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Il Celebrante s’inchina umilmente e
invoca lo Spirito Santo

 

Guarda l’umiltà delle nostre anime e la contrizione dei nostri cuori; accoglici, o Signore, e fa’ che il nostro sacrificio sia oggi offerto dinanzi a Te in modo da esserti gradito, o Signore Dio.

 

Vieni, Santificatore, Dio onnipotente ed eterno e benedici questo sacrificio preparato a lode del tuo santo nome.

 

1. Il Sacerdote offre sé stesso e i fedeli a Dio: “Sanctifica… hujus oblationis hostiam, et per eam nosmetipsos tibi perfice munus æternum”[1] [«Santifica… l’ostia che noi ti offriamo e, per mezzo suo, rendici eterna tua oblazione»].

 

2. “In spiritu humilitatis… suscipiamur a te” [ «In spirito di umiltà… accoglici»]. La preghiera fu dei tre fanciulli[2] quando camminavano in mezzo al fuoco; ed è recitata anche dal Sacerdote in posizione di umiltà, cioè con inclinazione del corpo. Ma erettosi subito, il Sacerdote, elevate le mani e gli occhi al cielo, invoca lo Spirito Santo: Veni Sanctificator… et benedic etc.

 

3. È invocato perché benedica. “Benedire è dire il bene. Ma avviene di dire il bene in tre modi. In un modo con l’enunziare, pensa quando qualcuno loda il bene dell’altro. Nell’altro modo con l’imperare, e benedire così per autorità è proprio di Dio, al comando del Quale deriva il bene alle creature; è un ministero che appartiene ai Ministri di Dio, che invocano il nome del Signore sopra il popolo. Nel terzo modo, qualcuno benedice con l’augurare[3], e secondo questo, benedire è voler bene a qualcuno e quasi pregare per il bene di qualcuno”[4].

 

È dunque invocato lo Spirito Santo perché benedica nel secondo senso, cioè perché consacri il pane e il vino, o “perché discenda il fuoco del Santo Spirito[5], assuma il pane e il vino e li converta nel Corpo e Sangue di Cristo: ciò è da noi certamente dichiarato, allo stesso modo che il Corpo di Cristo per l’opera dello Spirito Santo fu formato nell’utero verginale della B. Maria, così, per lo stesso Spirito Santo, viene realizzato sull’Altare”[6].

 

4. Tale invocazione dello Spirito Santo per la Consacrazione, Epiclesis, è contenuto in tutte le Liturgie sia occidentali sia orientali perlopiù nelle cose anteriori alla Consacrazione[7]. L’invocazione allo Spirito Santo è posta prima della Consacrazione (e quindi dell’azione reale e infallibile dello Spirito Santo) perché la Chiesa chiede anche quelle cose che Dio infallibilmente sta per concedere. Infatti lo stesso Cristo, sebbene stesse con certezza per essere glorificato, pregò: “Padre, l’ora è venuta: glorifica il tuo Figlio, affinché il tuo Figlio glorifichi te”[8].

Più volte ancora nella Messa, tanto prima quanto dopo la Consacrazione, sono chieste quelle cose che Dio infallibilmente concede come nel caso del Supplces.


 

[1] Secreta  della festa della SS. Trinità.

[2] Dan 3,39-40.

[3] Ma  il verbo «optando» si può tradurre anche «con il desiderare» [il bene altrui].

[4] S. Tommaso Ep. ad Rom. c. 12.

[5] Cfr. Levit. 9,24 e 3Re 18,38.

[6] Benedetto XIV.

[7] È falsa e infondata l’asserzione di alcuni liturgisti moderni secondo i quali il Rito Romano tradizionale manca dell’Epiclesi (traendone motivo per ostentare dispregio verso il Canone Romano, ritenuto il “cugino povero” rispetto alle anafore orientali o alle “preghiere eucaristiche” di nuova stesura). L’Epiclesi c’è ma si trova posta dove dovrebbe stare e dove stà: nell’Offertorio (anche se alcuni direbbero che è anche al Supplices dopo la Consacrazione). Il Rito di Paolo VI invece la colloca poco prima della consacrazione. Ora, avendo Paolo VI eliminato il Veni, sanctificátor omnípotens, ætérne Deus et bénedic hoc sacrifícium tuo sancto nómini præparátum, Paolo VI trasferì il gesto del Sacerdote che pone le mani sulle offerte proprio per l’Epiclesi sul Quam oblationem tu, anche se questa preghiera non rappresenta di per se, una invocazione diretta dello Spirito Santo.

È importante dire che, se è pur vero che secondo gli Orientali l’Epiclesi è l’elemento fondamentale della Consacrazione, [al posto delle parole di Nostro Signore]; e altresì importatene dire che il Concilio di Firenze definì dogmaticamente che la Consacrazione [dove lo Spirito Santo scende è muta transustanzialmente gli accidenti del pane e del Vino, in Corpo e Sangue di Nostro Signore]  avviene soltanto e unicamente per le parole consacratorie «Hoc est enim Corpus meum etc.; Hic est enim Calix Sanguinis mei etc.» ed una volta recitate queste.

[8] Giov 17,1. Così, prima delle decisioni dogmatiche del Concilio ecumenico oppure del S. Pontefice che definisce ex cathedra o che canonizza, è invocato lo Spirito Santo.