: Dóminus vobíscum, ogni volta che occorre, eccetto che nei versetti dopo la confessione; le orazioni; Orémus prima dell’antifona d’Offertorio, Per ómnia sæcula sæculórum e il prefazio; Per ómnia sæcula sæculórum con il Pater noster e la sua introduzione; Per ómnia sæcula sæculórum col Pax Dómini;

b) intona il Glória e il Credo, quando vanno detti;

c) dice ad alta voce le formule della Comunione dei fedeli e le parole della benedizione alla fine della Messa;

d) dice con voce conveniente le parti alle quali i sacri ministri devono rispondere;

e) dice sottovoce tutte le altre cose che nella Messa letta si dicono ad alta voce;

f) omette tutto ciò che viene detto dai sacri ministri o dal lettore.

 

514. Alle Messe cantate, cioè senza sacri ministri, il celebrante è tenuto ad osservare quanto stabilito al numero precedente e, inoltre, a dire in canto le parti proprie dei sacri ministri. L’Epistola può essere cantata da un lettore. Se non è cantata da un lettore, è sufficiente che sia letta senza canto dallo stesso celebrante, che tuttavia può cantarla nel modo consueto.

 

515. Il tono solenne, nel canto delle orazioni, del prefazio e del Pater noster, si usa:

 

a) nelle domeniche;

b) nelle Messe festive e nella Messa dell’Ufficio di S. Maria in sabato;

c) nelle vigilie di I classe;

d) nel giovedì della Cena del Signore e nella Messa della Vigilia Pasquale;

e) durante le ottave;

f) nelle Messe votive di I, II e III classe.

 

516. Il tono feriale si usa:

 

a) nelle ferie;

b) nelle vigilie di II e III classe;

c) nelle Messe votive di IV classe;

d) nelle Messe dei defunti.

 

 

 

Capitolo X

 

NORME PER INGINOCCHIARSI, SEDERSI E STARE IN PIEDI DURANTE LA MESSA

 

 

517. Alla Messa letta, il sacerdote celebrante s’inginocchia

 

a) quando il Ritus servandus in celebratione Missæ o l’Ordinario della Messa o il Proprio di ciascuna Messa prescrivono d’inginocchiarsi;

b) quando il Ss. Sacramento è presente sull’altare (fuori dal tabernacolo), ogni volta che va al centro dell’altare o se ne allontana.

 

518. Alle Messe in canto, il sacerdote celebrante s’inginocchia:

 

a) quando deve inginocchiarsi alla Messa letta. Tuttavia, alle parole che devono essere cantate da altri, non s’inginocchia quando egli stesso legge tali parole, ma quando esse sono dette in canto, secondo le rubriche, dai ministri o dal coro;

b) però alle parole Et incarnátus est, nel simbolo, il sacerdote celebrante s’inginocchia sempre quando egli stesso recita tali parole; quando esse sono cantate, se non è seduto s’inginocchia di nuovo, se invece è seduto non s’inginocchia, ma china profondamente il capo, dopo averlo scoperto, eccetto che alle tre Messe della Natività del Signore e alla Messa dell’Annunciazione della B. Maria Vergine, nelle quali, al canto di queste parole, tutti s’inginocchiano.

 

519. I ministri, alle Messe in canto, s’inginocchiano sempre insieme al sacerdote celebrante, eccettuati il suddiacono, quando tiene il libro per il Vangelo, e gli accoliti, quando portano i candelieri: essi, in tal caso, non s’inginocchiano. E quando il diacono canta quelle parole che richiedono la genuflessione, egli s’inginocchia verso il libro, il celebrante e tutti gli altri verso l’altare. Alla Consacrazione, poi, i ministri genuflettono su entrambe le ginocchia.

 

520. In coro, coloro che non sono Prelati s’inginocchiano alla confessione col suo salmo e alla benedizione del celebrante al termine della Messa. I Prelati e i Canonici, alla benedizione, chinano profondamente il capo.

 

521. In coro, inoltre, tutti, anche i Prelati, s’inginocchiano:

 

a) alla Consacrazione;

b) durante la Comunione dei fedeli;

c) nelle Messe delle ferie d’Avvento, di Quaresima e di Passione, delle Quattro Tempora di settembre, delle vigilie di II e III classe fuori dal tempo pasquale e nelle Messe dei defunti: alle orazioni che precedono l’Epistola, dopo il Dóminus vobíscum; dal termine del Sanctus fino al Pater noster con la sua introduzione escluso; e alle orazioni dopo la Comunione e sopra il popolo;

d) quando i ministri o il coro cantano parole che richiedono la genuflessione.

 

522. Parimenti in coro tutti genuflettono su un solo ginocchio:

a) quando il celebrante, nel simbolo, recita le parole Et incarnátus est, ecc.;

b) quando, nell’ultimo Vangelo, dice le parole Et Verbum caro factum est.

 

523. Alla Messa solenne il celebrante può sedere tra il diacono e il suddiacono su uno scanno collocato presso l’altare, dalla parte dell’Epistola, mentre si cantano il Kýrie, eléison, il Glória in excélsis, la sequenza e il Credo; negli altri momenti sta in piedi all’altare o s’inginocchia, come sopra spiegato.

 

524. In coro, coloro che effettivamente cantano non siedono mai; gli altri, invece, possono sedere:

 

a) quando siede il celebrante;

b) mentre si cantano le letture, l’Epistola, il graduale il tratto, l’Allelúia col suo versetto e la sequenza;

c) dall’Offertorio fino all’incensazione del coro o, se il coro non viene incensato, fino al prefazio;

b) dal termine della Comunione fino al Dóminus vobíscum che precede le orazioni dopo la Comunione.

 

Negli altri momenti stanno in piedi o s’inginocchiano, come sopra spiegato.

 

 

 

Capitolo XI

 

LA PREPARAZIONE DELL’ALTARE PER LA MESSA

 

525. L’altare su cui si celebra il santo Sacrificio della Messa dev’essere tutto in pietra e regolarmente consacrato; o almeno avere una tavola di pietra, detta pietra sacra, pure regolarmente consacrata, che sia abbastanza grande da contenere l’ostia e la maggior parte del calice; o anche, per Indulto Apostolico, un antimensium regolarmente benedetto.

 

526. L’altare sia coperto da tre tovaglie regolarmente benedette, di cui una sia tanto lunga da arrivare, ai lati, fino a terra.

 

527. Sopra l’altare deve trovarsi, al centro, una croce piuttosto grande col Crocifisso e, da una parte e dall’altra, i candelieri richiesti dal tipo di Messa con i ceri accesi. Vi si pongano anche le cosiddette «tabelle delle secrete» o «carteglorie», ma solo per il tempo della Messa; e, al lato dell’Epistola, un cuscino o leggio su cui appoggiare il Messale.

 

528. Dalla parte dell’Epistola, sopra una credenza a ciò predisposta, si preparino le ampolline del vino e dell’acqua, la bacinella e il manutergio, il campanello e il piattello per la Comunione dei fedeli.

 

529. Sull’altare non si ponga nulla che non serva al sacrificio della Messa o all’ornamento dell’altare stesso.

 

530. Si conservi, dove vige, l’uso di accendere un cero presso l’altare dalla Consacrazione alla Comunione.

 

 


 

Per la traduzione si ringrazia vivamente Daniele Di Sorco.

 

 


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