COSTITUZIONE
APOSTOLICA
CON
LA QUALE SI PROMULGA L'UFFICIO DIVINO RINNOVATO
A
NORMA
DEL
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
PAOLO
VESCOVO
servo
dei servi di dio - a perpetua memoria
II. Le antifone e gli altri elementi che aiutano a pregare con i
salmi
110. Tre elementi nella tradizione latina hanno contribuito molto a far
comprendere i salmi e a trasformarli in preghiera cristiana: i titoli,
le orazioni dopo i salmi e soprattutto le antifone.
111. Nel salterio della Liturgia delle Ore, ad ogni salmo è premesso un
titolo sul suo significato e la sua importanza per la vita umana del
credente. Questi titoli, nel libro della Liturgia delle Ore, sono
proposti unicamente a utilità di coloro che recitano i salmi. Per
alimentare la preghiera alla luce della rivelazione nuova, si aggiunge
una sentenza del Nuovo Testamento o dei Padri che invita a pregare in
senso cristologico.
112. Le orazioni sui salmi hanno il fine di aiutare coloro che li
recitano a interpretarli in senso soprattutto cristiano. Sono proposte
per i singoli salmi nel Supplemento al libro della Liturgia delle Ore e
si possono liberamente usare, secondo una antica tradizione. Così
terminato il salmo e fatta una pausa di silenzio, l'orazione raccoglie e
conclude i sentimenti di coloro che hanno recitato il salmo.
113. Anche quando la Liturgia
delle Ore è eseguita senza canto, ogni salmo ha la propria antifona,
che si dice ugualmente nella recita individuale. Le antifone, infatti,
aiutano a illustrare il genere letterario del salmo; trasformano il
salmo in preghiera personale: mettono meglio in luce una frase degna di
attenzione, che altrimenti potrebbe sfuggire; danno un certo tono
particolare a qualche salmo a seconda delle circostanze; anzi, purché
si escludano adattamenti stravaganti, giovano molto all'interpretazione
tipologica o festiva; possono rendere piacevole e varia la recita dei
salmi.
114. Le antifone nel salterio sono composte in modo da poter essere
tradotte nelle lingue moderne anzi da poter essere ripetute dopo
ciascuna strofa, secondo quanto è detto al n. 125. Nell'Ufficio del
Tempo ordinario celebrato senza canto, al posto di queste antifone si
possono usare, se si ritiene opportuno, le sentenze preposte ai salmi
(cf n. 111).
115. Quando il salmo, per la
sua lunghezza, si può dividere in più parti entro una sola e medesima
Ora, alle singole parti viene assegnata un'antifona propria, sia per
rendere più varia la recita dei salmi, specialmente nella celebrazione
con il canto sia per comprendere meglio la ricchezza del salmo; tuttavia
è consentito recitare il salmo intero senza interruzione, usando solo
la prima antifona.
116. Vi sono antifone proprie
per i singoli salmi alle Lodi e ai Vespri nel Triduo pasquale, nei
giorni fra le ottave di Pasqua e di Natale, nelle domeniche del Tempo di
Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure nelle ferie della
Settimana santa, del Tempo pasquale e nei giorni dal 17 al 24 dicembre.
117. Nelle solennità,
l'Ufficio delle letture, le Lodi mattutine, Terza,
Sesta, Nona e i Vespri hanno antifone proprie; altrimenti si
prendono dal Comune. Nelle feste si osserva la stessa norma dell'Ufficio
delle letture, alle Lodi mattutine e ai Vespri.
118. Quelle memorie di santi
che le avessero, si celebrano con antifone proprie (cf n. 235).
119. Le antifone al Benedictus
e al Magnificat nell'Ufficio del Tempo si prendono dal Proprio del Tempo,
se vi sono, altrimenti dal salterio corrente; nelle solennità e nelle
feste si prendono dal Proprio, se vi sono, altrimenti dal Comune; nelle
memorie, che non hanno antifona propria, si può dire o l'antifona del
Comune o quella della feria corrente.
120. Nel Tempo pasquale, a
tutte le antifone si aggiunge l'«Alleluia», tranne i casi in cui non
si accorda con il senso dell'antifona.
III. Il modo di salmodiare
121. Sono possibili svariati
modi di eseguire i salmi secondo che lo richiedono il genere letterario,
la lunghezza, la lingua, l'esecuzione individuale o collettiva, la
partecipazione del popolo.
La facoltà di scegliere fra
molte soluzioni possibili quella più confacente, giova non poco a far
meglio percepire la fragranza spirituale e artistica dei salmi. Questi,
infatti, non sono stati ordinati quasi fossero delle semplici quantità
di preghiera da far seguire le une alle altre, ma secondo il criterio
del contenuto e del carattere specifico di ciascuno di essi.
122. I salmi si cantano o si
recitano in modo continuato (cioè in
directum), oppure a versetti o strofe in alternanza tra due cori o
parti dell'assemblea, o in modo responsoriale. Tutto ciò secondo le
diverse usanze confermate dalla tradizione e dall'esperienza.
123. All'inizio di ogni salmo
si premetta sempre l'antifona corrispondente, come viene indicato sopra
ai nn. 113-120. Si mantenga poi l'uso di concluderlo con il «Gloria al
Padre» e il «Come era». Il «Gloria» è infatti una conclusione
adatta, convalidata dalla tradizione e tale da conferire alla preghiera
dell'Antico Testamento un senso laudativo di carattere cristologico e
trinitario. Dopo il salmo, secondo l'opportunità, si ripete l'antifona.
124. Quando si recitano salmi
più lunghi, questi nel salterio sono suddivisi in modo da esprimere la
struttura ternaria dell'Ora, sempre però nel pieno rispetto della loro
reale linea di pensiero.
È bene attenersi a questa
divisione, specialmente nella celebrazione corale in lingua latina,
aggiungendo il «Gloria al Padre» alla fine di ogni sezione.
Tuttavia è consentito o
mantenere questo modo tradizionale, o interporre una pausa fra le
diverse parti del medesimo salmo, o recitare il salmo intero tutto di
seguito con la propria antifona.
125. Quando, inoltre, il
genere letterario del salmo lo consente, vengono indicate delle
divisioni in strofe, in modo che, specialmente se i salmi vengono
cantati in una lingua moderna, si possano eseguire intercalando
l'antifona dopo ogni strofa; in tal caso è sufficiente aggiungere il «Gloria
al Padre» alla fine di tutto il salmo.
IV. Criteri di distribuzione dei salmi nell'Ufficio
126. I salmi sono distribuiti
in un ciclo di quattro settimane. Pochissimi sono quelli esclusi. Altri,
poi, considerati come tradizionalmente più importanti, sono ripetuti
con maggiore frequenza. Alle Lodi mattutine, ai Vespri e a Compieta sono
assegnati salmi adatti alla rispettiva Ora5.
127. Per le Lodi mattutine e
per i Vespri, Ore particolarmente destinate alla celebrazione con il
popolo, sono stati scelti salmi più adatti a questo scopo.
128. Per la Compieta si è
tenuto presente la norma data al n.88.
129. Per la domenica, inclusi
l'Ufficio delle letture e l'Ora media, sono stati scelti quei salmi che,
secondo la tradizione, sono più indicati per esprimere il mistero
pasquale. Al venerdì sono stati assegnati alcuni salmi penitenziali o
della Passione.
130. Sono riservati ai Tempi
di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua tre salmi, cioè il 77, il 104 e
il 105, che più chiaramente mettono in luce la storia della salvezza
nell'Antico Testamento come preannuncio di quella che è portata a
compimento nel Nuovo.
131. I tre salmi 57, 82 e
108, nei quali prevale il carattere imprecatorio, vengono esclusi dal
salterio corrente. Così pure alcuni versetti di qualche salmo sono
stati omessi come viene indicato all'inizio del salmo. L'omissione di
questi testi è dovuta unicamente a una certa qual difficoltà
psicologica. Infatti questi stessi salmi imprecatori si trovano nella
pietà del Nuovo Testamento, per esempio nell'Apocalisse al cap. 6, 10,
e in nessun modo intendono indurre a maledire.
132. I salmi che sono troppo
lunghi per essere contenuti in una sola Ora dell'Ufficio, sono
distribuiti in diversi giorni, nella stessa Ora, in modo che possano
essere recitati integralmente da coloro che non sono soliti dire le
altre Ore. Così il salmo 118, secondo una sua propria divisione, è
distribuito in ventidue giorni all'Ora media, perché per tradizione era
assegnato alle ore diurne.
______________
5) Cf SC 91.
133. Il ciclo di quattro settimane del salterio è connesso con l'anno
liturgico in modo tale che dalla prima settimana, tralasciando
eventualmente le altre, venga ripreso alla prima domenica di Avvento,
alla prima settimana del Tempo ordinario, alla prima domenica di
Quaresima e alla prima domenica di Pasqua.
Dopo Pentecoste, poiché nel
Tempo ordinario il ciclo del salterio segue la serie delle settimane, si
riprende da quella settimana del salterio che nel Proprio del Tempo è
indicata all'inizio della rispettiva settimana del Tempo ordinario.
134. Nelle solennità e nelle feste, nel Triduo pasquale, nei giorni tra
le ottave di Pasqua e di Natale, all'Ufficio delle letture sono
assegnati salmi propri, tra quelli confermati dalla tradizione. La loro
idoneità per lo più è illustrata dall'antifona. Lo stesso avviene
anche per l'Ora media in alcune solennità del Signore e nell'ottava di
Pasqua. Alle Lodi mattutine si prendono i salmi e il cantico della prima
domenica del salterio. Ai primi Vespri delle solennità, i salmi sono
della serie «Laudate» secondo l'uso antico. Ai secondi Vespri delle
solennità e ai Vespri delle feste, i salmi e il cantico sono propri.
All'Ora media delle solennità, eccettuate quelle di cui si è detto
sopra, purché non ricorrano in giorno di domenica, i salmi si prendono
fra quelli detti graduali; all'Ora media delle feste si dicono i salmi
del giorno corrente dei salterio.
135. In tutti gli altri casi
i salmi si prendono dal salterio corrente, a meno che non vi siano
antifone proprie o salmi propri.
V. I cantici dell'Antico e del Nuovo Testamento
136. Alle Lodi tra il primo e il secondo salmo, si inserisce, come
consuetudine, un cantico dell'Antico Testamento. Oltre la serie già
adottata dall'antica tradizione romana e l'altra introdotta nel
Breviario da san Pio X, nel salterio sono stati ammessi parecchi altri
cantici tratti dai diversi libri dell'Antico Testamento, in modo che
ciascun giorno feriale delle quattro settimane abbia il suo proprio
cantico; nelle domeniche si alternano le due parti del cantico dei «Tre
fanciulli».
