Praenotanda Libri Liturgici

RITO DELLA MESSA

  
COSTITUZIONE APOSTOLICA
CON LA QUALE SI PROMULGA

IL MESSALE ROMANO RIFORMATO
A NORMA DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

 

PAOLO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO - A PERPETUA MEMORIA

 

   

IV. Alcune norme di carattere generale
per tutte le forme di Messa

 

Venerazione dell'altare e del libro dei Vangeli

 

232. Secondo l'uso tramandato nella Liturgia, la venerazione all'altare e al libro dei Vangeli si esprime con il bacio. Qualora però questo gesto simbolico non corrispondesse pienamente alle tradizioni e alla cultura di una determinata regione, spetta alla Conferenza Episcopale determinare un gesto che sostituisca il bacio, informandone la Sede Apostolica.

 

Genuflessione e inchino

 

233. Durante la Messa si fanno tre genuflessioni: dopo la presentazione al popolo dell'ostia, dopo la presentazione del calice e prima della comunione. Ma se nel presbiterio ci fosse il tabernacolo con il SS. Sacramento, si genuflette anche prima e dopo la Messa, e tutte le volte che si passa davanti al tabernacolo.

 

234. Vi sono due specie di inchino: del capo e del corpo:

a) L'inchino del capo si fa quando vengono nominate insieme le tre divine Persone; al nome di Gesù, della beata Vergine Maria e del santo in onore del quale si celebra la Messa.

b) L'inchino di tutto il corpo, o inchino profondo, si fa: all'altare, se non vi è il tabernacolo con il SS. Sacramento; mentre si dicono le preghiere Purifica il mio cuore (Munda cor meum) e Umili e pentiti (In spiritu humilitatis); nel Simbolo (Credo) alle parole: E per opera dello Spirito Santo (Et incarnatus est); nel Canone romano, alle parole: Ti supplichiamo, Dio onnipotente (Supplices te rogamus). Il diacono compie lo stesso inchino mentre chiede la benedizione prima di proclamare il Vangelo. Inoltre il sacerdote, alla consacrazione, si inchina leggermente mentre proferisce le parole del Signore.

 

L'incensazione

 

235. L'uso dell'incenso in qualsiasi forma di Messa è facoltativo. Si può usare l'incenso:

a) durante la processione d'ingresso;

b) all'inizio della Messa, per incensare l'altare;

c) alla processione e alla proclamazione del Vangelo;

d) all'offertorio, per incensare le offerte, l'altare, il sacerdote e il popolo;

e) alla presentazione al popolo dell'ostia e del calice dopo la consacrazione.

 

236. Il sacerdote mette l'incenso nel turibolo e lo benedice tracciando un segno di croce, senza nulla dire. L'incensazione dell'altare si svolge in questo modo:

a) Se l'altare è separato dalla parete, il sacerdote lo incensa girandogli intorno.

b) Se l'altare è addossato alla parete, il sacerdote lo incensa passando prima la parte destra dell'altare, poi la sinistra. La croce, se è sopra l'altare o accanto a esso, viene incensata prima dell'altare; se invece si trova dietro l'altare, viene incensata quando il sacerdote le passa davanti.

 

La purificazione

 

237. Ogni volta che qualche frammento di ostia rimane attaccato alle dita, soprattutto dopo la frazione o dopo la comunione dei fedeli, il sacerdote asterge le dita sulla patena, oppure, se necessario, lava le dita stesse. Così pure raccoglie eventuali frammenti fuori della patena.

 

238. I vasi sacri vengono purificati dal sacerdote, dal diacono o dall'accolito possibilmente alla credenza, dopo la comunione, oppure dopo la Messa. La purificazione del calice si fa con acqua e vino, oppure soltanto con acqua, che poi quello che purifica beve. La patena si asterge normalmente con il purificatoio.

 

239. Se un'ostia o una particela scivolasse via, si raccolga con rispetto; se poi si versasse qualche goccia del Sangue del Signore, si lavi il luogo con acqua, e l'acqua si versi nel sacrario.

 

La comunione sotto le due specie

 

240. La santa comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno, se vien fatta sotto le due specie. Risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico, e si esprime più chiaramente la volontà divina di ratificare la Nuova ed eterna Alleanza nel Sangue del Signore, ed è più intuitivo il rapporto tra il banchetto eucaristico e il convito escatologico nel regno del Padre68.

 

241. I pastori d'anime si facciano un dovere di ricordare, nel modo più adatto, ai fedeli che partecipano al rito o che vi assistono, la dottrina cattolica riguardo alla forma della comunione, secondo il Concilio di Trento. In particolare ricordino ai fedeli quanto insegna la fede cattolica: che, cioè, anche sotto una sola specie si riceve il Cristo tutto intero e il Sacramento in tutta la sua verità; di conseguenza, per quanto riguarda i frutti della comunione, coloro che ricevono una sola specie, non rimangono privi di nessuna grazia necessaria alla salvezza69. Inoltre insegnino che nell'amministrazione dei Sacramenti, salva la loro sostanza, la Chiesa ha il potere di determinare o cambiare ciò che essa ritiene più conveniente per la venerazione dovuta ai Sacramenti stessi e per l'utilità di coloro che li ricevono, secondo la diversità delle circostanze, dei tempi e dei luoghi70.

 

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68) Cf EM 32.

69) Ct Conc. Trid., sess. XXI, Doctrina de communione sub utraque specie et parvulorum, cap. 1-3: DS 1725-1729.

70) Cf ibid., cap. 2: DS 1728.

 

 

Nello stesso tempo però esortino i fedeli perché partecipino più intensamente al sacro rito, nella forma in cui è posto in maggior evidenza il segno del banchetto.

 

242. Secondo il giudizio dell'Ordinario, e previa una conveniente catechesi, si concede la comunione al calice nei casi seguenti71:

1. ai neofiti adulti, nella Messa che segue il loro Battesimo; ai cresimati adulti, nella Messa della loro Confermazione; ai battezzati che vengono accolti nella comunione della Chiesa;

 

2. agli sposi, nella Messa del loro Matrimonio;

3. ai diaconi, nella Messa della loro Ordinazione;

4. alla badessa, nella Messa della sua benedizione; alle vergini, nella Messa della loro consacrazione; ai professi (di ambo i sessi) e ai loro genitori, parenti e confratelli nella Messa in cui emettono per la prima volta i voti religiosi, o li rinnovano, o fanno la professione perpetua;

5. a coloro che ricevono un ministero, nella Messa della loro istituzione; ai coadiutori missionari laici, nella Messa in cui sono ufficialmente mandati, e a quanti altri ricevono durante la Messa una missione da parte della Chiesa;

6. a un infermo, e a tutti coloro che lo assistono, nell'amministrazione del Viatico, quando si celebra la Messa nell'abitazione del malato;

7. al diacono e ai ministri che esercitano il loro ufficio nella Messa;

8. nella Messa concelebrata:

a) a tutti coloro che nella concelebrazione stessa svolgono un vero ufficio liturgico, e a tutti gli alunni dei seminari che vi prendono parte;

b) nelle loro chiese, anche a tutti i membri degli Istituti che professano i consigli evangelici; ai membri delle altre Società, che si consacrano a Dio con i voti religiosi, o una oblazione o una promessa; inoltre a tutti coloro che vivono giorno e notte nella casa dei membri di quegli Istituti e di quelle Società;

9. ai sacerdoti che prendono parte a grandi celebrazioni e non possono celebrare o concelebrare;

 

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71) Cf S. CONGR. PER IL CULTO DIVINO, Istr. Sacramentali Communione, 29.6.1970: EV III, 2629 ss.

 

 

10. a tutti coloro che prendono parte agli esercizi spirituali, nella Messa che, durante questi esercizi, viene celebrata per loro, e alla quale essi partecipano attivamente; a tutti coloro che prendono parte a una riunione pastorale nella Messa celebrata in forma comunitaria;

11. alle persone di cui ai nn. 2 e 4, nella Messa del loro giubileo;

12. al padrino, alla madrina, ai genitori e al coniuge nonché ai catechisti laici del battezzato adulto, nella Messa della sua iniziazione cristiana;

13. ai genitori, ai familiari, ai benefattori insigni, che partecipano alla Messa di un sacerdote novello;

14. ai membri delle comunità, nella Messa conventuale o di «comunità», a norma del n. 76.

