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 COSTITUZIONE
        APOSTOLICA
        
         CON
        LA QUALE SI PROMULGA L'UFFICIO DIVINO RINNOVATO
        
         A
        NORMA
        
         DEL
        CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
 PAOLO
        VESCOVO
 servo
        dei servi di dio - a perpetua memoria
 
 
 II. Le antifone e gli altri elementi che aiutano a pregare con i
        salmi
        
          
        
         110. Tre elementi nella tradizione latina hanno contribuito molto a far
        comprendere i salmi e a trasformarli in preghiera cristiana: i titoli,
        le orazioni dopo i salmi e soprattutto le antifone.
        
          
        
         111. Nel salterio della Liturgia delle Ore, ad ogni salmo è premesso un
        titolo sul suo significato e la sua importanza per la vita umana del
        credente. Questi titoli, nel libro della Liturgia delle Ore, sono
        proposti unicamente a utilità di coloro che recitano i salmi. Per
        alimentare la preghiera alla luce della rivelazione nuova, si aggiunge
        una sentenza del Nuovo Testamento o dei Padri che invita a pregare in
        senso cristologico.
        
          
        
         112. Le orazioni sui salmi hanno il fine di aiutare coloro che li
        recitano a interpretarli in senso soprattutto cristiano. Sono proposte
        per i singoli salmi nel Supplemento al libro della Liturgia delle Ore e
        si possono liberamente usare, secondo una antica tradizione. Così
        terminato il salmo e fatta una pausa di silenzio, l'orazione raccoglie e
        conclude i sentimenti di coloro che hanno recitato il salmo.
        
          
        
         113. Anche quando la Liturgia
        delle Ore è eseguita senza canto, ogni salmo ha la propria antifona,
        che si dice ugualmente nella recita individuale. Le antifone, infatti,
        aiutano a illustrare il genere letterario del salmo; trasformano il
        salmo in preghiera personale: mettono meglio in luce una frase degna di
        attenzione, che altrimenti potrebbe sfuggire; danno un certo tono
        particolare a qualche salmo a seconda delle circostanze; anzi, purché
        si escludano adattamenti stravaganti, giovano molto all'interpretazione
        tipologica o festiva; possono rendere piacevole e varia la recita dei
        salmi.
        
          
        
         114. Le antifone nel salterio sono composte in modo da poter essere
        tradotte nelle lingue moderne anzi da poter essere ripetute dopo
        ciascuna strofa, secondo quanto è detto al n. 125. Nell'Ufficio del
        Tempo ordinario celebrato senza canto, al posto di queste antifone si
        possono usare, se si ritiene opportuno, le sentenze preposte ai salmi
        (cf n. 111).
        
          
        
         115. Quando il salmo, per la
        sua lunghezza, si può dividere in più parti entro una sola e medesima
        Ora, alle singole parti viene assegnata un'antifona propria, sia per
        rendere più varia la recita dei salmi, specialmente nella celebrazione
        con il canto sia per comprendere meglio la ricchezza del salmo; tuttavia
        è consentito recitare il salmo intero senza interruzione, usando solo
        la prima antifona.
        
          
        
         116. Vi sono antifone proprie
        per i singoli salmi alle Lodi e ai Vespri nel Triduo pasquale, nei
        giorni fra le ottave di Pasqua e di Natale, nelle domeniche del Tempo di
        Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure nelle ferie della
        Settimana santa, del Tempo pasquale e nei giorni dal 17 al 24 dicembre.
        
          
        
         117. Nelle solennità,
        l'Ufficio delle letture, le Lodi mattutine, Terza,
        Sesta, Nona e i Vespri hanno antifone proprie; altrimenti si
        prendono dal Comune. Nelle feste si osserva la stessa norma dell'Ufficio
        delle letture, alle Lodi mattutine e ai Vespri.
        
          
        
         118. Quelle memorie di santi
        che le avessero, si celebrano con antifone proprie (cf n. 235).
        
          
        
         119. Le antifone al Benedictus
        e al Magnificat nell'Ufficio del Tempo si prendono dal Proprio del Tempo,
        se vi sono, altrimenti dal salterio corrente; nelle solennità e nelle
        feste si prendono dal Proprio, se vi sono, altrimenti dal Comune; nelle
        memorie, che non hanno antifona propria, si può dire o l'antifona del
        Comune o quella della feria corrente.
        
          
        
         120. Nel Tempo pasquale, a
        tutte le antifone si aggiunge l'«Alleluia», tranne i casi in cui non
        si accorda con il senso dell'antifona.
        
          
        
         III. Il modo di salmodiare
        
          
        
         121. Sono possibili svariati
        modi di eseguire i salmi secondo che lo richiedono il genere letterario,
        la lunghezza, la lingua, l'esecuzione individuale o collettiva, la
        partecipazione del popolo.
        
         La facoltà di scegliere fra
        molte soluzioni possibili quella più confacente, giova non poco a far
        meglio percepire la fragranza spirituale e artistica dei salmi. Questi,
        infatti, non sono stati ordinati quasi fossero delle semplici quantità
        di preghiera da far seguire le une alle altre, ma secondo il criterio
        del contenuto e del carattere specifico di ciascuno di essi.
        
          
        
         122. I salmi si cantano o si
        recitano in modo continuato (cioè in
        directum), oppure a versetti o strofe in alternanza tra due cori o
        parti dell'assemblea, o in modo responsoriale. Tutto ciò secondo le
        diverse usanze confermate dalla tradizione e dall'esperienza.
        
          
        
         123. All'inizio di ogni salmo
        si premetta sempre l'antifona corrispondente, come viene indicato sopra
        ai nn. 113-120. Si mantenga poi l'uso di concluderlo con il «Gloria al
        Padre» e il «Come era». Il «Gloria» è infatti una conclusione
        adatta, convalidata dalla tradizione e tale da conferire alla preghiera
        dell'Antico Testamento un senso laudativo di carattere cristologico e
        trinitario. Dopo il salmo, secondo l'opportunità, si ripete l'antifona.
        
          
        
         124. Quando si recitano salmi
        più lunghi, questi nel salterio sono suddivisi in modo da esprimere la
        struttura ternaria dell'Ora, sempre però nel pieno rispetto della loro
        reale linea di pensiero.
        
         È bene attenersi a questa
        divisione, specialmente nella celebrazione corale in lingua latina,
        aggiungendo il «Gloria al Padre» alla fine di ogni sezione.
        
         Tuttavia è consentito o
        mantenere questo modo tradizionale, o interporre una pausa fra le
        diverse parti del medesimo salmo, o recitare il salmo intero tutto di
        seguito con la propria antifona.
        
          
        
         125. Quando, inoltre, il
        genere letterario del salmo lo consente, vengono indicate delle
        divisioni in strofe, in modo che, specialmente se i salmi vengono
        cantati in una lingua moderna, si possano eseguire intercalando
        l'antifona dopo ogni strofa; in tal caso è sufficiente aggiungere il «Gloria
        al Padre» alla fine di tutto il salmo.
        
          
        
         IV. Criteri di distribuzione dei salmi nell'Ufficio
        
          
        
         126. I salmi sono distribuiti
        in un ciclo di quattro settimane. Pochissimi sono quelli esclusi. Altri,
        poi, considerati come tradizionalmente più importanti, sono ripetuti
        con maggiore frequenza. Alle Lodi mattutine, ai Vespri e a Compieta sono
        assegnati salmi adatti alla rispettiva Ora5.
        
          
        
         127. Per le Lodi mattutine e
        per i Vespri, Ore particolarmente destinate alla celebrazione con il
        popolo, sono stati scelti salmi più adatti a questo scopo.
        
          
        
         128. Per la Compieta si è
        tenuto presente la norma data al n.88.
        
          
        
         129. Per la domenica, inclusi
        l'Ufficio delle letture e l'Ora media, sono stati scelti quei salmi che,
        secondo la tradizione, sono più indicati per esprimere il mistero
        pasquale. Al venerdì sono stati assegnati alcuni salmi penitenziali o
        della Passione.
        
          
        
         130. Sono riservati ai Tempi
        di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua tre salmi, cioè il 77, il 104 e
        il 105, che più chiaramente mettono in luce la storia della salvezza
        nell'Antico Testamento come preannuncio di quella che è portata a
        compimento nel Nuovo.
        
          
        
         131. I tre salmi 57, 82 e
        108, nei quali prevale il carattere imprecatorio, vengono esclusi dal
        salterio corrente. Così pure alcuni versetti di qualche salmo sono
        stati omessi come viene indicato all'inizio del salmo. L'omissione di
        questi testi è dovuta unicamente a una certa qual difficoltà
        psicologica. Infatti questi stessi salmi imprecatori si trovano nella
        pietà del Nuovo Testamento, per esempio nell'Apocalisse al cap. 6, 10,
        e in nessun modo intendono indurre a maledire.
        
          
        
         132. I salmi che sono troppo
        lunghi per essere contenuti in una sola Ora dell'Ufficio, sono
        distribuiti in diversi giorni, nella stessa Ora, in modo che possano
        essere recitati integralmente da coloro che non sono soliti dire le
        altre Ore. Così il salmo 118, secondo una sua propria divisione, è
        distribuito in ventidue giorni all'Ora media, perché per tradizione era
        assegnato alle ore diurne.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         5) Cf SC 91.
        
          
        
          
        
         133. Il ciclo di quattro settimane del salterio è connesso con l'anno
        liturgico in modo tale che dalla prima settimana, tralasciando
        eventualmente le altre, venga ripreso alla prima domenica di Avvento,
        alla prima settimana del Tempo ordinario, alla prima domenica di
        Quaresima e alla prima domenica di Pasqua.
        
         Dopo Pentecoste, poiché nel
        Tempo ordinario il ciclo del salterio segue la serie delle settimane, si
        riprende da quella settimana del salterio che nel Proprio del Tempo è
        indicata all'inizio della rispettiva settimana del Tempo ordinario.
        
          
        
         134. Nelle solennità e nelle feste, nel Triduo pasquale, nei giorni tra
        le ottave di Pasqua e di Natale, all'Ufficio delle letture sono
        assegnati salmi propri, tra quelli confermati dalla tradizione. La loro
        idoneità per lo più è illustrata dall'antifona. Lo stesso avviene
        anche per l'Ora media in alcune solennità del Signore e nell'ottava di
        Pasqua. Alle Lodi mattutine si prendono i salmi e il cantico della prima
        domenica del salterio. Ai primi Vespri delle solennità, i salmi sono
        della serie «Laudate» secondo l'uso antico. Ai secondi Vespri delle
        solennità e ai Vespri delle feste, i salmi e il cantico sono propri.
        All'Ora media delle solennità, eccettuate quelle di cui si è detto
        sopra, purché non ricorrano in giorno di domenica, i salmi si prendono
        fra quelli detti graduali; all'Ora media delle feste si dicono i salmi
        del giorno corrente dei salterio.
        
         135. In tutti gli altri casi
        i salmi si prendono dal salterio corrente, a meno che non vi siano
        antifone proprie o salmi propri.
        
          
        
         V. I cantici dell'Antico e del Nuovo Testamento
        
          
        
         136. Alle Lodi tra il primo e il secondo salmo, si inserisce, come
        consuetudine, un cantico dell'Antico Testamento. Oltre la serie già
        adottata dall'antica tradizione romana e l'altra introdotta nel
        Breviario da san Pio X, nel salterio sono stati ammessi parecchi altri
        cantici tratti dai diversi libri dell'Antico Testamento, in modo che
        ciascun giorno feriale delle quattro settimane abbia il suo proprio
        cantico; nelle domeniche si alternano le due parti del cantico dei «Tre
        fanciulli».
        
