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Il Celebrante consuma il Sacrificio comunicandosi al Corpo e Sangue di Cristo

 

Prenderò il Pane del cielo e invocherò il nome del Signore.

 

Signore, non son degno che Tu entri sotto il mio tetto; ma di’ una sola parola e sarà guarita l’anima mia.

 

Il Corpo di nostro Signore Gesù Cristo custodisca la mia anima per la vita eterna. Amen.

 

Che cosa renderò al Signore per tutto ciò che mi ha dato? Prenderò il calice di salvezza e invocherò il nome del Signore. Loderò il Signore, lo invocherò e sarò liberato dai miei nemici.

 

Il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo custodisca la mia anima per la vita eterna. Amen.

 

1. Poi, alzandosi dice: Panem cœlestem accipiam etc. per esprimere la fame e il fervente desiderio di questo Pane Celeste, con ciò dispone meravigliosamente l’anima a ricevere da esso una perfetta nutrizione e abbondanza dello spirito… e non aspetta di proferire eretto quelle parole, ma le pronunzia mentre si alza perché esprima un desiderio più fervente”[1].

 

2. Allora il Sacerdote, tenendo la S. Ostia sulla patena, si prepara alla Comunione con le parole del Centurione lodate dallo stesso Cristo: Domine non sum dignus etc. piene di umiltà, riverenza, fede e fiducia, ripetute tre volte, nonché con azioni corporali di umiltà e compunzione, cioè con inclinazione di corpo e battendosi il petto. Le parole con le quali il Sacerdote prega solo per sé sono proferite in segreto, tranne le prime, che sono proferite a voce media per richiamare l’attenzione del popolo. (Prima e durante la distribuzione della Comunione si dice tutto ad alta voce).

 

3. Poi si segna con la S. Ostia, perché all’imminente Comunione, da questa benedizione dello stesso Signore consegua le grazie, chiedendo il magnifico frutto di questo Pane Celeste promesso da Cristo, la vita eterna[2], per la quale custodisca l’anima contro tutti i pericoli interni ed esterni.

 

4. “Poi il Sacerdote assume la Comunione, che deve ricevere con grande affetto e somma riverenza, senza aver fretta ma ripensando ardentissimamente ai benefici di Cristo, specialmente l’Incarnazione, Passione, il suo amore per noi, tanta degnazione e liberalità per la quale si è degnato essere con noi e di farsi manducare da noi”[3]. Per questo “resta un poco nella meditazione del Santissimo Sacramento”[4], nella considerazione del bene che ha ricevuto col Sacratissimo Corpo di Cristo.

 

5. E allora a ragione erompe con grande affetto in quelle parole del Salmista[5]: Qui retribuam Domino pro omnibus etc.; essendo tutte le cose contenute in questo Sacramento, poiché Esso è il sommo bene nel quale sono nascosti tutti i beni. E prendendo il Sacro Calice, quasi si risponde dopo essersi interrogato: dice Calicem salutaris accipiam etc., cioè il Calice della salvezza o di Cristo Salvatore. E poiché con questo Sangue ha ricevuto gli stessi beni, per entrambi dice nomen Domini invicabo. Laudans invocabo Dominum et ab inimicis meis salvus ero[6] [«invocherò il nome del Signore. Lo loderò, Lo invocherò e sarò salvo dai miei nemici»]. È infatti il singolare potere di questo Sangue, che fa fuggire lontano i demoni e gli altri nemici spirituali, perché la Redenzione è stata fatta “col Prezioso Sangue di Cristo, dell’Agnello immacolato e incontaminato”[7]; è il Sangue adombrato nel sangue dell’agnello pasquale, del quale unti gli stipiti, l’angelo sterminatore passava oltre.

 

Il Sangue di Cristo è assunto con un rito e una formula simile a quella del Corpo.


 

[1] Quarti.

[2] Giov 6,55.

[3] Dion. Carth.

[4] Rubrica del Messale.

[5] Sal 115.

[6] Sal 17,4.

[7] 1Pietr 1,19.