137. Ai Vespri, dopo i due salmi, si inserisce un cantico del Nuovo
Testamento, tratto dalle Lettere o dall'Apocalisse. Sono indicati sette
cantici, per i singoli giorni di ciascuna settimana. Nelle domeniche di
Quaresima, in luogo del cantico alleluiatico dell'Apocalisse, si dice il
cantico dalla prima Lettera di Pietro. Inoltre nella solennità
dell'Epifania e nella festa della Trasfigurazione del Signore, si dice
il cantico indicato a suo luogo, tratto dalla prima lettera a Timoteo.
138. I cantici evangelici Benedictus,
Magnifcat, Nunc dimittis abbiano il medesimo onore, la medesima
solennità e dignità di cui si è soliti circondare il Vangelo, quando
si ascolta.
139. Sia la salmodia che le letture sono disposte secondo la norma
costante della tradizione, in modo che prima si legga l'Antico
Testamento, poi l'Apostolo e per ultimo il Vangelo.
VI. La lettura della Sacra Scrittura
a) Lettura della Sacra Scrittura in genere
140. La lettura della Sacra Scrittura, che per antica tradizione si fa
pubblicamente nella liturgia, non soltanto nella celebrazione
eucaristica, ma anche nell'Ufficio divino, dev'essere tenuta nella
massima considerazione da tutti i cristiani, perché viene proposta
dalla Chiesa stessa, non a scelta dei singoli o secondo la disposizione
più favorevole del loro animo, ma in ordine al mistero che la Sposa di
Cristo «svolge attraverso il ciclo annuale dall'Incarnazione e dalla
Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e all'attesa
della beata speranza e del ritorno del Signore»6.
Inoltre nella celebrazione
liturgica la lettura della Sacra Scrittura è sempre accompagnata dalla
preghiera, in modo che la lettura porti maggior frutto e a sua volta la
preghiera, specialmente dei salmi, venga compresa più pienamente e
fatta con più intensa pietà in forza della lettura.
141. Nella Liturgia delle Ore, viene proposta sia una forma più lunga
di lettura della Sacra Scrittura sia una forma più breve.
______________
6) SC 102.
142. La lettura più lunga, che si può fare facoltativamente alle Lodi
mattutine e ai Vespri, è descritta sopra al n. 46.
b) Ciclo di letture bibliche nell'Ufficio delle letture
143. Nel ciclo lezionale biblico dell'Ufficio delle letture si tiene
conto sia di quei tempi sacri nei quali, per venerabile tradizione, si
devono leggere determinati libri, sia del ciclo lezionale della Messa.
La Liturgia delle Ore è coordinata con quella della Messa, in modo tale
che la lettura della Scrittura nell'Ufficio completi quella della Messa,
e si abbia così un compendio di tutta la storia della salvezza.
144. Ferma restando
l'eccezione di cui al n. 73, il Vangelo nella Liturgia delle Ore non si
legge, perché lo si legge integralmente ogni anno nella Messa.
145. Si ha un duplice ciclo di lettura biblica: uno è inserito nel
libro della Liturgia delle Ore e comprende un solo anno; l'altro,
facoltativo, è contenuto nel Supplemento ed è biennale, come quello
delle letture assegnate al Tempo ordinario nella Messa feriale.
146. Il ciclo biennale delle letture è disposto in modo che ogni anno
vengano assegnati alla Liturgia delle Ore quasi tutti i libri della
Sacra Scrittura, come pure i testi più lunghi e più difficili, meno
idonei ad esser letti nella Messa. Mentre però il Nuovo Testamento si
legge integralmente ogni anno, parte nella Messa, parte nella Liturgia
delle Ore, dai libri dell'Antico Testamento sono state scelte solo
quelle parti che hanno maggiore importanza per la comprensione della
storia della salvezza e per il nutrimento della pietà.
La complementarità fra le
letture assegnate alla Liturgia delle Ore e quelle della Messa esige
necessariamente che lo stesso libro ricorra ad anni alterni nella Messa
e nella Liturgia delle Ore o almeno, se si legge nello stesso anno, che
intercorra un certo spazio di tempo. Ciò perché non vengano assegnati
gli stessi testi agli stessi giorni, né vengano distribuiti gli stessi
libri qua e là negli stessi tempi, cosa che lascerebbe alla Liturgia
delle Ore i brani di minore importanza e turberebbe l'ordine dei testi.
147. Nel Tempo di Avvento,
secondo un'antica tradizione, si leggono brani tratti dal libro di
Isaia, in lettura semicontinua, e ad anni alternati. Vi si aggiungono il
libro di Ruth e alcune profezie del libro di Michea.
Poiché dal 17 al 24 dicembre
si leggono pagine assegnate in modo speciale a quei giorni, si omettono
quelle letture della terza settimana di Avvento eventualmente eccedenti.
148. Dal 29 dicembre al 5
gennaio si legge, nel primo anno, la lettera ai Colossesi, nella quale
l'incarnazione del Signore è presentata nell'ambito di tutta la storia
della salvezza; nel secondo anno si legge il Cantico dei Cantici, nel
quale è simboleggiata l'unione di Dio e dell'uomo in Cristo: «allora,
infatti, Dio Padre celebrò le nozze di Dio suo Figlio, quando nel
grembo della Vergine lo congiunse alla natura umana, allorché volle che
lui che era Dio prima dei secoli, diventasse uomo alla fine dei secoli»7.
149. Dal 7 gennaio al sabato
dopo l'Epifania, si leggono i testi escatologici tratti da Isaia 60-66 e
da Baruch; le letture, eventualmente eccedenti, in quell'anno si
omettono.
150. In Quaresima, nel primo
anno si leggono brani dal libro del Deuteronomio e dalla Lettera agli
Ebrei. Nel secondo anno viene offerto un compendio della storia della
salvezza dai libri dell'Esodo, del Levitico e dei Numeri. La Lettera
agli Ebrei interpreta l'antica alleanza alla luce del mistero pasquale
di Cristo.
Dalla medesima Lettera il
Venerdì santo «in Passione Domini» si legge il brano sul sacrificio
di Cristo (9, 11-28) e il Sabato santo quello sul riposo del Signore (4,
1-16). Negli altri giorni della Settimana santa, nel primo anno si
leggono il terzo e il quarto carme del Servo del Signore dal libro di
Isaia, e brani tratti dal libro delle Lamentazioni; nel secondo anno si
legge il profeta Geremia, come tipo del Cristo sofferente.
151. Nel Tempo pasquale,
eccettuate le domeniche prima e seconda di Pasqua e le solennità
dell'Ascensione e della Pentecoste, si leggono, secondo la tradizione,
nel primo anno la
______________
7) S. Gregorio
M., Homilia 34 in
Evangelia: PL 76, 1282.
prima Lettera di Pietro, il
libro dell'Apocalisse, e le Lettere di Giovanni; nel secondo anno gli
Atti degli Apostoli.
152. Dal lunedì dopo la
domenica del Battesimo del Signore fino alla Quaresima e dal lunedì
dopo Pentecoste fino all'Avvento, decorre la serie continua delle
trentaquattro settimane del Tempo ordinario.
Questa serie viene interrotta
dal Mercoledì delle Ceneri fino al giorno di Pentecoste. Il lunedì
dopo la domenica di Pentecoste si riprende la lettura del Tempo
ordinario da quella settimana che segue la settimana interrotta per il
sopravvenire della Quaresima, omessa la lettura assegnata alla domenica.
Negli anni in cui si hanno solo trentatré settimane del Tempo
ordinario, si omette la settimana che cade immediatamente dopo la
Pentecoste, in modo da leggere sempre le letture delle ultime settimane,
che sono di indole escatologica. I libri dell'Antico Testamento sono
distribuiti secondo la storia della salvezza: Dio rivela se stesso lungo
il corso della vita di quel popolo, che per successive tappe viene
condotto e illuminato. Pertanto i profeti si leggono intercalati ai
libri storici, tenuto conto del tempo nel quale vissero e insegnarono.
Per questo, nel primo anno la serie delle letture dell'Antico Testamento
propone contemporaneamente libri storici e oracoli dei profeti dal libro
di Giosuè fino ai testi connessi con il tempo dell'esilio incluso.
Nel secondo anno, dopo la
lettura della Genesi, da farsi prima della Quaresima, si riprende la
storia della salvezza da dopo l'esilio fino al tempo dei Maccabei.
S'inseriscono nello stesso anno i profeti più recenti, i libri
sapienziali e le narrazioni dei libri di Ester, Tobia e Giuditta. Le
Lettere degli apostoli, che non si leggono nei tempi speciali, vengono
distribuite tenendo conto sia delle letture della Messa, sia dell'ordine
cronologico in cui sono state scritte.
153. Il ciclo di un solo anno
è stato abbreviato in modo che ogni anno si leggano brani scelti della
Sacra Scrittura, tenuti presenti ambedue i cicli di letture della Messa,
ai quali sono di complemento.
154. Alle solennità e alle
feste è assegnata una lettura propria, mancando la quale si ricorre al
Comune dei santi.
155. Le singole pericopi, per quanto è possibile, conservano una certa
unità; pertanto per non superare una giusta lunghezza, del resto
diversa secondo i vari generi letterari dei libri, talvolta sono omessi
alcuni versetti: cosa che è sempre indicata a suo luogo. Però si può
- ed è cosa lodevole - leggere integralmente il brano su di un testo
approvato.
c) Letture brevi
156. Le letture brevi, o «capitoli»,
di cui l'importanza nella Liturgia delle Ore è stata descritta al n.
45, sono state scelte in modo da esprimere brevemente ma chiaramente una
sentenza o una esortazione. Ne è stata curata anche la varietà.
157. Sono state perciò fissate quattro serie settimanali di letture
brevi per il Tempo ordinario. Sono inserite nel salterio, in modo che la
lettura cambi ogni giorno per quattro settimane. Si hanno inoltre delle
serie settimanali per i tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua.
Hanno letture brevi proprie
le solennità, le feste e alcune memorie. C'è pure una serie di una
settimana per la Compieta.
158. Nella scelta delle letture brevi si sono osservati i seguenti
criteri:
a) secondo la tradizione,
sono stati esclusi i Vangeli;
b) per quanto possibile, fu
tenuto presente il carattere particolare della domenica, del venerdì e
anche delle singole Ore;
c) le letture dei Vespri sono
state scelte solo dal Nuovo Testamento, perché seguono il cantico, che
è della stessa origine.