          
        
         137. Ai Vespri, dopo i due salmi, si inserisce un cantico del Nuovo
        Testamento, tratto dalle Lettere o dall'Apocalisse. Sono indicati sette
        cantici, per i singoli giorni di ciascuna settimana. Nelle domeniche di
        Quaresima, in luogo del cantico alleluiatico dell'Apocalisse, si dice il
        cantico dalla prima Lettera di Pietro. Inoltre nella solennità
        dell'Epifania e nella festa della Trasfigurazione del Signore, si dice
        il cantico indicato a suo luogo, tratto dalla prima lettera a Timoteo.
        
          
        
         138. I cantici evangelici Benedictus,
        Magnifcat, Nunc dimittis abbiano il medesimo onore, la medesima
        solennità e dignità di cui si è soliti circondare il Vangelo, quando
        si ascolta.
        
          
        
         139. Sia la salmodia che le letture sono disposte secondo la norma
        costante della tradizione, in modo che prima si legga l'Antico
        Testamento, poi l'Apostolo e per ultimo il Vangelo.
        
          
        
         VI. La lettura della Sacra Scrittura
        
          
        
         a) Lettura della Sacra Scrittura in genere
        
          
        
         140. La lettura della Sacra Scrittura, che per antica tradizione si fa
        pubblicamente nella liturgia, non soltanto nella celebrazione
        eucaristica, ma anche nell'Ufficio divino, dev'essere tenuta nella
        massima considerazione da tutti i cristiani, perché viene proposta
        dalla Chiesa stessa, non a scelta dei singoli o secondo la disposizione
        più favorevole del loro animo, ma in ordine al mistero che la Sposa di
        Cristo «svolge attraverso il ciclo annuale dall'Incarnazione e dalla
        Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e all'attesa
        della beata speranza e del ritorno del Signore»6.
        
         Inoltre nella celebrazione
        liturgica la lettura della Sacra Scrittura è sempre accompagnata dalla
        preghiera, in modo che la lettura porti maggior frutto e a sua volta la
        preghiera, specialmente dei salmi, venga compresa più pienamente e
        fatta con più intensa pietà in forza della lettura.
        
          
        
         141. Nella Liturgia delle Ore, viene proposta sia una forma più lunga
        di lettura della Sacra Scrittura sia una forma più breve.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         6) SC 102.
        
          
        
          
        
         142. La lettura più lunga, che si può fare facoltativamente alle Lodi
        mattutine e ai Vespri, è descritta sopra al n. 46.
        
          
        
          
        
         b) Ciclo di letture bibliche nell'Ufficio delle letture
        
         143. Nel ciclo lezionale biblico dell'Ufficio delle letture si tiene
        conto sia di quei tempi sacri nei quali, per venerabile tradizione, si
        devono leggere determinati libri, sia del ciclo lezionale della Messa.
        La Liturgia delle Ore è coordinata con quella della Messa, in modo tale
        che la lettura della Scrittura nell'Ufficio completi quella della Messa,
        e si abbia così un compendio di tutta la storia della salvezza.
        
          
        
         144. Ferma restando
        l'eccezione di cui al n. 73, il Vangelo nella Liturgia delle Ore non si
        legge, perché lo si legge integralmente ogni anno nella Messa.
        
          
        
         145. Si ha un duplice ciclo di lettura biblica: uno è inserito nel
        libro della Liturgia delle Ore e comprende un solo anno; l'altro,
        facoltativo, è contenuto nel Supplemento ed è biennale, come quello
        delle letture assegnate al Tempo ordinario nella Messa feriale.
        
          
        
         146. Il ciclo biennale delle letture è disposto in modo che ogni anno
        vengano assegnati alla Liturgia delle Ore quasi tutti i libri della
        Sacra Scrittura, come pure i testi più lunghi e più difficili, meno
        idonei ad esser letti nella Messa. Mentre però il Nuovo Testamento si
        legge integralmente ogni anno, parte nella Messa, parte nella Liturgia
        delle Ore, dai libri dell'Antico Testamento sono state scelte solo
        quelle parti che hanno maggiore importanza per la comprensione della
        storia della salvezza e per il nutrimento della pietà.
        
         La complementarità fra le
        letture assegnate alla Liturgia delle Ore e quelle della Messa esige
        necessariamente che lo stesso libro ricorra ad anni alterni nella Messa
        e nella Liturgia delle Ore o almeno, se si legge nello stesso anno, che
        intercorra un certo spazio di tempo. Ciò perché non vengano assegnati
        gli stessi testi agli stessi giorni, né vengano distribuiti gli stessi
        libri qua e là negli stessi tempi, cosa che lascerebbe alla Liturgia
        delle Ore i brani di minore importanza e turberebbe l'ordine dei testi.
        
          
        
         147. Nel Tempo di Avvento,
        secondo un'antica tradizione, si leggono brani tratti dal libro di
        Isaia, in lettura semicontinua, e ad anni alternati. Vi si aggiungono il
        libro di Ruth e alcune profezie del libro di Michea.
        
         Poiché dal 17 al 24 dicembre
        si leggono pagine assegnate in modo speciale a quei giorni, si omettono
        quelle letture della terza settimana di Avvento eventualmente eccedenti.
        
          
        
         148. Dal 29 dicembre al 5
        gennaio si legge, nel primo anno, la lettera ai Colossesi, nella quale
        l'incarnazione del Signore è presentata nell'ambito di tutta la storia
        della salvezza; nel secondo anno si legge il Cantico dei Cantici, nel
        quale è simboleggiata l'unione di Dio e dell'uomo in Cristo: «allora,
        infatti, Dio Padre celebrò le nozze di Dio suo Figlio, quando nel
        grembo della Vergine lo congiunse alla natura umana, allorché volle che
        lui che era Dio prima dei secoli, diventasse uomo alla fine dei secoli»7.
        
          
        
         149. Dal 7 gennaio al sabato
        dopo l'Epifania, si leggono i testi escatologici tratti da Isaia 60-66 e
        da Baruch; le letture, eventualmente eccedenti, in quell'anno si
        omettono.
        
          
        
         150. In Quaresima, nel primo
        anno si leggono brani dal libro del Deuteronomio e dalla Lettera agli
        Ebrei. Nel secondo anno viene offerto un compendio della storia della
        salvezza dai libri dell'Esodo, del Levitico e dei Numeri. La Lettera
        agli Ebrei interpreta l'antica alleanza alla luce del mistero pasquale
        di Cristo.
        
         Dalla medesima Lettera il
        Venerdì santo «in Passione Domini» si legge il brano sul sacrificio
        di Cristo (9, 11-28) e il Sabato santo quello sul riposo del Signore (4,
        1-16). Negli altri giorni della Settimana santa, nel primo anno si
        leggono il terzo e il quarto carme del Servo del Signore dal libro di
        Isaia, e brani tratti dal libro delle Lamentazioni; nel secondo anno si
        legge il profeta Geremia, come tipo del Cristo sofferente.
        
          
        
         151. Nel Tempo pasquale,
        eccettuate le domeniche prima e seconda di Pasqua e le solennità
        dell'Ascensione e della Pentecoste, si leggono, secondo la tradizione,
        nel primo anno la
        
          
        
         ______________
        
          
        
         7) S. Gregorio
        M., Homilia 34 in
        Evangelia: PL 76, 1282.
        
          
        
          
        
         prima Lettera di Pietro, il
        libro dell'Apocalisse, e le Lettere di Giovanni; nel secondo anno gli
        Atti degli Apostoli.
        
          
        
         152. Dal lunedì dopo la
        domenica del Battesimo del Signore fino alla Quaresima e dal lunedì
        dopo Pentecoste fino all'Avvento, decorre la serie continua delle
        trentaquattro settimane del Tempo ordinario.
        
         Questa serie viene interrotta
        dal Mercoledì delle Ceneri fino al giorno di Pentecoste. Il lunedì
        dopo la domenica di Pentecoste si riprende la lettura del Tempo
        ordinario da quella settimana che segue la settimana interrotta per il
        sopravvenire della Quaresima, omessa la lettura assegnata alla domenica.
        Negli anni in cui si hanno solo trentatré settimane del Tempo
        ordinario, si omette la settimana che cade immediatamente dopo la
        Pentecoste, in modo da leggere sempre le letture delle ultime settimane,
        che sono di indole escatologica. I libri dell'Antico Testamento sono
        distribuiti secondo la storia della salvezza: Dio rivela se stesso lungo
        il corso della vita di quel popolo, che per successive tappe viene
        condotto e illuminato. Pertanto i profeti si leggono intercalati ai
        libri storici, tenuto conto del tempo nel quale vissero e insegnarono.
        Per questo, nel primo anno la serie delle letture dell'Antico Testamento
        propone contemporaneamente libri storici e oracoli dei profeti dal libro
        di Giosuè fino ai testi connessi con il tempo dell'esilio incluso.
        
         Nel secondo anno, dopo la
        lettura della Genesi, da farsi prima della Quaresima, si riprende la
        storia della salvezza da dopo l'esilio fino al tempo dei Maccabei.
        S'inseriscono nello stesso anno i profeti più recenti, i libri
        sapienziali e le narrazioni dei libri di Ester, Tobia e Giuditta. Le
        Lettere degli apostoli, che non si leggono nei tempi speciali, vengono
        distribuite tenendo conto sia delle letture della Messa, sia dell'ordine
        cronologico in cui sono state scritte.
        
          
        
         153. Il ciclo di un solo anno
        è stato abbreviato in modo che ogni anno si leggano brani scelti della
        Sacra Scrittura, tenuti presenti ambedue i cicli di letture della Messa,
        ai quali sono di complemento.
        
          
        
         154. Alle solennità e alle
        feste è assegnata una lettura propria, mancando la quale si ricorre al
        Comune dei santi.
        
          
        
         155. Le singole pericopi, per quanto è possibile, conservano una certa
        unità; pertanto per non superare una giusta lunghezza, del resto
        diversa secondo i vari generi letterari dei libri, talvolta sono omessi
        alcuni versetti: cosa che è sempre indicata a suo luogo. Però si può
        - ed è cosa lodevole - leggere integralmente il brano su di un testo
        approvato.
        
          
        
         c) Letture brevi
        
          
        
         156. Le letture brevi, o «capitoli»,
        di cui l'importanza nella Liturgia delle Ore è stata descritta al n.
        45, sono state scelte in modo da esprimere brevemente ma chiaramente una
        sentenza o una esortazione. Ne è stata curata anche la varietà.
        
          
        
         157. Sono state perciò fissate quattro serie settimanali di letture
        brevi per il Tempo ordinario. Sono inserite nel salterio, in modo che la
        lettura cambi ogni giorno per quattro settimane. Si hanno inoltre delle
        serie settimanali per i tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua.
        
         Hanno letture brevi proprie
        le solennità, le feste e alcune memorie. C'è pure una serie di una
        settimana per la Compieta.
        
          
        
         158. Nella scelta delle letture brevi si sono osservati i seguenti
        criteri:
        
         a) secondo la tradizione,
        sono stati esclusi i Vangeli;
        
         b) per quanto possibile, fu
        tenuto presente il carattere particolare della domenica, del venerdì e
        anche delle singole Ore; 
        
         c) le letture dei Vespri sono
        state scelte solo dal Nuovo Testamento, perché seguono il cantico, che
        è della stessa origine.
        
          
        
         VII. La lettura dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici
        
          
        
         159. Secondo la tradizione della Chiesa Romana, nell'Ufficio delle
        letture, dopo la lettura biblica, si ha quella dei Padri o degli
        Scrittori ecclesiastici con il suo responsorio, a meno che non si debba
        leggere quella agiografica (cf nn. 228-239).
        
          
        
         160. In questa lettura
        vengono proposti testi tratti dagli scritti dei santi Padri, dei Dottori
        e di altri Scrittori ecclesiastici appartenenti sia alla Chiesa
        Orientale che Occidentale, in modo però da dare la preferenza ai santi
        Padri che godono di una particolare autorità nella Chiesa.
        
