Liturgia delle Ore - Ufficio delle Letture |
XII
SETTIMANA DEL
TEMPO ORDINARIO
- VENERDÌ
UFFICIO
DELLE LETTURE
INVITATORIO
V. Signore, apri le mie labbra
R. e la mia bocca proclami la tua lode.
Antifona
Buono è il Signore con noi:
benedite il suo nome!
SALMO 94 Invito
a lodare Dio
(
Il Salmo 94 può essere sostituito dal salmo 99 o 66 o 23 )
Esortandovi a vicenda ogni giorno, finché dura
« quest'oggi »
(Eb 3,13).
Si enunzia e si ripete l'antifona.
Venite, applaudiamo al Signore, *
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, *
a lui acclamiamo con canti di gioia (Ant.).
Poiché grande Dio è il Signore, *
grande re sopra tutti gli dèi.
Nella sua mano sono gli abissi della terra, *
sono sue le vette dei monti.
Suo è il mare, egli l'ha fatto, *
le sue mani hanno plasmato la terra (Ant.).
Venite, prostràti adoriamo, *
in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, *
il gregge che egli conduce (Ant.).
Ascoltate oggi la sua voce: †
« Non indurite
il cuore, *
come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri: *
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere (Ant.).
Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione †
e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, *
non conoscono le mie vie;
perciò ho giurato nel mio sdegno: *
Non entreranno nel luogo del mio riposo » (Ant.).
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen (Ant.).
Inno
Creati per la gloria del tuo nome,
redenti dal tuo sangue sulla croce,
segnati dal sigillo del tuo Spirito,
noi t'invochiamo: salvaci, o Signore!
Tu spezza le catene della colpa,
proteggi i miti, libera gli oppressi
e conduci nel cielo ai quieti pascoli
il popolo che crede nel tuo amore.
Sia lode e onore a te, pastore buono,
luce radiosa dell'eterna luce,
che vivi con il Padre e il Santo Spirito
nei secoli dei secoli glorioso. Amen.
1^ Antifona
Non disprezzare la mia supplica, o Dio,
nel clamore degli empi.
SALMO 54, 2-9
(I) L'amico che tradisce
Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? (Lc 22, 48).
Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera, †
non respingere la mia supplica; *
dammi ascolto e rispondimi.
Mi agito nel mio lamento *
e sono sconvolto al grido del nemico,
al clamore dell'empio.
Contro di me riversano sventura, *
mi perseguitano con furore.
Dentro di me freme il mio cuore, *
piombano su di me terrori di morte.
Timore e spavento mi invadono *
e lo sgomento mi opprime.
Dico: «Chi mi darà ali come di colomba, *
per volare e trovare riposo?
Ecco, errando, fuggirei lontano, *
abiterei nel deserto.
Riposerei in un luogo di riparo *
dalla furia del vento e dell'uragano».
Gloria al Padre e al Figlio, *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.
1^ Antifona
Non disprezzare la mia supplica, o Dio,
nel clamore degli empi.
2^ Antifona
Dall'assalto del nemico
Dio ci ha liberato.
SALMO 54, 10-15
(II) L'amico che tradisce
Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? (Lc 22, 48).
Disperdili, Signore, †
confondi le loro lingue: *
ho visto nella città violenza e contese.
Giorno e notte si aggirano sulle sue mura; †
all'interno iniquità, travaglio e insidie *
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
Se mi avesse insultato un nemico, *
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario, *
da lui mi sarei nascosto.
Ma sei tu, mio compagno, *
mio amico e confidente;
ci legava una dolce amicizia, *
verso la casa di Dio camminavamo in festa.
Gloria al Padre e al Figlio, *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.
2^ Antifona
Dall'assalto del nemico
Dio ci ha liberato.
3^ Antifona
Getta nel Signore il tuo affanno:
egli ti salverà.
SALMO 54, 17-24
(III) L'amico che tradisce
Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? (Lc 22, 48).
Io invoco Dio e il Signore mi salva. †
Di sera, al mattino, a mezzogiorno
mi lamento e sospiro *
ed egli ascolta la mia voce;
mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono: *
sono tanti i miei avversari.
Dio mi ascolta e li umilia, *
egli che domina da sempre.
Per essi non c'è conversione *
e non temono Dio.
Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici, *
ha violato la sua alleanza.
Più untuosa del burro è la sua bocca, *
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole, *
ma sono spade sguainate.
Getta sul Signore il tuo affanno †
ed egli ti darà sostegno, *
mai permetterà che il giusto vacilli.
Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba *
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni. *
Ma io, Signore, in te confido.
