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Concilio
Vaticano II - Costituzioni: GAUDIUM ET SPES
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Roma, 7 dicembre 1965
COSTITUZIONE PASTORALE
GAUDIUM
ET SPES
SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
PROEMIO
1. Intima unione della Chiesa con l'intera famiglia umana.
Le gioie e le speranze, le tristezze e le
angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che
soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei
discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel
loro cuore.
La loro comunità, infatti, è composta di
uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel
loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di
salvezza da proporre a tutti.
Perciò la comunità dei cristiani si sente
realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.
2. A chi si rivolge il Concilio.
Per questo il Concilio Vaticano II, avendo
penetrato più a fondo il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua
parola non più ai soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome
di Cristo, ma a tutti gli uomini. A tutti vuol esporre come esso intende la
presenza e l'azione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha
presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel
contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è
teatro della storia del genere umano, e reca i segni degli sforzi dell'uomo,
delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono
creato e conservato in esistenza dall'amore del Creatore: esso è caduto, certo,
sotto la schiavitù del peccato, ma il Cristo, con la croce e la risurrezione ha
spezzato il potere del Maligno e l'ha liberato e destinato, secondo il proposito
divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento.
3. A servizio dell'uomo.
Ai nostri giorni l'umanità, presa
d'ammirazione per le proprie scoperte e la propria potenza, agita però spesso
ansiose questioni sull'attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito
dell'uomo nell'universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e
infine sul destino ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio,
testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il popolo di Dio riunito dal
Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione più eloquente di solidarietà, di
rispetto e d'amore verso l'intera famiglia umana, dentro la quale è inserito,
che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati,
arrecando la luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini
le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve
dal suo Fondatore. Si tratta di salvare l'uomo, si tratta di edificare l'umana
società.
È l'uomo dunque, l'uomo considerato nella
sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l'uomo cuore e coscienza,
pensiero e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione.
Pertanto il santo Concilio, proclamando la
grandezza somma della vocazione dell'uomo e la presenza in lui di un germe
divino, offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine
d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione.
Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa;
essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore,
l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza
alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito .
LA CONDIZIONE DELL'UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO
4. Speranze e angosce.
Per svolgere questo compito, è dovere
permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla
luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa
rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e
futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e
comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo
carattere spesso drammatico. Ecco come si possono delineare le caratteristiche
più rilevanti del mondo contemporaneo. L'umanità vive oggi un periodo nuovo
della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che
progressivamente si estendono all'insieme del globo. Provocati dall'intelligenza
e dall'attività creativa dell'uomo, si ripercuotono sull'uomo stesso, sui suoi
giudizi e sui desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e
d'agire, sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare
di una vera trasformazione sociale e culturale, i cui riflessi si ripercuotono
anche sulla vita religiosa.
Come accade in ogni crisi di crescenza,
questa trasformazione reca con sé non lievi difficoltà.
Così, mentre l'uomo tanto largamente estende
la sua potenza, non sempre riesce però a porla a suo servizio. Si sforza di
penetrare nel più intimo del suo essere, ma spesso appare più incerto di se
stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta
poi esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il genere umano ebbe a
disposizione tante ricchezze, possibilità e potenza economica; e tuttavia una
grande parte degli abitanti del globo è ancora tormentata dalla fame e dalla
miseria, e intere moltitudini non sanno né leggere né scrivere.
Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso
così acuto della libertà, e intanto sorgono nuove forme di schiavitù sociale
e psichica.
E mentre il mondo avverte così lucidamente
la sua unità e la mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria
solidarietà, violentemente viene spinto in direzioni opposte da forze che si
combattono; infatti, permangono ancora gravi contrasti politici, sociali,
economici, razziali e ideologici, né è venuto meno il pericolo di una guerra
capace di annientare ogni cosa.
Aumenta lo scambio delle idee; ma le stesse
parole con cui si esprimono i più importanti concetti, assumono nelle
differenti ideologie significati assai diversi.
Infine, con ogni sforzo si vuol costruire
un'organizzazione temporale più perfetta, senza che cammini di pari passo il
progresso spirituale.
Immersi in così contrastanti condizioni,
moltissimi nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente i
valori perenni e di armonizzarli dovutamente con le scoperte recenti.
Per questo sentono il peso della
inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia, mentre si interrogano
sull'attuale andamento del mondo.
Questo sfida l'uomo, anzi lo costringe a
darsi una risposta.
5. Profonde mutazioni.
Il presente turbamento degli spiriti e la
trasformazione delle condizioni di vita si collegano con un più radicale
modificazione, che tende al predominio, nella formazione dello spirito, delle
scienze matematiche, naturali e umane, mentre sul piano dell'azione Si affida
alla tecnica, originata da quelle scienze. Questa mentalità scientifica modella
in modo diverso da prima la cultura e il modo di pensare. La tecnica poi è
tanto progredita, da trasformare la faccia della terra e da perseguire ormai la
conquista dello spazio ultraterrestre. Anche sul tempo l'intelligenza umana
accresce in certo senso il suo dominio: sul passato mediante l'indagine storica,
sul futuro con la prospettiva e la pianificazione. Non solo il progresso delle
scienze biologiche, psicologiche e sociali dà all'uomo la possibilità di una
migliore conoscenza di sé, ma lo mette anche in condizioni di influire
direttamente sulla vita delle società, mediante l'uso di tecniche appropriate.
Parimenti l'umanità sempre più si preoccupa
di prevedere e controllare il proprio incremento demografico. Il movimento
stesso della storia diventa così rapido, da poter difficilmente esser seguito
dai singoli uomini. Unico diventa il destino della umana società o senza
diversificarsi più in tante storie separate. Così il genere umano passa da una
concezione piuttosto statica dell'ordine delle cose, a una concezione più
dinamica ed evolutiva.
Ciò favorisce il sorgere di un formidabile
complesso di nuovi problemi, che stimola ad analisi e a sintesi nuove.
6. Mutamenti nell'ordine sociale.
In seguito a tutto questo, mutamenti sempre
più profondi si verificano nelle comunità locali tradizionali famiglie
patriarcali, clan, tribù, villaggi, nei differenti gruppi e nei rapporti della
vita sociale. Si diffonde gradatamente il tipo di società industriale, che
favorisce in alcune nazioni una economia dell'opulenza, e trasforma radicalmente
concezioni e condizioni secolari di vita sociale. Parimenti la civilizzazione
urbana e l'attrazione che essa provoca s'intensificano, sia per il moltiplicarsi
delle città e dei loro abitanti, sia per la diffusione tra i rurali dei modelli
di vita cittadina. Nuovi e migliori mezzi di comunicazione sociale favoriscono
nel modo più largo e più rapido la conoscenza degli avvenimenti e la
diffusione delle idee e dei sentimenti, suscitando così numerose reazioni a
catena. Né va sottovalutato che moltissima gente, spinta per varie ragioni ad
emigrare, cambia il suo modo di vivere. In tal modo, senza arresto si
moltiplicano i rapporti dell'uomo coi suoi simili, mentre a sua volta questa «
socializzazione » crea nuovi legami, senza tuttavia favorire sempre una
corrispondente maturazione delle persone e rapporti veramente personali, cioè
la « personalizzazione ». Un'evoluzione siffatta appare più manifesta nelle
nazioni che già godono del progresso economico e tecnico; ma essa mette in
movimento anche quei popoli ancora in via di sviluppo, che aspirano ad ottenere
per i loro paesi i benefici della industrializzazione e dell'urbanizzazione.
Questi popoli, specialmente se vincolati da
più antiche tradizioni, sentono allo stesso tempo il bisogno di esercitare la
loro libertà in modo più adulto e più personale.
7. Mutamenti psicologici, morali e religiosi.
Il cambiamento di mentalità e di strutture
spesso mette in causa i valori tradizionali, soprattutto tra i giovani:
frequentemente impazienti, essi diventano ribelli per l'inquietudine; consci
della loro importanza nella vita sociale, desiderano assumere al più presto le
loro responsabilità.
Spesso genitori ed educatori si trovano per
questo ogni giorno in maggiori difficoltà nell'adempimento del loro compito.
Le istituzioni, le leggi, i modi di pensare e
di sentire ereditati dal passata non sempre si adattano bene alla situazione
attuale; di qui un profondo disagio nel comportamento e nelle stesse norme di
condotta. Anche la vita religiosa, infine, è sotto l'influsso delle nuove
situazioni. Da un lato, un più acuto senso critico la purifica da ogni
concezione magica nel mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige un
adesione sempre più personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro
che giungono a un più vivo senso di Dio. D'altro canto però, moltitudini
crescenti praticamente si staccano dalla religione. A differenza dei tempi
passati, negare Dio o la religione o farne praticamente a meno, non è più un
fatto insolito e individuale.
Oggi infatti non raramente un tale
comportamento viene presentato come esigenza del progresso scientifico o di un
nuovo tipo di umanesimo.
Tutto questo in molti paesi non si manifesta
solo a livello filosofico, ma invade in misura notevolissima il campo delle
lettere, delle arti, dell' interpretazione delle scienze umane e della storia,
anzi la stessa legislazione: di qui il disorientamento di molti.
8. Squilibri nel mondo contemporaneo.
Una così rapida evoluzione, spesso
disordinatamente realizzata, e la stessa presa di coscienza sempre più acuta
delle discrepanze esistenti nel mondo, generano o aumentano contraddizioni e
squilibri. Anzitutto a livello della persona si nota molto spesso lo squilibrio
tra una moderna intelligenza pratica e il modo di pensare speculativo, che non
riesce a dominare né a ordinare in sintesi soddisfacenti l'insieme delle sue
conoscenze.
Uno squilibrio si genera anche tra la
preoccupazione dell'efficienza pratica e le esigenze della coscienza morale,
nonché molte volte tra le condizioni della vita collettiva e le esigenze di un
pensiero personale e della stessa contemplazione.
Di qui ne deriva infine lo squilibrio tra le
specializzazioni dell'attività umana e una visione universale della realtà.
Nella famiglia poi le tensioni nascono sia dalla pesantezza delle condizioni
demografiche, economiche e sociali, sia dal conflitto tra le generazioni che si
susseguono, sia dal nuovo tipo di rapporti sociali tra uomo e donna. Grandi
contrasti sorgono anche tra le razze e le diverse categorie sociali; tra nazioni
ricche e meno dotate e povere; infine tra le istituzioni internazionali nate
dall'aspirazione dei popoli alla pace e l'ambizione di imporre la propria
ideologia, nonché gli egoismi collettivi esistenti negli Stati o in altri
gruppi.
Di qui derivano diffidenze e inimicizie,
conflitti ed amarezze di cui l'uomo è a un tempo causa e vittima.
9. Le aspirazioni sempre più universali dell'umanità.
Cresce frattanto la convinzione che l'umanità
non solo può e deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato, ma che le
compete inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre
più e meglio serva l'uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e
sviluppare la propria dignità. Donde le aspre rivendicazioni di tanti che,
prendendo nettamente coscienza, reputano di essere stati privati di quei beni
per ingiustizia o per una non equa distribuzione.
I paesi in via di sviluppo o appena giunti
all'indipendenza desiderano partecipare ai benefici della civiltà moderna non
solo sul piano politico ma anche economico, e liberamente compiere la loro parte
nel mondo; invece cresce ogni giorno la loro distanza e spesso la dipendenza
anche economica dalle altre nazioni più ricche, che progrediscono più
rapidamente.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in
causa i popoli più ricchi.
Le donne rivendicano, là dove ancora non
l'hanno raggiunta, la parità con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di
fatto. Operai e contadini non vogliono solo guadagnarsi il necessario per
vivere, ma sviluppare la loro personalità col lavoro, anzi partecipare
all'organizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale. Per la
prima volta nella storia umana, i popoli sono oggi persuasi che i benefici della
civiltà possono e debbono realmente estendersi a tutti.
Sotto tutte queste rivendicazioni si cela
un'aspirazione più profonda e universale.
I singoli e i gruppi organizzati anelano
infatti a una vita piena e libera, degna dell'uomo, che metta al proprio
servizio tutto quanto il mondo oggi offre loro così abbondantemente.
Anche le nazioni si sforzano sempre più di
raggiungere una certa comunità universale.
Stando così le cose, il mondo si presenta
oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio,
mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del
progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende
coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e
che possono schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.
10. Gli interrogativi più profondi del genere umano.
In verità gli squilibri di cui soffre il
mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è
radicato nel cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti
elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura,
esperimenta in mille modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza
confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da
molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle
altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non
fa quello che vorrebbe.
Per cui soffre in se stesso una divisione,
dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società.
Molti, è vero, la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi
dall'avere una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla
miseria, non hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di
trovare la loro tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono loro
proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena
liberazione dell'umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla
terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi, disperando di
dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti, stimando l'esistenza umana
vuota in se stessa di significato, si sforzano di darne una spiegazione completa
mediante la loro sola ispirazione.
Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione
attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o
sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?
Qual è il significato del dolore, del male,
della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso?
Cosa valgono quelle conquiste pagate a così
caro prezzo?
Che apporta l'uomo alla società, e cosa può
attendersi da essa?
Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti
morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per
rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli
uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare
nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia
umana.
Inoltre la Chiesa afferma che al di là di
tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo
fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli.
Così nella luce di Cristo, immagine del Dio
invisibile, primogenito di tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a
tutti per illustrare il mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una
soluzione ai principali problemi del nostro tempo.
PARTE I
LA CHIESA E LA VOCAZIONE DELL'UOMO
11. Rispondere agli impulsi dello Spirito.
Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui
crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca
di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende
parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni
della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce
nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo,
orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane.