          
        
         161. Oltre alle letture assegnate al libro della Liturgia delle Ore per
        i singoli giorni, si ha pure un Lezionario facoltativo, nel quale è
        presentata una maggiore abbondanza di letture, in modo da aprire più
        largamente il tesoro della tradizione della Chiesa a coloro che
        celebrano l'Ufficio divino. È data facoltà a ognuno di prendere la
        seconda lettura o dal libro della Liturgia delle Ore, o dal Lezionario
        facoltativo.
        
          
        
         162. Le Conferenze Episcopali
        possono inoltre preparare anche altri testi rispondenti alle tradizioni
        e alla mentalità della propria regione8 da inserire nel
        Lezionario facoltativo come supplemento.
        
         Questi testi vanno ricavati
        dalle opere di Scrittori cattolici distinti per dottrina e santità di
        vita.
        
          
        
         163. Lo scopo di tale lettura è principalmente la meditazione della
        parola di Dio, così come è accolta dalla Chiesa nella sua tradizione.
        La Chiesa, infatti, ha sempre ritenuto necessario spiegare ai fedeli in
        maniera autentica la parola di Dio, perché «la linea della
        interpretazione profetica e apostolica si svolgesse secondo la norma del
        senso ecclesiastico e cattolico»9.
        
          
        
         164. Dal contatto assiduo con
        i documenti presentati dalla tradizione universale della Chiesa, i
        lettori sono condotti a una più profonda meditazione della Sacra
        Scrittura e a un soave e vivo amore per essa. Gli scritti dei santi
        Padri, infatti, sono splendide testimonianze di quella meditazione della
        parola di Dio, prolungatasi per secoli, con la quale la Sposa del Verbo
        incarnato, cioè la Chiesa «che ha con sé il consiglio e lo spirito
        del suo Sposo e Dio»10 si sforza di giungere giorno per
        giorno a una più profonda intelligenza delle Sacre Scritture.
        
          
        
         165. La lettura dei Padri inoltre aiuta i cristiani a comprendere meglio
        il significato dei tempi e delle celebrazioni liturgiche. Apre loro
        l'accesso alle inestimabili ricchezze spirituali che formano il prezioso
        patrimonio della Chiesa, e insieme presentano il fondamento della vita
        spirituale ed un ricchissimo
        
          
        
         ______________
        
          
        
         8) Cf SC 38.
        
         9) S. vincenzo
        lirinense, Commonitorium,
        2: PL 50,640.
        
         10) S. bernardo,
        Sermo 3 in vigilia
        Nativitatis, 1: PL 183 (ed. 1879), 94.
        
          
        
          
        
         nutrimento della pietà. I
        predicatori poi della parola di Dio hanno così tra mano, ogni giorno,
        eccellenti esempi di sacra predicazione.
        
          
        
         VIII. La lettura agiografica
        
          
        
         166. Col nome di lettura
        agiografica si intende sia il testo di qualche Padre o Scrittore
        ecclesiastico che tratta espressamente del santo celebrato o che a esso
        si può ragionevolmente applicare, sia un brano degli scritti dello
        stesso santo, o il racconto della sua vita.
        
          
        
         167. Nel comporre i Propri
        particolari dei santi, ci si deve attenere sempre alla verità storica11
        ed avere di mira il vero profitto spirituale di coloro che leggeranno o
        ascolteranno la lettura agiografica. Si deve diligentemente evitare ciò
        che desta soltanto ammirazione; si ponga invece in luce la spiritualità
        specifica dei santi, in una forma accettabile ai nostri tempi, come pure
        la loro importanza per la vita e la pietà della Chiesa.
        
          
        
         168. Una breve notizia
        biografica, che presenta dati puramente storici e descrive brevemente la
        vita, è posta prima della lettura stessa, unicamente per informazione,
        e quindi non si deve leggere nella celebrazione.
        
          
        
         IX. I responsori
        
          
        
         169. Nell'Ufficio delle
        letture, alla lettura biblica segue il suo responsorio proprio, il cui
        testo è stato scelto dal tesoro della tradizione, o composto ex
        nova, al fine di portare nuova luce per la comprensione della
        lettura appena letta, o di inserire la lettura nella storia della
        salvezza, o di ricondurre dall'Antico al Nuovo Testamento, o di cambiare
        la lettura in preghiera e contemplazione, o, infine, di conferire con la
        sua bellezza poetica una piacevole varietà.
        
          
        
         170. Così pure alla seconda
        lettura è aggiunto un responsorio appropriato; questo, però, non è
        strettamente congiunto con il testo della lettura, e perciò favorisce
        maggiormente la libertà della meditazione.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         11)
        Cf SC 92c.
        
          
        
          
        
         171. I responsori pertanto
        con le loro parti, da ripetersi anche nella recita individuale,
        mantengono il loro valore. La parte però che nel responsorio si suole
        ripetere, nella recita senza canto si può omettere, a meno che la
        ripetizione non sia richiesta dal senso stesso.
        
          
        
         172. Così pure, ma in modo
        più semplice, il responsorio breve alle Lodi mattutine, ai Vespri e a
        Compieta, di cui sopra ai nn. 49 e 89, e il versetto a Terza, Sesta e
        Nona, sono una risposta alla lettura breve, come una specie di
        acclamazione, allo scopo di imprimere più profondamente la parola di
        Dio nell'animo di chi ascolta o di chi legge.
        
          
        
         X. Gli inni e gli altri canti non biblici
        
          
        
         173. Gli inni, che già per
        antichissima tradizione facevano parte dell'Ufficio, conservano anche
        ora la loro funzione12. In realtà, per la loro ispirazione
        lirica, non solo sono destinati specificamente alla lode di Dio, ma
        costituiscono un elemento popolare: anzi, di solito caratterizzano
        immediatamente e più che le altre parti dell'Ufficio, l'aspetto
        particolare delle Ore e delle singole celebrazioni muovendo e stimolando
        gli animi a una pia celebrazione. Spesso tale efficacia è accresciuta
        dalla loro bellezza letteraria. Inoltre gli inni nell'Ufficio sono come
        il principale elemento poetico composto dalla Chiesa.
        
          
        
         174. L'inno, secondo la
        tradizione, si conclude con la dossologia, che di solito viene diretta
        alla medesima Persona divina, alla quale è rivolto l'inno stesso.
        
          
        
         175. Nell'Ufficio del Tempo
        ordinario, per favorire la varietà, è stato predisposto un duplice
        ciclo di inni a tutte le Ore, da usarsi a settimane alterne.
        
          
        
         176. Inoltre, nell'Ufficio
        delle letture del Tempo ordinario, è stato introdotto un duplice ciclo
        di inni, a seconda che si recitano di notte o di giorno.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         12) Cf SC 93.
        
          
        
          
        
          
        
         177. Agli inni di nuova composizione si possono applicare le melodie
        tradizionali sul medesimo ritmo e sullo stesso metro.
        
          
        
         178. Per quanto riguarda la celebrazione in una lingua moderna, si da
        facoltà alle Conferenze Episcopali di adattare gli inni latini al
        carattere della propria lingua, e anche di introdurre inni di nuova
        composizione13 purché si addicano veramente al carattere
        dell'Ora, o del Tempo o della celebrazione. Inoltre si deve evitare
        diligentemente di ammettere delle canzonette popolari, che non hanno
        nessun valore artistico e che in verità non si addicono alla dignità
        della liturgia.
        
          
        
         XI. Le preci, la preghiera del Signore, l'orazione conclusiva
        
          
        
         a) Invocazioni e intercessioni alle Lodi e ai Vespri
        
          
        
         179. La Liturgia delle Ore celebra senza dubbio le lodi di Dio. Tuttavia
        la tradizione sia giudaica che cristiana non separa dalla lode divina la
        preghiera di domanda; anzi non di rado fa in qualche modo scaturire
        questa da quella. L'apostolo Paolo raccomanda «che si facciano domande,
        suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e
        per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una
        vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa
        bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che
        tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità»
        (1Tm 2, 1-4). Questa raccomandazione non di rado è stata interpretata
        dai Padri nel senso che si dovessero fare mattina e sera delle preghiere
        di intercessione 14.
        
          
        
         180. Le intercessioni che sono state nuovamente introdotte nella Messa
        di rito romano, si fanno anche ai Vespri, però in un modo diverso, come
        è descritto appresso.
        
          
        
         181. Poiché inoltre è tradizione della preghiera che alla mattina si
        consacri a Dio tutto il giorno, alle Lodi mattutine si fanno invocazioni
        per affidare o consacrare a Dio la giornata.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         13) SC 38.
        
         14) Così, p. es., s.
        giovanni crisostomo, In
        Epist. ad Tim. I, Homilia 6: PG 62, 530.
        
          
        
          
        
         182. Con il nome di «preci» si indicano tanto le intercessioni che si
        fanno ai Vespri, quanto le invocazioni che si fanno alle Lodi mattutine
        per dedicare a Dio la giornata.
        
          
        
         183. Per motivo di varietà, ma soprattutto per meglio esprimere le
        molteplici necessità della Chiesa e degli uomini, secondo i diversi
        stati, categorie, persone, condizioni e tempi, si propongono formule
        diverse di preci per i singoli giorni del ciclo del salterio del Tempo
        ordinario, così pure per i tempi speciali dell'anno liturgico, e per
        alcune celebrazioni festive.
        
          
        
         184. Le Conferenze Episcopali hanno il diritto sia di adattare le
        formule proposte nel libro della Liturgia
        Horarum, sia di approvarne di nuove15, attenendosi però
        alle norme che seguono.
        
          
        
         185. Come nella preghiera del Signore, le domande non devono essere
        disgiunte dalla lode di Dio e cioè dal riconoscimento della sua gloria,
        o dal ricordo della storia della salvezza.
        
          
        
         186. Nelle intercessioni dei Vespri, l'ultima intenzione è sempre per i
        defunti.
        
          
        
         187. Poiché la Liturgia delle Ore è principalmente preghiera di tutta
        la Chiesa per tutta la Chiesa, anzi per la salvezza di tutto il mondo16
        è necessario che nelle preci le intenzioni universali abbiano
        senz'altro il primo posto: si preghi cioè per la Chiesa con la sua
        gerarchia, per le autorità civili, per coloro che sono afflitti da
        povertà, malattia, dolore, per le necessità del mondo intero, cioè
        per la pace e per altre circostanze simili.
        
          
        
         188. È lecito tuttavia, sia
        alle Lodi mattutine, che ai Vespri, aggiungere alcune intenzioni
        particolari.
        
          
        
         189. Le preci dell'Ufficio sono strutturate in modo che si possono
        adattare sia alla celebrazione con il popolo, sia alla celebrazione in
        una piccola comunità, sia alla recita individuale.
        
          
        
         190. Nella recita con il popolo o in comune, le preci sono introdotte da
        un breve invito da farsi dal sacerdote o dal ministro per suggerire la
        risposta invariabile dell'assemblea.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         15)
        Cf SC 38. 
        
         16)
        SC 83, 89.
        
          
        
          
        
         191. Le intenzioni poi si
        enunciano rivolgendosi direttamente a Dio, in modo che possano servire
        sia per la celebrazione in comune che per la recita individuale.
        
          
        
         192. Ogni formula di
        intenzione consta di due parti, la seconda delle quali può essere usata
        come risposta variabile.
        
          
        
         193. Si possono quindi
        seguire modi diversi. Il sacerdote o il ministro dice l'una e l'altra
        parte e l'assemblea risponde con il ritornello o fa una pausa di
        silenzio; oppure il sacerdote o il ministro dice solo la prima parte e
        l'assemblea la seconda.
        