VII. La lettura dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici
159. Secondo la tradizione della Chiesa Romana, nell'Ufficio delle
letture, dopo la lettura biblica, si ha quella dei Padri o degli
Scrittori ecclesiastici con il suo responsorio, a meno che non si debba
leggere quella agiografica (cf nn. 228-239).
160. In questa lettura
vengono proposti testi tratti dagli scritti dei santi Padri, dei Dottori
e di altri Scrittori ecclesiastici appartenenti sia alla Chiesa
Orientale che Occidentale, in modo però da dare la preferenza ai santi
Padri che godono di una particolare autorità nella Chiesa.
161. Oltre alle letture assegnate al libro della Liturgia delle Ore per
i singoli giorni, si ha pure un Lezionario facoltativo, nel quale è
presentata una maggiore abbondanza di letture, in modo da aprire più
largamente il tesoro della tradizione della Chiesa a coloro che
celebrano l'Ufficio divino. È data facoltà a ognuno di prendere la
seconda lettura o dal libro della Liturgia delle Ore, o dal Lezionario
facoltativo.
162. Le Conferenze Episcopali
possono inoltre preparare anche altri testi rispondenti alle tradizioni
e alla mentalità della propria regione8 da inserire nel
Lezionario facoltativo come supplemento.
Questi testi vanno ricavati
dalle opere di Scrittori cattolici distinti per dottrina e santità di
vita.
163. Lo scopo di tale lettura è principalmente la meditazione della
parola di Dio, così come è accolta dalla Chiesa nella sua tradizione.
La Chiesa, infatti, ha sempre ritenuto necessario spiegare ai fedeli in
maniera autentica la parola di Dio, perché «la linea della
interpretazione profetica e apostolica si svolgesse secondo la norma del
senso ecclesiastico e cattolico»9.
164. Dal contatto assiduo con
i documenti presentati dalla tradizione universale della Chiesa, i
lettori sono condotti a una più profonda meditazione della Sacra
Scrittura e a un soave e vivo amore per essa. Gli scritti dei santi
Padri, infatti, sono splendide testimonianze di quella meditazione della
parola di Dio, prolungatasi per secoli, con la quale la Sposa del Verbo
incarnato, cioè la Chiesa «che ha con sé il consiglio e lo spirito
del suo Sposo e Dio»10 si sforza di giungere giorno per
giorno a una più profonda intelligenza delle Sacre Scritture.
165. La lettura dei Padri inoltre aiuta i cristiani a comprendere meglio
il significato dei tempi e delle celebrazioni liturgiche. Apre loro
l'accesso alle inestimabili ricchezze spirituali che formano il prezioso
patrimonio della Chiesa, e insieme presentano il fondamento della vita
spirituale ed un ricchissimo
______________
8) Cf SC 38.
9) S. vincenzo
lirinense, Commonitorium,
2: PL 50,640.
10) S. bernardo,
Sermo 3 in vigilia
Nativitatis, 1: PL 183 (ed. 1879), 94.
nutrimento della pietà. I
predicatori poi della parola di Dio hanno così tra mano, ogni giorno,
eccellenti esempi di sacra predicazione.
VIII. La lettura agiografica
166. Col nome di lettura
agiografica si intende sia il testo di qualche Padre o Scrittore
ecclesiastico che tratta espressamente del santo celebrato o che a esso
si può ragionevolmente applicare, sia un brano degli scritti dello
stesso santo, o il racconto della sua vita.
167. Nel comporre i Propri
particolari dei santi, ci si deve attenere sempre alla verità storica11
ed avere di mira il vero profitto spirituale di coloro che leggeranno o
ascolteranno la lettura agiografica. Si deve diligentemente evitare ciò
che desta soltanto ammirazione; si ponga invece in luce la spiritualità
specifica dei santi, in una forma accettabile ai nostri tempi, come pure
la loro importanza per la vita e la pietà della Chiesa.
168. Una breve notizia
biografica, che presenta dati puramente storici e descrive brevemente la
vita, è posta prima della lettura stessa, unicamente per informazione,
e quindi non si deve leggere nella celebrazione.
IX. I responsori
169. Nell'Ufficio delle
letture, alla lettura biblica segue il suo responsorio proprio, il cui
testo è stato scelto dal tesoro della tradizione, o composto ex
nova, al fine di portare nuova luce per la comprensione della
lettura appena letta, o di inserire la lettura nella storia della
salvezza, o di ricondurre dall'Antico al Nuovo Testamento, o di cambiare
la lettura in preghiera e contemplazione, o, infine, di conferire con la
sua bellezza poetica una piacevole varietà.
170. Così pure alla seconda
lettura è aggiunto un responsorio appropriato; questo, però, non è
strettamente congiunto con il testo della lettura, e perciò favorisce
maggiormente la libertà della meditazione.
______________
11)
Cf SC 92c.
171. I responsori pertanto
con le loro parti, da ripetersi anche nella recita individuale,
mantengono il loro valore. La parte però che nel responsorio si suole
ripetere, nella recita senza canto si può omettere, a meno che la
ripetizione non sia richiesta dal senso stesso.
172. Così pure, ma in modo
più semplice, il responsorio breve alle Lodi mattutine, ai Vespri e a
Compieta, di cui sopra ai nn. 49 e 89, e il versetto a Terza, Sesta e
Nona, sono una risposta alla lettura breve, come una specie di
acclamazione, allo scopo di imprimere più profondamente la parola di
Dio nell'animo di chi ascolta o di chi legge.
X. Gli inni e gli altri canti non biblici
173. Gli inni, che già per
antichissima tradizione facevano parte dell'Ufficio, conservano anche
ora la loro funzione12. In realtà, per la loro ispirazione
lirica, non solo sono destinati specificamente alla lode di Dio, ma
costituiscono un elemento popolare: anzi, di solito caratterizzano
immediatamente e più che le altre parti dell'Ufficio, l'aspetto
particolare delle Ore e delle singole celebrazioni muovendo e stimolando
gli animi a una pia celebrazione. Spesso tale efficacia è accresciuta
dalla loro bellezza letteraria. Inoltre gli inni nell'Ufficio sono come
il principale elemento poetico composto dalla Chiesa.
174. L'inno, secondo la
tradizione, si conclude con la dossologia, che di solito viene diretta
alla medesima Persona divina, alla quale è rivolto l'inno stesso.
175. Nell'Ufficio del Tempo
ordinario, per favorire la varietà, è stato predisposto un duplice
ciclo di inni a tutte le Ore, da usarsi a settimane alterne.
176. Inoltre, nell'Ufficio
delle letture del Tempo ordinario, è stato introdotto un duplice ciclo
di inni, a seconda che si recitano di notte o di giorno.
______________
12) Cf SC 93.
177. Agli inni di nuova composizione si possono applicare le melodie
tradizionali sul medesimo ritmo e sullo stesso metro.
178. Per quanto riguarda la celebrazione in una lingua moderna, si da
facoltà alle Conferenze Episcopali di adattare gli inni latini al
carattere della propria lingua, e anche di introdurre inni di nuova
composizione13 purché si addicano veramente al carattere
dell'Ora, o del Tempo o della celebrazione. Inoltre si deve evitare
diligentemente di ammettere delle canzonette popolari, che non hanno
nessun valore artistico e che in verità non si addicono alla dignità
della liturgia.
XI. Le preci, la preghiera del Signore, l'orazione conclusiva
a) Invocazioni e intercessioni alle Lodi e ai Vespri
179. La Liturgia delle Ore celebra senza dubbio le lodi di Dio. Tuttavia
la tradizione sia giudaica che cristiana non separa dalla lode divina la
preghiera di domanda; anzi non di rado fa in qualche modo scaturire
questa da quella. L'apostolo Paolo raccomanda «che si facciano domande,
suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e
per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una
vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa
bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che
tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità»
(1Tm 2, 1-4). Questa raccomandazione non di rado è stata interpretata
dai Padri nel senso che si dovessero fare mattina e sera delle preghiere
di intercessione 14.
180. Le intercessioni che sono state nuovamente introdotte nella Messa
di rito romano, si fanno anche ai Vespri, però in un modo diverso, come
è descritto appresso.
181. Poiché inoltre è tradizione della preghiera che alla mattina si
consacri a Dio tutto il giorno, alle Lodi mattutine si fanno invocazioni
per affidare o consacrare a Dio la giornata.
______________
13) SC 38.
14) Così, p. es., s.
giovanni crisostomo, In
Epist. ad Tim. I, Homilia 6: PG 62, 530.
182. Con il nome di «preci» si indicano tanto le intercessioni che si
fanno ai Vespri, quanto le invocazioni che si fanno alle Lodi mattutine
per dedicare a Dio la giornata.
183. Per motivo di varietà, ma soprattutto per meglio esprimere le
molteplici necessità della Chiesa e degli uomini, secondo i diversi
stati, categorie, persone, condizioni e tempi, si propongono formule
diverse di preci per i singoli giorni del ciclo del salterio del Tempo
ordinario, così pure per i tempi speciali dell'anno liturgico, e per
alcune celebrazioni festive.
184. Le Conferenze Episcopali hanno il diritto sia di adattare le
formule proposte nel libro della Liturgia
Horarum, sia di approvarne di nuove15, attenendosi però
alle norme che seguono.
185. Come nella preghiera del Signore, le domande non devono essere
disgiunte dalla lode di Dio e cioè dal riconoscimento della sua gloria,
o dal ricordo della storia della salvezza.
186. Nelle intercessioni dei Vespri, l'ultima intenzione è sempre per i
defunti.
187. Poiché la Liturgia delle Ore è principalmente preghiera di tutta
la Chiesa per tutta la Chiesa, anzi per la salvezza di tutto il mondo16
è necessario che nelle preci le intenzioni universali abbiano
senz'altro il primo posto: si preghi cioè per la Chiesa con la sua
gerarchia, per le autorità civili, per coloro che sono afflitti da
povertà, malattia, dolore, per le necessità del mondo intero, cioè
per la pace e per altre circostanze simili.
188. È lecito tuttavia, sia
alle Lodi mattutine, che ai Vespri, aggiungere alcune intenzioni
particolari.
189. Le preci dell'Ufficio sono strutturate in modo che si possono
adattare sia alla celebrazione con il popolo, sia alla celebrazione in
una piccola comunità, sia alla recita individuale.
190. Nella recita con il popolo o in comune, le preci sono introdotte da
un breve invito da farsi dal sacerdote o dal ministro per suggerire la
risposta invariabile dell'assemblea.
______________
15)
Cf SC 38.
16)
SC 83, 89.
191. Le intenzioni poi si
enunciano rivolgendosi direttamente a Dio, in modo che possano servire
sia per la celebrazione in comune che per la recita individuale.