In questa luce, il Concilio si propone
innanzitutto di esprimere un giudizio su quei valori che oggi sono più stimati
e di ricondurli alla loro divina sorgente.
Questi valori infatti, in quanto procedono
dall'ingegno umano che all'uomo è stato dato da Dio, sono in sé ottimi ma per
effetto della corruzione del cuore umano non raramente vengono distorti
dall'ordine richiesto, per cui hanno bisogno di essere purificati.
Che pensa la Chiesa dell'uomo?
Quali orientamenti sembra debbano essere
proposti per la edificazione della società attuale?
Qual è il significato ultimo della attività
umana nell'universo?
Queste domande reclamano una riposta. In
seguito, risulterà ancora più chiaramente che il popolo di Dio e l'umanità,
entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco servizio, così che la
missione della Chiesa si mostra di natura religiosa e per ciò stesso
profondamente umana.
CAPITOLO I
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
12. L'uomo ad immagine di Dio.
Credenti e non credenti sono generalmente
d'accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito
all'uomo, come a suo centro e a suo vertice.
Ma che cos'è l'uomo?
Molte opinioni egli ha espresso ed esprime
sul proprio conto, opinioni varie ed anche contrarie, secondo le quali spesso o
si esalta così da fare di sé una regola assoluta, o si abbassa fino alla
disperazione, finendo in tal modo nel dubbio e nell'angoscia.
Queste difficoltà la Chiesa le sente
profondamente e ad esse può dare una risposta che le viene dall'insegnamento
della divina Rivelazione, risposta che descrive la vera condizione dell'uomo, dà
una ragione delle sue miserie, ma in cui possono al tempo stesso essere
giustamente riconosciute la sua dignità e vocazione.
La Bibbia, infatti, insegna che l'uomo è
stato creato « ad immagine di Dio » capace di conoscere e di amare il suo
Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale
signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio.
« Che cosa è l'uomo, che tu ti ricordi di
lui? o il figlio dell'uomo che tu ti prenda cura di lui?
L'hai fatto di poco inferiore agli angeli,
l'hai coronato di gloria e di onore, e l'hai costituito sopra le opere delle tue
mani. Tutto hai sottoposto ai suoi piedi » (Sal8,5).
Ma Dio non creò l'uomo lasciandolo solo: fin
da principio « uomo e donna li creò » (Gen1,27) e la loro unione costituisce
la prima forma di comunione di persone.
L'uomo, infatti, per sua intima natura è un
essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare
le sue doti.
Perciò Iddio, ancora come si legge nella
Bibbia, vide « tutte quante le cose che aveva fatte, ed erano buone assai»
(Gen1,31).
13. Il peccato.
Costituito da Dio in uno stato di giustizia,
l'uomo però, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della
libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori
di lui.
Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini « non
gli hanno reso l'onore dovuto... ma si è ottenebrato il loro cuore insipiente
»... e preferirono servire la creatura piuttosto che il Creatore.
Quel che ci viene manifestato dalla
rivelazione divina concorda con la stessa esperienza.
Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo
cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non
possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale
suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine
ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in
rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione.
Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia
individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il
bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare
efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente
come incatenato.
Ma il Signore stesso è venuto a liberare
l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori « il
principe di questo mondo » (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato.
Il peccato è, del resto, una diminuzione per
l'uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza. Nella
luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima sia la sublime
vocazione, sia la profonda miseria, di cui gli uomini fanno l'esperienza.
14. Costituzione dell'uomo.
Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza
in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo
materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono
voce per lodare in libertà il Creatore . Non è lecito dunque disprezzare la
vita corporale dell'uomo.
Al contrario, questi è tenuto a considerare
buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e
destinato alla risurrezione nell'ultimo giorno.
E tuttavia, ferito dal peccato, l'uomo
sperimenta le ribellioni del corpo.
Perciò è la dignità stessa dell'uomo che
postula che egli glorifichi Dio nel proprio corpo e che non permetta che esso si
renda schiavo delle perverse inclinazioni del cuore.
L'uomo, in verità, non sbaglia a
riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto
una particella della natura o un elemento anonimo della città umana.
Infatti, nella sua interiorità, egli
trascende l'universo delle cose: in quelle profondità egli torna, quando fa
ritorno a se stesso, là dove lo aspetta quel Dio che scruta i cuori là dove
sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino. Perciò, riconoscendo di
avere un'anima spirituale e immortale, non si lascia illudere da una creazione
immaginaria che si spiegherebbe solamente mediante le condizioni fisiche e
sociali, ma invece va a toccare in profondo la verità stessa delle cose.
15. Dignità dell'intelligenza, verità e saggezza.
L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a
tutto l'universo delle cose, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa
della luce della mente di Dio.
Con l'esercizio appassionato dell'ingegno
lungo i secoli egli ha fatto certamente dei progressi nelle scienze empiriche,
nelle tecniche e nelle discipline liberali Nell'epoca nostra, poi, ha conseguito
successi notevoli particolarmente nella investigazione e nel dominio del mondo
materiale.
E tuttavia egli ha sempre cercato e trovato
una verità più profonda.
L'intelligenza, infatti, non si restringe
all'ambito dei soli fenomeni, ma può conquistare con vera certezza la realtà
intelligibile, anche se, per conseguenza del peccato, si trova in parte oscurata
e debilitata. Infine, la natura intelligente della persona umana può e deve
raggiungere la perfezione. Questa mediante la sapienza attrae con dolcezza la
mente a cercare e ad amare il vero e il bene; l'uomo che se ne nutre è condotto
attraverso il visibile all'invisibile.
L'epoca nostra, più ancora che i secoli
passati, ha bisogno di questa sapienza per umanizzare tutte le sue nuove
scoperte. È in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano
suscitati uomini più saggi. Inoltre va notato come molte nazioni,
economicamente più povere rispetto ad altre, ma più ricche di saggezza,
potranno aiutare potentemente le altre.
Col dono, poi, dello Spirito Santo, l'uomo può
arrivare nella fede a contemplare e a gustare il mistero del piano divino.
16. Dignità della coscienza morale.
Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una
legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce,
che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento
opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro.
L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio
dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli
sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo,
dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità.
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo
mirabile quella legge che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del
prossimo. Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri
uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità numerosi problemi
morali, che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto più,
dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si
allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive
della moralità. Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per
ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità.
Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco
si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi
cieca in seguito all'abitudine del peccato.
17. Grandezza della libertà.
Ma l'uomo può volgersi al bene soltanto
nella libertà.
I nostri contemporanei stimano grandemente e
perseguono con ardore tale libertà, e a ragione. Spesso però la coltivano in
modo sbagliato quasi sia lecito tutto quel che piace, compreso il male.
La vera libertà, invece, è nell'uomo un
segno privilegiato dell'immagine divina.
Dio volle, infatti, lasciare l'uomo « in
mano al suo consiglio » che cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga
liberamente, aderendo a lui, alla piena e beata perfezione.
Perciò la dignità dell'uomo richiede che
egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e determinato da
convinzioni personali, e non per un cieco impulso istintivo o per mera coazione
esterna. L'uomo perviene a tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù
di passioni, tende al suo fine mediante la scelta libera del bene e se ne
procura con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti. Questa ordinazione
verso Dio, la libertà dell'uomo, realmente ferita dal peccato, non può
renderla effettiva in pieno se non mediante l'aiuto della grazia divina.
Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto
della propria vita davanti al tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto
di bene e di male.
18. Il mistero della morte.
In faccia alla morte l'enigma della
condizione umana raggiunge il culmine.
L'uomo non è tormentato solo dalla
sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più
ancora, dal timore di una distruzione definitiva.
Ma l'istinto del cuore lo fa giudicare
rettamente, quando aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina e di un
annientamento definitivo della sua persona.
Il germe dell'eternità che porta in sé,
irriducibile com'è alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i
tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà
dell'uomo: il prolungamento di vita che procura la biologia non può soddisfare
quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel suo cuore. Se
qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla morte, la Chiesa invece,
istruita dalla Rivelazione divina, afferma che l'uomo è stato creato da Dio per
un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene. Inoltre la fede
cristiana insegna che la morte corporale, dalla quale l'uomo sarebbe stato
esentato se non avesse peccato, sarà vinta un giorno, quando l'onnipotenza e la
misericordia del Salvatore restituiranno all'uomo la salvezza perduta per sua
colpa. Dio infatti ha chiamato e chiama l'uomo ad aderire a lui con tutto il suo
essere, in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina. Questa
vittoria l'ha conquistata il Cristo risorgendo alla vita, liberando l'uomo dalla
morte mediante la sua morte.
Pertanto la fede, offrendosi con solidi
argomenti a chiunque voglia riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa
la sorte futura; e al tempo stesso dà la possibilità di una comunione nel
Cristo con i propri cari già strappati dalla morte, dandoci la speranza che
essi abbiano già raggiunto la vera vita presso Dio.
19. Forme e radici dell'ateismo.
L'aspetto più sublime della dignità
dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo
nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio.
Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo
ha creato per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non
vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se
non si abbandona al suo Creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non
percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame
con Dio: a tal punto che l'ateismo va annoverato fra le realtà più gravi del
nostro tempo e va esaminato con diligenza ancor maggiore. Con il termine «
ateismo » vengono designati fenomeni assai diversi tra loro.
Alcuni atei, infatti, negano esplicitamente
Dio; altri ritengono che l'uomo non possa dir niente di lui; altri poi prendono
in esame i problemi relativi a Dio con un metodo tale che questi sembrano non
aver senso. Molti, oltrepassando indebitamente i confini delle scienze positive,
o pretendono di spiegare tutto solo da questo punto di vista scientifico, oppure
al contrario non ammettono ormai più alcuna verità assoluta. Alcuni tanto
esaltano l'uomo, che la fede in Dio ne risulta quasi snervata, inclini come
sono, a quanto sembra, ad affermare l'uomo più che a negare Dio.
Altri si creano una tale rappresentazione di
Dio che, respingendolo, rifiutano un Dio che non è affatto quello del Vangelo.
Altri nemmeno si pongono il problema di Dio: non sembrano sentire alcuna
inquietudine religiosa, né riescono a capire perché dovrebbero interessarsi di
religione. L'ateismo inoltre ha origine sovente, o dalla protesta violenta
contro il male nel mondo, o dall'aver attribuito indebitamente i caratteri
propri dell'assoluto a qualche valore umano, così che questo prende il posto di
Dio. Perfino la civiltà moderna, non per sua essenza, ma in quanto troppo
irretita nella realtà terrena, può rendere spesso più difficile l'accesso a
Dio.
Senza dubbio coloro che volontariamente
cercano di tenere lontano Dio dal proprio cuore e di evitare i problemi
religiosi, non seguendo l'imperativo della loro coscienza, non sono esenti da
colpa; tuttavia in questo campo anche i credenti spesso hanno una certa
responsabilità.
Infatti l'ateismo, considerato nel suo
insieme, non è qualcosa di originario, bensì deriva da cause diverse, e tra
queste va annoverata anche una reazione critica contro le religioni, anzi in
alcune regioni, specialmente contro la religione cristiana.
Per questo nella genesi dell'ateismo possono
contribuire non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di
educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della dottrina, od
anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire
piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della
religione.
20. L'ateismo sistematico.
L'ateismo moderno si presenta spesso anche in
una forma sistematica, secondo cui, oltre ad altre cause, l'aspirazione
all'autonomia dell'uomo viene spinta a un tal punto, da far ostacolo a qualunque
dipendenza da Dio. Quelli che professano un tale ateismo sostengono che la
libertà consista nel fatto che l'uomo sia fine a se stesso, unico artefice e
demiurgo della propria storia; cosa che non può comporsi, così essi pensano,
con il riconoscimento di un Signore, autore e fine di tutte le cose, o che
almeno rende semplicemente superflua tale affermazione.
Una tale dottrina può essere favorita da
quel senso di potenza che l'odierno progresso tecnico ispira all uomo. Tra le
forme dell'ateismo moderno non va trascurata quella che si aspetta la
liberazione dell'uomo soprattutto dalla sua liberazione economica e sociale La
religione sarebbe di ostacolo, per natura sua, a tale liberazione, in quanto,
elevando la speranza dell'uomo verso il miraggio di una vita futura, la
distoglierebbe dall'edificazione della città terrena.
Perciò i fautori di tale dottrina, là dove
accedono al potere, combattono con violenza la religione e diffondono l'ateismo
anche ricorrendo agli strumenti di pressione di cui dispone il potere pubblico,
specialmente nel campo dell'educazione dei giovani.
21. Atteggiamento della Chiesa di fronte all'ateismo.
La Chiesa, fedele ai suoi doveri verso Dio e
verso gli uomini, non può fare a meno di riprovare, come ha fatto in passato,
con tutta fermezza e con dolore, quelle dottrine e quelle azioni funeste che
contrastano con la ragione e con l'esperienza comune degli uomini e che
degradano l'uomo dalla sua innata grandezza. Si sforza tuttavia di scoprire le
ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella mente degli atei e,
consapevole della gravità delle questioni suscitate dall'ateismo, mossa dal suo
amore verso tutti gli uomini, ritiene che esse debbano meritare un esame più
serio e più profondo. La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si
oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, dato che questa dignità trova
proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione. L'uomo infatti riceve da
Dio Creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è costituito nella società;
ma soprattutto è chiamato alla comunione con Dio stesso in qualità di figlio e
a partecipare alla sua stessa felicità. Inoltre la Chiesa insegna che la
speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma anzi
dà nuovi motivi a sostegno dell'attuazione di essi.