          
        
         
		
		
		b) La preghiera del Signore
        
          
        
         194. Alle Lodi mattutine e ai
        Vespri, che sono le Ore maggiormente indicate per la celebrazione con il
        popolo, il «Padre nostro», per la sua dignità e secondo una
        venerabile tradizione, viene recitato dopo le preci.
        
          
        
         195. La preghiera del
        Signore, quindi, d'ora in poi si dirà solennemente tre volte al giorno,
        cioè alla Messa, alle Lodi mattutine e ai Vespri.
        
          
        
         196. Il «Padre nostro» si
        dice da tutti, premettendo, se si crede opportuno, una breve monizione.
        
          
        
         c) Orazione conclusiva
        
          
        
         197. Alla fine di tutta l'Ora
        si dice l'orazione conclusiva che, nella celebrazione pubblica e con il
        popolo, a norma della tradizione, spetta al sacerdote o al diacono17.
        
          
        
         198. Questa orazione,
        nell'Ufficio delle letture è, di regola, quella propria del giorno. A
        Compieta, è sempre indicata nel salterio.
        
          
        
         199. Alle Lodi mattutine e ai
        Vespri, l'orazione si prende dal Proprio nelle domeniche, nelle ferie
        del Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure nelle
        solennità, feste e memorie. Nelle ferie del Tempo ordinario si dice
        invece l'orazione indicata nel ciclo del salterio, per esprimere il
        carattere proprio di queste Ore.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         17) Ct sotto, n. 256.
        
          
        
          
        
         200. A Terza, Sesta e Nona,
        cioè all'Ora media, l'orazione si prende dal Proprio nelle domeniche e
        nelle ferie del Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure
        nelle solennità e nelle feste. Negli altri giorni si dicono quelle
        orazioni che esprimono il carattere di ciascuna Ora e si trovano nel
        salterio.
        
          
        
         XII. Il sacro silenzio
        
          
        
         201. Poiché nelle azioni
        liturgiche generalmente si deve avere cura di «osservare a suo tempo
        anche il sacro silenzio»18, sia offerta la possibilità del
        silenzio anche nella celebrazione della Liturgia delle Ore.
        
          
        
         202. Per accogliere nei cuori
        la piena risonanza della voce dello Spirito Santo, e per unire più
        strettamente la preghiera personale con la parola di Dio e con la voce
        pubblica della Chiesa, si può dunque, secondo l'opportunità e la
        prudenza, interporre un intervallo di silenzio o dopo i singoli salmi,
        appena ripetuta l'antifona, secondo un'antica usanza e specialmente se,
        dopo il silenzio, si aggiunge l'orazione salmica (cf n. 112); oppure
        dopo le letture, sia brevi che lunghe, e precisamente prima o dopo il
        responsorio.
        
         Si deve però evitare di
        introdurre momenti di silenzio che deformino la struttura dell'Ufficio,
        o rechino molestia o fastidio ai partecipanti.
        
          
        
         203. Nella recita
        individuale, invece, c'è più ampia possibilità di fermarsi nella
        meditazione di qualche formula che stimoli gli effetti dello spirito,
        senza che l'Ufficio perda per questo la sua caratteristica di preghiera
        pubblica.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         18) SC 30.
        
          
        
          
        
         Capitolo IV
        
         LE VARIE CELEBRAZIONI NEL CORSO DELL'ANNO
        
          
        
         I. La celebrazione dei misteri del Signore
        
          
        
         a) La domenica
        
          
        
         204. L'Ufficio della domenica
        comincia dai primi Vespri, nei quali tutte le parti si prendono dal
        salterio, eccetto quelle assegnate come proprie.
        
          
        
         205. Quando una festa del
        Signore si celebra in domenica, ha i primi Vespri propri.
        
          
        
         206. Circa il modo di fare, secondo l'opportunità, le celebrazioni
        vigiliari delle domeniche, si è detto al n. 73.
        
          
        
         207. È quanto mai opportuno
        che, dove è possibile, si celebrino con il popolo almeno i Vespri,
        secondo un'antichissima consuetudine1.
        
          
        
         b) Il Triduo pasquale
        
          
        
         208. Nel Triduo pasquale, l'Ufficio si celebra come è descritto nel
        Proprio del Tempo.
        
          
        
         209. Coloro però che partecipano alla Messa vespertina «della Cena del
        Signore» o alla celebrazione della Passione del Signore al Venerdì
        santo, non dicono i Vespri del rispettivo giorno.
        
          
        
         210. Al venerdì «in Passione Domini» e al Sabato santo, prima delle
        Lodi mattutine si faccia, per quanto è possibile, la celebrazione in
        modo pubblico e con il popolo, dell'Ufficio delle letture.
        
          
        
         211. La Compieta del Sabato santo si dice solo da coloro che non
        intervengono alla Veglia pasquale.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         1) Cf SC 100
        
          
        
          
        
         212. La Veglia pasquale tiene
        il posto dell'Ufficio delle letture; coloro che non intervengono alla
        solenne Veglia pasquale, recitino di essa almeno quattro letture con i
        canti e le orazioni. È bene scegliere le letture dell'Esodo, di
        Ezechiele, dell'Apostolo e del Vangelo. Seguono l'inno Te
        Deum e l'orazione del giorno.
        
          
        
         213. Le Lodi della domenica
        di Risurrezione si dicono da tutti. Conviene che i Vespri siano
        celebrati nel modo più solenne, per festeggiare il tramonto di un
        giorno così sacro e per commemorare le apparizioni nelle quali il
        Signore si mostrò ai suoi discepoli.
        
         Là dove è ancora in vigore,
        si conservi con la massima diligenza la tradizione particolare di
        celebrare, nel giorno di Pasqua, i Vespri battesimali, durante i quali,
        mentre si cantano i salmi, si fa la processione al fonte.
        
          
        
         c) II Tempo pasquale
        
          
        
         214. La Liturgia delle Ore
        riceve il carattere pasquale dall'acclamazione «Alleluia» con la quale
        si conclude la maggior parte delle antifone (cf n. 120); inoltre dagli
        inni, dalle antifone, dalle preci speciali, e infine dalle letture
        proprie assegnate a ciascuna Ora.
        
          
        
         d) II Natale del Signore
        
          
        
         215. Nella notte del Natale
        del Signore conviene che prima della Messa si celebri la Veglia solenne
        con l'Ufficio delle letture. La Compieta non si dice da coloro che
        intervengono a questa Veglia.
        
          
        
         216. Le Lodi nel giorno del Natale si dicono regolarmente prima della Messa
        dell'aurora.
        
          
        
         e) Le altre solennità e feste del Signore
        
          
        
         217. Per ordinare l'Ufficio
        nelle solennità e nelle feste del Signore, si osservi, con le debite
        varianti, quanto si dice sotto, ai nn. 225-233.
        
          
        
         II. La celebrazione dei santi
        
          
        
         218. Le celebrazioni dei
        santi sono disposte in modo che non prevalgano sui giorni festivi e sui
        tempi sacri che commemorano i misteri della salvezza2, né
        impediscano spesso il ciclo della salmodia e della lettura della parola
        di Dio, o causino ripetizioni indebite. Salvo tale criterio, il culto
        dei santi viene promosso nella maniera più consona alla sua importanza.
        Su questi principi si basano sia la riforma del Calendario fatta per
        disposizione del Concilio Vaticano II, sia l'insieme delle norme che
        regolano la celebrazione dei santi nella Liturgia delle Ore, descritte
        nei numeri seguenti.
        
          
        
         219. Le celebrazioni dei
        santi sono o solennità, o feste, o memorie.
        
          
        
         220. Le memorie sono alcune
        obbligatorie altre facoltative. Per stabilire se convenga o no celebrare
        una memoria facoltativa nell'Ufficio con il popolo o in comune, si tenga
        conto del bene comune o di una vera devozione dell'assemblea stessa e
        non del solo presidente.
        
          
        
         221. Se nel medesimo giorno
        occorrono diverse memorie facoltative, se ne può celebrare una sola,
        omettendo le altre.
        
          
        
         222. Le solennità, ed esse
        soltanto, si trasferiscono, a norma delle rubriche.
        
          
        
         223. Le norme che seguono
        valgono tanto per i santi iscritti nel Calendario Romano generale,
        quanto per quelli iscritti nei calendari particolari.
        
          
        
         224. I rispettivi Comuni dei
        santi suppliscono le parti proprie, che eventualmente mancassero.
        
          
        
          
        
         1. Modo di ordinare l'Ufficio nelle solennità
        
          
        
         225. Le solennità hanno i
        primi Vespri nel giorno precedente.
        
          
        
         226. Nei Vespri, sia primi
        che secondi, l'inno, le antifone, la lettura breve con il suo
        responsorio, l'orazione conclusiva, sono
        
          
        
         ______________
        
          
        
         2) Cf SC 111.
        
          
        
          
        
         propri; in mancanza di parti
        proprie si ricorre al Comune. Nei primi Vespri i due salmi si prendono
        di norma dalla serie Laudate (cioè
        dai salmi: 112, 116, 134, 145, 146, 147) secondo l'antica tradizione; il
        cantico del Nuovo Testamento è indicato a suo luogo.
        
         Nei secondi Vespri, i salmi e
        il cantico sono propri. Le preci sono proprie o del Comune.
        
          
        
         227. Nelle Lodi mattutine,
        l'inno, le antifone, la lettura breve con il suo responsorio, l'orazione
        conclusiva sono propri; in mancanza di parti proprie, si ricorre al
        Comune. I salmi invece si devono prendere dalla domenica prima nel
        salterio. Le preci sono proprie o del Comune.
        
          
        
         228. Nell'Ufficio delle
        letture tutte le parti sono proprie: l'inno, le antifone con i salmi, le
        letture con i responsori. La prima lettura è biblica, la seconda
        agiografica. Se si tratta di un santo che ha solo un culto locale e non
        ha parti speciali neppure nel Proprio del luogo, si prende tutto dal
        Comune. Al termine dell'Ufficio delle letture si dice l'inno Te
        Deum e l'orazione propria.
        
          
        
         229. All'Ora media, cioè
        Terza, Sesta e Nona, salvo indicazioni diverse, si dice l'inno
        quotidiano; i salmi sono scelti fra quelli graduali, con l'antifona
        propria; in domenica però i salmi si prendono dalla domenica prima nel
        salterio; la lettura breve e l'orazione conclusiva sono proprie.
        Tuttavia in alcune solennità del Signore si propongono salmi speciali.
        
          
        
         230. A Compieta, tutto è
        della domenica, rispettivamente dopo i primi e dopo i secondi Vespri.
        
          
        
         2. Modo di ordinare l'Ufficio nelle feste
        
          
        
         231. Le feste non hanno i
        primi Vespri, a meno che non si tratti di feste del Signore che cadono
        in domenica. All'Ufficio delle letture, alle Lodi mattutine, e ai
        Vespri, si fa tutto come nelle solennità. 
        
          
        
         232. All'Ora media, cioè
        Terza, Sesta e Nona, si dice l'inno quotidiano; i salmi con le loro
        antifone si dicono dalla feria, a meno che una ragione particolare o la
        tradizione non richieda che all'Ora media si dica l'antifona propria, ciò
        che verrà indicato a suo luogo. La lettura breve e l'orazione
        conclusiva sono proprie.
        
          
        
         233. La Compieta si dice come
        nei giorni ordinari.
        
          
        
         3. Modo
        di ordinare l'Ufficio nelle memorie dei santi
        
          
        
         234. Tra la memoria obbligatoria e la memoria facoltativa, se questa
        effettivamente si celebra, non c'è alcuna differenza nel modo di
        ordinare l'Ufficio, a meno che non si tratti di memorie facoltative che
        cadono eventualmente nei tempi privilegiati.
        