Inoltre le Conferenze Episcopali possono stabilire modalità, motivazioni e condizioni in base alle quali gli Ordinari possano concedere la comunione sotto le due specie anche in altri casi di grande importanza, per la vita spirituale di una comunità o di un gruppo di fedeli.

Entro questi limiti, gli Ordinari possono indicare i casi particolari, a condizione però che la concessione non sia indiscriminata, che le celebrazioni siano ben precisate e le esorbitanze diffidate; si dovranno inoltre evitare le occasioni di un gran numero di comunicandi. I gruppi poi che fruiscono di questa facoltà siano ben determinati, disciplinati e omogenei.

 

243. Per distribuire la comunione sotto le due specie, si devono preparare:

a) se la comunione al calice si fa con la cannuccia, cannucce d'argento per il sacerdote e per i singoli comunicandi, inoltre un recipiente con acqua per purificare le cannucce e una patena per deporvele;

b) un cucchiaino, se col cucchiaino viene somministrato il Sangue del Signore;

e) se la comunione sotto le due specie viene distribuita per intinzione, ostie né troppo sottili né troppo piccole, ma un poco più consistenti del solito perché si possano convenientemente distribuire, dopo averle intinte parzialmente nel Sangue del Signore.

 

1. Rito della comunione sotto le due specie bevendo direttamente dal calice

 

244. Se vi è presente il diacono o un altro sacerdote o un accolito:

a) Il sacerdote celebrante si comunica al Corpo e al Sangue del Signore come al solito, facendo in modo che nel calice rimanga una quantità sufficiente per coloro che riceveranno la comunione; asterge poi l'esterno del calice con il purificatoio.

b) II sacerdote consegna al ministro il calice e il purificatoio; prende poi la patena o la pisside con le ostie; quindi il sacerdote e il ministro del calice si portano dove possono più comodamente dare la comunione ai fedeli.

c) I comunicandi si avvicinano a uno a uno, fanno la debita riverenza, e si portano davanti al sacerdote, il quale presenta a ciascuno l'ostia, dicendo: Il Corpo di Cristo (Corpus Christi); il comunicando risponde: Amen, e riceve dal sacerdote il Corpo del Signore.

d) Quindi il comunicando si porta davanti al ministro, il quale, a sua volta, dice: Il Sangue di Cristo (Sanguis Christi); il comunicando risponde: Amen, e, per comodità, egli stesso con le sue mani accosta alle labbra il calice, che gli viene presentato dal ministro; beve e restituisce al ministro, che asterge con il purificatoio il labbro esterno del calice.

e) Terminata la comunione al calice, il ministro depone il calice sull'altare. Il sacerdote distribuisce la comunione agli altri fedeli che eventualmente la ricevono sotto una sola specie; e poi torna all'altare, dove egli stesso, o il ministro, beve il resto del vino consacrato e fa le purificazioni come di consueto.

 

245. Se non è presente il diacono, né un altro sacerdote, né un accolito:

a) Il sacerdote si comunica al Corpo e al Sangue del Signore come al solito, facendo in modo che nel calice rimanga una quantità sufficiente per coloro che riceveranno la comunione; asterge poi l'esterno del calice con il purificatoio.

b) Quindi il sacerdote si porta dove può dare più comodamente la comunione e distribuisce nel modo consueto il Corpo del Signore a ognuno dei fedeli che si comunicano sotto le due specie; questi si avvicinano e, facendo la debita riverenza,

vanno davanti al sacerdote, dal quale ricevono il Corpo del Signore, poi si spostano alquanto.

c) Dopo che i singoli comunicandi hanno ricevuto il Corpo del Signore, il sacerdote depone la pisside sopra l'altare e prende il calice con il purificatoio. Quelli che devono comunicarsi al calice, a uno a uno si portano di nuovo davanti al sacerdote, il quale dice: Il Sangue di Cristo (Sanguis Christi); il comunicando risponde: Amen, e, per comodità, egli stesso con le sue mani accosta alle labbra il calice, che gli viene presentato dal sacerdote; beve e restituisce al sacerdote, che asterge con il purificatoio il labbro esterno del calice.

d) Terminata la comunione al calice, il sacerdote depone il calice sull'altare e, se vi fossero altri fedeli da comunicare sotto una sola specie, da loro la comunione nella forma consueta; ritorna poi all'altare, beve il resto del vino consacrato e fa le purificazioni come di consueto.

 

2. Rito della comunione sotto le due specie per intuizione

 

246. Se è presente il diacono o un altro sacerdote o un accolito:

a) II sacerdote celebrante gli consegna il calice e il purificatoio, egli invece prende la patena o la pisside con le ostie; quindi il sacerdote con il ministro del calice si porta al luogo dove più comodamente può distribuire la comunione.

b) I comunicandi si avvicinano a uno a uno, fanno la debita riverenza, e si portano davanti al sacerdote; questi intinge parte dell'ostia nel calice e presentandola a ciascuno dice: Il corpo e il Sangue di Cristo (Corpus et Sanguis Christi). Il comunicando, tenendo la patena sotto il mento, risponde: Amen, e riceve dal sacerdote l'Eucaristia; ritorna poi al suo posto.

c) Si distribuisce poi la comunione a coloro che ricevono l'Eucaristia sotto una sola specie, si consuma il resto del vino consacrato e si fanno le purificazioni nel modo detto sopra.

 

247. Se non è presente il diacono, né un altro sacerdote, né un accolito:

a) Il sacerdote, dopo che si è comunicato al Sangue del Signore, prende il calice tra il pollice e l'indice della mano sinistra, e, tenendo la patena o la pisside con le ostie tra l'indice e il medio della stessa mano, si porta dove più comodamente può distribuire la comunione.

b) I comunicandi si avvicinano a uno a uno, fanno la debita riverenza, e si portano davanti al sacerdote; questi intinge parte dell'ostia nel calice e, presentandola a ciascuno, dice: Il Corpo e il Sangue di Cristo (Corpus et Sanguis Christi). Il comunicando, tenendo la patena sotto il mento, risponde: Amen, e riceve dal sacerdote l'Eucaristia; ritorna poi al suo posto.

c) Si può anche collocare in un luogo adatto un piccolo tavolo con tovaglia e corporale, su cui il celebrante depone il calice o la pisside per rendere più facile la distribuzione della comunione.

d) Si distribuisce poi la comunione a coloro che ricevono l'Eucaristia sotto una sola specie, si consuma il resto del vino consacrato e si fanno le purificazioni nel modo detto sopra.

 

3. Rito della comunione sotto le due specie con la cannuccia

 

248. Anche il sacerdote si serve della cannuccia per comunicarsi al Sangue del Signore.

 

249. Se è presente il diacono o un altro sacerdote o un accolito:

a) Per la comunione al Corpo e al Sangue del Signore ci si attiene a quanto è stato detto sopra al n. 244, comma b) e c).

b) Successivamente il comunicando si porta davanti al ministro del calice, il quale dice: Il Sangue di Cristo (Sanguis Christi); il comunicando risponde: Amen, e con la cannuccia che il ministro gli presenta, beve dal calice il Sangue del Signore. Quindi, facendo attenzione a non lasciarne cadere qualche goccia, con la medesima cannuccia sorseggia un po' d'acqua dal recipiente che un ministro tiene in mano: poi depone la cannuccia in un altro recipiente, che gli viene presentato dallo stesso ministro.

 

250. Se non è presente il diacono, né un altro sacerdote, né un accolito, il sacerdote celebrante medesimo presenta il calice a ciascuno dei comunicandi, secondo il rito descritto sopra per la comunione al calice (n. 245), e un ministro accanto a lui tiene il recipiente con l'acqua per purificare la cannuccia.

 

4. Rito della comunione sotto le due specie con il cucchiaino

 

251. Se è presente il diacono o un altro sacerdote o un accolito, questi tiene nella mano sinistra il calice, e a ogni comunicando che gli si accosta reggendo il piattello sotto il mento, distribuisce con il cucchiaino il Sangue del Signore, dicendo: Il Sangue di Cristo (Sanguis Christi), e badando a non toccare con il cucchiaino le labbra o la lingua dei comunicandi.

 

252. Se non c'è il diacono, né un altro sacerdote, né un accolito, il sacerdote celebrante stesso, dopo che i comunicandi sotto le due specie hanno ricevuto il Corpo del Signore, distribuisce loro anche il Sangue.