Al contrario, invece, se manca la base
religiosa e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in
maniera assai grave, come si constata spesso al giorno d'oggi, e gli enigmi
della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione,
tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione. E intanto
ciascun uomo rimane ai suoi propri occhi un problema insoluto, confusamente
percepito. Nessuno, infatti, in certe ore e particolarmente in occasione dei
grandi avvenimenti della vita può evitare totalmente quel tipo di interrogativi
sopra ricordato.
A questi problemi soltanto Dio dà una
risposta piena e certa, lui che chiama l'uomo a una riflessione più profonda e
a una ricerca più umile. Quanto al rimedio all'ateismo, lo si deve attendere
sia dall'esposizione adeguata della dottrina della Chiesa, sia dalla purezza
della vita di essa e dei suoi membri. La Chiesa infatti ha il compito di rendere
presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato, rinnovando se
stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito Santo.
Ciò si otterrà anzi tutto con la
testimonianza di una fede viva e adulta, vale a dire opportunamente formata a
riconoscere in maniera lucida le difficoltà e capace di superarle.
Di una fede simile han dato e danno
testimonianza sublime moltissimi martiri.
Questa fede deve manifestare la sua fecondità,
col penetrare l'intera vita dei credenti, compresa la loro vita profana, e col
muoverli alla giustizia e all'amore, specialmente verso i bisognosi.
Ciò che contribuisce di più, infine, a
rivelare la presenza di Dio, è la carità fraterna dei fedeli che unanimi nello
spirito lavorano insieme per la fede del Vangelo e si presentano quale segno di
unità. La Chiesa, poi, pur respingendo in maniera assoluta l'ateismo, tuttavia
riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, devono
contribuire alla giusta costruzione di questo mondo, entro il quale si trovano a
vivere insieme: ciò, sicuramente, non può avvenire senza un leale e prudente
dialogo. Essa pertanto deplora la discriminazione tra credenti e non credenti
che alcune autorità civili ingiustamente introducono, a danno dei diritti
fondamentali della persona umana. Rivendica poi, in favore dei credenti, una
effettiva libertà, perché sia loro consentito di edificare in questo mondo
anche il tempio di Dio. Quanto agli atei, essa li invita cortesemente a volere
prendere in considerazione il Vangelo di Cristo con animo aperto.
La Chiesa sa perfettamente che il suo
messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano quando
essa difende la dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a
quanti ormai non osano più credere alla grandezza del loro destino.
Il suo messaggio non toglie alcunché
all'uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso, e
all'infuori di esso, niente può soddisfare il cuore dell'uomo: « Ci hai fatto
per te », o Signore, «e il nostro cuore è senza pace finché non riposa in te».
22. Cristo, l'uomo nuovo.
In realtà solamente nel mistero del Verbo
incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.
Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di
quello futuro (Rm5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a
se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le
verità su esposte in lui trovino la loro sorgente e tocchino il loro vertice.
Egli è « l'immagine dell'invisibile Iddio » (Col1,15) è l'uomo perfetto che
ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito
agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata
assunta, senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche
in noi innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è
unito in certo modo ad ogni uomo.
Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con
intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha amato con cuore d'uomo.
Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto
simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso
liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso
e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così
che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il Figlio di Dio « mi ha amato e ha
sacrificato se stesso per me» (Gal2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato
semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme ma ci ha anche aperta la
strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano
nuovo significato.
Il cristiano poi, reso conforme all'immagine
del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello
Spirito» (Rm8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova
dell'amore.
In virtù di questo Spirito, che è il «pegno
della eredità» (Ef1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato,
nell'attesa della « redenzione del corpo » (Rm8,23): « Se in voi dimora lo
Spirito di colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù
Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, mediante il suo
Spirito che abita in voi» (Rm8,11).
Il cristiano certamente è assillato dalla
necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte
tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale,
diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla
risurrezione fortificato dalla speranza.
E ciò vale non solamente per i cristiani, ma
anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora
invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione
ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo
ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati,
nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale.
Tale e così grande è il mistero dell'uomo,
questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti.
Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al
di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la
morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi,
diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba,
Padre!.
CAPITOLO II
LA COMUNITÀ DEGLI UOMINI
23. Che cosa intende il Concilio.
Il moltiplicarsi delle relazioni tra gli
uomini costituisce uno degli aspetti più importanti del mondo di oggi, al cui
sviluppo molto contribuisce il progresso tecnico contemporaneo.
Tuttavia il fraterno dialogo tra gli uomini
non trova il suo compimento in tale progresso, ma più profondamente nella
comunità delle persone, e questa esige un reciproco rispetto della loro piena
dignità spirituale. La Rivelazione cristiana dà grande aiuto alla promozione
di questa comunione tra persone; nello stesso tempo ci guida ad un
approfondimento delle leggi che regolano la vita sociale, scritte dal Creatore
nella natura spirituale e morale dell'uomo.
Siccome documenti recenti del magistero della
Chiesa hanno esposto diffusamente la dottrina cristiana circa l'umana società,
il Concilio ricorda solo alcune verità più importanti e ne espone i fondamenti
alla luce della Rivelazione.
Insiste poi su certe conseguenze che sono
particolarmente importanti per il nostro tempo.
24. L'indole comunitaria dell'umana vocazione nel piano di
Dio.
Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha
voluto che tutti gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra
loro come fratelli. Tutti, infatti, creati ad immagine di Dio « che da un solo
uomo ha prodotto l'intero genere umano affinché popolasse tutta la terra »
(At17,26), sono chiamati al medesimo fine, che è Dio stesso. Perciò l'amor di
Dio e del prossimo è il primo e più grande comandamento. La sacra Scrittura,
da parte sua, insegna che l'amor di Dio non può essere disgiunto dall'amor del
prossimo, «e tutti gli altri precetti sono compendiati in questa frase: amerai
il prossimo tuo come te stesso. La pienezza perciò della legge è l'amore »
(Rm13,9); (1Gv4,20).
È evidente che ciò è di grande importanza
per degli uomini sempre più dipendenti gli uni dagli altri e per un mondo che
va sempre più verso l'unificazione.
Anzi, il Signore Gesù, quando prega il Padre
perché « tutti siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola »
(Gv17,21), aprendoci prospettive inaccessibili alla ragione umana, ci ha
suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione
dei figli di Dio nella verità e nell'amore.
Questa similitudine manifesta che l'uomo, il
quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non
possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.
25. Interdipendenza della persona e della umana società.
Dal carattere sociale dell'uomo appare
evidente come il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa
società siano tra loro interdipendenti.
Infatti, la persona umana, che di natura sua
ha assolutamente bisogno d'una vita sociale, è e deve essere principio,
soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali.
Poiché la vita sociale non è qualcosa di
esterno all'uomo, l'uomo cresce in tutte le sue capacità e può rispondere alla
sua vocazione attraverso i rapporti con gli altri, la reciprocità dei servizi e
il dialogo con i fratelli. Tra i vincoli sociali che sono necessari al
perfezionamento dell'uomo, alcuni, come la famiglia e la comunità politica,
sono più immediatamente rispondenti alla sua natura intima; altri procedono
piuttosto dalla sua libera volontà.
In questo nostro tempo, per varie cause, si
moltiplicano rapporti e interdipendenze, dalle quali nascono associazioni e
istituzioni diverse di diritto pubblico o privato.
Questo fatto, che viene chiamato
socializzazione, sebbene non manchi di pericoli, tuttavia reca in sé molti
vantaggi nel rafforzamento e accrescimento delle qualità della persona umana e
nella tutela dei suoi diritti. Ma se le persone umane ricevono molto da tale
vita sociale per assolvere alla propria vocazione, anche religiosa, non si può
tuttavia negare che gli uomini dal contesto sociale nel quale vivono e sono
immersi fin dalla infanzia, spesso sono sviati dal bene e spinti al male.
È certo che i perturbamenti, così frequenti
nell'ordine sociale, provengono in parte dalla tensione che esiste in seno alle
strutture economiche, politiche e sociali.
Ma, più radicalmente, nascono dalla superbia
e dall'egoismo umano, che pervertono anche l'ambiente sociale. Là dove l'ordine
delle cose è turbato dalle conseguenze del peccato, l'uomo già dalla nascita
incline al male, trova nuovi incitamenti al peccato, che non possono esser vinti
senza grandi sforzi e senza l'aiuto della grazia.
26. Promuovere il bene comune.
Dall'interdipendenza sempre più stretta e
piano piano estesa al mondo intero deriva che il bene comune -- cioè l'insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai
singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente -- oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri
che riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei
bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune
dell'intera famiglia umana. Contemporaneamente cresce la coscienza dell'eminente
dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri
sono universali e inviolabili. Occorre perciò che sia reso accessibile all'uomo
tutto ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana, come il
vitto, il vestito, l'abitazione, il diritto a scegliersi liberamente lo stato di
vita e a fondare una famiglia, il diritto all'educazione, al lavoro, alla
reputazione, al rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di
agire secondo il retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita
privata e alla giusta libertà anche in campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso
debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle
cose deve essere subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo
quanto suggerisce il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per
l'uomo e non l'uomo per il sabato. Quell'ordine è da sviluppare sempre più,
deve avere per base la verità, realizzarsi nella giustizia, essere vivificato
dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella libertà.
Per raggiungere tale scopo bisogna lavorare
al rinnovamento della mentalità e intraprendere profondi mutamenti della società.
Lo Spirito di Dio, che con mirabile provvidenza dirige il corso dei tempi e
rinnova la faccia della terra, è presente a questa evoluzione.
Il fermento evangelico suscitò e suscita nel
cuore dell'uomo questa irrefrenabile esigenza di dignità.
27. Rispetto della persona umana.
Scendendo a conseguenze pratiche di maggiore
urgenza, il Concilio inculca il rispetto verso l'uomo: ciascuno consideri il
prossimo, nessuno eccettuato, come un altro « se stesso », tenendo conto della
sua esistenza e dei mezzi necessari per viverla degnamente, per non imitare quel
ricco che non ebbe nessuna cura del povero Lazzaro. Soprattutto oggi urge
l'obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a
colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero
ingiustamente disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un'unione
illegittima, che patisce immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o
affamato che richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: «
Quanto avete fatto ad uno di questi minimi miei fratelli, l'avete fatto a me»
(Mt25,40). Inoltre tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di
omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario;
tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, le
torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche; tutto ciò
che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le
incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il
mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro,
con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e
non come persone libere e responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono
certamente vergognose. Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che
così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente
l'onore del Creatore.
28. Il rispetto e l'amore per gli avversari.
Il rispetto e l'amore deve estendersi pure a
coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche
e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo
nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un
dialogo.
Certamente tale amore e amabilità non devono
in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l'amore
stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la
verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed
errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato
da false o insufficienti nozioni religiose.
Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori;
perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. La dottrina
del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell'amore
si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge: «Udiste
che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico:
amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i
vostri persecutori e calunniatori » (Mt5,43).
29. La fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e la
giustizia sociale.
Tutti gli uomini, dotati di un'anima
razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima
origine; tutti, redenti da Cristo godono della stessa vocazione e del medesimo
destino divino: è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale
uguaglianza fra tutti.
Sicuramente, non tutti gli uomini sono uguali
per la varia capacità fisica e per la diversità delle forze intellettuali e
morali. Ma ogni genere di discriminazione circa i diritti fondamentali della
persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della razza,
del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere
superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio.
Invero è doloroso constatare che quei
diritti fondamentali della persona non sono ancora e dappertutto garantiti
pienamente. Avviene così quando si nega alla donna la facoltà di scegliere
liberamente il marito e di abbracciare un determinato stato di vita, oppure di
accedere a un'educazione e a una cultura pari a quelle che si ammettono per
l'uomo.
In più, benché tra gli uomini vi siano
giuste diversità, la uguale dignità delle persone richiede che si giunga a
condizioni di vita più umane e giuste.
Infatti le disuguaglianze economiche e
sociali eccessive tra membri e tra popoli dell'unica famiglia umana, suscitano
scandalo e sono contrarie alla giustizia sociale, all'equità, alla dignità
della persona umana, nonché alla pace sociale e internazionale.
Le umane istituzioni, sia private che
pubbliche, si sforzino di mettersi al servizio della dignità e del fine
dell'uomo. Nello stesso tempo combattano strenuamente contro ogni forma di
servitù sociale e politica, e garantiscano i fondamentali diritti degli uomini
sotto qualsiasi regime politico.
Anzi, queste istituzioni si debbono a poco a
poco accordare con le realtà spirituali, le più alte di tutte, anche se talora
occorra un tempo piuttosto lungo per giungere al fine desiderato.
30. Occorre superare l'etica individualistica.
La profonda e rapida trasformazione delle
cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando
attenzione al corso delle cose e intorpidito dall'inerzia, si contenti di
un'etica puramente individualistica. Il dovere della giustizia e dell'amore
viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, interessandosi al bene comune
secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta anche
le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di
vita degli uomini. Vi sono di quelli che, pur professando opinioni larghe e
generose, tuttavia continuano a vivere in pratica come se non avessero alcuna
cura delle necessità della società.
Anzi molti, in certi paesi, tengono in poco
conto le leggi e le prescrizioni sociali.
Non pochi non si vergognano di evadere, con
vari sotterfugi e frodi, le giuste imposte o altri obblighi sociali. Altri
trascurano certe norme della vita sociale, ad esempio ciò che concerne la
salvaguardia della salute, o le norme stabilite per la guida dei veicoli, non
rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro incuria, la propria vita e
quella degli altri. Che tutti prendano sommamente a cuore di annoverare le
solidarietà sociali tra i principali doveri dell'uomo d'oggi, e di rispettarle.