          
        
         a) Memorie occorrenti nei
        giorni ordinari
        
          
        
         235. Nell'Ufficio delle letture, alle Lodi mattutine e ai Vespri:
        
         a) i salmi con le loro
        antifone si prendono dalla feria corrente, a meno che non vi siano
        antifone proprie o salmi propri che, nel caso, vengono indicati nei
        singoli luoghi;
        
         b) l'antifona
        dell'Invitatorio, l'inno, la lettura breve, le antifone al Benedictus
        e al Magnificat, le preci,
        se sono proprie, si devono dire del santo, altrimenti si prendono o dal
        Comune o dalla feria corrente;
        
         c) l'orazione conclusiva si
        deve dire del santo; d) nell'Ufficio delle letture, la lettura biblica
        con il suo responsorio è della Scrittura corrente; la seconda lettura
        è agiografica con il suo responsorio proprio o del Comune; se però la
        lettura non fosse propria, si prende dai testi dei Padri del giorno
        corrente. 
        
         Non si dice il Te Deum.
        
          
        
         236. Nell'Ora media, cioè Terza, Sesta e Nona e a Compieta, non si fa
        nulla del santo, ma tutto è della feria.
        
          
        
         b) Memorie occorrenti nei
        tempi speciali
        
          
        
         237. Nelle domeniche, nelle solennità e nelle feste, come pure nel
        Mercoledì delle Ceneri, nella Settimana santa e durante l'ottava di
        Pasqua, non si fa nulla delle memorie eventualmente occorrenti.
        
          
        
         238. Nelle ferie dal 17 al 24 dicembre, come pure durante l'ottava di
        Natale e nelle ferie di Quaresima, non si celebra alcuna memoria
        obbligatoria, neppure nei calendari particolari.
        
         Quelle, invece, che
        occasionalmente occorrono durante il Tempo di Quaresima, in quell'anno
        si considerano come memorie facoltative.
        
          
        
         239. Nei medesimi tempi, se
        qualcuno vorrà celebrare un santo che in quel giorno è iscritto come
        memoria:
        
         a) nell'Ufficio delle
        letture, dopo la lettura dei Padri dal Proprio del Tempo con il suo
        responsorio aggiunga la lettura agiografica propria con il suo
        responsorio e concluda con l'orazione del santo;
        
         b) inoltre alle Lodi
        mattutine e ai Vespri, dopo l'orazione conclusiva, omessa la
        conclusione, può aggiungere l'antifona (propria o dal Comune) e
        l'orazione del santo.
        
          
        
         c) Memoria di Santa Maria in
        sabato
        
          
        
         240. Nei sabati del Tempo
        ordinario, nei quali sono permesse le memorie facoltative, si può
        celebrare, con il medesimo rito, la memoria facoltativa di Santa Maria
        con la sua lettura propria.
        
          
        
          
        
         III. Calendario da usare e facoltà di scegliere qualche Ufficio o
        qualche sua parte
        
          
        
         a) Calendario da usare
        
          
        
         241. L'Ufficio in coro e in comune si deve celebrare secondo il
        calendario proprio, cioè della diocesi, o della famiglia religiosa, o
        delle singole Chiese3. I membri delle famiglie religiose si
        uniscono con la comunità della Chiesa locale nel celebrare la
        Dedicazione della chiesa cattedrale e i Patroni principali della
        circoscrizione minore e maggiore ove risiedono4.
        
          
        
         242. Ogni chierico o
        religioso, obbligato per qualsiasi titolo all'Ufficio divino e che
        partecipa all'Ufficio celebrato in comune secondo un calendario o un
        rito diverso dal suo, soddisfa in questo modo al suo obbligo per quanto
        riguarda quella parte dell'Ufficio.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         3) Cf Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico e del calendario, n.
        52 (cf pp. 588-589). 
        
         4)
        Cf ibid., n.52c(cf p. 588).
        
          
        
          
        
         243. Nella celebrazione
        individuale si può seguire o il calendario del luogo o il calendario
        proprio, eccetto nelle solennità e nelle feste proprie5.
        
          
        
         b) Facoltà di scegliere qualche Ufficio
        
          
        
         244. Nelle ferie che
        ammettono la celebrazione di una memoria facoltativa, per giusta causa
        si può celebrare con il medesimo rito (cf nn. 234-235), l'Ufficio di
        qualche santo iscritto in quel giorno nel Martirologio Romano o nella
        sua Appendice debitamente approvata.
        
          
        
         245. Eccetto che nelle
        solennità, nelle domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, nel Mercoledì
        delle Ceneri, nella Settimana santa, durante l'ottava di Pasqua e nel 2
        novembre, per causa pubblica o per devozione si può celebrare, in tutto
        o in parte, un Ufficio votivo: ciò può avvenire, per esempio, a motivo
        di un pellegrinaggio, di una festa locale, della solennità esterna di
        qualche santo.
        
          
        
         c) Facoltà di scegliere alcuni formulari
        
          
        
         246. In alcuni casi
        particolari, si possono scegliere nell'Ufficio formulari diversi da
        quelli occorrenti, purché resti integro l'ordinamento generale di
        ciascuna Ora e si osservino le regole che seguono.
        
          
        
         247. Nell'Ufficio delle
        domeniche, delle solennità, delle feste del Signore iscritte nel
        calendario generale, delle ferie di Quaresima e della Settimana santa,
        dei giorni fra l'ottava di Pasqua e di Natale, come pure delle ferie dal
        17 al 24 dicembre incluso, non si possono mai cambiare quei formulari
        che sono propri o appropriati a questa celebrazione; tali sono le
        antifone, gli inni, le letture, i responsori, le orazioni e, molto
        spesso, anche i salmi. Ai salmi domenicali della settimana corrente, si
        possono sostituire, se lo si ritiene opportuno, i salmi domenicali di
        un'altra settimana, anzi, se si tratta di Ufficio con il popolo, anche
        altri, scelti allo scopo di guidare gradualmente il popolo alla
        comprensione dei salmi.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         5) Cf Tabella dei giorni
        liturgici, nn. 4. 8 (cf pp. 701-702).
        
          
        
          
        
         248. Nell'Ufficio delle
        letture dev'essere sempre tenuta in onore la lettura corrente della
        Sacra Scrittura. Vale anche per l'Ufficio il desiderio della Chiesa «che
        in un determinato numero di anni, si legga al popolo la parte più
        importante delle Sacre Scritture»6. Tenuti presenti questi
        principi, nei Tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua non venga
        omesso il ciclo delle letture della Scrittura, che viene proposto per
        l'Ufficio delle letture. Durante il Tempo ordinario, invece, si possono
        scegliere in qualche giorno o per alcuni giorni continui, per giusta
        causa, le letture fra quelle che sono assegnate ad altri giorni o anche
        fra altre letture bibliche, per esempio, quando si fanno gli esercizi
        spirituali o convegni pastorali o preghiere per l'unità della Chiesa, o
        altre circostanze simili.
        
          
        
         249. Se talvolta la lettura
        continua viene interrotta per qualche solennità, o festa, o per una
        celebrazione particolare, si potrà, nella medesima settimana e tenendo
        presente l'ordinamento di tutta la settimana, o unire le parti che sono
        state omesse, con altre, oppure stabilire quali brani siano da preferire
        ad altri.
        
          
        
         250. Nel medesimo Ufficio
        delle letture, alla seconda lettura assegnata ad un determinato giorno,
        si può sostituire, per un giusto motivo, un altro brano del medesimo
        tempo, desunto dal libro della Liturgia delle Ore, o dal Lezionario
        facoltativo (n. 161).
        
         Inoltre nei giorni feriali
        del Tempo ordinario e, se si ritiene opportuno, anche nel Tempo di
        Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, si può fare una lettura quasi
        continua di un'opera di qualche Padre, che risponda allo spirito biblico
        e liturgico.
        
          
        
         251. Le letture brevi, come
        pure le orazioni, i canti e le preci che sono proposti per le ferie di
        un tempo particolare, si possono dire in altre ferie del medesimo tempo.
        
          
        
         252. Sebbene a ognuno debba
        stare a cuore l'osservanza di tutto il ciclo del salterio distribuito
        per quattro settimane7, tuttavia per motivi di opportunità
        sia spirituale che pastorale, invece dei salmi assegnati a un dato
        giorno, si possono dire i salmi della stessa Ora assegnati a un altro
        giorno. Vi sono anche alcune circostanze occasionali, nelle quali è
        lecito scegliere i salmi adatti e altre parti in forma di Ufficio
        votivo.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         6) SC 51.
        
         7) Cf sopra, nn. 100-109.
        
          
        
          
        
         Capitolo V
        
         RITI DA OSSERVARE 
		NELLA CELEBRAZIONE IN COMUNE
  
        
         I. Vari uffici da compiere
        
          
        
         253. Nella celebrazione della Liturgia delle Ore, come in tutte le altre
        azioni liturgiche, «ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il
        proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo
        la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza»1.
        
          
        
         254. Se presiede il vescovo, specialmente nella chiesa cattedrale, sia
        circondato dal suo presbiterio e dai ministri con la partecipazione
        plenaria e attiva del popolo. In qualunque celebrazione con il popolo,
        di norma, presieda il sacerdote o il diacono, e vi siano anche i
        ministri.
        
          
        
         255. Il sacerdote o il diacono che presiede la celebrazione, può
        indossare la stola sopra il camice o la cotta; il sacerdote anche il
        piviale. Nulla vieta inoltre che nelle maggiori solennità più
        sacerdoti indossino il piviale e i diaconi la dalmatica.
        
          
        
         256. È compito del sacerdote
        o del diacono che presiede dare inizio, dalla sua sede, all'Ufficio con
        il versetto d'introduzione; iniziare la preghiera del Signore; recitare
        l'orazione conclusiva; salutare il popolo, benedirlo e congedarlo.
        
          
        
         257. Può recitare le preci o il sacerdote o il ministro.
        
          
        
         258. In mancanza del sacerdote o del diacono, colui che presiede
        l'Ufficio è soltanto uno tra uguali; non entra in presbiterio, non
        saluta, né benedice il popolo.
        
          
        
         259. Coloro che adempiono l'ufficio di lettore proclamano le letture,
        sia lunghe che brevi, stando in piedi e nel luogo adatto.
        
          
        
         260. L'intonazione delle antifone, dei salmi e degli altri canti venga
        fatta da un cantore o dai cantori. Per quanto riguarda la salmodia, si
        osservino le norme date sopra, ai nn. 121-125.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         1) SC 28.
        
          
        
          
        
         261. Mentre si esegue alle Lodi mattutine e ai Vespri il cantico
        evangelico, si può incensare l'altare e poi anche il sacerdote e il
        popolo.
        
          
        
         262. L'obbligo del coro riguarda la comunità, non il luogo della
        celebrazione, che non è necessariamente la chiesa, soprattutto se si
        tratta di quelle Ore che si celebrano senza solennità.
        
          
        
         263. Tutti i partecipanti stanno in piedi:
        
         a) all'introduzione
        dell'Ufficio divino e ai versetti d'introduzione di ogni Ora;
        
         b) all'inno;
        
         c) al cantico evangelico;
        
         d) mentre si dicono le preci,
        la preghiera del Signore e l'orazione conclusiva.
        
          
        
         264. Tutti ascoltano le
        letture stando seduti, fatta eccezione per il Vangelo.
        
          
        
         265. Mentre si dicono i salmi
        e gli altri cantici con le loro antifone, l'assemblea sta o seduta o in
        piedi, secondo le consuetudini.
        
          
        
         266. Tutti si segnano col
        segno della croce dalla fronte al petto e dalla spalla sinistra alla
        destra:
        
         a) all'inizio delle Ore,
        quando si dice: «O Dio, vieni a salvarmi»;
        
         b) all'inizio dei cantici
        tratti dal Vangelo: Benedictus,
        Magnificat, Nunc dimittis.
        
         Tutti si segnano sulle labbra
        all'inizio dell'Invitatorio, alle parole «Signore, apri le mie labbra».
        