 

 

 

Capitolo V

 

DISPOSIZIONE E ARREDAMENTO DELLE CHIESE
PER LA CELEBRAZIONE DELL'EUCARISTIA

 

I. Principi generali

 

253. Per la celebrazione dell'Eucaristia, il popolo di Dio si riunisce di solito nella chiesa oppure, in mancanza di questa, in un altro luogo decoroso che sia degno di un così grande mistero. Quindi le chiese o gli altri luoghi, si prestino alla celebrazione delle azioni sacre e all'attiva partecipazione dei fedeli. Inoltre i luoghi sacri e le cose che servono al culto siano davvero degne, belle, segni e simboli delle realtà celesti72.

 

254. Pertanto la Chiesa non cessa di fare appello al nobile servizio delle arti, e ammette le forme artistiche di tutti i popoli e di tutti i paesi73. Anzi, come si sforza di conservare le opere d'arte e i tesori che i secoli passati hanno trasmesso74 e, per quanto è possibile, cerca di adattarli alle nuove esigenze, cerca

 

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72) Cf SC 122-124; PO 5; IOe 90; EM 24.

73) Cf SC 123.

74) Cf EM 24.

 

 

pure di promuovere nuove forme corrispondenti all'indole di ogni epoca75.

Perciò nella formazione degli artisti come pure nella scelta delle opere da ammettere nella chiesa, si ricerchino gli autentici valori dell'arte, che alimentino la fede e la devozione e corrispondano alla verità del loro significato e al fine cui sono destinate76.

 

255. Tutte le chiese siano solennemente dedicate o almeno benedette. Le chiese cattedrali e parrocchiali siano sempre dedicate. I fedeli, poi, tengano nel dovuto onore la chiesa cattedrale della loro diocesi e la propria chiesa parrocchiale; e considerino l'una e l'altra segno di quella Chiesa spirituale alla cui edificazione e sviluppo sono chiamati dalla loro professione cristiana.

 

256. Tutti coloro che sono interessati alla costruzione, al restauro e al riordinamento delle chiese, consultino la Commissione diocesana di Liturgia e Arte sacra. L'Ordinario del luogo, poi, si serva del consiglio e dell'aiuto della stessa Commissione quando si tratta di dare norme in questa materia o di approvare progetti di nuove chiese, o di definire questioni di una certa importanza77.

 

 

II. Disposizione della chiesa per l'assemblea eucaristica

 

257. Il popolo di Dio, che si raduna per la Messa, ha una struttura organica e gerarchica, che si esprime nei vari compiti (o ministeri) e nel diverso comportamento secondo le singole parti della celebrazione. Pertanto è necessario che la disposizione generale del luogo sacro sia tale da presentare in certo modo l'immagine dell'assemblea riunita, consentire l'ordinata e organica partecipazione di tutti e favorire il regolare svolgimento dei compiti di ciascuno.

I fedeli e la schola avranno un posto che renda più facile la loro partecipazione attiva78.

 

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75) Cf SC 123,129; IOe 13c

76) Cf SC 123.

77) Cf SC 126.

78) Cf IOe 97-98.

 

 

Il sacerdote invece e i suoi ministri prenderanno posto nel presbiterio, ossia in quella parte della chiesa che manifesta il loro ministero, e in cui ognuno rispettivamente presiede all'orazione, annuncia la parola di Dio e serve all'altare. Queste disposizioni servono a esprimere la struttura gerarchica e la diversità dei compiti (o ministeri), ma devono anche assicurare una più profonda e organica unità, attraverso la quale si manifesti chiaramente l'unità di tutto il popolo santo. La natura poi e la bellezza del luogo e di tutta la suppellettile devono favorire la pietà e manifestare la santità dei misteri che vengono celebrati.

 

III. Il presbiterio

 

258. Il presbiterio si deve opportunamente distinguere dalla navata della chiesa per mezzo di un'elevazione, o mediante strutture e ornamenti particolari. Sia inoltre di tale ampiezza da consentire un comodo svolgimento dei sacri riti79.

 

IV. L'altare

 

259. L'altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della Croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa; l'altare è il centro dell'azione di grazie che si compie con l'Eucaristia80.

 

260. La celebrazione dell'Eucaristia in un luogo sacro si deve compiere sopra un altare fisso o mobile; fuori del luogo sacro, invece, specie se vi si fa ad modum actus, si può compiere anche sopra un tavolo adatto, purché vi siano sempre una tovaglia e il corporale.

 

261. L'altare si dice «fisso» se è costruito in modo da aderire al pavimento e non poter quindi venir rimosso; si dice invece «mobile» se lo si può trasportare.

 

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79) Cf IOe 91.

80) Cf EM 24.

 

 

262. Nella chiesa vi sia di norma l'altare fisso e dedicato. Sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo. Sia poi collocato in modo da costituire realmente il centro verso il quale spontaneamente converga l'attenzione di tutta l'assemblea81.

 

263. Secondo un uso e un simbolismo tradizionali nella Chiesa, la mensa dell'altare fisso sia di pietra, e più precisamente di pietra naturale. Tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può adoperare anche un'altra materia degna, solida e ben lavorata.

Gli stipiti però e la base per sostenere la mensa possono essere di qualsiasi materiale, purché conveniente e solido.

 

264. L'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materiale di un certo pregio e solido, confacente all'uso liturgico, secondo lo stile e gli usi locali delle diverse regioni.

 

265. Gli altari, sia fissi che mobili, si dedicano secondo il rito descritto nei libri liturgici; tuttavia gli altari mobili possono essere soltanto benedetti. Non vi è alcun obbligo di inserire la pietra consacrata nell'altare mobile o nel tavolo sul quale si compie la celebrazione fuori del luogo sacro (cf n. 260).

 

266. Si mantenga l'uso di collocare sotto l'altare da dedicare le reliquie dei santi, anche se non martiri. Però si curi di verificare l'autenticità di tali reliquie.

 

267. Gli altri altari siano pochi e, nelle nuove chiese, siano collocati in cappelle, separate in qualche modo dalla navata della chiesa82.

 

 

V. La suppellettile dell'altare

 

268. Per rispetto verso la celebrazione del memoriale del Signore e verso il convito nel quale vengono presentati il Corpo e il Sangue di Cristo, si distenda sopra l'altare almeno una tovaglia, che sia adatta alla struttura dell'altare per la forma, la misura e l'ornamento.

 

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81) Cf IOe 91.

82) Cf IOe 93.

 

 

 

269. I candelieri, richiesti per le singole azioni liturgiche, in segno di venerazione e di celebrazione gioiosa, siano collocati o sopra l'altare, oppure accanto a esso, tenuta presente la struttura sia dell'altare che del presbiterio, in modo da formare un tutto armonico; e non impediscano ai fedeli di vedere comodamente ciò che si compie o viene collocato sull'altare.

 

270. Inoltre vi sia sopra l'altare, o accanto a esso, una croce, ben visibile allo sguardo dell'assemblea riunita.

 

VI. La sede per il celebrante e per i ministri,
ossia il luogo della presidenza

 

271. La sede del sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l'assemblea e di guidare la preghiera. Perciò la collocazione più adatta è quella rivolta al popolo, al fondo del presbiterio, a meno che non vi si oppongano la struttura dell'edificio e altri elementi, ad esempio la troppa distanza che rendesse difficile la comunicazione tra il sacerdote e l'assemblea. Si eviti ogni forma di trono. Le sedi per i ministri, invece, siano collocate in presbiterio nel posto più adatto perché essi possano compiere con facilità il proprio ufficio83.

 

 

VII. L'ambone, ossia il luogo dal quale
viene annunciata la parola di Dio

 

272. L'importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l'attenzione dei fedeli84.

Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L'ambone, secondo la struttura di ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri possano essere comodamente visti e ascoltati dai fedeli.

 

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83) Cf IOe 92.

84) Cf IOe 96.

 

 

Dall'ambone si proclamano le letture, il salmo responsoriale e il preconio pasquale; ivi inoltre si può tenere l'omelia e la preghiera universale o preghiera dei fedeli. Non conviene però che all'ambone salga il commentatore, il cantore o l'animatore del coro.

 

VIII. I posti dei fedeli

 

273. Si curi in modo particolare la collocazione dei posti dei fedeli, perché possano debitamente partecipare, con lo sguardo e con lo spirito, alle sacre celebrazioni. È bene mettere a loro disposizione banchi e sedie. Si deve però riprovare l'uso di riservare dei posti a persone private85.