192. Ogni formula di
intenzione consta di due parti, la seconda delle quali può essere usata
come risposta variabile.
193. Si possono quindi
seguire modi diversi. Il sacerdote o il ministro dice l'una e l'altra
parte e l'assemblea risponde con il ritornello o fa una pausa di
silenzio; oppure il sacerdote o il ministro dice solo la prima parte e
l'assemblea la seconda.
b) La preghiera del Signore
194. Alle Lodi mattutine e ai
Vespri, che sono le Ore maggiormente indicate per la celebrazione con il
popolo, il «Padre nostro», per la sua dignità e secondo una
venerabile tradizione, viene recitato dopo le preci.
195. La preghiera del
Signore, quindi, d'ora in poi si dirà solennemente tre volte al giorno,
cioè alla Messa, alle Lodi mattutine e ai Vespri.
196. Il «Padre nostro» si
dice da tutti, premettendo, se si crede opportuno, una breve monizione.
c) Orazione conclusiva
197. Alla fine di tutta l'Ora
si dice l'orazione conclusiva che, nella celebrazione pubblica e con il
popolo, a norma della tradizione, spetta al sacerdote o al diacono17.
198. Questa orazione,
nell'Ufficio delle letture è, di regola, quella propria del giorno. A
Compieta, è sempre indicata nel salterio.
199. Alle Lodi mattutine e ai
Vespri, l'orazione si prende dal Proprio nelle domeniche, nelle ferie
del Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure nelle
solennità, feste e memorie. Nelle ferie del Tempo ordinario si dice
invece l'orazione indicata nel ciclo del salterio, per esprimere il
carattere proprio di queste Ore.
______________
17) Ct sotto, n. 256.
200. A Terza, Sesta e Nona,
cioè all'Ora media, l'orazione si prende dal Proprio nelle domeniche e
nelle ferie del Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure
nelle solennità e nelle feste. Negli altri giorni si dicono quelle
orazioni che esprimono il carattere di ciascuna Ora e si trovano nel
salterio.
XII. Il sacro silenzio
201. Poiché nelle azioni
liturgiche generalmente si deve avere cura di «osservare a suo tempo
anche il sacro silenzio»18, sia offerta la possibilità del
silenzio anche nella celebrazione della Liturgia delle Ore.
202. Per accogliere nei cuori
la piena risonanza della voce dello Spirito Santo, e per unire più
strettamente la preghiera personale con la parola di Dio e con la voce
pubblica della Chiesa, si può dunque, secondo l'opportunità e la
prudenza, interporre un intervallo di silenzio o dopo i singoli salmi,
appena ripetuta l'antifona, secondo un'antica usanza e specialmente se,
dopo il silenzio, si aggiunge l'orazione salmica (cf n. 112); oppure
dopo le letture, sia brevi che lunghe, e precisamente prima o dopo il
responsorio.
Si deve però evitare di
introdurre momenti di silenzio che deformino la struttura dell'Ufficio,
o rechino molestia o fastidio ai partecipanti.
203. Nella recita
individuale, invece, c'è più ampia possibilità di fermarsi nella
meditazione di qualche formula che stimoli gli effetti dello spirito,
senza che l'Ufficio perda per questo la sua caratteristica di preghiera
pubblica.
______________
18) SC 30.
Capitolo IV
LE VARIE CELEBRAZIONI NEL CORSO DELL'ANNO
I. La celebrazione dei misteri del Signore
a) La domenica
204. L'Ufficio della domenica
comincia dai primi Vespri, nei quali tutte le parti si prendono dal
salterio, eccetto quelle assegnate come proprie.
205. Quando una festa del
Signore si celebra in domenica, ha i primi Vespri propri.
206. Circa il modo di fare, secondo l'opportunità, le celebrazioni
vigiliari delle domeniche, si è detto al n. 73.
207. È quanto mai opportuno
che, dove è possibile, si celebrino con il popolo almeno i Vespri,
secondo un'antichissima consuetudine1.
b) Il Triduo pasquale
208. Nel Triduo pasquale, l'Ufficio si celebra come è descritto nel
Proprio del Tempo.
209. Coloro però che partecipano alla Messa vespertina «della Cena del
Signore» o alla celebrazione della Passione del Signore al Venerdì
santo, non dicono i Vespri del rispettivo giorno.
210. Al venerdì «in Passione Domini» e al Sabato santo, prima delle
Lodi mattutine si faccia, per quanto è possibile, la celebrazione in
modo pubblico e con il popolo, dell'Ufficio delle letture.
211. La Compieta del Sabato santo si dice solo da coloro che non
intervengono alla Veglia pasquale.
______________
1) Cf SC 100
212. La Veglia pasquale tiene
il posto dell'Ufficio delle letture; coloro che non intervengono alla
solenne Veglia pasquale, recitino di essa almeno quattro letture con i
canti e le orazioni. È bene scegliere le letture dell'Esodo, di
Ezechiele, dell'Apostolo e del Vangelo. Seguono l'inno Te
Deum e l'orazione del giorno.
213. Le Lodi della domenica
di Risurrezione si dicono da tutti. Conviene che i Vespri siano
celebrati nel modo più solenne, per festeggiare il tramonto di un
giorno così sacro e per commemorare le apparizioni nelle quali il
Signore si mostrò ai suoi discepoli.
Là dove è ancora in vigore,
si conservi con la massima diligenza la tradizione particolare di
celebrare, nel giorno di Pasqua, i Vespri battesimali, durante i quali,
mentre si cantano i salmi, si fa la processione al fonte.
c) II Tempo pasquale
214. La Liturgia delle Ore
riceve il carattere pasquale dall'acclamazione «Alleluia» con la quale
si conclude la maggior parte delle antifone (cf n. 120); inoltre dagli
inni, dalle antifone, dalle preci speciali, e infine dalle letture
proprie assegnate a ciascuna Ora.
d) II Natale del Signore
215. Nella notte del Natale
del Signore conviene che prima della Messa si celebri la Veglia solenne
con l'Ufficio delle letture. La Compieta non si dice da coloro che
intervengono a questa Veglia.
216. Le Lodi nel giorno del Natale si dicono regolarmente prima della Messa
dell'aurora.
e) Le altre solennità e feste del Signore
217. Per ordinare l'Ufficio
nelle solennità e nelle feste del Signore, si osservi, con le debite
varianti, quanto si dice sotto, ai nn. 225-233.
II. La celebrazione dei santi
218. Le celebrazioni dei
santi sono disposte in modo che non prevalgano sui giorni festivi e sui
tempi sacri che commemorano i misteri della salvezza2, né
impediscano spesso il ciclo della salmodia e della lettura della parola
di Dio, o causino ripetizioni indebite. Salvo tale criterio, il culto
dei santi viene promosso nella maniera più consona alla sua importanza.
Su questi principi si basano sia la riforma del Calendario fatta per
disposizione del Concilio Vaticano II, sia l'insieme delle norme che
regolano la celebrazione dei santi nella Liturgia delle Ore, descritte
nei numeri seguenti.
219. Le celebrazioni dei
santi sono o solennità, o feste, o memorie.
220. Le memorie sono alcune
obbligatorie altre facoltative. Per stabilire se convenga o no celebrare
una memoria facoltativa nell'Ufficio con il popolo o in comune, si tenga
conto del bene comune o di una vera devozione dell'assemblea stessa e
non del solo presidente.
221. Se nel medesimo giorno
occorrono diverse memorie facoltative, se ne può celebrare una sola,
omettendo le altre.
222. Le solennità, ed esse
soltanto, si trasferiscono, a norma delle rubriche.
223. Le norme che seguono
valgono tanto per i santi iscritti nel Calendario Romano generale,
quanto per quelli iscritti nei calendari particolari.
224. I rispettivi Comuni dei
santi suppliscono le parti proprie, che eventualmente mancassero.
1. Modo di ordinare l'Ufficio nelle solennità
225. Le solennità hanno i
primi Vespri nel giorno precedente.
226. Nei Vespri, sia primi
che secondi, l'inno, le antifone, la lettura breve con il suo
responsorio, l'orazione conclusiva, sono
______________
2) Cf SC 111.
propri; in mancanza di parti
proprie si ricorre al Comune. Nei primi Vespri i due salmi si prendono
di norma dalla serie Laudate (cioè
dai salmi: 112, 116, 134, 145, 146, 147) secondo l'antica tradizione; il
cantico del Nuovo Testamento è indicato a suo luogo.
Nei secondi Vespri, i salmi e
il cantico sono propri. Le preci sono proprie o del Comune.
227. Nelle Lodi mattutine,
l'inno, le antifone, la lettura breve con il suo responsorio, l'orazione
conclusiva sono propri; in mancanza di parti proprie, si ricorre al
Comune. I salmi invece si devono prendere dalla domenica prima nel
salterio. Le preci sono proprie o del Comune.
228. Nell'Ufficio delle
letture tutte le parti sono proprie: l'inno, le antifone con i salmi, le
letture con i responsori. La prima lettura è biblica, la seconda
agiografica. Se si tratta di un santo che ha solo un culto locale e non
ha parti speciali neppure nel Proprio del luogo, si prende tutto dal
Comune. Al termine dell'Ufficio delle letture si dice l'inno Te
Deum e l'orazione propria.
229. All'Ora media, cioè
Terza, Sesta e Nona, salvo indicazioni diverse, si dice l'inno
quotidiano; i salmi sono scelti fra quelli graduali, con l'antifona
propria; in domenica però i salmi si prendono dalla domenica prima nel
salterio; la lettura breve e l'orazione conclusiva sono proprie.
Tuttavia in alcune solennità del Signore si propongono salmi speciali.
230. A Compieta, tutto è
della domenica, rispettivamente dopo i primi e dopo i secondi Vespri.
2. Modo di ordinare l'Ufficio nelle feste
231. Le feste non hanno i
primi Vespri, a meno che non si tratti di feste del Signore che cadono
in domenica. All'Ufficio delle letture, alle Lodi mattutine, e ai
Vespri, si fa tutto come nelle solennità.
232. All'Ora media, cioè
Terza, Sesta e Nona, si dice l'inno quotidiano; i salmi con le loro
antifone si dicono dalla feria, a meno che una ragione particolare o la
tradizione non richieda che all'Ora media si dica l'antifona propria, ciò
che verrà indicato a suo luogo. La lettura breve e l'orazione
conclusiva sono proprie.
233. La Compieta si dice come
nei giorni ordinari.