          
        
         II. Il canto nell'Ufficio
        
          
        
         267. Nelle rubriche e nelle norme del presente documento, le espressioni
        «dire», «recitare» e simili, si possono riferire o al canto o al
        parlato, secondo i principi qui sotto indicati.
        
          
        
         268. «La celebrazione in canto dell'Ufficio divino è la forma più
        consona alla natura di questa preghiera ed è segno di una maggiore
        solennità e di una più profonda unione dei cuori nel celebrare la lode
        di Dio. Questa forma è vivamente raccomandata a coloro che celebrano
        l'Ufficio divino in coro o in comune»2.
        
          
        
         269. Quello che il Concilio
        Vaticano II afferma riguardo al canto liturgico3 vale per
        ogni azione liturgica, ma principalmente per la Liturgia delle Ore.
        
         Sebbene infatti tutte e
        singole le parti siano state rinnovate in modo che si possano recitare
        con frutto anche individualmente, tuttavia molte di esse, e specialmente
        i salmi, i cantici, gli inni, i responsori, sono di genere lirico e
        perciò non esprimono pienamente il loro senso se non con il canto.
        
          
        
         270. Nella celebrazione della
        Liturgia delle Ore il canto, dunque, non si deve considerare come un
        certo ornamento che si aggiunge alla preghiera quasi dall'esterno, ma
        piuttosto come qualcosa che scaturisce dal profondo dell'anima che prega
        e loda Dio, e manifesta in modo pieno e perfetto il carattere
        comunitario del culto cristiano.
        
         Sono quindi degne di lode le
        assemblee cristiane di qualsiasi genere che si sforzano di praticare più
        spesso possibile questa forma di preghiera. A questo scopo si devono
        istruire con la dovuta catechesi e con l'esercizio sia i chierici che i
        religiosi come pure i fedeli, affinché siano in grado di cantare con
        gaudio dello spirito le Ore, specialmente nei giorni festivi. Siccome
        però non è facile celebrare in canto l'intero Ufficio e d'altra parte
        la lode della Chiesa non è riservata, né per la sua origine, né per
        la sua natura, ai chierici o ai monaci, ma appartiene a tutta la comunità
        cristiana, si devono tener presenti simultaneamente diversi principi,
        perché la celebrazione in canto della Liturgia delle Ore si possa
        svolgere bene e splenda per autenticità e decoro.
        
          
        
         271. Prima di tutto conviene
        che si ricorra al canto almeno nelle domeniche e nelle feste, ponendo
        così in risalto, nella misura in cui si adotta, i vari gradi di
        solennità.
        
          
        
         272. Così pure, poiché non
        tutte le Ore sono della medesima importanza, conviene che anche mediante
        il canto si dia maggior rilievo a quelle che sono veramente i cardini
        dell'Ufficio, cioè le Lodi mattutine e i Vespri.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         2)
        MS 37; cf SC 99.
        
         3) Cf SC 113.
        
          
        
          
        
         273. Inoltre, anche se la
        celebrazione tutta in canto è la più raccomandabile sempre, purché
        naturalmente si distingua per arte e devozione, tuttavia in vari casi si
        potrà seguire utilmente il criterio della gradualità, anzitutto, come
        è ovvio, per motivi pratici, ma poi anche perché in questa maniera sarà
        più facile corredare le singole componenti di quelle forme di canto che
        garantiscano loro il genuino significato nativo e la funzione autentica,
        evitando di livellarle tutte su un medesimo stampo.
        
         In tal modo la Liturgia delle
        Ore non apparirà più come un bel monumento dell'età passata, da
        conservare intatto per l'ammirazione degli intenditori, ma rivivrà in
        forme nuove, si affermerà sempre più e diverrà segno e testimonianza
        di comunità piene di vita e di freschezza.
        
         Il principio della
        solennizzazione progressiva è quello che ammette vari gradi intermedi
        tra l'Ufficio cantato integralmente e la semplice recita di tutte le
        parti. Questo criterio offre una grande e gradevole varietà di
        soluzioni. Nell'applicarlo si deve tener conto delle caratteristiche del
        giorno e dell'Ora che si celebra, della natura dei singoli elementi che
        costituiscono l'Ufficio, delle proporzioni e del tipo della comunità,
        come pure del numero dei cantori disponibili in tali circostanze.
        
         Per questa maggiore varietà
        di forme, la lode pubblica della Chiesa, si potrà celebrare in canto più
        frequentemente che prima e godrà di un'adattabilità più estesa alle
        diverse circostanze. Anzi c'è da sperare davvero che si possano trovare
        sempre nuove vie e nuove maniere rispondenti alla nostra epoca, come del
        resto è sempre avvenuto anche in passato nella vita della Chiesa.
        
          
        
         274. Nelle azioni liturgiche
        che si celebrano in canto e in lingua latina, il canto gregoriano, in
        quanto proprio della Liturgia Romana, abbia, a parità di condizioni, i
        primo posto4. Tuttavia «la Chiesa non esclude dalle azioni
        liturgiche nessun genere di musica sacra, purché corrisponda allo
        spirito dell'azione
        
          
        
         _______________
        
          
        
         4) Cf SC 116.
        
          
        
          
        
         liturgica e alla natura delle
        singole parti e non impedisca una doverosa attiva partecipazione del
        popolo»5. Nell'Ufficio cantato, se manca la melodia per
        l'antifona proposta, si prenda un'altra antifona tra quelle che si
        trovano nel repertorio, purché sia adatta a norma dei nn. 113 e
        121-125.
        
          
        
         275. Poiché la Liturgia
        delle Ore si può celebrare in lingua moderna, «si ponga uno speciale
        impegno nel preparare le melodie da usarsi nel canto dell'Ufficio divino
        in lingua viva»6.
        
          
        
         276. Nulla vieta, però, che
        in una medesima celebrazione si cantino alcune parti in una lingua e
        altre in un'altra7.
        
          
        
         277. Quali siano le parti
        alle quali dare eventualmente la precedenza e la preferenza del canto si
        deduce dalle genuine esigenze della celebrazione liturgica, che vuole il
        pieno rispetto del significato e della natura di ciascuna componente e
        del canto medesimo. Vi sono, infatti, formule che richiedono il canto
        per loro stessa natura8.
        
         Tali sono prima di tutto le
        acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e le
        risposte alle preci litaniche, e inoltre le antifone e i salmi, come
        pure i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici9.
        
          
        
         278. È risaputo che i salmi
        (cf nn. 103-120) sono strettamente connessi con la musica; lo dimostra
        la tradizione sia giudaica che cristiana. In verità alla piena
        comprensione di molti salmi contribuisce non poco il fatto che essi
        vengano cantati o almeno siano sempre considerati in questa luce poetica
        e musicale. Pertanto, se è possibile, è da preferirsi questa forma,
        almeno nei giorni e nelle Ore principali, e secondo il carattere proprio
        dei salmi.
        
          
        
         279. I diversi modi di
        eseguire la salmodia sono descritti sopra, ai nn. 121-123. La loro
        varietà non deve essere dettata
        
          
        
         ______________
        
          
        
         5)
        MS 9; cf SC 116.
        
         6)
        MS 41; cf 54-61.
        
         7)
        MS 51.
        
         8)
        Cf MS 6.
        
         9)
        Cf MS 16a, 38.
        
          
        
          
        
         tanto da circostanze esterne,
        quanto piuttosto, dal diverso genere di quei salmi che ricorrono nella
        medesima celebrazione. Secondo questo criterio i salmi sapienziali e
        storici si prestano forse meglio a essere ascoltati, mentre, al
        contrario, quelli di lode e di rendimento di grazie comportano per sé
        il canto in comune.
        
         Quel che conta più di tutto
        è che la celebrazione non si leghi a schemi rigidi e artificiosi, non
        obbedisca solo a norme puramente formali, ma risponda allo spirito
        autentico dell'azione che si compie.
        
         Il primo scopo da raggiungere
        è infatti quello di formare gli animi all'amore per la preghiera
        genuina della Chiesa e di rendere gioiosa la celebrazione della lode di
        Dio (cf Sal 146).
        
          
        
         280. Gli inni possono
        alimentare la preghiera anche di chi recita le Ore, se davvero si
        distinguono per dottrina e arte; tuttavia per sé sono destinati al
        canto. Pertanto si raccomanda che nella celebrazione comunitaria siano
        eseguiti, per quanto è possibile, in questa forma.
        
          
        
         281. Il responsorio breve
        dopo la lettura alle Lodi mattutine e ai Vespri, di cui al n. 49, di per
        sé è destinato al canto, e precisamente al canto del popolo.
        
          
        
         282. Anche i responsori
        dell'Ufficio delle letture, per il loro carattere e la loro funzione
        richiedono il canto. Tuttavia, nella struttura dell'Ufficio, sono stati
        composti in modo da mantenere il loro valore anche nella recita
        individuale e privata.
        
         Si potrà usare più
        frequentemente il canto per quelli che sono corredati da melodie più
        semplici e più facili, che non per altri pur provenienti da fonti
        liturgiche.
        
          
        
         283. Le letture, sia lunghe
        che brevi, per sé non sono destinate al canto. Nella proclamazione si
        deve usare ogni impegno per eseguirle in una forma decorosa, con una
        pronunzia chiara e distinta e insomma per fare in modo che tutti possano
        ascoltarle e comprenderle bene.
        
         Di conseguenza l'unica forma
        accettabile per le letture è quella che facilita l'ascolto delle parole
        e la comprensione del testo.
        
          
        
         284. I testi assegnati a chi
        presiede, come sono le orazioni, non escludono un certo tono cantato,
        purché ovviamente sia confacente e decoroso. Ciò sarà possibile
        specialmente nella lingua latina. Più difficile, invece, sarà in
        alcune lingue moderne, a meno che il canto usato non permetta di far
        percepire meglio a tutti le parole del testo.
        
          
        
          
        
         TABELLA DEI GIORNI LITURGICI
        
         estratta dalle Norme generali sull'anno liturgico 
        
         e sul calendario
        nn. 59-61
        
          
        
         La precedenza tra i giorni
        liturgici, quanto alla loro celebrazione, è regolata esclusivamente
        dalla seguente tabella.
        
          
        
          
        
         I
        
          
        
         1. Il Triduo pasquale della
        Passione e Risurrezione del Signore.
        
          
        
         2. Il Natale del Signore,
        l'Epifania, l'Ascensione e la Pentecoste.
        
         Le domeniche di Avvento, di
        Quaresima e di Pasqua. 
        
         Il Mercoledì delle Ceneri.
        
         Le ferie della Settimana
        santa, dal lunedì al giovedì incluso. I giorni fra l'ottava di Pasqua.
        
          
        
         3. Le solennità del Signore,
        della beata Maria Vergine, dei santi iscritte nel calendario generale.
        
         La Commemorazione di tutti i
        fedeli defunti.
        
          
        
         4. Le solennità proprie e
        cioè:
        
         a) la solennità del Patrono
        principale del luogo o del paese o della città;
        
         b) la solennità della
        Dedicazione e dell'anniversario della Dedicazione della propria chiesa; 
        
         c) la solennità del Titolare
        della propria chiesa; 
        
         d) la solennità o del
        Titolare, o del Fondatore o del Patrono principale dell'Ordine o della
        Congregazione.
        
          
        
          
        
         II
        
          
        
         5. Le feste del Signore
        iscritte nel calendario generale.
        
          
        
         6. Le domeniche del Tempo di
        Natale e le domeniche del Tempo ordinario.
        
          
        
         7. Le feste della beata
        Vergine Maria e dei santi iscritte nel calendario generale.
        
          
        
         8. Le feste proprie, e cioè:
        
         a) la festa del Patrono
        principale della diocesi;
        
         b) la festa dell'anniversario
        della Dedicazione della chiesa cattedrale;
        
         c) la festa del Patrono
        principale della regione o della provincia, della nazione, di un
        territorio più ampio;
        
         d) la festa del Titolare, del
        Fondatore, del Patrono principale dell'Ordine o della Congregazione e
        della provincia religiosa, salvo quanto è disposto al n. 4d;
        
         e) le altre feste proprie di
        qualche Chiesa;
        
         f) le altre feste iscritte
        nel calendario di ciascuna diocesi, o dell'Ordine o della Congregazione.
        