Infatti quanto più il mondo si unifica,
tanto più apertamente gli obblighi degli uomini superano i gruppi particolari e
si estendono a poco a poco al mondo intero.
E ciò non può avvenire se i singoli uomini
e i gruppi non coltivano le virtù morali e sociali e le diffondono nella società,
cosicché sorgano uomini nuovi, artefici di una umanità nuova, con il
necessario aiuto della grazia divina.
31. Responsabilità e partecipazione.
Affinché i singoli uomini assolvano con
maggiore cura il proprio dovere di coscienza verso se stessi e verso i vari
gruppi di cui sono membri, occorre educarli con diligenza ad acquisire una più
ampia cultura spirituale, utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a
disposizione del genere umano. Innanzitutto l'educazione dei giovani, di
qualsiasi origine sociale, deve essere impostata in modo da suscitare uomini e
donne, non tanto raffinati intellettualmente, ma di forte personalità, come è
richiesto fortemente dal nostro tempo. Ma a tale senso di responsabilità l'uomo
giunge con difficoltà se le condizioni della vita non gli permettono di prender
coscienza della propria dignità e di rispondere alla sua vocazione,
prodigandosi per Dio e per gli altri.
Invero la libertà umana spesso si
indebolisce qualora l'uomo cada in estrema indigenza, come si degrada quando
egli stesso, lasciandosi andare a una vita troppo facile, si chiude in una
specie di aurea solitudine. Al contrario, essa si fortifica quando l'uomo
accetta le inevitabili difficoltà della vita sociale, assume le molteplici
esigenze dell'umana convivenza e si impegna al servizio della comunità umana.
Perciò bisogna stimolare la volontà di tutti ad assumersi la propria parte
nelle comuni imprese. È poi da lodarsi il modo di agire di quelle nazioni nelle
quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe degli affari pubblici, in
una autentica libertà.
Si deve tuttavia tener conto delle condizioni
concrete di ciascun popolo e della necessaria solidità dei pubblici poteri.
Affinché poi tutti i cittadini siano spinti a partecipare alla vita dei vari
gruppi di cui si compone il corpo sociale, è necessario che trovino in essi dei
valori capaci di attirarli e di disporli al servizio degli altri. Si può
pensare legittimamente che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di
coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita
e di speranza.
32. Il Verbo incarnato e la solidarietà umana.
Come Dio creò gli uomini non perché
vivessero individualisticamente, ma perché si unissero in società, così a lui
anche «... piacque santificare e salvare gli uomini non a uno a uno, fuori di
ogni mutuo legame, ma volle costituirli in popolo, che lo conoscesse nella verità
e santamente lo servisse ». Sin dall'inizio della storia della salvezza, egli
stesso ha scelto degli uomini, non soltanto come individui ma come membri di una
certa comunità Infatti questi eletti Dio, manifestando il suo disegno, chiamò
a suo popolo» (Es3,7). Con questo popolo poi strinse il patto sul Sinai.
Tale carattere comunitario è perfezionato e
compiuto dall'opera di Cristo Gesù.
Lo stesso Verbo incarnato volle essere
partecipe della solidarietà umana.
Prese parte alle nozze di Cana, entrò nella
casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori.
Ha rivelato l'amore del Padre e la magnifica
vocazione degli uomini ricordando gli aspetti più ordinari della vita sociale e
adoperando linguaggio e immagini della vita d'ogni giorno.
Santificò le relazioni umane, innanzitutto
quelle familiari, dalle quali trae origine la vita sociale.
Si sottomise volontariamente alle leggi della
sua patria. Volle condurre la vita di un artigiano del suo tempo e della sua
regione. Nella sua predicazione ha chiaramente affermato che i figli di Dio
hanno l'obbligo di trattarsi vicendevolmente come fratelli.
Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi
discepoli fossero una « cosa sola ».
Anzi egli stesso si offrì per tutti fino
alla morte, lui il redentore di tutti. « Nessuno ha maggior amore di chi
sacrifica la propria vita per i suoi amici » (Gv15,13).
Comandò inoltre agli apostoli di annunciare
il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano diventasse la
famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse l'amore. Primogenito
tra molti fratelli, dopo la sua morte e risurrezione ha istituito attraverso il
dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna fra tutti coloro che
l'accolgono con la fede e la carità: essa si realizza nel suo corpo, che è la
Chiesa.
In questo corpo tutti, membri tra di loro, si
debbono prestare servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi. Questa
solidarietà dovrà sempre essere accresciuta, fino a quel giorno in cui sarà
consumata; in quel giorno gli uomini, salvati dalla grazia, renderanno gloria
perfetta a Dio, come famiglia amata da Dio e da Cristo, loro fratello.
|
CAPITOLO III
L'ATTIVITÀ UMANA NELL'UNIVERSO
33. Il problema.
Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha
cercato sempre di sviluppare la propria vita; ma oggi, specialmente con l'aiuto
della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio
su quasi tutta la natura e, grazie soprattutto alla moltiplicazione di mezzi di
scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi
e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che
molti beni, che un tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi se li
procura con la sua iniziativa e con le sue forze.
Di fronte a questo immenso sforzo, che orrnai
pervade tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual
è il senso e il valore della attività umana?
Come vanno usate queste realtà? A quale
scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi?
La Chiesa, custode del deposito della parola
di Dio, da cui vengono attinti i principi per l'ordine morale e religioso, anche
se non ha sempre pronta la soluzione per ogni singola questione, desidera unire
la luce della Rivelazione alla competenza di tutti allo scopo di illuminare la
strada sulla quale si è messa da poco l'umanità.
34. Il valore dell'attività umana.
Per i credenti una cosa è certa: considerata
in se stessa, l'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente
sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le
proprie condizioni di vita, corrisponde alle intenzioni di Dio.
L'uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha
ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa
contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e cosi pure
di riferire a Dio il proprio essere e l'universo intero, riconoscendo in lui il
Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà
all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra. Ciò vale anche per
gli ordinari lavori quotidiani.
Gli uomini e le donne, infatti, che per
procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia esercitano il proprio
lavoro in modo tale da prestare anche conveniente servizio alla società,
possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro essi prolungano l'opera
del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano un contributo
personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia. I
cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti
dell'ingegno e del coraggio dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura
razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi piuttosto che le
vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo
ineffabile disegno. Ma quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si
estende e si allarga la loro responsabilità, sia individuale che collettiva.
Da ciò si vede come il messaggio cristiano,
lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo o
dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna
piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più pressante.
35. Norme dell'attività umana.
L'attività umana come deriva dall'uomo così
è ordinata all'uomo.
L'uomo, infatti, quando lavora, non trasforma
soltanto le cose e la società, ma perfeziona se stesso. Apprende molte cose,
sviluppa le sue facoltà, esce da sé e si supera.
Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più
delle ricchezze esteriori che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello
che « è » che per quello che «ha».
Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono
allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e
un ordine più umano dei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo
tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la base materiale
della promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo a realizzarla.
Pertanto questa è la norma dell'attività
umana: che secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero
bene dell'umanità, e che permetta all'uomo, considerato come individuo o come
membro della società, di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione.
36. La legittima autonomia delle realtà terrene.
Molti nostri contemporanei, però, sembrano
temere che, se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione,
venga impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.
Se per autonomia delle realtà terrene si
vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri,
che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una
esigenza d'autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini
del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.
Infatti è dalla stessa loro condizione di
creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà,
le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a
rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o
tecnica.
Perciò la ricerca metodica di ogni
disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme
morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane
e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio.
Anzi, chi si sforza con umiltà e con
perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne
coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in
esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono.
A questo proposito ci sia concesso di
deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra
i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima
autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono
molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra
loro.
Se invece con l'espressione « autonomia
delle realtà temporali » si intende dire che le cose create non dipendono da
Dio e che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno
che creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni.
La creatura, infatti, senza il Creatore
svanisce.
Del resto tutti coloro che credono, a
qualunque religione appartengano, hanno sempre inteso la voce e la
manifestazione di Dio nel linguaggio delle creature.
Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura
stessa.
37. L'attività umana corrotta dal peccato.
La sacra Scrittura, però, con cui si accorda
l'esperienza dei secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è
un grande bene dell'uomo, porta con sé una seria tentazione.
Infatti, sconvolto l'ordine dei valori e
mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente agli
interessi propri e non a quelli degli altri; cosi il mondo cessa di essere il
campo di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana
minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.
Tutta intera la storia umana è infatti
pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata
fin dall'origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino
all'ultimo giorno.
Inserito in questa battaglia, l'uomo deve
combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la
sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia
di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano provvidenziale del
Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità
degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto
dell'Apostolo: « Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo » (Rm12,2)
e cioè a quello spirito di vanità e di malizia che stravolge in strumento di
peccato l'operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell'uomo.
Se dunque ci si chiede come può essere vinta
tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le
attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e
dall'amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per
mezzo della croce e della risurrezione di Cristo.
Redento da Cristo e diventato nuova creatura
nello Spirito Santo, l'uomo, infatti, può e deve amare anche le cose che Dio ha
creato.
Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle
sue mani e le rispetta.
Di esse ringrazia il divino benefattore e,
usando e godendo delle creature in spirito di povertà e di libertà, viene
introdotto nel vero possesso del mondo, come qualcuno che non ha niente e che
possiede tutto: «Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo e il Cristo
è di Dio » (1Cor3,22).
38. L'attività umana elevata a perfezione nel mistero
pasquale.
Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è
stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli
uomini, entrò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e
ricapitolandola in sé. Egli ci rivela « che Dio è carità » (1Gv4,8) e
insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò
anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell'amore.
Coloro pertanto che credono alla carità
divina, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli
uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono
vani.
Così pure egli ammonisce a non camminare
sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto
nelle circostanze ordinarie della vita.
Accettando di morire per noi tutti peccatori,
egli ci insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce
che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e
la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è
stato dato ogni potere in cielo e in terra, agisce ora nel cuore degli uomini
con la virtù del suo Spirito; non solo suscita il desiderio del mondo futuro,
ma con ciò stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi
con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita
e di sottomettere a questo fine tutta la terra.
Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li
chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste,
contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a
consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare-attraverso tale
loro ministero quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa
degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e convogliando
tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro,
quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio.
Un pegno di questa speranza e un alimento per
il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel
quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono trasmutati nel Corpo e
nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è
pregustazione del convito del cielo.
39. Terra nuova e cielo nuovo.
Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la
terra e l'umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo.
Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però
dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui
abita la giustizia , e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i
desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini .
Allora, vinta la morte, i figli di Dio
saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione
rivestirà l'incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà
liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato
appunto per l'uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova
all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di
una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine
nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità
nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo
nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente
distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia,
tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana
società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori,
quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti
i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo
diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li
ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e
trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed
universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia,
regno di giustizia, di amore e di pace ».
Qui sulla terra il regno è già presente, in
mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.
CAPITOLO IV
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
40. Mutua relazione tra Chiesa e mondo.
Tutto quello che abbiamo detto a proposito
della dignità della persona umana, della comunità degli uomini, del
significato profondo della attività umana, costituisce il fondamento del
rapporto tra Chiesa e mondo, come pure la base del dialogo fra loro.
In questo capitolo, pertanto, presupponendo
tutto ciò che il Concilio ha già insegnato circa il mistero della Chiesa, si
viene a prendere in considerazione la medesima Chiesa in quanto si trova nel
mondo e insieme con esso vive ed agisce.
La Chiesa, procedendo dall'amore dell'eterno
Padre, fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo, ha
una finalità salvifica ed escatologica che non può essere raggiunta pienamente
se non nel mondo futuro. Ma essa è già presente qui sulla terra, ed è
composta da uomini, i quali appunto sono membri della città terrena chiamati a
formare già nella storia dell'umanità la famiglia dei figli di Dio, che deve
crescere costantemente fino all'avvento del Signore. Unita in vista dei beni
celesti e da essi arricchita, tale famiglia fu da Cristo « costituita e
ordinata come società in questo mondo » e fornita di « mezzi capaci di
assicurare la sua unione visibile e sociale ». Perciò la Chiesa, che è
insieme « società visibile e comunità spirituale » cammina insieme con
l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena; essa
è come il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi
in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio. Tale compenetrazione di città
terrena e città celeste non può certo essere percepita se non con la fede;
resta, anzi, il mistero della storia umana, che è turbata dal peccato fino alla
piena manifestazione dello splendore dei figli di Dio.
Ma la Chiesa, perseguendo il suo proprio fine
di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina; essa diffonde anche in
qualche modo sopra tutto il mondo la luce che questa vita divina irradia, e lo
fa specialmente per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona
umana, consolida la compagine della umana società e conferisce al lavoro
quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato. Così la Chiesa,
con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di poter
contribuire molto a umanizzare di più la famiglia degli uomini e la sua storia.
Inoltre la Chiesa cattolica volentieri tiene
in gran conto il contributo che, per realizzare il medesimo compito, han dato e
danno, cooperando insieme, le altre Chiese o comunità ecclesiali.
Al tempo stesso essa è persuasa che, per
preparare le vie al Vangelo, il mondo può fornirle in vario modo un aiuto
prezioso mediante le qualità e l'attività dei singoli o delle società che lo
compongono. Allo scopo di promuovere debitamente tale mutuo scambio ed aiuto,
nei campi che in qualche modo sono comuni alla Chiesa e al mondo, vengono qui
esposti alcuni principi generali.