3. Modo
di ordinare l'Ufficio nelle memorie dei santi
234. Tra la memoria obbligatoria e la memoria facoltativa, se questa
effettivamente si celebra, non c'è alcuna differenza nel modo di
ordinare l'Ufficio, a meno che non si tratti di memorie facoltative che
cadono eventualmente nei tempi privilegiati.
a) Memorie occorrenti nei
giorni ordinari
235. Nell'Ufficio delle letture, alle Lodi mattutine e ai Vespri:
a) i salmi con le loro
antifone si prendono dalla feria corrente, a meno che non vi siano
antifone proprie o salmi propri che, nel caso, vengono indicati nei
singoli luoghi;
b) l'antifona
dell'Invitatorio, l'inno, la lettura breve, le antifone al Benedictus
e al Magnificat, le preci,
se sono proprie, si devono dire del santo, altrimenti si prendono o dal
Comune o dalla feria corrente;
c) l'orazione conclusiva si
deve dire del santo; d) nell'Ufficio delle letture, la lettura biblica
con il suo responsorio è della Scrittura corrente; la seconda lettura
è agiografica con il suo responsorio proprio o del Comune; se però la
lettura non fosse propria, si prende dai testi dei Padri del giorno
corrente.
Non si dice il Te Deum.
236. Nell'Ora media, cioè Terza, Sesta e Nona e a Compieta, non si fa
nulla del santo, ma tutto è della feria.
b) Memorie occorrenti nei
tempi speciali
237. Nelle domeniche, nelle solennità e nelle feste, come pure nel
Mercoledì delle Ceneri, nella Settimana santa e durante l'ottava di
Pasqua, non si fa nulla delle memorie eventualmente occorrenti.
238. Nelle ferie dal 17 al 24 dicembre, come pure durante l'ottava di
Natale e nelle ferie di Quaresima, non si celebra alcuna memoria
obbligatoria, neppure nei calendari particolari.
Quelle, invece, che
occasionalmente occorrono durante il Tempo di Quaresima, in quell'anno
si considerano come memorie facoltative.
239. Nei medesimi tempi, se
qualcuno vorrà celebrare un santo che in quel giorno è iscritto come
memoria:
a) nell'Ufficio delle
letture, dopo la lettura dei Padri dal Proprio del Tempo con il suo
responsorio aggiunga la lettura agiografica propria con il suo
responsorio e concluda con l'orazione del santo;
b) inoltre alle Lodi
mattutine e ai Vespri, dopo l'orazione conclusiva, omessa la
conclusione, può aggiungere l'antifona (propria o dal Comune) e
l'orazione del santo.
c) Memoria di Santa Maria in
sabato
240. Nei sabati del Tempo
ordinario, nei quali sono permesse le memorie facoltative, si può
celebrare, con il medesimo rito, la memoria facoltativa di Santa Maria
con la sua lettura propria.
III. Calendario da usare e facoltà di scegliere qualche Ufficio o
qualche sua parte
a) Calendario da usare
241. L'Ufficio in coro e in comune si deve celebrare secondo il
calendario proprio, cioè della diocesi, o della famiglia religiosa, o
delle singole Chiese3. I membri delle famiglie religiose si
uniscono con la comunità della Chiesa locale nel celebrare la
Dedicazione della chiesa cattedrale e i Patroni principali della
circoscrizione minore e maggiore ove risiedono4.
242. Ogni chierico o
religioso, obbligato per qualsiasi titolo all'Ufficio divino e che
partecipa all'Ufficio celebrato in comune secondo un calendario o un
rito diverso dal suo, soddisfa in questo modo al suo obbligo per quanto
riguarda quella parte dell'Ufficio.
______________
3) Cf Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico e del calendario, n.
52 (cf pp. 588-589).
4)
Cf ibid., n.52c(cf p. 588).
243. Nella celebrazione
individuale si può seguire o il calendario del luogo o il calendario
proprio, eccetto nelle solennità e nelle feste proprie5.
b) Facoltà di scegliere qualche Ufficio
244. Nelle ferie che
ammettono la celebrazione di una memoria facoltativa, per giusta causa
si può celebrare con il medesimo rito (cf nn. 234-235), l'Ufficio di
qualche santo iscritto in quel giorno nel Martirologio Romano o nella
sua Appendice debitamente approvata.
245. Eccetto che nelle
solennità, nelle domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, nel Mercoledì
delle Ceneri, nella Settimana santa, durante l'ottava di Pasqua e nel 2
novembre, per causa pubblica o per devozione si può celebrare, in tutto
o in parte, un Ufficio votivo: ciò può avvenire, per esempio, a motivo
di un pellegrinaggio, di una festa locale, della solennità esterna di
qualche santo.
c) Facoltà di scegliere alcuni formulari
246. In alcuni casi
particolari, si possono scegliere nell'Ufficio formulari diversi da
quelli occorrenti, purché resti integro l'ordinamento generale di
ciascuna Ora e si osservino le regole che seguono.
247. Nell'Ufficio delle
domeniche, delle solennità, delle feste del Signore iscritte nel
calendario generale, delle ferie di Quaresima e della Settimana santa,
dei giorni fra l'ottava di Pasqua e di Natale, come pure delle ferie dal
17 al 24 dicembre incluso, non si possono mai cambiare quei formulari
che sono propri o appropriati a questa celebrazione; tali sono le
antifone, gli inni, le letture, i responsori, le orazioni e, molto
spesso, anche i salmi. Ai salmi domenicali della settimana corrente, si
possono sostituire, se lo si ritiene opportuno, i salmi domenicali di
un'altra settimana, anzi, se si tratta di Ufficio con il popolo, anche
altri, scelti allo scopo di guidare gradualmente il popolo alla
comprensione dei salmi.
______________
5) Cf Tabella dei giorni
liturgici, nn. 4. 8 (cf pp. 701-702).
248. Nell'Ufficio delle
letture dev'essere sempre tenuta in onore la lettura corrente della
Sacra Scrittura. Vale anche per l'Ufficio il desiderio della Chiesa «che
in un determinato numero di anni, si legga al popolo la parte più
importante delle Sacre Scritture»6. Tenuti presenti questi
principi, nei Tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua non venga
omesso il ciclo delle letture della Scrittura, che viene proposto per
l'Ufficio delle letture. Durante il Tempo ordinario, invece, si possono
scegliere in qualche giorno o per alcuni giorni continui, per giusta
causa, le letture fra quelle che sono assegnate ad altri giorni o anche
fra altre letture bibliche, per esempio, quando si fanno gli esercizi
spirituali o convegni pastorali o preghiere per l'unità della Chiesa, o
altre circostanze simili.
249. Se talvolta la lettura
continua viene interrotta per qualche solennità, o festa, o per una
celebrazione particolare, si potrà, nella medesima settimana e tenendo
presente l'ordinamento di tutta la settimana, o unire le parti che sono
state omesse, con altre, oppure stabilire quali brani siano da preferire
ad altri.
250. Nel medesimo Ufficio
delle letture, alla seconda lettura assegnata ad un determinato giorno,
si può sostituire, per un giusto motivo, un altro brano del medesimo
tempo, desunto dal libro della Liturgia delle Ore, o dal Lezionario
facoltativo (n. 161).
Inoltre nei giorni feriali
del Tempo ordinario e, se si ritiene opportuno, anche nel Tempo di
Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, si può fare una lettura quasi
continua di un'opera di qualche Padre, che risponda allo spirito biblico
e liturgico.
251. Le letture brevi, come
pure le orazioni, i canti e le preci che sono proposti per le ferie di
un tempo particolare, si possono dire in altre ferie del medesimo tempo.
252. Sebbene a ognuno debba
stare a cuore l'osservanza di tutto il ciclo del salterio distribuito
per quattro settimane7, tuttavia per motivi di opportunità
sia spirituale che pastorale, invece dei salmi assegnati a un dato
giorno, si possono dire i salmi della stessa Ora assegnati a un altro
giorno. Vi sono anche alcune circostanze occasionali, nelle quali è
lecito scegliere i salmi adatti e altre parti in forma di Ufficio
votivo.
______________
6) SC 51.
7) Cf sopra, nn. 100-109.
Capitolo V
RITI DA OSSERVARE
NELLA CELEBRAZIONE IN COMUNE
I. Vari uffici da compiere
253. Nella celebrazione della Liturgia delle Ore, come in tutte le altre
azioni liturgiche, «ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il
proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo
la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza»1.
254. Se presiede il vescovo, specialmente nella chiesa cattedrale, sia
circondato dal suo presbiterio e dai ministri con la partecipazione
plenaria e attiva del popolo. In qualunque celebrazione con il popolo,
di norma, presieda il sacerdote o il diacono, e vi siano anche i
ministri.
255. Il sacerdote o il diacono che presiede la celebrazione, può
indossare la stola sopra il camice o la cotta; il sacerdote anche il
piviale. Nulla vieta inoltre che nelle maggiori solennità più
sacerdoti indossino il piviale e i diaconi la dalmatica.
256. È compito del sacerdote
o del diacono che presiede dare inizio, dalla sua sede, all'Ufficio con
il versetto d'introduzione; iniziare la preghiera del Signore; recitare
l'orazione conclusiva; salutare il popolo, benedirlo e congedarlo.
257. Può recitare le preci o il sacerdote o il ministro.
258. In mancanza del sacerdote o del diacono, colui che presiede
l'Ufficio è soltanto uno tra uguali; non entra in presbiterio, non
saluta, né benedice il popolo.
259. Coloro che adempiono l'ufficio di lettore proclamano le letture,
sia lunghe che brevi, stando in piedi e nel luogo adatto.
260. L'intonazione delle antifone, dei salmi e degli altri canti venga
fatta da un cantore o dai cantori. Per quanto riguarda la salmodia, si
osservino le norme date sopra, ai nn. 121-125.
______________
1) SC 28.
261. Mentre si esegue alle Lodi mattutine e ai Vespri il cantico
evangelico, si può incensare l'altare e poi anche il sacerdote e il
popolo.
262. L'obbligo del coro riguarda la comunità, non il luogo della
celebrazione, che non è necessariamente la chiesa, soprattutto se si
tratta di quelle Ore che si celebrano senza solennità.
263. Tutti i partecipanti stanno in piedi:
a) all'introduzione
dell'Ufficio divino e ai versetti d'introduzione di ogni Ora;
b) all'inno;
c) al cantico evangelico;
d) mentre si dicono le preci,
la preghiera del Signore e l'orazione conclusiva.
264. Tutti ascoltano le
letture stando seduti, fatta eccezione per il Vangelo.
265. Mentre si dicono i salmi
e gli altri cantici con le loro antifone, l'assemblea sta o seduta o in
piedi, secondo le consuetudini.