          
        
         9. Le ferie di Avvento dal 17
        al 24 dicembre compreso. I giorni fra l'ottava di Natale. Le ferie di
        Quaresima.
        
          
        
          
        
         III
        
          
        
         10. Le memorie obbligatorie
        iscritte nel calendario generale.
        
          
        
         11. Le memorie obbligatorie
        proprie, e cioè:
        
         a) le memorie del Patrono
        secondario del luogo, della diocesi, della regione o della provincia,
        della nazione, di un territorio più ampio, dell'Ordine o della
        Congregazione e della provincia religiosa;
        
         b) le altre memorie
        obbligatorie proprie di qualche chiesa; 
        
         c) le altre memorie
        obbligatorie iscritte nel calendario di ciascuna diocesi o dell'Ordine o
        della Congregazione.
        
          
        
         12. Le memorie facoltative,
        le quali tuttavia si possono celebrare anche nei giorni elencati nel n.
        9, però nel modo particolare descritto in «Principi e Norme» per la
        Messa e per l'Ufficio.
        
         In questo stesso modo, come
        memorie facoltative, si possono celebrare le memorie obbligatorie che
        eventualmente ricorrono nelle ferie di Quaresima.
        
          
        
         13. Le ferie di Avvento, fino
        al 16 dicembre incluso. Le ferie del Tempo di Natale, dal 2 gennaio al
        sabato dopo l'Epifania.
        
         Le ferie del Tempo pasquale,
        dal lunedì dopo l'ottava di Pasqua al sabato prima della Pentecoste
        incluso. Le ferie del Tempo ordinario.
        
          
        
        
		
		 
        
         Occorrenza e concorrenza delle celebrazioni
        
          
        
         Se nello stesso giorno cadono
        più celebrazioni, Si celebra l'Ufficio di quella che nella tabella dei
        giorni liturgici occupa il posto superiore. Tuttavia, le solennità
        impedite da un giorno liturgico che ha la precedenza si trasferiscano al
        primo giorno libero dalle celebrazioni elencate ai nn. 1-8 nella tabella
        della precedenza, salvo quanto è stabilito al n. 5 delle Norme per
        l'anno liturgico. Le altre celebrazioni impedite per quell'anno si
        omettono.
        
         Se nello stesso giorno si
        devono celebrare i Vespri dell'Ufficio corrente e i primi Vespri del
        giorno seguente, prevalgono i Vespri della celebrazione che nella
        tabella dei giorni liturgici ha un posto superiore; in caso di parità,
        si celebrano i Vespri del giorno corrente.
        
          
         
        
         BENEDIZIONE DEGLI OLI
        
          
        
         SCHEDA DI LETTURA
        
          
        
         La Conferenza Episcopale
        Italiana pone alcune premesse di tipo teologico, che completano le
        indicazioni presenti nel documento della S. Congregazione, per
        evidenziare il significato del simbolismo biblico-liturgico dell'olio
        nella prospettiva di una sua valorizzazione pastorale e di una
        comprensione del suo uso nell'ambito della vita sacramentale della
        Chiesa. Dalla globalità delle indicazioni
        teologico-liturgico-pastorale, si possono cogliere alcuni punti di
        riflessione.
        
          
        
         1. Si sottolinea il gesto
        della benedizione degli oli nel contesto della Pasqua di Cristo, unto
        del Padre, perché siano segno del dono dello Spirito. L'unzione
        crismale acquista tutta la sua significazione salvifica nella luce dei
        misteri di Cristo che sacramentalmente è presente nella celebrazione
        liturgica e offre il vero significato ai diversi gesti di unzione, a
        seconda dei diversi sacramenti o sacramentali.
        
         L'azione stessa dello Spirito
        Santo, espressa in modo mirabile nell'atto dell'unzione, pone in luce
        come l'azione del Cristo sia sempre collegata con quella dello Spirito.
        
          
        
         2. Si rimarca come il mistero
        dell'olio qualifichi alcuni punti nevralgici della vita cristiana, dal
        Battesimo in poi, significando l'inserimento in Cristo e nello Spirito
        dal battezzato.
        
          
        
         3. Entrambe le introduzioni
        presentano in tutta la sua chiarezza il valore ecclesiale della Messa
        crismale, come espressione della vitalità carismatica e ministeriale
        della comunità del popolo di Dio. La centralità del vescovo, attorno a
        cui si ritrovano il presbiterio e i fedeli, indica il mistero dell'unità
        della Chiesa locale.
        
          
        
         4. Le Premesse sottolineano
        che pastoralmente la Messa crismale, con la vitalità di significato
        della benedizione degli oli, si colloca a conclusione di tutto
        l'itinerario quaresimale, durante il quale la comunità cristiana è
        stata chiamata a camminare ecclesialmente nello Spirito per crescere in
        Cristo, l'unto del Padre.
        
         L'accoglienza degli oli nelle
        comunità parrocchiali diviene l'espressione della comunione che si è
        costruita nel cammino quaresimale, in particolar modo attraverso lo
        sviluppo della viva relazionalità con il vescovo.
        
          
        
         5. Alla luce della visione
        della liturgia propria del Vaticano II, che sottolinea l'importanza del
        segno significante e santificante (cf SC 7), appare impellente
        l'esigenza di comprendere in profondità il valore del segno dell'olio e
        del gesto dell'ungere. Lo sfondo storico-salvifico insieme con la
        lettura cristologica e pentecostale permettono di dare un'autentica
        valorizzazione all'olio e pongono in risalto la centralità della sua
        benedizione, nella prospettiva di sottolineare tutto il clima messianico
        che determina ogni celebrazione liturgica come tutta la vita della
        comunità cristiana.
        
          
        
          
        
         
 
		
		
		
        
 CONFERENZA EPISCOPALE
        ITALIANA
        
         SACRA CONGREGATIO
		PRO
        SACRAMENTE ET CULTU DIVINO
  
        
          
        
         Prot. n. 555/80
        
          
        
         Questa versione italiana dei
        riti della Benedizione degli oli e
        della Dedicazione della chiesa e
        dell'altare è stata approvata secondo le delibere dell'Episcopato
        ed ha ricevuto la conferma da parte della Sacra Congregazione per i
        Sacramenti e il Culto Divino, con Decreto n. CD 302/80 del 18 giugno
        1980. La presente edizione deve essere considerata «tipica» per la
        lingua italiana, ufficiale per l'uso liturgico. I nuovi riti della Benedizione
        degli oli e della Dedicazione
        della chiesa e dell'altare si potranno adoperare appena pubblicati;
        diventeranno obbligatori dal 16 aprile 1981, giovedì santo.
        
          
        
         Roma, 3 luglio 1980, festa di san Tommaso apostolo.
        
         anastasio
        A. card. ballestkero, arcivescovo
        di Torino presidente della
        Conferenza Episcopale Italiana
        
 
 
  
        
          
        
         SACRA CONGREGATIO
        
         PRO SACRAMENTIS ET CULTU
        DIVINO
        
          
        
         Prot. CD 302/80
        
          
        
          
        
         ITALIAE
        
          
        
         Instante Eminentissimo Domino
        Anastasio A. card. Ballestrero, archiepiscopo Taurinensi, praeside
        Coetus Episcoporum Italiae, litteris die 30 ianuarii 1980 datis, vigore
        facultatum huic Sacrae Congregationi a Summo Pontifice Ioanne Paulo II
        tributarum, interpretationem italicam Ordinis
        benedicendi oleum catechumenorum et infirmorum et conficiendi chrisma necnon
        Ordinis dedicationis ecclesiae et
        altaris, prout in adnexo exstat esemplari, libenter probamus seu
        confirmamus. In textu imprimendo mentio fiat de confirmatione ab
        Apostolica Sede concessa. Eiusdem insuper textus impressi duo exemplaria
        ad hanc Sacram Congregationem transmittantur. Contrariis quibuslibet
        minime obstantibus.
        
          
        
         Ex aedibus Sacrae Congregationis 
        
         pro Sacramentis et Cultu Divino, 
        
         die 18 anni 1980.
        
          
        
         Vergilius
        noè, a secretis a. 
        
         Iacobus
        R. card. Knox, praefectus
        
          
        
          
        
         
  
        
          
        
         CONFERENZA EPISCOPALE
        ITALIANA
        
         Premessa
        
          
        
          
        
         I testi della benedizione del
        crisma, dell'olio degli infermi e dei catecumeni, tradotti in lingua
        italiana e riuniti in un unico volume con i formulari per la dedicazione
        della chiesa e dell'altare, sono occasione per richiamare principi
        dottrinali e suggerire direttive pastorali in ordine a una puntuale
        catechesi e a una adeguata valorizzazione di questi antichi sacramentali
        che la Chiesa continua a celebrare con particolare solennità.
        
          
        
          
        
         Benedizione degli oli
        
          
        
         L'olio, come l'aria, l'acqua,
        la luce, appartiene a quelle realtà elementari del cosmo che meglio
        esprimono i doni del Dio creatore, redentore e santificatore1.
        
         L'olio è sostanza
        terapeutica, aromatica e conviviale: medica le ferite, profuma le
        membra, allieta la mensa2. Questa natura dell'olio è assunta
        nel simbolismo biblico-liturgico ed è caricata di un particolare valore
        per esprimere l'unzione dello Spirito che risana, illumina, conforta,
        consacra e permea di doni e di carismi tutto il corpo della Chiesa3.
        La liturgia della benedizione degli oli esplicita questo simbolismo
        primordiale e ne precisa il senso sacramentale. Giustamente la Messa del
        crisma si colloca in prossimità dell'annuale celebrazione del Cristo
        morto, sepolto e risuscitato. Dal mistero pasquale, cuore e centro
        dell'intera storia della salvezza, scaturiscono i sacramenti e
        sacramentali che significano e realizzano l'unità organica di tutta la
        vita cristiana4.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         1)
        Cf Sir 39, 26.
        
         2)
        Is 1,6; 61, 3; Lc 7, 46.
        
         3)
        Sal 88, 21; 1Gv 2, 20.
        
         4)
        Cf SC 61.
        
          
        
          
        
          
        
         La benedizione del crisma da
        il nome di Messa crismale a questa liturgia, che si celebra di consueto
        il Giovedì santo nella chiesa cattedrale (n. 9). Infatti, secondo
        l'antica tradizione, è funzione propria del vescovo, «una fra le
        principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio» (n. 1). La
        Messa crismale è quasi epifania della Chiesa, corpo di Cristo
        organicamente strutturato che nei vari ministeri e carismi5 esprime,
        per la grazia dello Spirito, i doni nuziali di Cristo alla sua sposa
        pellegrina nel mondo6.
        
         La nuova fisionomia
        attribuita dalla riforma post-conciliare alla Messa crismale rende ancor
        più evidente il clima di una vera festa del sacerdozio ministeriale
        all'interno di tutto il popolo sacerdotale e orienta l'attenzione verso
        il Cristo, il cui nome significa «consacrato per mezzo dell'unzione»7.
        Dal senso cristologico dell'unzione crismale, deriva il principio
        costitutivo della consacrazione dei fedeli e conseguentemente il nome di
        «cristiani»8. L'unzione di Spirito Santo, ricevuta da Gesù
        nell'incarnazione9 e nella teofania sul Giordano10,
        è partecipata a tutti i membri della Chiesa per mezzo del Battesimo11
        e della Cresima12.
        