41. L'aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui.
L'uomo d'oggi procede sulla strada di un più
pieno sviluppo della sua personalità e di una progressiva scoperta e
affermazione dei propri diritti. Poiché la Chiesa ha ricevuto la missione di
manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo dell'uomo, essa al
tempo stesso svela all'uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la
verità profonda sull'uomo.
Essa sa bene che soltanto Dio, al cui
servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che
mai può essere pienamente saziato dagli elementi terreni.
Sa ancora che l'uomo, sollecitato
incessantemente dallo Spirito di Dio, non potrà mai essere del tutto
indifferente davanti al problema religioso, come dimostrano non solo
l'esperienza dei secoli passati, ma anche molteplici testimonianze dei tempi
nostri.
L'uomo, infatti, avrà sempre desiderio di
sapere, almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, della sua
attività e della sua morte. E la Chiesa, con la sua sola presenza nel mondo,
gli richiama alla mente questi problemi. Ma soltanto Dio, che ha creato l'uomo a
sua immagine e che lo ha redento dal peccato, può offrire a tali problemi una
risposta pienamente adeguata; cose che egli fa per mezzo della rivelazione
compiuta nel Cristo, Figlio suo, che si è fatto uomo.
Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto,
diventa anch'egli più uomo.
Partendo da questa fede, la Chiesa può
sottrarre la dignità della natura umana al fluttuare di tutte le opinioni che,
per esempio, abbassano troppo il corpo umano, oppure lo esaltano troppo.
Nessuna legge umana è in grado di assicurare
la dignità personale e la libertà dell'uomo, quanto il Vangelo di Cristo,
affidato alla Chiesa.
Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama
la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima
analisi dal peccato onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera
decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio
di Dio e per il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla carità di
tutti.
Ciò corrisponde alla legge fondamentale
della economia cristiana.
Benché, infatti, i1 Dio Salvatore e il Dio
Creatore siano sempre lo stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore
della storia umana e il Signore della storia della salvezza, tuttavia in questo
stesso ordine divino la giusta autonomia della creatura, specialmente dell'uomo,
lungi dall'essere soppressa, viene piuttosto restituita alla sua dignità e in
essa consolidata.
Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo
affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo
con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque.
Questo movimento tuttavia deve essere
impregnato dallo spirito del Vangelo e dev'essere protetto contro ogni specie di
falsa autonomia.
Siamo, infatti, esposti alla tentazione di
pensare che i nostri diritti personali sono pienamente salvi solo quando veniamo
sciolti da ogni norma di legge divina.
Ma per questa strada la dignità della
persona umana non si salva e va piuttosto perduta.
42. L'aiuto che la Chiesa intende dare alla società
umana.
L'unione della famiglia umana viene molto
rafforzata e completata dall'unità della famiglia dei figli di Dio, fondata sul
Cristo. Certo, la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è
d'ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è
d'ordine religioso.
Eppure proprio da questa missione religiosa
scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e a
consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina.
Così pure, dove fosse necessario, a seconda
delle circostanze di tempo e di luogo, anch'essa può, anzi deve suscitare opere
destinate al servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, come, per
esempio, opere di misericordia e altre simili.
La Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che
di buono si trova nel dinamismo sociale odierno, soprattutto il movimento verso
l'unità, il progresso di una sana socializzazione e della solidarietà civile
ed economica. Promuovere l'unità corrisponde infatti alla intima missione della
Chiesa, la quale è appunto « in Cristo quasi un sacramento, ossia segno e
strumento di intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano». Così
essa mostra al mondo che una vera unione sociale esteriore discende dalla unione
delle menti e dei cuori, ossia da quella fede e da quella carità, con cui la
sua unità è stata indissolubilmente fondata nello Spirito Santo.
Infatti, la forza che la Chiesa riesce a
immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità
effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con
mezzi puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua missione e della sua
natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema
politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può
costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni,
purché queste abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto una vera libertà
per il compimento della sua missione. Per questo motivo la Chiesa esorta i suoi
figli, come pure tutti gli uomini, a superare, in questo spirito di famiglia
proprio dei figli di Dio, ogni dissenso tra nazioni e razze, e a consolidare
interiormente le legittime associazioni umane. Il Concilio, dunque, considera
con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle
istituzioni, pur così diverse, che la umanità si è creata e continua a
crearsi. Dichiara inoltre che la Chiesa vuole aiutare e promuovere tutte queste
istituzioni, per quanto ciò dipende da lei ed è compatibile con la sua
missione.
Niente le sta più a cuore che di servire al
bene di tutti e di potersi liberamente sviluppare sotto qualsiasi regime che
rispetti i diritti fondamentali della persona e della famiglia e riconosca le
esigenze del bene comune.
43. L'aiuto che la Chiesa intende dare all'attività umana
per mezzo dei cristiani.
Il Concilio esorta i cristiani, cittadini
dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri
doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non
abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per
questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece
proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di
ciascuno.
A loro volta non sono meno in errore coloro
che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se
queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe,
secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.
La dissociazione, che si costata in molti,
tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più
gravi errori del nostro tempo.
Contro questo scandalo già nell'Antico
Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più
Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi.
Non si crei perciò un'opposizione
artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita
religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali,
trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in
pericolo la propria salvezza eterna.
Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo
l'esempio di Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro
attività terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali,
scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi,
sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai
laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le
attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo,
sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di
ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei
campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche
finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza,
escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la
realizzazione.
Spetta alla loro coscienza, già
convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città
terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.
Non pensino però che i loro pastori siano
sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli
gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo
li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria
responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione
rispettosa alla dottrina del magistero.
Per lo più sarà la stessa visione cristiana
della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata
soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un
giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e
legittimamente.
Ché se le soluzioni proposte da un lato o
dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti
collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno
ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione
l'autorità della Chiesa.
Invece cerchino sempre di illuminarsi
vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità
e avendo cura in primo luogo del bene comune.
I laici, che hanno responsabilità attive
dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione
del mondo con lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni
di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.
I vescovi, poi, cui è affidato l'incarico di
reggere la Chiesa di Dio, devono insieme con i loro preti predicare il messaggio
di Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase
dalla luce del Vangelo.
Inoltre i pastori tutti ricordino che essi
con la loro quotidiana condotta e con la loro sollecitudine mostrano al mondo un
volto della Chiesa, in base al quale gli uomini si fanno un giudizio sulla
efficacia e sulla verità del messaggio cristiano. Con la vita e con la parola,
uniti ai religiosi e ai loro fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola
sua presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente inesauribile di quelle
forze di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno.
Con lo studio assiduo si rendano capaci di
assumere la propria responsabilità nel dialogo col mondo e con gli uomini di
qualsiasi opinione.
Soprattutto però abbiano in mente le parole
di questo Concilio: « Siccome oggi l'umanità va sempre più organizzandosi in
unità civile, economica e sociale, è tanto più necessario che i sacerdoti,
unendo sforzi e mezzi sotto la guida dei vescovi e del sommo Pontefice,
eliminino ogni motivo di dispersione, affinché tutto il genere umano sia
ricondotto all'unità della famiglia di Dio ».
Benché la Chiesa, per la virtù dello
Spirito Santo, sia rimasta la sposa fedele del suo Signore e non abbia mai
cessato di essere segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto
che tra i suoi membri sia chierici che laici, nel corso della sua lunga storia,
non sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio.
E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa
quanto distanti siano tra loro il messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di
coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà
di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza, perché
non ne abbia danno la diffusione del Vangelo. Così pure la Chiesa sa bene
quanto essa debba continuamente maturare imparando dall'esperienza di secoli,
nel modo di realizzare i suoi rapporti col mondo.
Guidata dallo Spirito Santo, la madre Chiesa
non si stancherà di «esortare i suoi figli a purificarsi e a rinnovarsi, perché
il segno di Cristo risplenda ancor più chiaramente sul volto della Chiesa».
44. L'aiuto che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo.
Come è importante per il mondo che esso
riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così
pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e
dall'evoluzione del genere umano. L'esperienza dei secoli passati, il progresso
della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso
cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso
la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.
Essa, infatti, fin dagli inizi della sua
storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e
alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la
sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti
convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E
tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge
di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni popolo la
capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al
tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse
culture dei popoli. Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che
i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha
bisogno particolare dell'apporto di coloro che, vivendo nel mondo, ne conoscono
le diverse istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di
credenti o di non credenti.
È dovere di tutto il popolo di Dio,
soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo,
ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro
tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità
rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir
presentata in forma più adatta.
La Chiesa, avendo una struttura sociale
visibile, che è appunto segno della sua unità in Cristo, può essere
arricchita, e lo è effettivamente, dallo sviluppo della vita sociale umana non
perché manchi qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere
questa più profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con più
successo ai nostri tempi.
Essa sente con gratitudine di ricevere, nella
sua comunità non meno che nei suoi figli singoli, vari aiuti dagli uomini di
qualsiasi grado e condizione.
Chiunque promuove la comunità umana
nell'ordine della famiglia, della cultura, della vita economica e sociale, come
pure della politica, sia nazionale che internazionale, porta anche non poco
aiuto, secondo il disegno di Dio, alla comunità della Chiesa, nella misura in
cui questa dipende da fattori esterni.
Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento
le è venuto e le può venire perfino dall'opposizione di quanti la avversano o
la perseguitano.
45. Cristo, l'alfa e l'omega.
La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel
ricevere molto da esso, ha di mira un solo fine: che venga il regno di Dio e si
realizzi la salvezza dell'intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di
Dio può offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno,
scaturisce dal fatto che la Chiesa è «l'universale sacramento della salvezza»
che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo. Infatti
il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli
stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la salvezza di tutti e la
ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, « il
punto focale dei desideri della storia e della civiltà », il centro del genere
umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui
che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra,
costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Vivificati e radunati nel suo
Spirito, come pellegrini andiamo incontro alla finale perfezione della storia
umana, che corrisponde in pieno al disegno del suo amore: « Ricapitolare tutte
le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle della terra » (Ef 1,10). Dice
il Signore stesso: « Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per
retribuire ciascuno secondo le opere sue. Io sono l'alfa e l'omega, il primo e
l'ultimo, il principio e il fine» (Ap 22,12-13).
|
PARTE II
ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI
46. Proemio
Dopo aver esposto di quale dignità è
insignita la persona dell'uomo e quale compito, individuale e sociale, egli è
chiamato ad adempiere sulla terra, il Concilio, alla luce del Vangelo e
dell'esperienza umana, attira ora l'attenzione di tutti su alcuni problemi
contemporanei particolarmente urgenti, che toccano in modo specialissimo il
genere umano. Tra le numerose questioni che oggi destano l'interesse generale,
queste meritano particolare menzione: il matrimonio e la famiglia, la cultura
umana, la vita economico-sociale, la vita politica, la solidarietà tra le
nazioni e la pace. Sopra ciascuna di esse risplendano i principi e la luce che
provengono da Cristo; così i cristiani avranno una guida e tutti gli uomini
potranno essere illuminati nella ricerca delle soluzioni di problemi tanto
numerosi e complessi.
CAPITOLO I
DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SUA
VALORIZZAZIONE
47. Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi
Il bene della persona e della società umana
e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità
coniugale e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima
di questa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi, con i quali
gli uomini favoriscono oggi la formazione di questa comunità di amore e la
stima ed il rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e genitori
della loro eminente missione; da essi i cristiani attendono sempre migliori
vantaggi e si sforzano di promuoverli.
Però la dignità di questa istituzione non
brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia,
dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni.
Per di più l'amore coniugale è molto spesso profanato dall'egoismo,
dall'edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità. Inoltre le odierne
condizioni economiche, socio-psicologiche e civili portano turbamenti non lievi
nella vita familiare. E per ultimo in determinate parti del mondo si avvertono
non senza preoccupazioni i problemi posti dall'incremento demografico. Da tutto
ciò sorgono difficoltà che angustiano la coscienza. Tuttavia il valore e la
solidità dell'istituto matrimoniale e familiare prendono risalto dal fatto che
le profonde mutazioni dell'odierna società, nonostante le difficoltà che ne
scaturiscono, molto spesso rendono manifesta in maniere diverse la vera natura
di questa istituzione.
Perciò il Concilio, mettendo in chiara luce
alcuni punti capitali della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e
incoraggiare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e
promuovere la dignità naturale e l'altissimo valore sacro dello stato
matrimoniale.
48. Santità del matrimonio e della famiglia
L'intima comunità di vita e d'amore
coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita
dall'alleanza dei coniugi, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E
così, è dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono,
che nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del matrimonio, che ha
stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della prole e
anche della società, questo legame sacro non dipende dall'arbitrio dell'uomo.
Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e
fini: tutto ciò è di somma importanza per la continuità del genere umano, il
progresso personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri della famiglia, per
la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di
tutta la società umana.
Per la sua stessa natura l'istituto del
matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione
della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l'uomo e la donna,
che per l'alleanza coniugale « non sono più due, ma una sola carne » (Mt
19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e
delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più
pienamente la conseguono.
Questa intima unione, in quanto mutua
donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà
dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità.
Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle
sue benedizioni su questo amore dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte
della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa.
Infatti, come un tempo Dio ha preso l'iniziativa di un'alleanza di amore e
fedeltà con il suo popolo cosi ora il Salvatore degli uomini e sposo della
Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del
matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa
e si è dato per essa così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro
fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. L'autentico amore coniugale è
assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del
Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi in maniera
efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento
della sublime missione di padre e madre. Per questo motivo i coniugi cristiani
sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la
dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale sacramento il
loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo
del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a
raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, ed
assieme rendono gloria a Dio.