266. Tutti si segnano col
segno della croce dalla fronte al petto e dalla spalla sinistra alla
destra:
a) all'inizio delle Ore,
quando si dice: «O Dio, vieni a salvarmi»;
b) all'inizio dei cantici
tratti dal Vangelo: Benedictus,
Magnificat, Nunc dimittis.
Tutti si segnano sulle labbra
all'inizio dell'Invitatorio, alle parole «Signore, apri le mie labbra».
II. Il canto nell'Ufficio
267. Nelle rubriche e nelle norme del presente documento, le espressioni
«dire», «recitare» e simili, si possono riferire o al canto o al
parlato, secondo i principi qui sotto indicati.
268. «La celebrazione in canto dell'Ufficio divino è la forma più
consona alla natura di questa preghiera ed è segno di una maggiore
solennità e di una più profonda unione dei cuori nel celebrare la lode
di Dio. Questa forma è vivamente raccomandata a coloro che celebrano
l'Ufficio divino in coro o in comune»2.
269. Quello che il Concilio
Vaticano II afferma riguardo al canto liturgico3 vale per
ogni azione liturgica, ma principalmente per la Liturgia delle Ore.
Sebbene infatti tutte e
singole le parti siano state rinnovate in modo che si possano recitare
con frutto anche individualmente, tuttavia molte di esse, e specialmente
i salmi, i cantici, gli inni, i responsori, sono di genere lirico e
perciò non esprimono pienamente il loro senso se non con il canto.
270. Nella celebrazione della
Liturgia delle Ore il canto, dunque, non si deve considerare come un
certo ornamento che si aggiunge alla preghiera quasi dall'esterno, ma
piuttosto come qualcosa che scaturisce dal profondo dell'anima che prega
e loda Dio, e manifesta in modo pieno e perfetto il carattere
comunitario del culto cristiano.
Sono quindi degne di lode le
assemblee cristiane di qualsiasi genere che si sforzano di praticare più
spesso possibile questa forma di preghiera. A questo scopo si devono
istruire con la dovuta catechesi e con l'esercizio sia i chierici che i
religiosi come pure i fedeli, affinché siano in grado di cantare con
gaudio dello spirito le Ore, specialmente nei giorni festivi. Siccome
però non è facile celebrare in canto l'intero Ufficio e d'altra parte
la lode della Chiesa non è riservata, né per la sua origine, né per
la sua natura, ai chierici o ai monaci, ma appartiene a tutta la comunità
cristiana, si devono tener presenti simultaneamente diversi principi,
perché la celebrazione in canto della Liturgia delle Ore si possa
svolgere bene e splenda per autenticità e decoro.
271. Prima di tutto conviene
che si ricorra al canto almeno nelle domeniche e nelle feste, ponendo
così in risalto, nella misura in cui si adotta, i vari gradi di
solennità.
272. Così pure, poiché non
tutte le Ore sono della medesima importanza, conviene che anche mediante
il canto si dia maggior rilievo a quelle che sono veramente i cardini
dell'Ufficio, cioè le Lodi mattutine e i Vespri.
______________
2)
MS 37; cf SC 99.
3) Cf SC 113.
273. Inoltre, anche se la
celebrazione tutta in canto è la più raccomandabile sempre, purché
naturalmente si distingua per arte e devozione, tuttavia in vari casi si
potrà seguire utilmente il criterio della gradualità, anzitutto, come
è ovvio, per motivi pratici, ma poi anche perché in questa maniera sarà
più facile corredare le singole componenti di quelle forme di canto che
garantiscano loro il genuino significato nativo e la funzione autentica,
evitando di livellarle tutte su un medesimo stampo.
In tal modo la Liturgia delle
Ore non apparirà più come un bel monumento dell'età passata, da
conservare intatto per l'ammirazione degli intenditori, ma rivivrà in
forme nuove, si affermerà sempre più e diverrà segno e testimonianza
di comunità piene di vita e di freschezza.
Il principio della
solennizzazione progressiva è quello che ammette vari gradi intermedi
tra l'Ufficio cantato integralmente e la semplice recita di tutte le
parti. Questo criterio offre una grande e gradevole varietà di
soluzioni. Nell'applicarlo si deve tener conto delle caratteristiche del
giorno e dell'Ora che si celebra, della natura dei singoli elementi che
costituiscono l'Ufficio, delle proporzioni e del tipo della comunità,
come pure del numero dei cantori disponibili in tali circostanze.
Per questa maggiore varietà
di forme, la lode pubblica della Chiesa, si potrà celebrare in canto più
frequentemente che prima e godrà di un'adattabilità più estesa alle
diverse circostanze. Anzi c'è da sperare davvero che si possano trovare
sempre nuove vie e nuove maniere rispondenti alla nostra epoca, come del
resto è sempre avvenuto anche in passato nella vita della Chiesa.
274. Nelle azioni liturgiche
che si celebrano in canto e in lingua latina, il canto gregoriano, in
quanto proprio della Liturgia Romana, abbia, a parità di condizioni, i
primo posto4. Tuttavia «la Chiesa non esclude dalle azioni
liturgiche nessun genere di musica sacra, purché corrisponda allo
spirito dell'azione
_______________
4) Cf SC 116.
liturgica e alla natura delle
singole parti e non impedisca una doverosa attiva partecipazione del
popolo»5. Nell'Ufficio cantato, se manca la melodia per
l'antifona proposta, si prenda un'altra antifona tra quelle che si
trovano nel repertorio, purché sia adatta a norma dei nn. 113 e
121-125.
275. Poiché la Liturgia
delle Ore si può celebrare in lingua moderna, «si ponga uno speciale
impegno nel preparare le melodie da usarsi nel canto dell'Ufficio divino
in lingua viva»6.
276. Nulla vieta, però, che
in una medesima celebrazione si cantino alcune parti in una lingua e
altre in un'altra7.
277. Quali siano le parti
alle quali dare eventualmente la precedenza e la preferenza del canto si
deduce dalle genuine esigenze della celebrazione liturgica, che vuole il
pieno rispetto del significato e della natura di ciascuna componente e
del canto medesimo. Vi sono, infatti, formule che richiedono il canto
per loro stessa natura8.
Tali sono prima di tutto le
acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e le
risposte alle preci litaniche, e inoltre le antifone e i salmi, come
pure i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici9.
278. È risaputo che i salmi
(cf nn. 103-120) sono strettamente connessi con la musica; lo dimostra
la tradizione sia giudaica che cristiana. In verità alla piena
comprensione di molti salmi contribuisce non poco il fatto che essi
vengano cantati o almeno siano sempre considerati in questa luce poetica
e musicale. Pertanto, se è possibile, è da preferirsi questa forma,
almeno nei giorni e nelle Ore principali, e secondo il carattere proprio
dei salmi.
279. I diversi modi di
eseguire la salmodia sono descritti sopra, ai nn. 121-123. La loro
varietà non deve essere dettata
______________
5)
MS 9; cf SC 116.
6)
MS 41; cf 54-61.
7)
MS 51.
8)
Cf MS 6.
9)
Cf MS 16a, 38.
tanto da circostanze esterne,
quanto piuttosto, dal diverso genere di quei salmi che ricorrono nella
medesima celebrazione. Secondo questo criterio i salmi sapienziali e
storici si prestano forse meglio a essere ascoltati, mentre, al
contrario, quelli di lode e di rendimento di grazie comportano per sé
il canto in comune.
Quel che conta più di tutto
è che la celebrazione non si leghi a schemi rigidi e artificiosi, non
obbedisca solo a norme puramente formali, ma risponda allo spirito
autentico dell'azione che si compie.
Il primo scopo da raggiungere
è infatti quello di formare gli animi all'amore per la preghiera
genuina della Chiesa e di rendere gioiosa la celebrazione della lode di
Dio (cf Sal 146).
280. Gli inni possono
alimentare la preghiera anche di chi recita le Ore, se davvero si
distinguono per dottrina e arte; tuttavia per sé sono destinati al
canto. Pertanto si raccomanda che nella celebrazione comunitaria siano
eseguiti, per quanto è possibile, in questa forma.
281. Il responsorio breve
dopo la lettura alle Lodi mattutine e ai Vespri, di cui al n. 49, di per
sé è destinato al canto, e precisamente al canto del popolo.
282. Anche i responsori
dell'Ufficio delle letture, per il loro carattere e la loro funzione
richiedono il canto. Tuttavia, nella struttura dell'Ufficio, sono stati
composti in modo da mantenere il loro valore anche nella recita
individuale e privata.
Si potrà usare più
frequentemente il canto per quelli che sono corredati da melodie più
semplici e più facili, che non per altri pur provenienti da fonti
liturgiche.
283. Le letture, sia lunghe
che brevi, per sé non sono destinate al canto. Nella proclamazione si
deve usare ogni impegno per eseguirle in una forma decorosa, con una
pronunzia chiara e distinta e insomma per fare in modo che tutti possano
ascoltarle e comprenderle bene.
Di conseguenza l'unica forma
accettabile per le letture è quella che facilita l'ascolto delle parole
e la comprensione del testo.
284. I testi assegnati a chi
presiede, come sono le orazioni, non escludono un certo tono cantato,
purché ovviamente sia confacente e decoroso. Ciò sarà possibile
specialmente nella lingua latina. Più difficile, invece, sarà in
alcune lingue moderne, a meno che il canto usato non permetta di far
percepire meglio a tutti le parole del testo.
TABELLA DEI GIORNI LITURGICI
estratta dalle Norme generali sull'anno liturgico
e sul calendario
nn. 59-61
La precedenza tra i giorni
liturgici, quanto alla loro celebrazione, è regolata esclusivamente
dalla seguente tabella.
I
1. Il Triduo pasquale della
Passione e Risurrezione del Signore.
2. Il Natale del Signore,
l'Epifania, l'Ascensione e la Pentecoste.
Le domeniche di Avvento, di
Quaresima e di Pasqua.
Il Mercoledì delle Ceneri.
Le ferie della Settimana
santa, dal lunedì al giovedì incluso. I giorni fra l'ottava di Pasqua.
3. Le solennità del Signore,
della beata Maria Vergine, dei santi iscritte nel calendario generale.
La Commemorazione di tutti i
fedeli defunti.
4. Le solennità proprie e
cioè:
a) la solennità del Patrono
principale del luogo o del paese o della città;
b) la solennità della
Dedicazione e dell'anniversario della Dedicazione della propria chiesa;
c) la solennità del Titolare
della propria chiesa;
d) la solennità o del
Titolare, o del Fondatore o del Patrono principale dell'Ordine o della
Congregazione.
II
5. Le feste del Signore
iscritte nel calendario generale.
6. Le domeniche del Tempo di
Natale e le domeniche del Tempo ordinario.
