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In memoria della Sua Passione


 

Per tale motivo, in memoria, o Signore, della santa passione del Cristo tuo Figlio, nostro Signore, della sua resurrezione dal soggiorno dei morti e anche della sua ascensione nella gloria dei cieli, noi tuoi ministri, e con noi il tuo popolo santo, presentiamo alla tua gloriosa Maestà, scelta tra i beni che Tu stesso ci hai dato, la vittima pura, la vittima santa, la vittima senza macchia, il Pane santo della vita eterna e il Calice della salvezza perpetua.

  

1. La prima orazione dopo la Consacrazione contiene tre parti:

(a) Unde et memores;

(b) Supra quae;

(c)  Supplices.

 

“Fatta la reale e sostanziale oblazione della Vittima con la Consacrazione, [il Sacerdote] conferma e conduce a termine la stessa, ripetuta l’oblazione verbale cioè l’orazione, che inizia Unde et memores e con le altre cose susseguenti, aggiunti anche i sacri riti per lo stesso fine”[1], e cioè il segno di Croce, la frazione dell’Ostia.

 

2. Dalle ultime parole della Consacrazione o mandato del Signore: in mei memoriam facietis [ «lo farete in memoria di me»], obbedendo, la Chiesa (il Celebrante) prosegue: Undeet memores [ «“Per la qual cosa”, e ricordevoli»]. Con la Passione di Cristo è commemorata anche la sua Risurrezione e Ascensione[2]. “La Passione, la cui memoria infiamma la carità; la Risurrezione che conforta la fede; l’Ascensione che corrobora la nostra speranza”[3].

3. Il Sacerdote raccomanda la Vittima all’Eterno Padre, e per essa chiede i doni:

 

Commenda moltiplicando i segni di Croce, non certo per benedire la Vittima ma perché significhi che questa è la Vittima del Calvario, che veramente ha patito, immolata sulla Croce per l’uomo, perché si pensi nuovamente alle cinque Piaghe di Colui che pendeva in Croce. Anche, benedice in Cristo tutte le sue membra che in Lui sono un solo Corpo, e sono offerte in questo Sacrificio perché la grazia del Capo sia abbondantemente riversato su esse[4].

 

“Cristo è hostia pura [ «Ostia pura» ricordando che “ostia” = “vittima”] che purifica i suoi eletti; hostia sancta [ «Ostia santa»] che santifica i suoi diletti; hostia immaculata [ «Ostia senza macchia»] che purga le nostre macchie; pane di vita eterna che ristora gli Angeli e gli uomini; e inebria e riempie col calice del suo glorioso Sangue”[5].

 

“Come prima della Consacrazione si chiede che la materia sia benedetta, gradita e approvata, così consacrata l’Ostia, cioè Cristo è offerto come Hostia pura a differenza dei sacrifici delle genti che erano impuri e corrotti; sancta a differenza delle oblazioni dell’antica Legge che non erano sante sino al punto di santificare le anime, come questa nostra che toglie[6] i peccati del mondo; e dunque si aggiunge immaculata a causa di questo infatti, che Cristo fu Agnello innocente che non fece peccato, toglie i peccati del mondo la qual cosa è santificare gli uomini.

 

È dunque Vittima pura e purificatrice, santa e santificatrice, immacolata e che deterge le macchie. Ciò che poi si aggiunge: panem vitæ eternæ et calicem salutis perpetuæ [ «pane della vita eterna e calice della perpetua salvezza»] è una definizione e spiegazione della stessa Vittima, come infatti i sacerdoti della vecchia Legge mangiavano dei sacrifici, coi quali sostentavano la vita temporale[7], così i Cristiani si procurano dal sacrosanto Sacrificio cibo e bevanda spirituale, e dunque la salvezza eterna”[8].


 

[1] Quarti.

[2] Per la ragione di ciò, vedi al Suscipe Sancta Trinitas n. 142,2.

[3] Dion. Carth.

[4] Cfr. Bousset, Explication de q. diff. de la Messe.

[5] S. Bonaventura Exp. Miss. c. 4.

[6]  Occorre considerare la varietà di significati che ha il verbo «tollere»; purtroppo nel tradurlo è necessario fare una scelta limitativa. Dire solo che Cristo “toglie i peccati del mondo” è incompleto: Cristo sì li “toglie”, ma perché li “porta” Lui stesso. Come nel più importante rito giudaico, il sacrificio espiatorio nel giorno della purificazione, mediante l’imposizione delle mani del sommo sacerdote i peccati di tutto il popolo erano caricati sul capro (“capro espiatorio” da cui la celebre espressione), così Cristo, Dio-uomo, Si offre quale unica possibile Vittima che sia monda da ogni peccato, alla quale il Padre si degna d’imputare tutte le colpe dell’umanità (all’Hanc Igitur il Sacerdote stende le mani sulle oblate secondo il medesimo rito dell’antica legge, cfr. n. 146), perché sia offerta in Sacrificio. In quanto uomo, Cristo con la sua immolazione paga il tributo espiatorio che l’uomo doveva a Dio per il peccato, e ne cancella la condanna. In quanto Dio, fa sì che questo Sacrificio sia perfetto e di valore infinito, basti a soddisfare per tutto il genere umano (anche se all’atto pratico varrà solo per coloro che accettano di applicare a sé i frutti dell’effusione del Sangue di Nostro Signore tramite la frequenza ai Sacramenti e la vita cristiana, cioè non pro omnibus ma pro multis), e plachi la giusta ira del Padre che si era accesa contro l’umanità. Questo punto è il fulcro di tutta la Redenzione e l’architrave della Dottrina Cattolica, oggi di fatto (e deliberatamente) messo in ombra.

[7]  Secondo la legge del Vecchio Testamento i sacerdoti si nutrivano di parte del sacrificio (carne e vegetali), oltre a ricevere le decime dal popolo.

[8] Soto.