Prevenuti dall'esempio e dalla preghiera
comune dei genitori, i figli, anzi tutti quelli che vivono insieme nell'ambito
familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente
umana, della salvezza e della santità.
Quanto agli sposi, insigniti della dignità e
responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere
dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta loro prima che a chiunque
altro.
I figli, come membra vive della famiglia,
contribuiscono pure in qualche modo alla santificazione dei genitori.
Risponderanno, infatti, ai benefici ricevuti dai genitori con affetto
riconoscente, con pietà filiale e fiducia; e li assisteranno, come si conviene
a figli, nelle avversità della vita e nella solitudine della vecchiaia. La
vedovanza, accettata con coraggio come continuazione della vocazione coniugale
sia onorata da tutti. La famiglia metterà con generosità in comune con le
altre famiglie le proprie ricchezze spirituali. Allora la famiglia cristiana che
nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione dell'alleanza d'amore del
Cristo e della Chiesa renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore
nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità
generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi, che con l'amorevole cooperazione
di tutti i suoi membri.
49. L'amore coniugale
I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla
parola di Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto, e
gli sposi la loro unione matrimoniale con un affetto senza incrinature. Anche
molti nostri contemporanei annettono un grande valore al vero amore tra marito e
moglie, che si manifesta in espressioni diverse a seconda dei sani costumi dei
popoli e dei tempi. Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da
persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell'amore
abbraccia il bene di tutta la persona; perciò ha la possibilità di arricchire
di particolare dignità le espressioni del corpo e della vita psichica e di
nobilitarle come elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale.
Il Signore si è degnato di sanare,
perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e carità.
Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero
e mutuo dono di se stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di
tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei coniugi anzi, diventa più perfetto
e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio. È ben superiore, perciò,
alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente
svanisce.
Questo amore è espresso e sviluppato in
maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del
matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta
intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la
mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella
gioia e nella gratitudine gli sposi stessi. Quest'amore, ratificato da un
impegno mutuo e soprattutto consacrato da un sacramento di Cristo, resta
indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte, sul piano del corpo e
dello spirito; di conseguenza esclude ogni adulterio e ogni divorzio. L'unità
del matrimonio, confermata dal Signore, appare in maniera lampante anche dalla
uguale dignità personale che bisogna riconoscere sia all'uomo che alla donna
nel mutuo e pieno amore.
Per tener fede costantemente agli impegni di
questa vocazione cristiana si richiede una virtù fuori del comune; è per
questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno
assiduamente la fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di
sacrificio e li domanderanno nella loro preghiera. Ma l'autentico amore
coniugale godrà più alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione
pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza di fedeltà e di armonia
nell'amore come anche di sollecitudine nell'educazione dei figli, e se assumono
la loro responsabilità nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e
sociale a favore del matrimonio e della famiglia.
I giovani siano adeguatamente istruiti, molto
meglio se in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale,
sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della
castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle
nozze.
50. La fecondità del matrimonio
Il matrimonio e l'amore coniugale sono
ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli
infatti sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente
al bene dei genitori stessi. Dio che disse: « non è bene che l'uomo sia solo»
(Gn 2,18) e «che creò all'inizio l'uomo maschio e femmina » (Mt 19,4),
volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione nella sua opera
creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: «crescete e
moltiplicatevi» (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben
compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare
gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare
coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro
continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.
I coniugi sappiano di essere cooperatori
dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la
vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro
propria.
E perciò adempiranno il loro dovere con
umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune
accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia
del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di
quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che
spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto
del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa
stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio,
gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano
consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere
retti da una coscienza che sia con forme alla legge divina stessa; e siano
docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge
alla luce del Vangelo.
Tale legge divina manifesta il significato
pieno dell'amore coniugale, lo protegge e lo conduce verso la sua perfezione
veramente umana.
Così quando gli sposi cristiani, fidando
nella divina Provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio, svolgono il loro
ruolo procreatore e si assumono generosamente le loro responsabilità umane e
cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana.
Tra i coniugi che in tal modo adempiono la
missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli che,
con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo anche un
più grande numero di figli da educare convenientemente.
Il matrimonio tuttavia non è stato istituito
soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra
persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia
le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche
se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio
perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e
la sua indissolubilità.
51. Accordo dell'amore coniugale col rispetto della vita
Il Concilio sa che spesso i coniugi, che
vogliono condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da
alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali
non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non senza
difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena
comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l'intimità della vita
coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir
compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l'educazione dei
figli e il coraggio di accettarne altri.
C'è chi presume portare a questi problemi
soluzioni non oneste, anzi non rifugge neppure dall'uccisione delle nuove vite.
La Chiesa ricorda, invece, che non può esserci vera contraddizione tra le leggi
divine, che reggono la trasmissione della vita, e quelle che favoriscono
l'autentico amore coniugale.
Infatti Dio, padrone della vita, ha affidato
agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere
adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve
essere protetta con la massima cura; l'aborto e l'infanticidio sono delitti
abominevoli. La sessualità propria dell'uomo e la facoltà umana di generare
sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della
vita; perciò anche gli atti specifici della vita coniugale, ordinati secondo la
vera dignità umana, devono essere rispettati con grande stima. Perciò, quando
si tratta di mettere d'accordo l'amore coniugale con la trasmissione
responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo
dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato
secondo criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa
della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di
vero amore, il significato totale della mutua donazione e della procreazione
umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata con sincero animo
la virtù della castità coniugale. I figli della Chiesa, fondati su questi
principi, nel regolare la procreazione, non potranno seguire strade che sono
condannate dal magistero nella spiegazione della legge divina. Del resto, tutti
sappiamo che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati
agli orizzonti di questo mondo e non vi trovano né la loro piena dimensione, né
il loro pieno senso, ma riguardano il destino eterno degli uomini.
52. L'impegno di tutti per il bene del matrimonio e della
famiglia
La famiglia è una scuola di arricchimento
umano. Perché però possa attingere la pienezza della sua vita e del suo
compimento, è necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i
coniugi, e la consultazione reciproca e una continua collaborazione tra i
genitori nella educazione dei figli. La presenza attiva del padre giova
moltissimo alla loro formazione; ma bisogna anche permettere alla madre, di cui
abbisognano specialmente i figli più piccoli, di prendersi cura del proprio
focolare pur senza trascurare la legittima promozione sociale della donna. I
figli poi, mediante l'educazione devono venire formati in modo che, giunti alla
maturità, possano seguire con pieno senso di responsabilità la loro vocazione,
compresa quella sacra; e se sceglieranno lo stato di vita coniugale, possano
formare una propria famiglia in condizioni morali, sociali ed economiche
favorevoli. È compito poi dei genitori o dei tutori guidare i più giovani
nella formazione di una nuova famiglia con il consiglio prudente, presentato in
modo che questi lo ascoltino volentieri; dovranno tuttavia evitare di esercitare
forme di coercizione diretta o indiretta su di essi per spingerli al matrimonio
o alla scelta di una determinata persona come coniuge.
In questo modo la famiglia, nella quale le
diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una
saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le
altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società.
Tutti coloro che hanno influenza sulla società e sulle sue diverse categorie,
quindi, devono collaborare efficacemente alla promozione del matrimonio e della
famiglia; e le autorità civili dovranno considerare come un sacro dovere
conoscere la loro vera natura, proteggerli e farli progredire, difendere la
moralità pubblica e favorire la prosperità domestica. In particolare dovrà
essere difeso il diritto dei genitori di generare la prole e di educarla in seno
alla famiglia. Una provvida legislazione ed iniziative varie dovranno pure
proteggere ed aiutare opportunamente coloro che sono purtroppo privi di una
propria famiglia.
I cristiani, bene utilizzando il tempo
presente e distinguendo le realtà permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino
per sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e della famiglia; lo
faranno tanto con la testimonianza della propria vita, quanto con un'azione
concorde con gli uomini di buona volontà. Così, superando le difficoltà
presenti, essi provvederanno ai bisogni e agli interessi della famiglia, in
accordo con i tempi nuovi. A questo fine sono di grande aiuto il senso cristiano
dei fedeli, la retta coscienza morale degli uomini, come pure la saggezza e la
competenza di chi è versato nelle discipline sacre.
Gli esperti nelle scienze, soprattutto
biologiche, mediche, sociali e psicologiche, possono portare un grande
contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze
se, con l'apporto convergente dei loro studi, cercheranno di chiarire sempre più
a fondo le diverse condizioni che favoriscono un'ordinata e onesta procreazione
umana.
È compito dei sacerdoti, provvedendosi una
necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la
vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi
della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico
o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro
difficoltà e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente
serene.
Le varie opere di apostolato, specialmente i
movimenti familiari, si adopereranno a sostenere con la dottrina e con l'azione
i giovani e gli stessi sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a formarli
alla vita familiare, sociale ed apostolica.
Infine i coniugi stessi, creati ad immagine
del Dio vivente e muniti di un'autentica dignità personale, siano uniti da un
uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità, cosi
che, seguendo Cristo principio di vita nelle gioie e nei sacrifici della loro
vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel
mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua
risurrezione.
CAPITOLO II
LA PROMOZIONE DELLA CULTURA
53. Introduzione
È proprio della persona umana il non poter
raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la
cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura. Perciò, ogniqualvolta
si tratta della vita umana, natura e cultura sono quanto mai strettamente
connesse.
Con il termine generico di « cultura » si
vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina e sviluppa le
molteplici capacità della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in suo
potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita
sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il
progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andar del tempo,
esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni
spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il
genere umano.
Di conseguenza la cultura presenta
necessariamente un aspetto storico e sociale e la voce « cultura » assume
spesso un significato sociologico ed etnologico. In questo senso si parla di
pluralità delle culture. Infatti dal diverso modo di far uso delle cose, di
lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e di formare i costumi, di
fare le leggi e creare gli istituti giuridici, di sviluppare le scienze e le
arti e di coltivare il bello, hanno origine i diversi stili di vita e le diverse
scale di valori. Cosi dalle usanze tradizionali si forma il patrimonio proprio
di ciascun gruppo umano. Così pure si costituisce l'ambiente storicamente
definito in cui ogni uomo, di qualsiasi stirpe ed epoca, si inserisce, e da cui
attinge i beni che gli consentono di promuovere la civiltà.
Sezione 1: La situazione della cultura nel mondo odierno
54. Nuovi stili di vita
Le condizioni di vita dell'uomo moderno,
sotto l'aspetto sociale e culturale, sono profondamente cambiate, così che è
lecito parlare di una nuova epoca della storia umana '. Di qui si aprono nuove
vie per perfezionare e diffondere più largamente la cultura. Esse sono state
preparate da un grandioso sviluppo delle scienze naturali e umane, anche
sociali, dal progresso delle tecniche, dallo sviluppo e dall'organizzazione
degli strumenti di comunicazione sociale. Perciò la cultura odierna è
caratterizzata da alcune note distintive: le scienze dette «esatte» affinano
al massimo il senso critico; i più recenti studi di psicologia spiegano in
profondità l'attività umana; le scienze storiche spingono fortemente a
considerare le cose sotto l'aspetto della loro mutabilità ed evoluzione; i modi
di vivere ed i costumi diventano sempre più uniformi; l'industrializzazione,
l'urbanesimo e le altre cause che favoriscono la vita collettiva creano nuove
forme di cultura (cultura di massa), da cui nascono nuovi modi di pensare, di
agire, di impiegare il tempo libero; lo sviluppo dei rapporti fra le varie
nazioni e le classi sociali rivela più ampiamente a tutti e a ciascuno i tesori
delle diverse forme di cultura, e così poco a poco si prepara una forma di
cultura umana più universale, la quale tanto più promuove ed esprime l'unità
del genere umano, quanto meglio rispetta le particolarità delle diverse
culture.
55. L'uomo artefice della cultura
Cresce sempre più il numero degli uomini e
delle donne di ogni gruppo o nazione che prendono coscienza di essere artefici e
promotori della cultura della propria comunità. In tutto il mondo si sviluppa
sempre più il senso dell'autonomia e della responsabilità, cosa che è di
somma importanza per la maturità spirituale e morale dell'umanità. Ciò appare
ancor più chiaramente se teniamo presente l'unificazione del mondo e il compito
che ci si impone di costruire un mondo migliore nella verità e nella giustizia.
In tal modo siamo testimoni della nascita d'un nuovo umanesimo, in cui l'uomo si
definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la
storia.
56. Difficoltà e compiti
In queste condizioni non stupisce che l'uomo
sentendosi responsabile del progresso della cultura, nutra grandi speranze, ma
consideri pure con ansietà le molteplici antinomie esistenti ch'egli deve
risolvere. Che cosa si deve fare affinché gli intensificati rapporti culturali,
che dovrebbero condurre ad un vero e fruttuoso dialogo tra classi e nazioni
diverse, non turbino la vita delle comunità, né sovvertano la sapienza dei
padri, né mettano in pericolo il carattere proprio di ciascun popolo?
In qual modo promuovere il dinamismo e
l'espansione della nuova cultura senza che si perda la viva fedeltà al
patrimonio della tradizione? Questo problema si pone con particolare urgenza là
dove la cultura, che nasce dal grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve
armonizzare con la cultura che, secondo le varie tradizioni, viene alimentata
dagli studi classici.
In qual maniera conciliare una così rapida e
crescente diversificazione delle scienze specializzate, con la necessità di
farne la sintesi e di mantenere nell'uomo le facoltà della contemplazione e
dell'ammirazione che conducono alla sapienza?