Le sedie o i banchi si dispongano in modo che i fedeli possano assumere comodamente i diversi atteggiamenti del corpo richiesti dalle diverse parti della celebrazione, e recarsi senza difficoltà a ricevere la santa comunione. Si abbia cura che i fedeli possano non soltanto vedere, ma anche, con i mezzi tecnici moderni, ascoltare comodamente sia il sacerdote sia gli altri ministri.

 

IX. Il posto della «schola» e dell'organo o di altri strumenti musicali

 

274. La schola cantorum, tenuto conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo da mettere chiaramente in risalto la sua natura: che essa cioè fa parte dell'assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio; ne sia agevolato il compimento del suo ministero liturgico e sia facilitata a ciascuno dei suoi membri la partecipazione piena alla Messa, cioè la partecipazione sacramentale86.

 

275. L'organo e gli altri strumenti legittimamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di appoggio sia alla schola sia al popolo che canta e, se vengono suonati da soli, possano essere facilmente ascoltati da tutti.

 

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85) Cf SC 32;IOe 98.

86) Cf MS 23.

 

 

 

X. Il posto per la custodia della Santissima Eucaristia

 

276. Si raccomanda vivamente che il luogo in cui si conserva la Santissima Eucaristia sia situato in una cappella adatta alla preghiera privata e alla adorazione dei fedeli87. Se poi questo non si può attuare, l'Eucaristia sia collocata in un altare, o anche fuori dell'altare, in un luogo della chiesa molto visibile e debitamente ornato, tenuta presente la struttura di ciascuna chiesa e le legittime consuetudini di ogni luogo88.

 

277. Si custodisca la Santissima Eucaristia in un unico tabernacolo, inamovibile, e solido, non trasparente, e chiuso in modo da evitare il più possibile il pericolo di una profanazione. Pertanto in ogni chiesa normalmente vi sia un solo tabernacolo89.

 

 

XI. Le immagini esposte alla venerazione dei fedeli

 

278. Secondo un'antichissima tradizione della Chiesa, nei luoghi sacri legittimamente si espongano alla venerazione dei fedeli le immagini del Signore, della beata Vergine e dei santi. Si abbia cura tuttavia che il loro numero non sia eccessivo, e che la loro disposizione non distolga l'attenzione dei fedeli dalla celebrazione90. Di un medesimo santo poi non si abbia che una sola immagine. In generale, nell'ornamento e nella disposizione della chiesa, per quanto riguarda le immagini si cerchi di favorire la pietà della comunità.

 

 

XII. La disposizione generale del luogo sacro

 

279. L'arredamento della chiesa abbia di mira una nobile semplicità, piuttosto che il fasto. Nella scelta degli elementi

 

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87) Cf EM 53; Rituale Romano, Rito della Comunione fuori della Messa e culto eucaristico, ed. tip. 1973, n. 9 (cf p. 338).

88) Cf EM 54:IOe 95.

89) Cf EM 52; IOe 95; S. CONGR. DEI SACRAMENTI, Istr. Nullo umquam tempore, 28.5.1938, n. 4: AAS 30 (1938), pp. 199-200; Rituale Romano. Rito della Comunione fuori della Messa e culto eucaristico, cit., nn. 10-11 (cf pp. 338-339).

90) Cf SC 125.

 

 

per l'arredamento, si curi la verità delle cose e si tenda all'educazione dei fedeli e alla dignità di tutto il luogo sacro.

 

280. Una conveniente disposizione della chiesa e dei suoi accessori, che rispondano opportunamente alle esigenze del nostro tempo, richiede che non si curino solo le cose più direttamente pertinenti alla celebrazione delle azioni sacre, ma che si preveda anche ciò che contribuisce alla comodità dei fedeli, e che abitualmente si trova nei luoghi di riunione.

 

 

Capitolo VI

 

COSE NECESSARIE PER
LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA

 

I. Il pane e il vino per celebrare l'Eucaristia

 

281. Fedele all'esempio di Cristo, la Chiesa ha sempre usato pane e vino con acqua per celebrare la Cena del Signore.

 

282. Il pane per la celebrazione dell'Eucaristia deve essere di solo frumento, confezionato di recente, e azzimo, secondo l'antica tradizione della Chiesa latina.

 

283. La natura di segno esige che la materia della celebrazione eucaristica si presenti veramente come cibo. Conviene quindi che il pane eucaristico, sebbene azzimo e confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote nella Messa celebrata con il popolo possa spezzare davvero l'ostia in più parti e distribuirle almeno ad alcuni dei fedeli. Le Ostie piccole non sono comunque affatto escluse, quando il numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo esigano. Il gesto della frazione del pane, con cui l'Eucaristia veniva semplicemente designata nel tempo apostolico, manifesterà sempre più la forza e l'importanza del segno dell'unità di tutti in un unico pane, e del segno della carità per il fatto che un unico pane è distribuito tra i fratelli.

 

284. Il vino per la celebrazione eucaristica deve essere tratto dal frutto della vite (cf Lc 22, 18), naturale e genuino, cioè non misto a sostanze estranee.

 

285. Con la massima cura si conservino in perfetto stato il pane e il vino destinati all'Eucaristia; cioè si badi che il vino non diventi aceto, e che il pane non si guasti o sia troppo duro, così che solo con difficoltà si possa spezzare.

 

286. Se dopo la consacrazione, o al momento della comunione, il sacerdote si accorge di aver usato acqua, anziché vino, metta l'acqua in un recipiente, versi nel calice vino con acqua e lo consacri, ripetendo la parte del racconto evangelico che riguarda la consacrazione del calice, senza dover nuovamente consacrare il pane.

 

II. Le suppellettili sacre in genere

 

287. Come per la costruzione di chiese, anche per ogni tipo di suppellettile sacra la Chiesa ammette il genere e lo stile artistico di ogni regione, e accetta quegli adattamenti che corrispondono alle culture e alle tradizioni dei singoli popoli, purché ogni cosa sia adatta all'uso per il quale è destinata91. Anche in questo settore si curi quella nobile semplicità che si accompagna tanto bene con l'arte autentica.

 

288. Nello scegliere la materia per la suppellettile sacra, oltre a quella tradizionalmente in uso, si possono adoperare anche quelle che, secondo la mentalità del nostro tempo, sono ritenute nobili, durevoli e che si adattano bene all'uso sacro. In questo settore, il giudizio spetta alla Conferenza Episcopale delle singole regioni.

 

III. I vasi sacri

 

289. Tra le cose richieste per la celebrazione della Messa, sono degni di particolare rispetto i vasi sacri; tra questi, specialmente il calice e la patena, nei quali vengono offerti, consacrati e consumati il pane e il vino.

 

290. I vasi sacri siano di materia solida e nobile, secondo la comune valutazione di ogni regione. La cosa è rimessa al giudizio della Conferenza Episcopale. Tuttavia si preferiscano materie che non si rompano né si deteriorino facilmente.

 

______________

 

91) Cf SC 128; EM 24.

 

 

291. I calici e gli altri vasi destinati a contenere il Sangue del Signore, abbiano la coppa fatta di una materia che non assorba i liquidi. La base del calice può essere fatta con materie diverse, solide e decorose.

 

292. I vasi sacri che servono a contenere le ostie, come la patena, la pisside, la teca, l'ostensorio e altri analoghi, si possono fabbricare anche con altre materie, tra quelle più apprezzate nelle varie regioni, come ad esempio l'avorio o alcuni legni particolarmente duri, sempre che siano adatti all'uso sacro.

 

293. Per la consacrazione delle ostie, si può convenientemente usare un'unica patena grande, sopra la quale si pone il pane sia per il sacerdote, sia per i ministri e i fedeli.

 

294. I vasi sacri di metallo siano abitualmente dorati all'interno, se il metallo è ossidabile; se invece sono di metallo inossidabile, e più nobile che l'oro, la doratura non è necessaria.

 

295. Per quanto riguarda la forma dei vasi sacri, è compito dell'artista confezionarli nel modo più conveniente secondo gli usi delle singole regioni, purché siano adatti all'uso liturgico cui sono destinati.

 

296. Per la benedizione dei vasi sacri, si osservino i riti prescritti nei libri liturgici.

 

 

IV. Le vesti sacre

 

297. Nella Chiesa, Corpo mistico di Cristo, non tutte le membra svolgono la stessa missione. Questa diversità di ministeri nel compimento del culto sacro, si manifesta all'esterno con la diversità delle vesti sacre, che perciò devono essere segno dell'ufficio proprio di ogni ministro. Conviene però che tali vesti contribuiscano anche al decoro dell'azione sacra.

