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INCENSATIO

 

Per l’intercessione del beato Michele Arcangelo, che sta alla destra dell’altare dell’incenso, e per quella di tutti i suoi elet-ti, il Signore si degni di benedire questo incenso e accettarlo come soave profumo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

O Signore, questo incenso da Te benedetto salga fino a Te, e discenda su di noi la tua misericordia.

 

Signore, la mia preghiera salga come incenso al tuo cospetto; le mie mani alzate siano come l’offerta della sera. Custodisci, o Signore, la mia bocca e sorveglia le mie labbra: non permettere che il mio cuore trascenda a maliziose parole e a cercare scuse ai peccati.

 

Il Signore accenda in noi il fuoco del suo amore e la fiamma dell’eterna carità. Amen.

 

1. Circa l’incensazione all’Offertorio valgono quelle cose che si sono esposte sulla prima incensazione, precedente l’Introito. Ma in questo punto l’incensazione si fa in modo più solenne, aggiunte delle parole sacre e l’incensazione delle oblate, del Coro e del popolo.

 

2. L’incenso si benedice “per incercessionem B. Michaelis Archangeli etc.”, il quale è “princeps militiae Angelorum, praepositus paradisi, quem honorificant Angelorum cives”[1] [«principe delle milizie degli Angeli, preposito del Paradiso, onorato dai cittadini angelici»], custode della Chiesa Militante. “Michele è detto Arcangelo non perché sia dell’Ordine degli Arcangeli (il penultimo), ma perché è capo e condottiero di tutti gli Angeli”[2]. Più volte nei suoi Uffici ecclesiastici è ripetuto: “Stetit Angelus juxta aram templi habens thuribulum aureum in manu sua”[3]. Dunque il nome di Michele non è da mutare in Gabriele a causa di Luc. 1,3[4].

 

3. Per primo sono incensate le oblate a forma di Croce perché sono materia per il Sacrificio, che infatti è anche Sacrificio della Croce, con triplice dotto perché sono da offrire a Dio Trino; poi tre volte si conduce il turibolo in cerchio intorno alle oblate, perché per tutto l’orbe, “per la salvezza di tutto il mondo” si stanno offrendo.

 

4. Sono incensate poi, oltre l’Altare, anche le Reliquie dei Santi se vi sono[5], infine il Celebrante, il Clero, il popolo, perché la preghiera dei Santi salga congiunta insieme a quella del Celebrante e di tutti gli astanti “come incenso al suo cospetto” e discenda su tutti il buon odore della grazia. “Si fa l’incensazione per rappresentare il buon effetto della grazia, perché come Cristo fu pieno di buon odore, così da Cristo viene ai fedeli secondo 2Cor 2,14, manifesta in ogni luogo il profumo della sua conoscenza; e così, turificato ovunque l’Altare, le altre cose sono turificate per ordine”[6].

 

Le parole concomitanti Dirigatur etc. (dal Sal 140) si riferiscono al sacrificio dell’incenso che al mattino e al vespero era offerto nel tempio, e qui esprimono la disposizione e gli affetti (del cuore e della bocca, delle labbra) richiesti per il sacrificio.


 

[1] Ufficio dell’8 Maggio e del 29 Settembre [ Rispettivamente  sono le feste dell’Apparizione di S. Michele e della Dedicazione della basilica di S. Michele (quella sul Gargano); la prima è stata soppressa dal calendario di Giovanni XXIII].

[2] Molano.

[3] Cfr. Apoc. VIII.3.

[4] S.R.C. 25 Sett. 1706, Urbis et O. n. 3754.

[5] Ovviamente non quelle inserite dentro l’Altare nella Pietra Sacra, che devono esserci a prescindere, pena un gravissimo difetto nella Messa (infatti qualora non si celebrasse in una chiesa occorre l’Altare portatile, con la Pietra Sacra contenente queste Reliquie); sono piuttosto dei reliquiari, da uno a tre per lato, che si possono intramezzare ai candelabri nelle cerimonie solenni.

[6] S. Tommaso 3.q.83,a.5.