Gloria al Padre e al Figlio, *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.
3^ Antifona
Getta nel Signore il tuo affanno:
egli ti salverà.
Versetto
V. Ascolta, figlio, la voce della sapienza:
R. porgi l'orecchio ai miei insegnamenti.
Prima Lettura
Dal primo libro di Samuele 25, 14-24 a. 28-29
Davide e Abigail
In quei giorni Abigail, la moglie di
Nabal, fu avvertita da uno dei servi, che le disse: «Ecco Davide ha
inviato messaggeri dal deserto per salutare il nostro padrone, ma egli ha
inveito contro di essi. Veramente questi uomini sono stati molto buoni con
noi; non ci hanno molestati e non ci è venuto a mancare niente finché
siamo stati con loro quando eravamo in campagna. Sono stati per noi come
un muro di difesa di notte e di giorno, finché siamo stati con loro a
pascolare il gregge. Sappilo dunque e vedi ciò che devi fare, perché
pende qualche guaio sul nostro padrone e su tutta la sua casa. Egli è
troppo cattivo e non gli si può dire una parola». Abigail allora prese
in fretta duecento pani, due otri di vino, cinque arieti preparati, cinque
misure di grano tostato, cento grappoli di uva passa e duecento
schiacciate di fichi secchi e li caricò sugli asini. Poi disse ai servi:
«Precedetemi, io vi seguirò». Ma non disse nulla al marito Nabal.
Ora, mentre essa sul dorso di un asino scendeva lungo un sentiero nascosto
della montagna, Davide e i suoi uomini scendevano di fronte a lei ed essa
s'incontrò con loro.
Davide andava dicendo: «Ho dunque custodito invano tutto ciò che
appartiene a costui nel deserto; niente fu danneggiato di ciò che gli
appartiene ed egli mi rende male per bene. Tanto faccia Dio ai nemici di
Davide e ancora peggio, se di tutti i suoi io lascerò sopravvivere fino
al mattino un solo maschio!». Appena Abigail vide Davide, smontò in
fretta dall'asino, cadde con la faccia davanti a Davide e si prostrò a
terra. Cadde ai suoi piedi e disse: «Perdona la colpa della tua schiava.
Certo Dio concederà a te, mio signore, una casa duratura, perché il mio
signore combatte le battaglie di Dio, né si troverà alcun male in te per
tutti i giorni della tua vita. Se qualcuno insorgerà a perseguitarti e a
cercare la tua vita, la tua anima, o mio signore, sarà conservata nello
scrigno della vita presso il Signore tuo Dio, mentre l'anima dei tuoi
nemici egli la scaglierà come dal cavo della fionda. Certo, quando Dio ti
avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà
costituito capo d'Israele, non sia di angoscia o di rimorso al tuo cuore
questa cosa: l'aver versato invano il sangue e l'aver fatto giustizia con
la tua mano, mio signore. Dio ti farà prosperare, mio signore, ma tu
vorrai ricordarti della tua schiava». Davide esclamò rivolto ad Abigail:
«Benedetto il Signore, Dio di Israele, che ti ha mandato oggi incontro a
me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che mi hai impedito oggi di
venire al sangue e di fare giustizia da me. Viva sempre il Signore, Dio
d'Israele, che mi ha impedito di farti il male; perché se non fossi
venuta in fretta incontro a me, non sarebbe rimasto a Nabal allo spuntar
del giorno un solo maschio». Davide prese poi dalle mani di lei quanto
gli aveva portato e le disse: «Torna a casa in pace. Vedi: ho ascoltato
la tua voce e ho rasserenato il tuo volto».
Abigail tornò da Nabal: questi teneva in casa un banchetto come un
banchetto da re. Il suo cuore era allegro ed egli era ubriaco fradicio.
Essa non gli disse né tanto né poco fino allo spuntar del giorno. Il
mattino dopo, quando Nabal ebbe smaltito il vino, la moglie gli narrò la
faccenda; il cuore gli si tramortì nel petto ed egli rimase come una
pietra. Dieci giorni dopo il Signore colpì Nabal ed egli morì. Quando
Davide sentì che Nabal era morto, esclamò: «Benedetto il Signore che ha
fatto giustizia dell'ingiuria che ho ricevuto da Nabal; ha trattenuto il
suo servo dal male e ha rivolto sul capo di Nabal la sua iniquità».
Responsorio 1 Sam 25, 33. 32, Mt 5, 7
R. Tu mi hai impedito oggi di venire al sangue e di farmi giustizia da solo: * benedetto il Signore, Dio d'Israele, che ti ha mandato incontro a me.
V. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
R. Benedetto il Signore Dio d'Israele, che ti ha mandato incontro a me.
Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Gregorio di Nissa, vescovo
(Om. 6, sulle beatitudini; PG 44, 1266-1267)
La speranza di vedere Dio
La promessa di Dio è certamente tanto grande da superare l'estremo limite
della felicità. Quale altro bene infatti si può desiderare, quando tutto
si ha in colui che si vede? Infatti vedere, nell'uso della Scrittura, ha
lo stesso significato che possedere, come quel detto: «Possa tu vedere la
prosperità di Gerusalemme» (Sal 127,5), dove il verbo significa la
stessa cosa, che «possa tu avere». E così pure: Sia tolto di mezzo
l'empio perché non vedrà la gloria del Signore (cfr. Is 26,10), dove il
Profeta per «non vedere» intende «non essere partecipe».
Quindi colui che vede Dio, per il fatto stesso che lo vede, ha ottenuto
tutti i beni, una vita senza fine, l'incorruttibilità eterna, la
beatitudine immortale, un regno senza fine, una gioia perenne, la vera
luce, una voce spirituale e dolce, una gloria inaccessibile, una perpetua
esultanza, insomma ogni bene.
In verità quello che vien proposto alla speranza nella promessa della
felicità, ha queste immense proporzioni. Ma siccome è già stato prima
dimostrato che il modo di vedere Dio si attua alla condizione di avere il
cuore puro, in questo nuovamente la mia intelligenza è preda delle
vertigini. La purità del cuore infatti non è forse fra quelle virtù che
non si possono conseguire, perché superano e oltrepassano la nostra
natura? Se Dio si può vedere solo attraverso questa lente di purità e se
d'altro canto Mosè e Paolo non lo hanno veduto perché affermano che Dio
non può essere visto né da loro né da alcun altro, ciò che il Verbo
propone alla beatitudine sembra cosa né mai effettuata né effettuabile.
E quale vantaggio possiamo avere noi dal fatto di conoscere a quale
condizione si possa vedere Dio, se poi mancano le forze per raggiungere
quanto si è scoperto? Sarebbe infatti come se si dicesse che è cosa
meravigliosa soggiornare in cielo perché là si vedono cose che qui sulla
terra non si possono vedere. Se con le parole si potesse dimostrare un
qualche modo di attuare un viaggio in cielo, allora sarebbe utile agli
ascoltatori apprendere che è felicità grande abitare in cielo. Ma sino a
quando non potrà essere attuata questa ascesa al cielo, quale vantaggio
può dare la conoscenza della felicità celeste? Non costituisce piuttosto
un tormento e una delusione, perché ci rende consapevoli di quali beni
siamo stati privati, per il fatto che ci è impedito di salire al cielo? E
perché allora il Signore ci esorta ad una cosa che supera la nostra
natura e ci dà un precetto che va oltre le forze umane?
Ma le cose non stanno così, perché egli non comanda di diventare uccelli
a coloro ai quali non ha fornito le ali, né di vivere sott'acqua a coloro
per i quali ha stabilito una vita terrestre. Se dunque la legge in tutti
gli altri esseri è adatta alle forze di coloro che la ricevono e non
costringe a nessuna impresa che superi la natura, comprenderemo senz'altro
anche questo dal fatto che è compatibile con le nostre risorse e che non
si deve disperare di raggiungere la felicità promessa. Capiremo ancora
che né Giovanni, né Paolo, né Mosè, né altri sono stati privati di
questa sublime felicità, che proviene dalla visione di Dio. Non colui che
disse: «Mi resta solo la corona di giustizia, che il Signore, giusto
giudice, mi consegnerà» (2 Tm 4, 8). Neppure colui che posò il capo sul
cuore di Gesù, o colui che udì dalla voce divina: «Ti ho conosciuto per
nome» (Es 33, 17).
Se perciò coloro che hanno affermato che la visione di Dio è sopra le
nostre forze, sono anch'essi beati, e se la beatitudine viene dalla
visione di Dio, e se chi ha il cuore puro può vedere Dio, certo la
purezza, per mezzo della quale si può raggiungere la beatitudine, non è
una virtù impossibile.
Responsorio Cfr. Sal 62, 2; 16, 15
R. O Dio, ha sete di te l'anima mia, * a te anela la mia carne.
V. Nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua presenza:
R. a te anela la mia carne.
Orazione
Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell'amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla salda roccia del tuo amore. Per il nostro Signore.
R.
Amen.
Benediciamo
il Signore.
R.
Rendiamo grazie a Dio.
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