Che cosa fare affinché le moltitudini siano
rese partecipi dei beni della cultura, proprio quando la cultura degli
specialisti diviene sempre più alta e complessa?
Come, infine, riconoscere come legittima
l'autonomia che la cultura rivendica a se stessa, senza giungere a un umanesimo
puramente terrestre, anzi avverso alla religione?
In mezzo a queste antinomie, la cultura umana
va oggi sviluppata in modo da perfezionare con giusto ordine la persona umana
nella sua integrità e da aiutare gli uomini nell'esplicazione di quei compiti,
al cui adempimento tutti, ma specialmente i cristiani fraternamente uniti in
seno all'unica famiglia umana, sono chiamati.
Sezione 2: Alcuni principi riguardanti la retta promozione della cultura
57. Fede e cultura
I cristiani, in cammino verso la città
celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù questo tuttavia non
diminuisce, anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti
gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero
della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con
maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato
di quest'attività, mediante la quale la cultura umana acquista un posto
importante nella vocazione integrale dell'uomo.
L'uomo infatti, quando coltiva la terra col
lavoro delle sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca
frutto e diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana, e quando partecipa
consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio,
manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la
creazione, e coltiva se stesso; nel medesimo tempo mette in pratica il grande
comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.
L'uomo inoltre, applicandosi allo studio
delle varie discipline, quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze
naturali, e coltivando l'arte, può contribuire moltissimo ad elevare l'umana
famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e a una visione
delle cose di universale valore; in tal modo essa sarà più vivamente
illuminata da quella mirabile Sapienza, che dall'eternità era con Dio,
disponendo con lui ogni cosa, giocando sull'orbe terrestre e trovando le sue
delizie nello stare con i figli degli uomini.
Per ciò stesso lo spirito umano, più libero
dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi con maggiore speditezza al culto ed
alla contemplazione del Creatore. Anzi, sotto l'impulso della grazia si dispone
a riconoscere il Verbo di Dio che, prima di farsi carne per tutto salvare e
ricapitolare in se stesso, già era « nel mondo » come « luce vera che
illumina ogni uomo » (Gv 1,9).
Certo, l'odierno progresso delle scienze e
della tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime
ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il
metodo di investigazione di cui fanno uso queste scienze viene a torto innalzato
a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che
l'uomo, fidandosi troppo delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e
non cerchi più valori superiori.
Questi fatti deplorevoli però non
scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella
tentazione di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano:
il gusto per le scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine
scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici
specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre
più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e proteggere gli
uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti,
specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità
personale o per la povertà culturale. Tutti questi valori possono essere in
qualche modo una preparazione a ricevere l'annunzio del Vangelo; preparazione
che potrà essere portata a compimento dalla divina carità di colui che è
venuto a salvare il mondo.
58. I molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la
cultura
Fra il messaggio della salvezza e la cultura
esistono molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al suo popolo fino alla
piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il tipo di
cultura proprio delle diverse epoche storiche.
Parimenti la Chiesa, che ha conosciuto nel
corso dei secoli condizioni d'esistenza diverse, si è servita delle differenti
culture per diffondere e spiegare nella sua predicazione il messaggio di Cristo
a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella
vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli.
Ma nello stesso tempo, inviata a tutti i
popoli di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, non è legata in modo esclusivo
e indissolubile a nessuna razza o nazione, a nessun particolare modo di vivere,
a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello
stesso tempo cosciente dell'universalità della sua missione, può entrare in
comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la
Chiesa stessa quanto le varie culture.
Il Vangelo di Cristo rinnova continuamente la
vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali
derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica
ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda
dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e
le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione già
con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e
civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà
interiore.
59. Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura
Per i motivi suddetti la Chiesa ricorda a
tutti che la cultura deve mirare alla perfezione integrale della persona umana,
al bene della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario
coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione,
dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un
giudizio personale e di coltivare il senso religioso, morale e sociale.
Infatti la cultura, scaturendo direttamente
dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della
giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità
di esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige
rispetto e gode di una certa inviolabilità, salvi evidentemente i diritti della
persona e della comunità, sia particolare sia universale, entro i limiti del
bene comune.
Il sacro Concilio, richiamando ciò che
insegnò il Concilio Vaticano I, dichiara che « esistono due ordini di
conoscenza » distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la
Chiesa non vieta che «le arti e le discipline umane (...) si servano,
nell'ambito proprio a ciascuna, di propri principi e di un proprio metodo »;
perciò, « riconoscendo questa giusta libertà », la Chiesa afferma la
legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze.
Tutto questo esige pure che l'uomo, nel
rispetto dell'ordine morale e della comune utilità, possa liberamente cercare
la verità, manifestare e diffondere le sue opinioni, e coltivare qualsiasi
arte; esige, infine, che sia informato secondo verità degli eventi della vita
pubblica.
È compito dei pubblici poteri, non
determinare il carattere proprio delle forme di cultura, ma assicurare le
condizioni e i sussidi atti a promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra
le minoranze di una nazione. Perciò bisogna innanzi tutto esigere che la
cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire il potere
politico o il potere economico.
Sezione 3: Alcuni doveri più urgenti per i cristiani circa la cultura
60. Il riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura
e sua attuazione
Poiché si offre ora la possibilità di
liberare moltissimi uomini dal flagello dell'ignoranza, è compito sommamente
confacente al nostro tempo, in specie per i cristiani, lavorare indefessamente
perché tanto in campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano
nazionale quanto sul piano internazionale, siano prese le decisioni
fondamentali, mediante le quali sia riconosciuto e attuato dovunque il diritto
di tutti a una cultura umana conforme alla dignità della persona, senza
distinzione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di condizione
sociale. Perciò è necessario procurare a tutti una quantità sufficiente di
beni culturali, specialmente di quelli che costituiscono la cosiddetta cultura
di base, affinché moltissimi non siano impediti, a causa dell'analfabetismo e
della privazione di un'attività responsabile, di dare una collaborazione
veramente umana al bene comune.
Occorre perciò fare ogni sforzo affinché
quelli che ne sono capaci possano accedere agli studi superiori; ma in tale
maniera che, per quanto è possibile, essi possano occuparsi nell'umana società
di quelle funzioni, compiti e servizi che corrispondono alle loro attitudini
naturali e alle competenze acquisite 11. Così ognuno e i gruppi sociali di
ciascun popolo potranno raggiungere il pieno sviluppo della loro vita culturale,
in conformità con le doti e tradizioni loro proprie.
Bisogna inoltre fare di tutto perché
ciascuno prenda coscienza tanto del diritto alla cultura, quanto del dovere di
coltivarsi e di aiutare gli altri. Vi sono talora condizioni di vita e di lavoro
che impediscono lo sforzo culturale e perciò distruggono l'interesse per la
cultura. Questo vale in modo speciale per gli agricoltori e gli operai, ai quali
bisogna assicurare condizioni di lavoro tali che non impediscano, ma promuovano
la loro vita culturale. Le donne lavorano già in quasi tutti i settori della
vita; conviene però che esse possano svolgere pienamente i loro compiti secondo
le attitudini loro proprie. Sarà dovere di tutti far si che la partecipazione
propria e necessaria delle donne nella vita culturale sia riconosciuta e
promossa.
61. L'educazione ad una cultura integrale
Oggi vi è più difficoltà di un tempo di
ridurre a sintesi le varie discipline e arti del sapere. Mentre infatti aumenta
il volume e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura,
diminuisce nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di percepirli e
di armonizzarli organicamente, cosicché l'immagine dell'«uomo universale»
diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni uomo ha il dovere di tener fermo
il concetto della persona umana integrale, in cui eccellono i valori della
intelligenza, della volontà, della coscienza e della fraternità, che sono
fondati tutti in Dio Creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in
Cristo.
La famiglia anzitutto è come la madre e la
nutrice di questa educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d'amore,
apprendono più facilmente la gerarchia dei valori, mentre collaudate forme
culturali vengono quasi naturalmente trasfuse nell'animo dell'adolescente, man
mano che si sviluppa.
Per la medesima educazione nella società
odierna vi sono opportunità derivanti specialmente dall'accresciuta diffusione
del libro e dai nuovi strumenti di comunicazione culturale e sociale, che
possono favorire la cultura universale. La diminuzione più o meno generalizzata
del tempo dedicato al lavoro fa aumentare di giorno in giorno per molti uomini
le possibilità di coltivarsi. Il tempo libero sia impiegato per distendere lo
spirito, per fortificare la salute dell'anima e del corpo; mediante attività e
studi di libera scelta; mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si
affina lo spirito dell'uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca
conoscenza; anche mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a
mantenere l'equilibrio dello spirito, ed offrono un aiuto per stabilire fraterne
relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di razze diverse.
I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e le attività
culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito
umano e cristiano.
Tuttavia tutte queste facilitazioni non
possono assicurare la piena ed integrale formazione culturale dell'uomo, se
nello stesso tempo trascuriamo di interrogarci profondamente sul significato
della cultura e della scienza per la persona umana.
62. Accordo fra cultura umana e insegnamento cristiano
Sebbene la Chiesa abbia grandemente
contribuito al progresso della cultura, l'esperienza dimostra tuttavia che, per
ragioni contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si
realizza sempre senza difficoltà.
Queste difficoltà non necessariamente sono
di danno alla fede; possono, anzi, stimolare lo spirito ad acquisirne una più
accurata e profonda intelligenza. Infatti gli studi recenti e le nuove scoperte
delle scienze, come pure quelle della storia e della filosofia, suscitano nuovi
problemi che comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono nuove
indagini anche da parte dei teologi. Questi sono inoltre invitati, nel rispetto
dei metodi e delle esigenze proprie della scienza teologica, a ricercare modi
sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro
epoca: altro è, infatti, il deposito o le verità della fede, altro è il modo
con cui vengono espresse, a condizione tuttavia di salvaguardarne il significato
e il senso profondo. Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si
faccia uso non soltanto dei principi della teologia, ma anche delle scoperte
delle scienze profane, in primo luogo della psicologia e della sociologia,
cosicché anche i fedeli siano condotti a una più pura e più matura vita di
fede.
A modo loro, anche la letteratura e le arti
sono di grande importanza per la vita della Chiesa. Esse cercano infatti di
esprimere la natura propria dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello
sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; cercano di scoprire la
sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le
sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una sua migliore
condizione. Così possono elevare la vita umana, che esprimono in molteplici
forme, secondo i tempi e i luoghi.
Bisogna perciò impegnarsi affinché gli
artisti si sentano compresi dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di
un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità
cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa le nuove tendenze artistiche adatte
ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e regioni. Siano ammesse
negli edifici del culto, quando, con modi d'espressione adatti e conformi alle
esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio.
Così la conoscenza di Dio viene meglio
manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente
all'intelligenza degli uomini e appare come connaturata con le loro condizioni
d'esistenza.
I fedeli dunque vivano in strettissima unione
con gli uomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfettamente il loro
modo di pensare e di sentire, quali si esprimono mediante la cultura. Sappiano
armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più
recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano, affinché il senso
religioso e la rettitudine morale procedano in essi di pari passo con la
conoscenza scientifica e con il continuo progresso della tecnica; potranno così
giudicare e interpretare tutte le cose con senso autenticamente cristiano.
Coloro che si applicano alle scienze
teologiche nei seminari e nelle università si studino di collaborare con gli
uomini che eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e
opinioni. La ricerca teologica, mentre persegue la conoscenza profonda della
verità rivelata, non trascuri il contatto con il proprio tempo, per poter
aiutare gli uomini competenti nelle varie branche del sapere ad acquistare una
più piena conoscenza della fede. Questa collaborazione gioverà grandemente
alla formazione dei sacri ministri, che potranno presentare ai nostri
contemporanei la dottrina della Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al mondo in
maniera più adatta, così da farla anche da essi più volentieri accettare. È
anzi desiderabile che molti laici acquistino una conveniente formazione nelle
scienze sacre e che non pochi tra loro si diano di proposito a questi studi e li
approfondiscano con mezzi scientifici adeguati. Ma affinché possano esercitare
il loro compito, sia riconosciuta ai fedeli, tanto ecclesiastici che laici, una
giusta libertà di ricercare, di pensare e di manifestare con umiltà e coraggio
la propria opinione nel campo in cui sono competenti.
CAPITOLO III
VITA ECONOMICO-SOCIALE
63. La vita economica e alcuni aspetti caratteristici
contemporanei
Anche nella vita economico-sociale sono da
tenere in massimo rilievo e da promuovere la dignità della persona umana, la
sua vocazione integrale e il bene dell'intera società. L'uomo infatti è
l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale.
L'economia contemporanea, come ogni altro
campo della vita sociale, è caratterizzata da un dominio crescente dell'uomo
sulla natura, dalla moltiplicazione e dalla intensificazione dei rapporti e
dalla interdipendenza tra cittadini, gruppi e popoli, come pure da un più
intenso intervento dei pubblici poteri. Nello stesso tempo, il progresso nella
efficienza produttiva e nella migliore organizzazione degli scambi e servizi
hanno reso l'economia strumento adatto a meglio soddisfare i bisogni accresciuti
della famiglia umana.