         All'unzione spirituale del
        Cristo sacerdote, re e profeta13 si richiama anche la solenne
        epiclesi del rito che consacra a titolo speciale il vescovo, i
        presbiteri e i diaconi a servizio del popolo sacerdotale, dal quale essi
        sono assunti e per il quale sono costituiti ministri.
        
         I testi della Messa crismale
        si aprono emblematicamente con l'acclamazione a Cristo «che ha fatto di
        noi un regno e ci ha costituito sacerdoti per Dio, suo Padre»14,
        e sviluppano con
        
          
        
         ______________
        
          
        
         5)
        Cf 1Cor 12, 27.
        
         6)
        Cf Ef 5, 27.
        
         7)
        Cf Lc 4, 18; At 10, 38; Eb 1, 9.
        
         8)
        At 11, 26.
        
         9)
        Cf Lc 1, 35.
        
         10)
        Cf Gv 1, 32.
        
         11)
        Cf At 1, 5.
        
         12)
        Cf Ef 1, 13.
        
         13)
        Cf Sal 109, 4; Eb 5, 6.
        
         14) Messale Romano, Messa crismale, Ant. d'ingresso, ed. tip. it. 1973,
        p. 123; cf Ap 1, 6.
        
          
        
          
        
         ampiezza, soprattutto nel
        Prefazio, il tema del sacerdozio comune e quello del sacerdozio
        ministeriale. Il rito della benedizione degli oli, inserito nella
        celebrazione eucaristica, sottolinea pure il mistero della Chiesa come
        sacramento globale del Cristo15, che santifica ogni realtà e
        situazione di vita16.
        
         Ecco perché; insieme al
        crisma, sono benedetti anche l'olio dei catecumeni per quanti lottano
        per vincere lo spirito del male17 in vista degli impegni del
        Battesimo e l'olio degli infermi per l'unzione sacramentale di coloro
        che nella malattia compiono in sé ciò che manca alla passione
        redentrice del Cristo18. Così dal Capo si diffonde in tutte
        le membra della Chiesa e si espande nel mondo il buon odore di Cristo19.
        Celebrando con il vescovo questa liturgia, i presbiteri della Chiesa
        locale intervengono come «testimoni e cooperatori del ministero del
        sacro crisma» (n. 13), attraverso il gesto silenzioso dell'estensione
        della mano destra durante la preghiera di benedizione (n. 22).
        
         Così l'unica celebrazione
        che comprende sia il rito eucaristico che quello crismale, manifesta la
        stretta unione dei presbiteri e dei diaconi con il vescovo nel
        sacerdozio ministeriale20, insieme alla realtà dell'unico
        sacerdozio battesimale che, secondo la dottrina richiamata dal Concilio,
        è il fondamento stesso del sacerdozio ministeriale21.
        
         Il richiamo dottrinale può
        suggerire alcuni orientamenti pastorali, utili a rinnovare la
        comprensione di questi riti che dalla chiesa cattedrale, luogo proprio
        della loro celebrazione, devono suscitare intensa partecipazione in ogni
        comunità parrocchiale, con qualificata presenza e in comunione di
        spirito. Nella Messa crismale si delinea così la più vasta
        convocazione, che si estende non solo ai ministri ordinati (presbiteri e
        
          
        
         ______________
        
          
        
         15)
        Cf SC 5; LG 2.
        
         16) SC 60.
        
         17) Cf S. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi,
        21, Mistagogiche, 3: PG
        33,
        
         1087-1094.
        
         18) Cf Mc 6, 13; Col 1,24.
        
         19)
        Cf 2Cor 2, 14.
        
         20)
        Cf LG 28-29.
        
         21) Cf LG 10.
        
          
        
          
        
         diaconi), ma anche a quelli
        istituiti o di fatto (accoliti, lettori, catechisti, addetti al servizio
        degli infermi...) e ai cresimandi oltre che ai rappresentanti delle
        varie comunità. Lo svolgimento del rito, l'omelia, le intenzioni della
        preghiera dei fedeli, il canto, le didascalie, e tutto il clima della
        celebrazione dovrà rispecchiare questa significativa e ampia realtà di
        comunione ecclesiale intorno al vescovo. La liturgia romana concentrava
        nel Giovedì santo la Messa per la riconciliazione dei penitenti, la
        Messa crismale per la benedizione degli oli al mattino e la celebrazione
        vespertina della Cena del Signore, che inaugura il Triduo Pasquale22.
        Questa ricchezza della tradizione liturgico-sacramentale dovrà
        orientare la catechesi, specialmente nell'itinerario quaresimale
        culminante nella Veglia Pasquale, per far comprendere ai fedeli che «far
        Pasqua» significa: conversione personale e comunitaria che ha la
        massima espressione nel sacramento della Penitenza; ratifica degli
        impegni battesimali; partecipazione ai doni pasquali dello Spirito;
        comunione al pane di vita e al calice della salvezza, dono supremo
        dell'amore di Cristo, in cui si racchiude tutto il bene della Chiesa23.
        La consegna degli oli potrà avere particolare rilievo celebrativo e
        pastorale sia nella chiesa cattedrale che nelle varie comunità.
        
         È opportuno che il vescovo
        dia personalmente, prima del congedo, le ampolle degli oli santi ai
        parroci o almeno ad alcuni di essi in rappresentanza delle zone
        pastorali. Nella Messa vespertina parrocchiale della Cena del Signore,
        gli oli santi, benedetti in cattedrale, saranno accolti dalle comunità
        come un dono che esprime la comunione nell'unica fede e nell'unico
        Spirito, e conservati in una particolare custodia adatta e degna con la
        scritta «Oli santi» o altra simile.
        
          
        
         Roma, 3 luglio 1980.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         22) Cf Sacramentarium Gelasianum, nn. 349-394, ed. L.C.
        MOHLBERG, Herder, Roma 1960.
        
         23) PO 5.
        
          
        
          
        
         
  
        
          
        
         SACRA CONGREGAZIONE PER IL
        CULTO DIVINO
        
          
        
          
        
         Prot. n. 3133/70
        
          
        
          
        
         DECRETO
        
          
        
         Portata a termine la
        revisione dei riti del Messale Romano per la Settimana santa, si è
        ritenuto opportuno fare i necessari ritocchi anche al rito del
        Pontificale Romano da usarsi nella Messa crismale per la benedizione
        dell'olio dei catecumeni, degli infermi e del crisma.
        
         Questa Sacra Congregazione
        per il Culto Divino ha pertanto riveduto il detto rito, e ora, dopo che
        il Sommo Pontefice Paolo VI l'ha approvato con la sua autorità
        apostolica, lo promulga e dispone che d'ora in poi esso venga usato in
        luogo del rito che si trova nel Pontificale Romano. Le Conferenze
        Episcopali ne cureranno l'edizione nella lingua nazionale e la
        sottoporranno alla conferma di questa Sacra Congregazione. Nonostante
        qualsiasi cosa in contrario.
        
          
        
         Dalla sede della Sacra Congregazione per Culto Divino, 3 dicembre
        1970.
        
          
        
         A. bugnini,
        segretario 
        
         Benno
        card. Gut, prefetto
        
          
        
          
        
          
        
         PREMESSE
        
          
        
          
        
         1. Il vescovo dev'essere
        considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui in certo
        qual modo scaturisce e promana la vita dei suoi fedeli in Cristo1.
        
         La Messa crismale, che il
        vescovo concelebra con i presbiteri delle diverse zone della diocesi e
        durante la quale benedice il santo crisma e gli altri oli, è
        considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del
        sacerdozio del vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri
        con lui. Infatti con il crisma consacrato dal vescovo vengono unti i
        neo-battezzati e segnati in fronte i candidati alla Confermazione. A sua
        volta, l'unzione con l'olio dei catecumeni prepara e predispone i
        catecumeni stessi al Battesimo. E infine l'olio degli infermi reca ai
        malati sostegno e conforto nelle loro infermità.
        
          
        
         2. La liturgia cristiana ha
        fatto suo l'uso dell'Antico Testamento; venivano infatti consacrati con
        l'unzione i re, i sacerdoti e i profeti; essi erano così figura di
        Cristo, il cui nome significa Unto del Signore. Allo stesso modo,
        l'unzione con il sacro crisma dimostra nel segno che i cristiani,
        inseriti per mezzo del Battesimo nel mistero pasquale di Cristo, con lui
        morti, sepolti e risuscitati2, partecipano al suo sacerdozio
        regale e profetico, e ricevono per mezzo della Confermazione l'unzione
        spirituale dello Spirito Santo, che vien loro dato. All'unzione con
        l'olio dei catecumeni viene esteso l'effetto degli esorcismi: i
        battezzandi ne ricevono vigore per rinunziare al diavolo e al peccato,
        prima di appressarsi al fonte e rinascervi a vita nuova.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         1)
        Cf SC 42. 
        
         2)
        SC 6.
        
          
        
          
        
         L'unzione con l'olio degli
        infermi, il cui uso è attestato da san Giacomo3, conferisce
        ai malati il rimedio per le infermità dell'anima e del corpo, perché
        essi possano così sopportare e combattere vigorosamente il male e
        ottenere il perdono dei peccati.
        
          
        
          
        
         I. La materia sacramentale
        
          
        
         3. Materia adatta del
        sacramento è l'olio d'oliva, o, secondo casi particolari, altro olio
        vegetale.
        
          
        
         4. Il crisma si prepara con
        olio e aromi o sostanze profumate.
        
          
        
         5. La preparazione del crisma
        si può fare privatamente prima della benedizione o anche dal vescovo
        durante l'azione liturgica.
        
          
        
          
        
         II. Il ministro
        
          
        
         6. La benedizione del crisma
        è riservata soltanto al vescovo.
        
          
        
         7. L'olio dei catecumeni, se
        le Conferenze Episcopali hanno ritenuto opportuno conservarne l'uso,
        viene benedetto insieme con gli altri oli dal vescovo nella Messa
        crismale. In caso però di Battesimo degli adulti, anche ai presbiteri
        è data facoltà di benedire l'olio dei catecumeni prima dell'unzione
        nel grado corrispondente del catecumenato.
        
          
        
         8. L'olio per l'Unzione degli
        infermi dev'essere benedetto a questo scopo dal vescovo o da un
        presbitero che ne abbia facoltà per diritto, o per speciale concessione
        della Santa Sede. Possono benedire a norma di diritto l'olio per
        l'Unzione degli infermi:
        
         a) coloro che a norma di
        diritto sono equiparati al vescovo diocesano;
        
         b) in caso di necessità,
        qualsiasi presbitero, ma solo nella stessa celebrazione del sacramento.
        
          
        
         ______________
        
          
        
         3) Cf Gc 5, 14.
        
          
        
          
        
         III. Il giorno della benedizione
        
          
        
         9. La benedizione dell'olio
        degli infermi, dell'olio dei catecumeni e del crisma vien fatta
        normalmente dal vescovo il Giovedì della Settimana santa nella Messa
        propria che si celebra al mattino.
        
          
        
         10. Se notevoli difficoltà si frapponessero alla riunione del clero e
        del popolo con il loro vescovo, la benedizione si può anticipare ad
        altro giorno, ma sempre in prossimità della Pasqua e con il formulario
        della Messa propria.
        
          
        
          
        
         IV. Il momento della benedizione nel corso dell'azione liturgica
        
          
        
          
        
         11. In conformità con la
        tradizione latina, la benedizione dell'olio degli infermi si fa prima
        della conclusione della Preghiera eucaristica; la benedizione dell'olio
        dei catecumeni e del crisma si fa dopo la comunione.
        
          
        
         12. È tuttavia consentito,
        per ragioni pastorali, compiere tutto il rito di benedizione dopo la
        liturgia della Parola, conservando però l'ordine indicato nel rito
        stesso.
         
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