 

298. La veste sacra comune a tutti i ministri di qualsiasi grado è il camice, stretto ai fianchi dal cingolo, a meno che non sia fatto in modo da aderire al corpo anche senza cingolo. Se il camice non copre pienamente, intorno al collo, l'abito comune, prima di indossarlo si deve mettere l'amitto.

Il camice può essere sostituito dalla cotta; non però quando si indossano la casula o la dalmatica, né quando si usa la stola al posto della casula o della dalmatica.

 

299. Veste propria del sacerdote celebrante, nella Messa e nelle altre azioni sacre direttamente collegate con essa, è la casula o pianeta, se non viene indicato diversamente; la casula s'indossa sopra il camice e la stola.

 

300. Veste propria del diacono è la dalmatica, da indossarsi sopra il camice e la stola.

 

301. I ministri di grado inferiore al diacono possono indossare il camice o un'altra veste legittimamente approvata nella loro regione.

 

302. La stola indossata dal sacerdote gira attorno al collo e scende davanti, diritta. La stola indossata dal diacono poggia sulla spalla sinistra e, passando trasversalmente davanti al petto, si raccoglie sul fianco destro.

 

303. Il piviale viene indossato dal sacerdote nelle processioni e nelle altre azioni sacre, secondo le rubriche proprie dei singoli riti.

 

304. Riguardo alla forma delle vesti sacre, le Conferenze Episcopali possono stabilire e proporre alla Sede Apostolica adattamenti richiesti dalle necessità e dagli usi delle singole regioni92.

 

305. Per la confezione delle vesti sacre, oltre alle stoffe tradizionali, si possono usare altre fibre naturali proprie delle singole regioni, come pure fibre artificiali, rispondenti alla dignità dell'azione sacra e della persona. In questa materia è giudice la Conferenza Episcopale93.

 

306. La bellezza e la nobiltà delle vesti si devono cercare e porre in risalto più nella forma e nella materia usate, che nella ricchezza dell'ornato. Gli ornamenti possono presentare figurazioni, o immagini, o simboli, che indichino l'uso sacro delle vesti, con esclusione di ciò che non vi si addice.

 

______________

 

92) Cf SC 128.

93) Cf SC 128.

 

 

307. La differenza dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati, e il senso della vita cristiana in cammino lungo il corso dell'anno liturgico.

 

308. Riguardo al colore delle sacre vesti, si mantenga l'uso tradizionale, e cioè:

a) Il colore bianco si usa negli Uffici e nelle Messe del Tempo pasquale e del Tempo natalizio. Inoltre: nelle feste e nelle «memorie» del Signore, escluse quelle della Passione; nelle feste e nelle «memorie» della beata Vergine, degli angeli, dei santi non martiri, nella festa di tutti i santi (1° novembre), di san Giovanni Battista (24 giugno), di san Giovanni evangelista (27 dicembre), della Cattedra di san Pietro (22 febbraio) e della Conversione di san Paolo (25 gennaio).

b) Il colore rosso si usa nella domenica di Passione (o delle Palme) e nel Venerdì Santo, nella domenica di Pentecoste, nelle celebrazioni della Passione del Signore, nella festa natalizia degli Apostoli e degli evangelisti e nelle celebrazioni dei santi martiri.

c) Il colore verde si usa negli Uffici e nelle Messe del Tempo Ordinario.

d) Il colore viola si usa nel Tempo di Avvento e di Quaresima. Si può usare negli Uffici e nelle Messe per i defunti.

e) Il colore nero si può usare nelle Messe per i defunti.

f) Il colore rosaceo, si può usare nelle domeniche Gaudete (III di Avvento) e Laetare (IV di Quaresima).

Le Conferenze Episcopali possono però stabilire e proporre alla Sede Apostolica adattamenti conformi alle necessità e alla cultura dei singoli popoli.

 

309. Nei giorni più solenni si possono usare vesti sacre più preziose, anche se non sono del colore del giorno.

 

310. Le Messe rituali si dicono con il colore a esse proprio, oppure con colore bianco o festivo. Le Messe per varie necessità con il colore proprio del giorno o del Tempo, oppure con colore viola se hanno carattere penitenziale (ad es. le Messe «In tempo di guerra o di disordini; in tempo di fame; per la remissione dei peccati»). Le Messe votive si dicono con il colore adatto alla Messa che si celebra o anche con il colore proprio del giorno o del Tempo.

 

V. Altra suppellettile destinata all'uso della chiesa

 

311. Oltre ai vasi sacri e alle vesti liturgiche, per cui viene prescritta una determinata materia, anche l'altra suppellettile, destinata direttamente all'uso liturgico, o in qualunque altro modo ammessa nella chiesa, deve essere degna e rispondere al fine a cui ogni cosa è destinata.

 

312. Si curi in modo particolare che anche nelle cose di minore importanza le esigenze dell'arte siano opportunamente rispettate, e che una nobile semplicità sia sempre congiunta con la debita pulizia.

 

Capitolo VII

 

LA SCELTA DELLE PARTI DELLA MESSA

 

313. L'efficacia pastorale della celebrazione aumenta se il testo delle letture, delle orazioni e dei canti corrispondono il meglio possibile alle necessità, alla preparazione spirituale e alle capacità dei partecipanti. Questo si ottiene usando convenientemente di una molteplice facoltà di scelta che sarà descritta più avanti.

Nel preparare la Messa, il sacerdote, tenga presente più il bene spirituale comune dell'assemblea che il proprio gusto. Si ricordi anche che la scelta di queste parti si deve fare insieme con i ministri e con le altre persone che svolgono qualche ufficio nella celebrazione, senza escludere i fedeli in ciò che li riguarda direttamente.

Dal momento che è offerta un'ampia possibilità di scegliere le diverse parti della Messa, è necessario che prima della celebrazione il diacono, il lettore, il salmista, il cantore, il commentatore, la schola, ognuno per la sua parte, sappiano bene quali testi spettano a ciascuno, in modo che nulla si lasci all'improvvisazione. L'armonica disposizione ed esecuzione dei riti contribuisce moltissimo a disporre lo spirito dei fedeli per la partecipazione all'Eucaristia.

 

 

I. La scelta della Messa

 

314. Nelle solennità il sacerdote è tenuto a seguire il calendario della chiesa in cui celebra.

 

315. Nelle domeniche, nelle ferie di Avvento, di Natale, di Quaresima e di Pasqua, nelle feste e nelle memorie obbligatorie:

a) se la Messa si celebra con il popolo, il sacerdote segua il calendario della chiesa in cui celebra;

b) se la Messa si celebra senza il popolo, il sacerdote può scegliere tra il calendario del luogo e il calendario proprio.

 

316. Nelle memorie facoltative:

a) Nelle ferie di Avvento dal 17 al 24 dicembre, tra l'ottava di Natale, e nelle ferie di Quaresima, fatta eccezione per il mercoledì delle Ceneri e per le ferie della Settimana Santa, il sacerdote dice la Messa del giorno liturgico occorrente; però dalla memoria eventualmente segnata in quel giorno sul calendario generale può prendere la colletta, purché non occorra il mercoledì delle Ceneri o una feria della Settimana Santa.

b) Nelle ferie di Avvento, prima del 17 dicembre, nelle ferie del Tempo natalizio dal 2 gennaio e in quelle del Tempo pasquale, il sacerdote può scegliere o la Messa della feria, o la Messa del santo o di uno dei santi di cui si fa la memoria, o la Messa di un santo ricordato quel giorno nel Martirologio,

c) Nelle ferie del Tempo Ordinario, il sacerdote può scegliere o la Messa della feria o la Messa di una eventuale memoria facoltativa, o la Messa di qualche santo ricordato in quel giorno nel Martirologio, o una Messa «per varie necessità» o una Messa votiva.

Se celebra con partecipazione di popolo, il sacerdote si preoccupi anzitutto del bene spirituale dei fedeli, evitando di imporre i propri gusti. Soprattutto cerchi di non omettere troppo spesso e senza motivo sufficiente le letture assegnate per i singoli giorni dal Lezionario feriale: la Chiesa desidera infatti che venga offerta ai fedeli una mensa sempre più abbondante della parola di Dio94.

 

______________

 

94) Cf SC 51.