7. Le feste della beata
Vergine Maria e dei santi iscritte nel calendario generale.
8. Le feste proprie, e cioè:
a) la festa del Patrono
principale della diocesi;
b) la festa dell'anniversario
della Dedicazione della chiesa cattedrale;
c) la festa del Patrono
principale della regione o della provincia, della nazione, di un
territorio più ampio;
d) la festa del Titolare, del
Fondatore, del Patrono principale dell'Ordine o della Congregazione e
della provincia religiosa, salvo quanto è disposto al n. 4d;
e) le altre feste proprie di
qualche Chiesa;
f) le altre feste iscritte
nel calendario di ciascuna diocesi, o dell'Ordine o della Congregazione.
9. Le ferie di Avvento dal 17
al 24 dicembre compreso. I giorni fra l'ottava di Natale. Le ferie di
Quaresima.
III
10. Le memorie obbligatorie
iscritte nel calendario generale.
11. Le memorie obbligatorie
proprie, e cioè:
a) le memorie del Patrono
secondario del luogo, della diocesi, della regione o della provincia,
della nazione, di un territorio più ampio, dell'Ordine o della
Congregazione e della provincia religiosa;
b) le altre memorie
obbligatorie proprie di qualche chiesa;
c) le altre memorie
obbligatorie iscritte nel calendario di ciascuna diocesi o dell'Ordine o
della Congregazione.
12. Le memorie facoltative,
le quali tuttavia si possono celebrare anche nei giorni elencati nel n.
9, però nel modo particolare descritto in «Principi e Norme» per la
Messa e per l'Ufficio.
In questo stesso modo, come
memorie facoltative, si possono celebrare le memorie obbligatorie che
eventualmente ricorrono nelle ferie di Quaresima.
13. Le ferie di Avvento, fino
al 16 dicembre incluso. Le ferie del Tempo di Natale, dal 2 gennaio al
sabato dopo l'Epifania.
Le ferie del Tempo pasquale,
dal lunedì dopo l'ottava di Pasqua al sabato prima della Pentecoste
incluso. Le ferie del Tempo ordinario.
Occorrenza e concorrenza delle celebrazioni
Se nello stesso giorno cadono
più celebrazioni, Si celebra l'Ufficio di quella che nella tabella dei
giorni liturgici occupa il posto superiore. Tuttavia, le solennità
impedite da un giorno liturgico che ha la precedenza si trasferiscano al
primo giorno libero dalle celebrazioni elencate ai nn. 1-8 nella tabella
della precedenza, salvo quanto è stabilito al n. 5 delle Norme per
l'anno liturgico. Le altre celebrazioni impedite per quell'anno si
omettono.
Se nello stesso giorno si
devono celebrare i Vespri dell'Ufficio corrente e i primi Vespri del
giorno seguente, prevalgono i Vespri della celebrazione che nella
tabella dei giorni liturgici ha un posto superiore; in caso di parità,
si celebrano i Vespri del giorno corrente.
BENEDIZIONE DEGLI OLI
SCHEDA DI LETTURA
La Conferenza Episcopale
Italiana pone alcune premesse di tipo teologico, che completano le
indicazioni presenti nel documento della S. Congregazione, per
evidenziare il significato del simbolismo biblico-liturgico dell'olio
nella prospettiva di una sua valorizzazione pastorale e di una
comprensione del suo uso nell'ambito della vita sacramentale della
Chiesa. Dalla globalità delle indicazioni
teologico-liturgico-pastorale, si possono cogliere alcuni punti di
riflessione.
1. Si sottolinea il gesto
della benedizione degli oli nel contesto della Pasqua di Cristo, unto
del Padre, perché siano segno del dono dello Spirito. L'unzione
crismale acquista tutta la sua significazione salvifica nella luce dei
misteri di Cristo che sacramentalmente è presente nella celebrazione
liturgica e offre il vero significato ai diversi gesti di unzione, a
seconda dei diversi sacramenti o sacramentali.
L'azione stessa dello Spirito
Santo, espressa in modo mirabile nell'atto dell'unzione, pone in luce
come l'azione del Cristo sia sempre collegata con quella dello Spirito.
2. Si rimarca come il mistero
dell'olio qualifichi alcuni punti nevralgici della vita cristiana, dal
Battesimo in poi, significando l'inserimento in Cristo e nello Spirito
dal battezzato.
3. Entrambe le introduzioni
presentano in tutta la sua chiarezza il valore ecclesiale della Messa
crismale, come espressione della vitalità carismatica e ministeriale
della comunità del popolo di Dio. La centralità del vescovo, attorno a
cui si ritrovano il presbiterio e i fedeli, indica il mistero dell'unità
della Chiesa locale.
4. Le Premesse sottolineano
che pastoralmente la Messa crismale, con la vitalità di significato
della benedizione degli oli, si colloca a conclusione di tutto
l'itinerario quaresimale, durante il quale la comunità cristiana è
stata chiamata a camminare ecclesialmente nello Spirito per crescere in
Cristo, l'unto del Padre.
L'accoglienza degli oli nelle
comunità parrocchiali diviene l'espressione della comunione che si è
costruita nel cammino quaresimale, in particolar modo attraverso lo
sviluppo della viva relazionalità con il vescovo.
5. Alla luce della visione
della liturgia propria del Vaticano II, che sottolinea l'importanza del
segno significante e santificante (cf SC 7), appare impellente
l'esigenza di comprendere in profondità il valore del segno dell'olio e
del gesto dell'ungere. Lo sfondo storico-salvifico insieme con la
lettura cristologica e pentecostale permettono di dare un'autentica
valorizzazione all'olio e pongono in risalto la centralità della sua
benedizione, nella prospettiva di sottolineare tutto il clima messianico
che determina ogni celebrazione liturgica come tutta la vita della
comunità cristiana.
CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA
SACRA CONGREGATIO
PRO
SACRAMENTE ET CULTU DIVINO
Prot. n. 555/80
Questa versione italiana dei
riti della Benedizione degli oli e
della Dedicazione della chiesa e
dell'altare è stata approvata secondo le delibere dell'Episcopato
ed ha ricevuto la conferma da parte della Sacra Congregazione per i
Sacramenti e il Culto Divino, con Decreto n. CD 302/80 del 18 giugno
1980. La presente edizione deve essere considerata «tipica» per la
lingua italiana, ufficiale per l'uso liturgico. I nuovi riti della Benedizione
degli oli e della Dedicazione
della chiesa e dell'altare si potranno adoperare appena pubblicati;
diventeranno obbligatori dal 16 aprile 1981, giovedì santo.
Roma, 3 luglio 1980, festa di san Tommaso apostolo.
anastasio
A. card. ballestkero, arcivescovo
di Torino presidente della
Conferenza Episcopale Italiana
SACRA CONGREGATIO
PRO SACRAMENTIS ET CULTU
DIVINO
Prot. CD 302/80
ITALIAE
Instante Eminentissimo Domino
Anastasio A. card. Ballestrero, archiepiscopo Taurinensi, praeside
Coetus Episcoporum Italiae, litteris die 30 ianuarii 1980 datis, vigore
facultatum huic Sacrae Congregationi a Summo Pontifice Ioanne Paulo II
tributarum, interpretationem italicam Ordinis
benedicendi oleum catechumenorum et infirmorum et conficiendi chrisma necnon
Ordinis dedicationis ecclesiae et
altaris, prout in adnexo exstat esemplari, libenter probamus seu
confirmamus. In textu imprimendo mentio fiat de confirmatione ab
Apostolica Sede concessa. Eiusdem insuper textus impressi duo exemplaria
ad hanc Sacram Congregationem transmittantur. Contrariis quibuslibet
minime obstantibus.
Ex aedibus Sacrae Congregationis
pro Sacramentis et Cultu Divino,
die 18 anni 1980.
Vergilius
noè, a secretis a.
Iacobus
R. card. Knox, praefectus
CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA
Premessa
I testi della benedizione del
crisma, dell'olio degli infermi e dei catecumeni, tradotti in lingua
italiana e riuniti in un unico volume con i formulari per la dedicazione
della chiesa e dell'altare, sono occasione per richiamare principi
dottrinali e suggerire direttive pastorali in ordine a una puntuale
catechesi e a una adeguata valorizzazione di questi antichi sacramentali
che la Chiesa continua a celebrare con particolare solennità.
Benedizione degli oli
L'olio, come l'aria, l'acqua,
la luce, appartiene a quelle realtà elementari del cosmo che meglio
esprimono i doni del Dio creatore, redentore e santificatore1.
L'olio è sostanza
terapeutica, aromatica e conviviale: medica le ferite, profuma le
membra, allieta la mensa2. Questa natura dell'olio è assunta
nel simbolismo biblico-liturgico ed è caricata di un particolare valore
per esprimere l'unzione dello Spirito che risana, illumina, conforta,
consacra e permea di doni e di carismi tutto il corpo della Chiesa3.
La liturgia della benedizione degli oli esplicita questo simbolismo
primordiale e ne precisa il senso sacramentale. Giustamente la Messa del
crisma si colloca in prossimità dell'annuale celebrazione del Cristo
morto, sepolto e risuscitato. Dal mistero pasquale, cuore e centro
dell'intera storia della salvezza, scaturiscono i sacramenti e
sacramentali che significano e realizzano l'unità organica di tutta la
vita cristiana4.
______________
1)
Cf Sir 39, 26.
2)
Is 1,6; 61, 3; Lc 7, 46.
3)
Sal 88, 21; 1Gv 2, 20.
4)
Cf SC 61.
La benedizione del crisma da
il nome di Messa crismale a questa liturgia, che si celebra di consueto
il Giovedì santo nella chiesa cattedrale (n. 9). Infatti, secondo
l'antica tradizione, è funzione propria del vescovo, «una fra le
principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio» (n. 1). La
Messa crismale è quasi epifania della Chiesa, corpo di Cristo
organicamente strutturato che nei vari ministeri e carismi5 esprime,
per la grazia dello Spirito, i doni nuziali di Cristo alla sua sposa
pellegrina nel mondo6.
La nuova fisionomia
attribuita dalla riforma post-conciliare alla Messa crismale rende ancor
più evidente il clima di una vera festa del sacerdozio ministeriale
all'interno di tutto il popolo sacerdotale e orienta l'attenzione verso
il Cristo, il cui nome significa «consacrato per mezzo dell'unzione»7.
Dal senso cristologico dell'unzione crismale, deriva il principio
costitutivo della consacrazione dei fedeli e conseguentemente il nome di
«cristiani»8. L'unzione di Spirito Santo, ricevuta da Gesù
nell'incarnazione9 e nella teofania sul Giordano10,
è partecipata a tutti i membri della Chiesa per mezzo del Battesimo11
e della Cresima12.
