www.maranatha.it


 

Gloria

 

Il Gloria in excelsis, inno angelico (inno in senso lato), incominciato dagli Angeli e continuato dalla Chiesa (è già nelle Costituzioni Apostoliche[1]) è principalmente un’esultanza di lode nonché azione di grazie e supplica, tutto un inno di meravigliosa sublimità; chiamato Grande Dossologia[2] (perché sia distinto dal Gloria Patri che è Piccola Dossologia), giacché è diretta alle tre Persone della SS. Trinità. Sono profonde le parole: Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam [«ti rendiamo grazie per la tua immensa gloria»].

 

Per che cosa rendiamo grazie, quando lo facciamo per i doni a noi dati? In realtà la Chiesa con queste parole e con sublime affetto rende grazie per la stessa gloria di Dio, tanto interna quanto esterna, cioè per l’interna eccellenza o infinite perfezioni di Dio, quanto per l’esterna manifestazione di questa gloria interna con le opere ad extra[3].

 

Primariamente infatti, l’interna gloria di Dio o la sua infinita bontà, con contemplazione e perfetto amore è fonte di santo e ineffabile gaudio per le anime che amano Dio; così l’infinita bontà di Dio è anche il bene di loro stesse. Scrive S. Bonaventura: “Non dubito, anzi sono certo, che gli Angeli e le anime sante godono più per la magnificenza del tuo onore che per la magnificenza della loro gloria”[4].

 

Perché dunque la gloria interna di Dio o sua bontà infinita si fa per noi sommo bene, così “Gli rendiamo grazie per la magnificenza della sua gloria”.

 

Poi, rendiamo grazie per la gloria esterna di Dio o manifestata per le sue opere ad extra. “Dio ha operato tutto per Sé, cioè ha operato tutto per questo perché la sua bontà, sapienza, potenza, magnificenza, gloria etc. fosse mostrata e comunicata alle creature, che è il bene delle creature, non di Dio.

 

Dio infatti non ha acquistato nulla da questa comunicazione, non potendo nulla esserGli aggiunto”[5]. Per questo la creazione, redenzione, santificazione e glorificazione sono a gloria ed onore di Dio, e insieme per il nostro sommo bene. “Ogni cosa e vostra, ma voi siete di Cristo e Cristo di Dio”[6]. “Colui che opera tutto secondo il consiglio della propria volontà, sì che noi riusciamo a lode della sua gloria”[7].

 

Scrive Lessio[8]:  “Mentre Dio mira la sua somma gloria, con ciò stesso necessariamente guarda il nostro sommo bene, e il nostro sommo bene non può essere che la sua somma gloria. Donde, non meno dobbiamo rendere grazie perché cerchi la sua gloria, che perché cerchi la nostra salvezza, perché la sua gloria è la nostra salvezza.

 

Di questo fa cenno la Chiesa nell’inno angelico, quando dice:Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam; i suoi benefici in noi sono la sua gloria”. Dicendo propter magnam gloriam tuam e non invece propter beneficia nobis collata [«per i benefici accumulati in noi»] si esprime l’affetto di una benevolenza e di un amore perfetto che quasi dimentica se stesso.

 

Quoniam tu solus Sanctus. Tu solus Dominus. Tu solus Altissimus[«poichè Tu solo sei il Santo. Tu solo sei il Signore. Tu solo sei l’Altissimo»]. Del quale S. Tommaso: “Non diciamo in modo assoluto che solo il Figlio sia l’Altissimo, ma che sia l’Altissimo col Santo Spirito nella gloria di Dio Padre”. Si dice solus Sanctus, cioè essenzialmente a Sé, assolutamente ed infinitamente santo. Solus Dominus “Colui che, solo, ha dominio universale, primordiale, indipendente e non soggetto a nessuno”[9]. Circa ilsolus Altissimuscfr. Ef 1,20[10].

 

L’inno angelico, a causa dell’esultanza di lode e della gioia, è convenientemente omesso nelle Messe di penitenza e lutto, e nelle ferie al di fuori del tempo pasquale.

 

 

[1] Infatti si trova anche nelle altre Liturgie, pur in forma variata. Nel Rito Bizantino in particolare è molto più lungo, e lo si recita alla chiusura dell’Ufficiatura mattutina e come transizione spontanea tra essa e la Messa che normalmente vi è collegata. Occorre specificare che le Costituzioni Apostoliche, qui citate diverse volte, sono una raccolta di precetti e ordinamenti lasciati dagli Apostoli e raccolti da S. Clemente, terzo successore di S. Pietro, anche se gli studiosi moderni vorrebbero farle risalire almeno alla fine del IV sec. È uno dei testi base, insieme alla Tradizione Apostolica di S. Ippolito (III sec.), che ci consente di conoscere gli usi, le prescrizioni canoniche e la liturgia nei primi tempi della Chiesa; queste due opere sono veri capisaldi della tradizione ecclesiastica tanto occidentale quanto orientale.

[2] Dossologia = rendimento di gloria, discorso di gloria (doxa + logoV).

[3] Le “opere di Dio ad extra”, cioè l’agire di Dio fuori dal seno della SS. Trinità, consistono nella creazione e  nella redenzione/santificazione dell’uomo, contrapposte alle perfezioni proprie di Dio in Sé e alle relazioni delle tre Persone divine tra loro.

[4] Stimul. amor.

[5] Cornelius a Lapide.

[6] 1Cor 3,22.

[7] Ef 1,11-12.

[8] De perf. div.

[9] Dion Carth.

[10] Cfr. Gihr. Messopfer.