 

Per lo stesso motivo, non ricorra troppo spesso alle Messe dei defunti: tutte le Messe sono offerte per i vivi e per i defunti, e dei defunti si fa memoria in ogni Preghiera eucaristica. Là dove le memorie facoltative della beata Vergine, o di un santo, sono care alla pietà dei fedeli, sia celebrata almeno una Messa in loro onore per soddisfare alla legittima devozione dei fedeli. Quando poi c'è possibilità di scelta tra una memoria iscritta nel calendario generale e una memoria del calendario diocesano o religioso, si dia la precedenza, a parità di importanza e secondo la tradizione, alla memoria del calendario particolare.

 

II. La scelta delle parti della Messa

 

317. Nello scegliere i testi delle diverse parti della Messa, sia del Tempo che dei santi si osservino le norme seguenti:

 

Le letture

 

318. Alla domenica e nelle feste vi sono tre letture: il Profeta, l'Apostolo e il Vangelo; la loro proclamazione educa il popolo cristiano al senso della continuità nell'opera di salvezza, secondo la mirabile pedagogia divina.

Si raccomanda quindi molto che le letture siano tre. Tuttavia, per ragioni di ordine pastorale e in seguito a decreto della Conferenza Episcopale, può essere consentito in qualche luogo l'uso di due sole letture. Quando poi c'è da scegliere tra le due prime letture, si tengano presenti le norme proposte dal Lezionario e l'intento di condurre i fedeli a una più profonda conoscenza delle Scritture; il criterio di scelta non sia mai solo quello del testo più breve o più facile.

 

319. Nel Lezionario feriale sono proposte delle letture per ogni giorno della settimana, lungo tutto il corso dell'anno: pertanto proprio queste letture si dovranno abitualmente usare nei giorni a cui sono assegnate, a meno che non ricorra una solennità o una festa.

Quando la lettura continua venisse interrotta durante la settimana da una festa o da qualche celebrazione speciale, il sacerdote, tenendo presente l'ordine delle letture di tutta la settimana, può aggiungere alle altre letture quella omessa o decidere quale testo preferire.

Nelle Messe per gruppi particolari, il sacerdote potrà scegliere le letture più adatte a quella particolare celebrazione, purché tratte dai testi del Lezionario approvato.

 

320. Una scelta speciale di testi della sacra Scrittura è fatta per le Messe nelle quali è inserita la celebrazione di sacramenti o di sacramentali, o che vengono celebrate in speciali circostanze.

Questi Lezionari sono stati composti in modo che i fedeli, attraverso l'ascolto di una lettura più adatta, comprendano meglio il mistero a cui prendono parte e aumentino il loro amore per la parola di Dio.

Quindi i testi da leggersi nell'assemblea liturgica si devono scegliere in base a un'opportuna considerazione pastorale, e tenuta presente la libertà di scelta prevista per questi casi.

 

Le orazioni

 

321. Il grande numero di prefazi, di cui è arricchito il Messale Romano, mira a presentare sotto angolazioni diverse il tema dell'azione di grazie proprio della Preghiera eucaristica e a porre maggiormente in luce i vari aspetti del mistero della salvezza.

 

322. La scelta tra le Preghiere eucaristiche è regolata dalle norme seguenti:

a) La Preghiera eucaristica I, o Canone romano, si può sempre usare; il suo uso tuttavia è più indicato nei giorni ai quali è assegnato un Communicantes (In comunione) proprio, o nelle Messe con l'Hanc igitur (Accetta con benevolenza) proprio, oltre che nelle feste degli Apostoli e dei santi di cui si fa menzione nella Preghiera stessa; così pure nelle domeniche a meno che, per ragioni pastorali, non si preferisca un'altra Preghiera eucaristica.

b) La Preghiera eucaristica II, per le sue particolari caratteristiche, è più indicata per i giorni feriali o in circostanze particolari. Quantunque abbia un prefazio proprio, può essere collegata con altri prefazi, specialmente con quelli che presentano in sintesi il mistero della salvezza, come a esempio i prefazi delle domeniche del Tempo Ordinario e i prefazi comuni.

Quando si celebra la Messa per un defunto, si può inserire la formula particolare proposta a suo luogo, cioè prima del Ricordati dei nostri fratelli (Memento etiam).

c) La Preghiera eucaristica III si può dire con qualsiasi prefazio. È preferibile usarla nelle domeniche e nei giorni festivi. In questa preghiera si può usare la formula particolare per un defunto, inserendola a suo luogo, cioè dopo le parole Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi (Omnes filios tuos ubique dispersos).

d) La Preghiera eucaristica IV ha un prefazio invariabile e offre un compendio più completo della storia della salvezza. Si può usare quando la Messa manca di un prefazio proprio. In questa Preghiera, in ragione della sua struttura, non si può inserire una particolare formula per un defunto.

e) Una Preghiera eucaristica che abbia un prefazio proprio si può usare, con il suo prefazio, anche quando le rubriche indicano un prefazio del Tempo.

 

323. In ogni Messa, salvo indicazioni in contrario, si dicono le orazioni proprie di quella Messa.

Tuttavia nelle Messe delle memorie si dice la colletta propria o quella del Comune; le orazioni sulle offerte e dopo la comunione, se non sono proprie, si possono scegliere dal Comune o dalle ferie del tempo corrente.

Nelle ferie del Tempo Ordinario, oltre all'orazione della domenica precedente, si possono dire le orazioni di un'altra domenica del Tempo Ordinario, oppure un'orazione scelta tra i formulari per varie necessità che si trovano nel Messale. Di queste Messe si può comunque scegliere anche la sola colletta. In tal modo viene proposto un maggior numero di testi, che non solo permettono di rinnovare di continuo i temi della preghiera dell'assemblea liturgica, ma anche di adattare la stessa preghiera alle necessità dei fedeli, della Chiesa e del mondo. Nei tempi più importanti dell'anno, questo adattamento già avviene mediante l'orazione propria del tempo che si trova per ogni giorno nel Messale.

 

I canti

 

324. Nello scegliere i canti fra le letture, e i canti di ingresso, di offertorio e di comunione, si osservino le norme stabilite nel capitolo che ne tratta.

 

 

Facoltà particolari

 

325. Oltre alle possibilità di cui si è parlato nei numeri precedenti per la scelta dei testi più adatti, le Conferenze Episcopali hanno la facoltà di indicare, per particolari circostanze, alcuni adattamenti per le letture, a condizione che i testi vengano scelti da un Lezionario debitamente approvato.

 

 

Capitolo VIII

 

MESSE E ORAZIONI PER DIVERSE CIRCOSTANZE

E MESSE PER I DEFUNTI

 

I. Messe e orazioni per diverse circostanze

 

326. Poiché la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia che fluisce dal mistero pasquale95, e poiché l'Eucaristia è il sacramento per eccellenza, il Messale presenta formulari di Messe e di orazioni che si possono usare nelle diverse circostanze della vita cristiana, per le necessità di tutto il mondo o della Chiesa universale e locale.

 

327. Essendovi una maggiore facoltà di scegliere le letture e le orazioni, è bene che delle Messe «per diverse circostanze» si faccia un uso moderato, cioè quando lo esige l'opportunità pastorale.

 

328. In tutte le Messe «per diverse circostanze», salvo espresse indicazioni in contrario, si possono usare le letture feriali con i loro canti responsoriali, se si accordano con la celebrazione.

 

______________

 

95) Cf SC 61.

 

 

329. Le Messe «per diverse circostanze» sono di tre tipi:

a) Messe rituali, collegate con la celebrazione di alcuni sacramenti o sacramentali.

b) Messe per varie necessità, che vengono dette in alcune occasioni, sia saltuariamente, sia in tempi determinati.

c) Messe votive o di devozione, che vengono scelte liberamente secondo la devozione dei fedeli per commemorare i misteri del Signore, o per onorare la beata Vergine Maria o qualche santo o tutti i santi.

 

330. Le Messe rituali sono proibite nelle domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, nelle solennità, nei giorni fra l'ottava di Pasqua, nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nel mercoledì delle Ceneri e nelle ferie della Settimana Santa; si devono inoltre osservare le norme indicate nei libri rituali o nei formulari delle Messe stesse.

 

331. Tra le Messe per varie necessità la competente autorità può scegliere Messe per eventuali suppliche pubbliche, stabilite dalla Conferenza Episcopale nel corso dell'anno.

 

332. Nel caso di una necessità particolarmente grave o di una utilità pastorale si può celebrare una Messa adatta, per ordine o con il consenso dell'Ordinario del luogo, in qualsiasi giorno, eccetto le solennità e le domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, i giorni fra l'ottava di Pasqua, la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, il mercoledì delle Ceneri e le ferie della Settimana Santa.