All'unzione spirituale del
Cristo sacerdote, re e profeta13 si richiama anche la solenne
epiclesi del rito che consacra a titolo speciale il vescovo, i
presbiteri e i diaconi a servizio del popolo sacerdotale, dal quale essi
sono assunti e per il quale sono costituiti ministri.
I testi della Messa crismale
si aprono emblematicamente con l'acclamazione a Cristo «che ha fatto di
noi un regno e ci ha costituito sacerdoti per Dio, suo Padre»14,
e sviluppano con
______________
5)
Cf 1Cor 12, 27.
6)
Cf Ef 5, 27.
7)
Cf Lc 4, 18; At 10, 38; Eb 1, 9.
8)
At 11, 26.
9)
Cf Lc 1, 35.
10)
Cf Gv 1, 32.
11)
Cf At 1, 5.
12)
Cf Ef 1, 13.
13)
Cf Sal 109, 4; Eb 5, 6.
14) Messale Romano, Messa crismale, Ant. d'ingresso, ed. tip. it. 1973,
p. 123; cf Ap 1, 6.
ampiezza, soprattutto nel
Prefazio, il tema del sacerdozio comune e quello del sacerdozio
ministeriale. Il rito della benedizione degli oli, inserito nella
celebrazione eucaristica, sottolinea pure il mistero della Chiesa come
sacramento globale del Cristo15, che santifica ogni realtà e
situazione di vita16.
Ecco perché; insieme al
crisma, sono benedetti anche l'olio dei catecumeni per quanti lottano
per vincere lo spirito del male17 in vista degli impegni del
Battesimo e l'olio degli infermi per l'unzione sacramentale di coloro
che nella malattia compiono in sé ciò che manca alla passione
redentrice del Cristo18. Così dal Capo si diffonde in tutte
le membra della Chiesa e si espande nel mondo il buon odore di Cristo19.
Celebrando con il vescovo questa liturgia, i presbiteri della Chiesa
locale intervengono come «testimoni e cooperatori del ministero del
sacro crisma» (n. 13), attraverso il gesto silenzioso dell'estensione
della mano destra durante la preghiera di benedizione (n. 22).
Così l'unica celebrazione
che comprende sia il rito eucaristico che quello crismale, manifesta la
stretta unione dei presbiteri e dei diaconi con il vescovo nel
sacerdozio ministeriale20, insieme alla realtà dell'unico
sacerdozio battesimale che, secondo la dottrina richiamata dal Concilio,
è il fondamento stesso del sacerdozio ministeriale21.
Il richiamo dottrinale può
suggerire alcuni orientamenti pastorali, utili a rinnovare la
comprensione di questi riti che dalla chiesa cattedrale, luogo proprio
della loro celebrazione, devono suscitare intensa partecipazione in ogni
comunità parrocchiale, con qualificata presenza e in comunione di
spirito. Nella Messa crismale si delinea così la più vasta
convocazione, che si estende non solo ai ministri ordinati (presbiteri e
______________
15)
Cf SC 5; LG 2.
16) SC 60.
17) Cf S. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi,
21, Mistagogiche, 3: PG
33,
1087-1094.
18) Cf Mc 6, 13; Col 1,24.
19)
Cf 2Cor 2, 14.
20)
Cf LG 28-29.
21) Cf LG 10.
diaconi), ma anche a quelli
istituiti o di fatto (accoliti, lettori, catechisti, addetti al servizio
degli infermi...) e ai cresimandi oltre che ai rappresentanti delle
varie comunità. Lo svolgimento del rito, l'omelia, le intenzioni della
preghiera dei fedeli, il canto, le didascalie, e tutto il clima della
celebrazione dovrà rispecchiare questa significativa e ampia realtà di
comunione ecclesiale intorno al vescovo. La liturgia romana concentrava
nel Giovedì santo la Messa per la riconciliazione dei penitenti, la
Messa crismale per la benedizione degli oli al mattino e la celebrazione
vespertina della Cena del Signore, che inaugura il Triduo Pasquale22.
Questa ricchezza della tradizione liturgico-sacramentale dovrà
orientare la catechesi, specialmente nell'itinerario quaresimale
culminante nella Veglia Pasquale, per far comprendere ai fedeli che «far
Pasqua» significa: conversione personale e comunitaria che ha la
massima espressione nel sacramento della Penitenza; ratifica degli
impegni battesimali; partecipazione ai doni pasquali dello Spirito;
comunione al pane di vita e al calice della salvezza, dono supremo
dell'amore di Cristo, in cui si racchiude tutto il bene della Chiesa23.
La consegna degli oli potrà avere particolare rilievo celebrativo e
pastorale sia nella chiesa cattedrale che nelle varie comunità.
È opportuno che il vescovo
dia personalmente, prima del congedo, le ampolle degli oli santi ai
parroci o almeno ad alcuni di essi in rappresentanza delle zone
pastorali. Nella Messa vespertina parrocchiale della Cena del Signore,
gli oli santi, benedetti in cattedrale, saranno accolti dalle comunità
come un dono che esprime la comunione nell'unica fede e nell'unico
Spirito, e conservati in una particolare custodia adatta e degna con la
scritta «Oli santi» o altra simile.
Roma, 3 luglio 1980.
______________
22) Cf Sacramentarium Gelasianum, nn. 349-394, ed. L.C.
MOHLBERG, Herder, Roma 1960.
23) PO 5.
SACRA CONGREGAZIONE PER IL
CULTO DIVINO
Prot. n. 3133/70
DECRETO
Portata a termine la
revisione dei riti del Messale Romano per la Settimana santa, si è
ritenuto opportuno fare i necessari ritocchi anche al rito del
Pontificale Romano da usarsi nella Messa crismale per la benedizione
dell'olio dei catecumeni, degli infermi e del crisma.
Questa Sacra Congregazione
per il Culto Divino ha pertanto riveduto il detto rito, e ora, dopo che
il Sommo Pontefice Paolo VI l'ha approvato con la sua autorità
apostolica, lo promulga e dispone che d'ora in poi esso venga usato in
luogo del rito che si trova nel Pontificale Romano. Le Conferenze
Episcopali ne cureranno l'edizione nella lingua nazionale e la
sottoporranno alla conferma di questa Sacra Congregazione. Nonostante
qualsiasi cosa in contrario.
Dalla sede della Sacra Congregazione per Culto Divino, 3 dicembre
1970.
A. bugnini,
segretario
Benno
card. Gut, prefetto
PREMESSE
1. Il vescovo dev'essere
considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui in certo
qual modo scaturisce e promana la vita dei suoi fedeli in Cristo1.
La Messa crismale, che il
vescovo concelebra con i presbiteri delle diverse zone della diocesi e
durante la quale benedice il santo crisma e gli altri oli, è
considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del
sacerdozio del vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri
con lui. Infatti con il crisma consacrato dal vescovo vengono unti i
neo-battezzati e segnati in fronte i candidati alla Confermazione. A sua
volta, l'unzione con l'olio dei catecumeni prepara e predispone i
catecumeni stessi al Battesimo. E infine l'olio degli infermi reca ai
malati sostegno e conforto nelle loro infermità.
2. La liturgia cristiana ha
fatto suo l'uso dell'Antico Testamento; venivano infatti consacrati con
l'unzione i re, i sacerdoti e i profeti; essi erano così figura di
Cristo, il cui nome significa Unto del Signore. Allo stesso modo,
l'unzione con il sacro crisma dimostra nel segno che i cristiani,
inseriti per mezzo del Battesimo nel mistero pasquale di Cristo, con lui
morti, sepolti e risuscitati2, partecipano al suo sacerdozio
regale e profetico, e ricevono per mezzo della Confermazione l'unzione
spirituale dello Spirito Santo, che vien loro dato. All'unzione con
l'olio dei catecumeni viene esteso l'effetto degli esorcismi: i
battezzandi ne ricevono vigore per rinunziare al diavolo e al peccato,
prima di appressarsi al fonte e rinascervi a vita nuova.
______________
1)
Cf SC 42.
2)
SC 6.
L'unzione con l'olio degli
infermi, il cui uso è attestato da san Giacomo3, conferisce
ai malati il rimedio per le infermità dell'anima e del corpo, perché
essi possano così sopportare e combattere vigorosamente il male e
ottenere il perdono dei peccati.
I. La materia sacramentale
3. Materia adatta del
sacramento è l'olio d'oliva, o, secondo casi particolari, altro olio
vegetale.
4. Il crisma si prepara con
olio e aromi o sostanze profumate.
5. La preparazione del crisma
si può fare privatamente prima della benedizione o anche dal vescovo
durante l'azione liturgica.
II. Il ministro
6. La benedizione del crisma
è riservata soltanto al vescovo.
7. L'olio dei catecumeni, se
le Conferenze Episcopali hanno ritenuto opportuno conservarne l'uso,
viene benedetto insieme con gli altri oli dal vescovo nella Messa
crismale. In caso però di Battesimo degli adulti, anche ai presbiteri
è data facoltà di benedire l'olio dei catecumeni prima dell'unzione
nel grado corrispondente del catecumenato.
8. L'olio per l'Unzione degli
infermi dev'essere benedetto a questo scopo dal vescovo o da un
presbitero che ne abbia facoltà per diritto, o per speciale concessione
della Santa Sede. Possono benedire a norma di diritto l'olio per
l'Unzione degli infermi:
a) coloro che a norma di
diritto sono equiparati al vescovo diocesano;
b) in caso di necessità,
qualsiasi presbitero, ma solo nella stessa celebrazione del sacramento.
______________
3) Cf Gc 5, 14.
III. Il giorno della benedizione
9. La benedizione dell'olio
degli infermi, dell'olio dei catecumeni e del crisma vien fatta
normalmente dal vescovo il Giovedì della Settimana santa nella Messa
propria che si celebra al mattino.
10. Se notevoli difficoltà si frapponessero alla riunione del clero e
del popolo con il loro vescovo, la benedizione si può anticipare ad
altro giorno, ma sempre in prossimità della Pasqua e con il formulario
della Messa propria.
IV. Il momento della benedizione nel corso dell'azione liturgica
11. In conformità con la
tradizione latina, la benedizione dell'olio degli infermi si fa prima
della conclusione della Preghiera eucaristica; la benedizione dell'olio
dei catecumeni e del crisma si fa dopo la comunione.
12. È tuttavia consentito,
per ragioni pastorali, compiere tutto il rito di benedizione dopo la
liturgia della Parola, conservando però l'ordine indicato nel rito
stesso.
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