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Incensatio altaris et Sacerdotis

 

Nella sola Messa solenne e in ognuna di esse, eccetto nella Messa di Requiem, prima dell’Introito si fa l’incensazione dell’Altare.

 

1. Dio stesso ordinò di adoperare nel suo culto l’incenso o thymiama (qumiaw = odori di bruciato). “Per bruciare l’incenso farai un altare… Aronne vi brucerà sopra, al mattino, dell’incenso di soave odore”[1]. I Magi offrirono incenso a Cristo Signore. La Chiesa di Cristo, da apostolica tradizione, sempre ha usato fumo di incenso per il solenne culto di Dio[2].

 

2. L’incenso acceso, salendo il fumo odoroso, significa che le cose create sono da consacrarsi per la gloria e il servizio di Dio, e le forze e le facoltà dell’animo degli uomini sono da consumarsi con fervore ardente e zelo per Dio. L’incenso acceso significa principalmente l’orazione, che dal cuore acceso col fuoco dell’amore sale come “buon odore”. “Salga la mia preghiera come incenso al tuo cospetto etc” (Sal 140). “Un angelo si fermò dinanzi all’altare, avendo un turibolo d’oro; e gli furon dati molti aromi perché ne impregnasse le orazioni di tutti i santi” (Apoc 8,3).

 

Infine significa “il buon odore della grazia” o la misericordia di Dio che discende in noi. “Ascende la preghiera e discende la compassione” (S. Agostino).

 

3. L’incenso è usato dalla Chiesa primariamente ad onore di Dio, ma anche in venerazione per i Santi o le cose e persone sacre.

 

L’incenso[3] appartiene ai Sacramentali; è benedetto infatti, anche dinanzi al Santissimo esposto, eccetto il caso in cui s’impone per incensare esclusivamente il Sacramento; allora infatti ha valore piuttosto di simbolo che di Sacramentale.

 

4. Nella Messa solenne, l’incensazione si fa all’inizio della Messa dei Catecumeni, prima dell’Introito, e all’inizio della Messa dei fedeli, fatta l’oblazione del calice prima della lozione delle mani; oltre ciò nella parte principale della Messa dei Catecumeni, cioè al Vangelo, e alla parte principale della Messa dei fedeli, cioè alla Consacrazione o ad entrambe le elevazioni.

 

5. Per prima si incensa la Croce dell’Altare con tre dotti, così a Cristo è reso culto rappresentato nell’immagine. (Il Santissimo chiuso nel Tabernacolo non è incensato ma adorato con genuflessione).

 

6. In secondo luogo sono incensate con due dotti le reliquie dei Santi o loro busti[4] o immagini, se vi sono tra i candelabri dell’Altare, e per motivo di onore e perché i Santi furono “buon odore di Cristo”[5] e ora offrono a Dio le nostre preci.

 

7. Quindi è incensato l’Altare tutto, tanto la mensa quanto la parte posteriore “secondo come sono distribuiti i candelabri”[6], nonché la parte anteriore e le parti laterali. Come l’Altare durante consacrazione di esso è stato incensato tutto intorno, così ora è quasi nuovamente preparato per il SS. Sacrificio che sopra esso si sta immolando.

 

8. Infine è incensato il Celebrante, che fa le veci di Cristo Sacerdote.


 

[1] Esod 30.

[2] Card. Bona ed altri.

[3] N.d.T.: Sinora l’Autore aveva chiamato l’incenso col termine thus, oppure talvolta thymiama. Qui giustappone due termini distinti «Incensum seu thus», che in italiano significano la medesima cosa, dunque uso un nome soltanto.

[4] N.d.T.: Il testo scrive «hermae». Essendo queste dei busti dell’antico dio Mercurio, oso dedurne qui che intenda dei busti o statuette dei Santi.

[5] 2Cor 2.

[6] Ma non si incensano gli stessi candelabri.