 

333. Nei giorni in cui occorre una memoria obbligatoria o una feria di Avvento fino al 16 dicembre, del Tempo natalizio a cominciare dal 2 gennaio, e del Tempo pasquale dopo l'ottava di Pasqua, sono per sé proibite le Messe per varie necessità e quelle votive. Se però lo richiede un'autentica necessità o un'utilità pastorale, nella Messa con partecipazione di popolo si può usare il formulario corrispondente a questa necessità o utilità, a giudizio del rettore della chiesa o dello stesso sacerdote celebrante.

 

334. Nelle ferie del Tempo Ordinario nelle quali occorrono memorie facoltative o si fa l'ufficio della feria, si può celebrare qualunque Messa o utilizzare qualunque orazione «per diverse circostanze», fatta eccezione per le Messe rituali.

 

 

II. Messe dei defunti

 

335. La Chiesa offre il sacrificio eucaristico della Pasqua di Cristo per i defunti, in modo che, per la comunione esistente fra tutte le membra di Cristo, gli uni ricevano un aiuto spirituale, e gli altri il conforto della speranza.

 

336. Tra le Messe per i defunti, ha il primo posto la Messa esequiale, che si può celebrare tutti i giorni, eccetto le solennità di precetto, il Giovedì Santo, il Triduo pasquale e le domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua.

 

337. La Messa dei defunti alla notizia della morte di una persona, o nel giorno della sepoltura definitiva, o nel primo anniversario, si può celebrare anche fra l'ottava di Natale, nei giorni nei quali occorre una memoria obbligatoria o una feria, che non sia il mercoledì delle Ceneri o una feria della Settimana Santa. Le altre Messe per i defunti, o Messe "quotidiane", si possono celebrare nelle ferie del Tempo Ordinario, nelle quali occorrono memorie facoltative o si fa l'ufficio della feria, purché siano veramente applicate per i defunti.

 

338. Nella Messa esequiale si tenga normalmente una breve omelia, escludendo però la forma dell'elogio funebre. Si raccomanda l'omelia anche nelle altre Messe per i defunti con partecipazione di popolo.

 

339. Si invitino i fedeli, specialmente i familiari del defunto, a partecipare con la santa comunione al sacrificio eucaristico offerto per il defunto stesso.

 

340. Se la Messa esequiale è inserita nel rito delle esequie, detta l'orazione dopo la comunione, si tralasciano i riti di conclusione e si compie l'ultima raccomandazione o commiato. Questo rito si fa soltanto quando il cadavere è presente.

 

341. Nell'ordinare e scegliere le parti variabili della Messa per i defunti (come le Orazioni, le letture, la preghiera dei fedeli), specialmente nella Messa esequiale, si tengano presenti, come è giusto, gli aspetti pastorali che interessano il defunto, la sua famiglia e i presenti.

Inoltre i pastori d'anime abbiano un riguardo speciale per coloro che in occasione del funerale sono presenti alla celebrazione liturgica o ascoltano la lettura del Vangelo, siano essi acattolici o cattolici che non partecipano mai o quasi mai all'Eucaristia, o che sembrano aver perduto la fede; i sacerdoti sono per tutti i ministri del Vangelo di Cristo.

 

 

 

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Precisazioni

 

La Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ritiene opportuno precisare alcune indicazioni che la normativa liturgica affida alle Conferenze Episcopali nazionali e richiamare l'attenzione su alcuni punti della celebrazione eucaristica1.

 

1. Gesti e atteggiamenti

durante la celebrazione eucaristica (cf n. 21)

 

La CEI fa proprio quanto indicato in «Principi e norme per l'uso del Messale Romano» e cioè:

In piedi dal canto d'ingresso fino alla colletta compresa. Seduti durante la prima e seconda lettura e il salmo responsoriale. In piedi dall'acclamazione al Vangelo alla fine del Vangelo. Seduti durante l'omelia e il breve silenzio che segue. In piedi dall'inizio del Credo, recitato o cantato, fino alla conclusione della preghiera universale o dei fedeli.

Seduti durante tutto il rito della presentazione dei doni. Ci si alza per l'incensazione dell'assemblea.

In piedi dall'orazione sulle offerte fino all'epiclesi prima della consacrazione (gesto dell'imposizione delle mani) esclusa. In ginocchio, se possibile, dall'inizio dell'epiclesi preconsacratoria (gesto dell'imposizione delle mani) fino all'elevazione del calice inclusa.

In piedi da Mistero della fede fino alla comunione inclusa, fatta la quale si potrà stare in ginocchio o seduti fino all'orazione dopo la comunione.

Durante il canto o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate; questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in clima fraterno di preghiera.

 

______________

 

1) I numeri a fianco dei titoli si riferiscono a «Principi e norme per l'uso del Messale Romano».

 

In piedi dall'orazione dopo la comunione sino alla fine. N.B. Durante l'ascolto della Passione del Signore (Domenica delle palme e Venerdì Santo) si può rimanere seduti per una parte della lettura.

Anche qualora il canto del Gloria a Dio comportasse uno sviluppo musicale di una certa ampiezza, in casi particolari, ci si potrà sedere dopo l'intonazione.

 

2. Canti di ingresso, di offertorio e di comunione
(cf nn. 26, 50 e 56)

 

In luogo dei canti inseriti nei libri liturgici si possono usare altri canti adatti all'azione sacra, al momento e al carattere del giorno o del tempo, purché siano approvati dalla Conferenza Episcopale nazionale o regionale o dall'Ordinario del luogo. Si esortano i musicisti e i cantori a valersi dei testi antifonali del giorno con qualche eventuale adattamento.

 

Professione di fede (cf n. 43)

 

Quando è prescritta la professione di fede, si potrà alternare il simbolo niceno-costantinopolitano con quello detto «degli Apostoli», proclamando con diverse formule la stessa unica fede. Sarà il criterio dell'utilità pastorale a suggerire l'uso di questo secondo Simbolo, che pure è patrimonio del popolo di Dio e appartiene alla veneranda Tradizione della Chiesa. Esso richiama la professione di fede fatta nella celebrazione del Battesimo e si inserisce opportunamente nel Tempo di Quaresima e di Pasqua, nel contesto catecumenale e mistagogico dell'iniziazione cristiana.

Per una più facile memorizzazione nella lettera e nel contenuto, è opportuno che il simbolo apostolico sia usato per un periodo piuttosto prolungato.

 

 

3. Preghiera universale (cf nn. 45-47)

 

La preghiera universale o preghiera dei fedeli è di norma nelle Messe domenicali e festive. Dato tuttavia il suo rilievo pastorale, anche perché offre l'occasione di collegare la liturgia della Parola con la situazione concreta, è evidente l'opportunità di farla quotidianamente nelle Messe con la partecipazione del popolo.

Perché la preghiera universale sia veramente rispondente al suo spirito e alla sua struttura, si richiama l'esigenza di disporne precedentemente l'esatta formulazione e di rispettare la successione e la sobrietà delle intenzioni, tenendo presenti il momento liturgico, le emergenze ecclesiali e sociali, e il suffragio per le anime dei pastori e dei fratelli defunti.

 

4. Presentazione dei doni (cf nn. 48, 3 e 293)

 

Per sottolineare la partecipazione all'«unico pane e all'unico calice» si abbia cura di preparare, per quanto possibile, un'unica patena e un unico calice.

 

5. Dossologia finale della Preghiera eucaristica
(cf nn. 55h e 135)

 

La dossologia conclusiva dell'anafora: Per Cristo, con Cristo e in Cristo è proclamata dai soli sacerdoti celebranti. Il sacerdote che presiede e il diacono ministrante tengano sollevati la patena e il calice fino all'Amen compreso con il quale il popolo ratifica la grande preghiera sacerdotale.

 

6. Segno di pace (cf n. 56b)

 

Il segno di pace che i partecipanti alla celebrazione si scambiano con i fedeli che sono al loro fianco, nello spirito di riconciliazione e di fraternità cristiana necessario per accostarsi alla comunione eucaristica, dopo che a tutti l'ha espresso con il gesto e con la parola il sacerdote celebrante, si può dare in vari modi secondo le consuetudini e la qualità dei partecipanti. Scambiandosi il segno di pace si può dire: La pace sia con te.

 

7. Frazione del pane (cf nn. 56c e 283)

 

Perché il segno della partecipazione «all'unico pane spezzato» abbia chiara evidenza è bene compiere il gesto della «frazione del pane» in modo veramente espressivo e visibile a tutti.

Conviene quindi che il pane azzimo, confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote possa davvero spezzare l'ostia in più parti da distribuire almeno ad alcuni fedeli.

Al momento della «frazione», si dispongano, se necessario, le specie consacrate in varie patene e in vari calici per una più agevole distribuzione, nel rispetto delle norme liturgiche e dell'opportunità pastorale.

 

8. Uffici particolari

(cf n. 71 e «Codice di Diritto Canonico», can. 230 § 2)

 

I lettori - uomini e donne - che in mancanza di ministri istituiti proclamano dall'ambone le letture o propongono le intenzioni della preghiera universale o dei fedeli, siano ben preparati ed edifichino l'assemblea con la proprietà dell'atteggiamento e dell'abito.

 

9. Possibilità di comunicarsi due volte nello stesso giorno

(cf «Codice di Diritto Canonico», can. 917)

 

La piena partecipazione alla Messa si attua e si manifesta con la comunione sacramentale. Chi pertanto, pur essendosi già accostato alla mensa eucaristica, parteciperà nello stesso giorno ad un'altra Messa, potrà, anche nel corso di essa, ricevere nuovamente, cioè una seconda volta la comunione.

 

10. La Comunione sotto le due specie (cf n. 242)

 

Oltre ai casi e alle persone di cui al n. 242 di «Principi e norme», e salvo il giudizio del vescovo di permettere la comunione sotto le due specie, la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito di allargare la concessione della comunione sotto le due specie ai casi e alle persone qui sotto indicate:

a) a tutti i membri degli istituti religiosi e secolari, maschili e femminili e a tutti i membri delle case di educazione o formazione sacerdotale o religiosa, quando partecipano alla Messa della comunità (cf «Principi e norme per l'uso del Messale Romano» n. 76);

b) a tutti i partecipanti alla Messa comunitaria in occasione di un incontro di preghiera o di un convegno pastorale;

c) a tutti i partecipanti a Messe che già comportano, per alcuni dei presenti, la comunione sotto le due specie, a norma del n. 242 di «Principi e norme per l'uso del Messale Romano»;

d) in occasione di celebrazioni particolarmente espressive del senso della comunità cristiana raccolta intorno all'altare.

 

11. Rito della Comunione sotto le due specie per intinzione

(cf n. 247)

 

Nella comunione l'Eucaristia è sempre consegnata dal ministro e non presa direttamente dai fedeli. Se la comunione viene fatta per intinzione, il sacerdote celebrante può far sorreggere il calice (o la pisside), da un accolito o da un ministro straordinario della comunione o da un fedele debitamente preparato.

 

12. Uso della lingua nella celebrazione dell'Eucaristia

 

Nelle Messe celebrate con il popolo si usa la lingua italiana. Si potranno inserire nel repertorio della Messa celebrata in italiano canti dell'ordinario ed eventualmente del proprio in lingua latina.

Gli Ordinari del luogo, tenuto presente innanzi tutto il bene del popolo di Dio, possono stabilire che in alcune chiese frequentate da fedeli di diverse nazionalità si possa usare o la lingua propria dei presenti, se appartenenti al medesimo gruppo linguistico, o la lingua latina avendo cura di proclamare le letture bibliche e formulare la preghiera dei fedeli nelle varie lingue dei partecipanti.

In altri casi previsti in base ad una vera motivazione vagliata dall'Ordinario del luogo, si deve comunque usare l'edizione tipica del «Missale Romanum».

Ogni chiesa abbia a disposizione la forma abbreviata del Messale latino, «Missale parvum».

 

13. I canti e gli strumenti musicali

 

Nella scelta e nell'uso di altri canti si tenga presente che essi devono essere degni della loro adozione nella liturgia, sia per la sicurezza di fede nel contenuto testuale, sia per il valore musicale e anche per la loro opportuna collocazione nei vari momenti celebrativi secondo i tempi liturgici. Non si introduca in modo permanente alcun testo nelle celebrazioni liturgiche senza previa approvazione della competente autorità.

Ogni diocesi abbia cura di segnalare un elenco di canti da eseguire nelle celebrazioni diocesane tenendo presenti le indicazioni regionali e nazionali per la formazione di un repertorio comune.

Anche per l'esecuzione dei canti si curi con attenzione l'uso dell'impianto di diffusione.

Per quanto riguarda il sostegno strumentale si usi preferibilmente l'organo a canne o con il consenso dell'Ordinario, sentita la Commissione di liturgia e musica, anche altri strumenti che siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare. La musica registrata, sia strumentale che vocale, non può essere usata durante la celebrazione liturgica, ma solo fuori di essa per la preparazione dell'assemblea. Si tenga presente, come norma, che il canto liturgico è espressione della viva voce di quel determinato popolo di Dio che è raccolto in preghiera.

 

14. L'altare (cf n. 262)

 

L'altare fisso della celebrazione sia unico e rivolto al popolo. Nel caso di difficili soluzioni artistiche per l'adattamento di particolari chiese e presbiteri, si studi, sempre d'intesa con le competenti Commissioni diocesane, l'opportunità di un altare «mobile» appositamente progettato e definitivo. Se l'altare retrostante non può essere rimosso o adattato, non si copra la sua mensa con la tovaglia.

Si faccia attenzione a non ridurre l'altare a un supporto di oggetti che nulla hanno a che fare con la liturgia eucaristica. Anche i candelieri e i fiori siano sobri per numero e dimensione. Il microfono, per la dimensione e la collocazione, non sia tanto ingombrante da sminuire il valore delle suppellettili sacre e dei segni liturgici.

 

15. La sede per il celebrante e i ministri (cf n. 271)

 

La sede del celebrante e dei ministri sia in diretta comunicazione con l'assemblea.

 

16. L'ambone (cf n. 272)

 

L'ambone o luogo della Parola, sia conveniente per dignità e funzionalità; non sia ridotto a un semplice leggio, né diventi supporto per altri libri all'infuori dell'Evangeliario e del Lezionario.

 

17. Materia per la costruzione dell'altare (cf n. 263), per la preparazione delle suppellettili (cf n. 268), dei vasi sacri (cf n. 294) e delle vesti sacre (cf n. 305)

 

Si possono usare materiali diversi da quelli usati tradizionalmente, purché convenienti per la qualità e funzionalità all'uso liturgico.

In particolare, per quanto attiene la coppa del calice è da escludere l'impiego di metalli facilmente ossidabili (ad es. alpacca, rame, ottone ecc.), anche se dorati, da cui, oltre l'alterazione delle sacre specie, possono derivare effetti nocivi. Nell'impiego dei vari materiali si tengano presenti le indicazioni date in «Principi e norme per l'uso del Messale Romano», perché rispecchino quella dignitosa e austera bellezza che si deve sempre ricercare nelle opere dell'artigianato a servizio del culto.

 

18. Colore delle vesti sacre (cf n. 308)

 

Si seguano le indicazioni date in «Principi e norme per l'uso del Messale Romano».

 

19. Numero delle letture nelle domeniche e nelle solennità (cf n. 318)

 

La CEI dispone nelle domeniche e nelle solennità la proclamazione di tutte e tre le letture, per una maggiore organicità e ricchezza della liturgia della Parola che secondo la tradizione comprende il profeta, l'apostolo e l'evangelista.

 

20. Stazioni quaresimali

 

In Quaresima secondo l'antica tradizione romana delle stazioni quaresimali, si raccomandano nelle Chiese locali le riunioni di preghiera specialmente intorno al vescovo, almeno in alcuni centri e nei modi più indicati.

Oltre che in domenica queste assemblee - con celebrazione dell'Eucaristia o del sacramento della Penitenza o con liturgie della Parola o con altre forme, che richiamino anche il carattere pellegrinante della Chiesa locale - possono essere celebrate, evidenziando maggiormente il carattere penitenziale del cammino verso la Pasqua, nei giorni più adatti della settimana (in particolare il venerdì o il mercoledì) o presso il sepolcro di un martire o nelle chiese o santuari più importanti.

 

21. Velazione delle croci e delle immagini (cf «Missale Romanum», p. 215)

 

Circa la possibilità di conservare l'uso di velare le croci e le immagini a cominciare dalla V domenica di Quaresima, ci si attenga ai criteri di ordine pastorale a giudizio dell'Ordinario del luogo.

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