Tuttavia non mancano motivi di
preoccupazione. Molti uomini, soprattutto nelle regioni economicamente
sviluppate, appaiono quasi unicamente retti dalle esigenze dell'economia,
cosicché quasi tutta la loro vita personale e sociale viene permeata da una
mentalità economicistica, e ciò si diffonde sia nei paesi ad economia
collettivistica che negli altri. In un tempo in cui lo sviluppo della vita
economica, orientata e coordinata in una maniera razionale e umana, potrebbe
permettere una attenuazione delle disparità sociali, troppo spesso essa si
tramuta in una causa del loro aggravamento o, in alcuni luoghi, perfino nel
regresso delle condizioni sociali dei deboli e nel disprezzo dei poveri. Mentre
folle immense mancano dello stretto necessario, alcuni, anche nei paesi meno
sviluppati, vivono nell'opulenza o dissipano i beni. Il lusso si accompagna alla
miseria. E, mentre pochi uomini dispongono di un assai ampio potere di
decisione, molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire di propria
iniziativa o sotto la propria responsabilità, spesso permanendo in condizioni
di vita e di lavoro indegne di una persona umana.
Simili squilibri economici e sociali si
avvertono tra l'agricoltura, l'industria e il settore dei servizi, come pure tra
le diverse regioni di uno stesso paese. Una contrapposizione, che può mettere
in pericolo la pace del mondo intero, si fa ogni giorno più grave tra le
nazioni economicamente più progredite e le altre.
Gli uomini del nostro tempo reagiscono con
coscienza sempre più sensibile di fronte a tali disparità: essi sono
profondamente convinti che le più ampie possibilità tecniche ed economiche,
proprie del mondo contemporaneo, potrebbero e dovrebbero correggere questo
funesto stato di cose. Ma per questo si richiedono molte riforme nelle strutture
della vita economico-sociale; è necessario anche da parte di tutti un mutamento
di mentalità e di abitudini di vita. In vista di ciò la Chiesa, lungo lo
svolgersi della storia, ha formulato nella luce del Vangelo e, soprattutto in
questi ultimi tempi, ha largamente insegnato i principi di giustizia e di equità
richiesti dalla retta ragione umana e validi sia per la vita individuale o
sociale che per la vita internazionale. Il sacro Concilio, tenuto conto delle
caratteristiche del tempo presente, intende riconfermare tali principi e
formulare alcuni orientamenti, con particolare riguardo alle esigenze dello
sviluppo economico.
Sezione 1: Sviluppo economico
64. Lo sviluppo economico a servizio dell'uomo
Oggi più che mai, per far fronte all'aumento
della popolazione e per rispondere alle crescenti aspirazioni del genere umano,
giustamente si tende ad incrementare la produzione di beni nell'agricoltura e
nell'industria e la prestazione dei servizi. Perciò sono da favorire il
progresso tecnico, lo spirito di innovazione, la creazione di nuove imprese e il
loro ampliamento, l'adattamento nei metodi dell'attività produttiva e dello
sforzo sostenuto da tutti quelli che partecipano alla produzione, in una parola
tutto ciò che possa contribuire a questo sviluppo. Ma il fine ultimo e
fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni prodotti, né
nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel servizio
dell'uomo: dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto della
gerarchia dei suoi bisogni materiali e delle esigenze della sua vita
intellettuale, morale, spirituale e religiosa; di ogni uomo, diciamo, e di ogni
gruppo umano, di qualsiasi razza o continente. Pertanto l'attività economica
deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell'economia, ma
nell'ambito dell'ordine morale, in modo che così risponda al disegno di Dio
sull'uomo.
65. Lo sviluppo economico sotto il controllo dell'uomo
Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il
controllo dell'uomo. Non deve essere abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o
gruppi che abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola comunità
politica, né di alcune nazioni più potenti. Conviene, al contrario, che il
maggior numero possibile di uomini, a tutti i livelli e, quando si tratta dei
rapporti internazionali, tutte le nazioni possano partecipare attivamente al suo
orientamento. È necessario egualmente che le iniziative spontanee dei singoli e
delle loro libere associazioni siano coordinate e armonizzate in modo
conveniente ed organico con la molteplice azione delle pubbliche autorità.
Lo sviluppo economico non può essere
abbandonato né al solo gioco quasi meccanico della attività economica dei
singoli, né alla sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna
denunciare gli errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di
libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto delle dottrine che
sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi
all'organizzazione collettiva della produzione.
Si ricordino, d'altra parte, tutti i
cittadini che essi hanno il diritto e il dovere - e il potere civile lo deve
riconoscere loro - di contribuire secondo le loro capacità al progresso della
loro propria comunità. Specialmente nelle regioni economicamente meno
progredite, dove si impone d'urgenza l'impiego di tutte le risorse ivi
esistenti, danneggiano gravemente il bene comune coloro che tengono inutilizzate
le proprie ricchezze o coloro che - salvo il diritto personale di migrazione -
privano la propria comunità dei mezzi materiali e spirituali di cui essa ha
bisogno.
66. Ingenti disparità economico-sociali da far scomparire
Per rispondere alle esigenze della giustizia
e dell'equità, occorre impegnarsi con ogni sforzo affinché, nel rispetto dei
diritti personali e dell'indole propria di ciascun popolo, siano rimosse il più
rapidamente possibile le ingenti disparità economiche che portano con sé
discriminazioni nei diritti individuali e nelle condizioni sociali quali oggi si
verificano e spesso si aggravano. Similmente, in molte zone, tenendo presenti le
particolari difficoltà del settore agricolo quanto alla produzione e alla
commercializzazione dei beni, gli addetti all'agricoltura vanno sostenuti per
aumentare la produzione e garantirne la vendita, nonché per la realizzazione
delle trasformazioni e innovazioni necessarie, come pure per raggiungere un
livello equo di reddito; altrimenti rimarranno, come spesso avviene, in
condizioni sociali di inferiorità. Da parte loro gli agricoltori, soprattutto i
giovani, si impegnino con amore a migliorare la loro competenza professionale,
senza la quale non si dà sviluppo dell'agricoltura.
La giustizia e l'equità richiedono
similmente che la mobilità, assolutamente necessaria in una economia di
sviluppo, sia regolata in modo da evitare che la vita dei singoli e delle loro
famiglie si faccia incerta e precaria. Per quanto riguarda i lavoratori che,
provenendo da altre nazioni o regioni, concorrono con il loro lavoro allo
sviluppo economico di un popolo o di una zona, è da eliminare accuratamente
ogni discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di lavoro. Inoltre
tutti e in primo luogo i poteri pubblici, devono trattarli come persone, e non
semplicemente come puri strumenti di produzione; devono aiutarli perché possano
accogliere presso di sé le loro famiglie e procurarsi un alloggio decoroso,
nonché favorire la loro integrazione nella vita sociale del popolo o della
regione che li accoglie. Si creino tuttavia nella misura del possibile, posti di
lavoro nelle regioni stesse d'origine.
Nelle economie attualmente in fase di
ulteriore trasformazione, come nelle nuove forme della società industriale
nelle quali, per esempio, si va largamente applicando l'automazione, si
richiedono misure per assicurare a ciascuno un impiego sufficiente e adatto,
insieme alla possibilità di una formazione tecnica e professionale adeguata;
inoltre bisogna garantire la sussistenza e la dignità umana di coloro che,
soprattutto per motivi di salute e di età, si trovano in particolari
difficoltà.
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Sezione 2: Alcuni principi relativi all'insieme della vita economico-sociale
67. Lavoro, condizione di lavoro e tempo libero
Il lavoro umano, con cui si producono e si
scambiano beni o si prestano servizi economici, è di valore superiore agli
altri elementi della vita economica, poiché questi hanno solo valore di
strumento.
Tale lavoro, infatti, sia svolto in forma
indipendente sia per contratto con un imprenditore, procede direttamente dalla
persona, la quale imprime nella natura quasi il suo sigillo e la sottomette alla
sua volontà. Con il lavoro, l'uomo provvede abitualmente al sostentamento
proprio e dei suoi familiari, comunica con gli altri, rende un servizio agli
uomini suoi fratelli e può praticare una vera carità e collaborare attivamente
al completamento della divina creazione. Ancor più: sappiamo per fede che
l'uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa all'opera stessa redentiva
di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità, lavorando
con le proprie mani a Nazareth. Di qui discendono, per ciascun uomo, il dovere
di lavorare fedelmente, come pure il diritto al lavoro. Corrispondentemente è
compito della società, in rapporto alle condizioni in essa esistenti, aiutare
da parte sua i cittadini a trovare sufficiente occupazione. Infine il lavoro va
rimunerato in modo tale da garantire i mezzi sufficienti per permettere al
singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale,
culturale e spirituale, tenuto conto del tipo di attività e grado di rendimento
economico di ciascuno, nonché delle condizioni dell'impresa e del bene comune.
Poiché l'attività economica è per lo più
realizzata in gruppi produttivi in cui si uniscono molti uomini, è ingiusto ed
inumano organizzarla con strutture ed ordinamenti che siano a danno di chi vi
operi. Troppo spesso avviene invece, anche ai nostri giorni, che i lavoratori
siano in un certo senso asserviti alle proprie opere. Ciò non trova
assolutamente giustificazione nelle cosiddette leggi economiche. Occorre dunque
adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della persona e alle sue
forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica, particolarmente in
relazione alle madri di famiglia, sempre tenendo conto del sesso e dell'età di
ciascuno. Ai lavoratori va assicurata inoltre la possibilità di sviluppare le
loro qualità e di esprimere la loro personalità nell'esercizio stesso del
lavoro. Pur applicando a tale attività lavorativa, con doverosa responsabilità,
tempo ed energie, tutti i lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo
e tempo libero, che permetta loro di curare la vita familiare, culturale,
sociale e religiosa. Anzi, debbono avere la possibilità di dedicarsi ad attività
libere che sviluppino quelle energie e capacità, che non hanno forse modo di
coltivare nel loro lavoro professionale.
68. Partecipazione nell'impresa e nell'indirizzo economico
generale; conflitti di lavoro
Nelle imprese economiche si uniscono delle
persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò,
prendendo in considerazione le funzioni di ciascuno - sia proprietari, sia
imprenditori, sia dirigenti, sia operai - e salva la necessaria unità di
direzione dell'impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato,
la attiva partecipazione di tutti alla gestione dell'impresa. Poiché, tuttavia,
in molti casi non è più a livello dell'impresa, ma a livello superiore in
istituzioni di ordine più elevato, che si prendono le decisioni economiche e
sociali da cui dipende l'avvenire dei lavoratori e dei loro figli, bisogna che
essi siano parte attiva anche in tali decisioni, direttamente o per mezzo di
rappresentanti liberamente eletti.
Tra i diritti fondamentali della persona
umana bisogna annoverare il diritto dei lavoratori di fondare liberamente
proprie associazioni, che possano veramente rappresentarli e contribuire ad
organizzare rettamente la vita economica, nonché il diritto di partecipare
liberamente alle attività di tali associazioni senza incorrere nel rischio di
rappresaglie. Grazie a tale partecipazione organizzata, congiunta con una
formazione economica e sociale crescente, andrà sempre più aumentando in tutti
la coscienza della propria funzione e responsabilità: essi saranno così
portati a sentirsi parte attiva, secondo le capacità e le attitudini di
ciascuno, in tutta l'opera dello sviluppo economico e sociale e della
realizzazione del bene comune universale.
In caso di conflitti economico-sociali, si
deve fare ogni sforzo per giungere a una soluzione pacifica. Benché sempre si
debba ricorrere innanzitutto a un dialogo sincero tra le parti, lo sciopero può
tuttavia rimanere anche nelle circostanze odierne un mezzo necessario, benché
estremo, per la difesa dei propri diritti e la soddisfazione delle giuste
aspirazioni dei lavoratori. Bisogna però cercare quanto prima le vie atte a
riprendere il dialogo per le trattative e la conciliazione.
69. I beni della terra e loro destinazione a tutti gli
uomini
Dio ha destinato la terra e tutto quello che
essa contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, e pertanto i beni
creati debbono essere partecipati equamente a tutti, secondo la regola della
giustizia, inseparabile dalla carità, Pertanto, quali che siano le forme della
proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei popoli secondo circostanze
diverse e mutevoli, si deve sempre tener conto di questa destinazione universale
dei beni. L'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che
legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso
che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri. Del resto, a tutti
gli uomini spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sé e alla
propria famiglia. Questo ritenevano giusto i Padri e dottori della Chiesa, i
quali insegnavano che gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non
soltanto con il loro superfluo. Colui che si trova in estrema necessità, ha
diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui. Considerando il
fatto del numero assai elevato di coloro che nel mondo intero sono oppressi
dalla fame, il sacro Concilio richiama urgentemente tutti, sia singoli che
autorità pubbliche, affinché - memori della sentenza dei Padri: « Dà da
mangiare a colui che è moribondo per fame, perché se non gli avrai dato da
mangiare, lo avrai ucciso » realmente mettano a disposizione ed impieghino
utilmente i propri beni, ciascuno secondo le proprie risorse, specialmente
fornendo ai singoli e ai popoli i mezzi con cui essi possano provvedere a se
stessi e svilupparsi.
Nelle società economicamente meno
sviluppate, frequentemente la destinazione comune dei beni è in parte attuata
mediante un insieme di consuetudini e di tradizioni comunitarie, che assicurano
a ciascun membro i beni più necessari. Bisogna certo evitare che alcune
consuetudini vengano considerate come assolutamente immutabili, se esse non
rispondono più alle nuove esigenze del tempo presente; d'altra parte però, non
si deve agire imprudentemente contro quelle oneste consuetudini che non cessano
di essere assai utili, purché vengano opportunamente adattate alle odierne
circostanze. Similmente, nelle nazioni economicamente molto sviluppate, una rete
di istituzioni sociali per la previdenza e la sicurezza sociale può in parte
contribuire a tradurre in atto la destinazione comune dei beni. Inoltre, è
importante sviluppare ulteriormente i servizi familiari e sociali, specialmente
quelli che provvedono agli aspetti culturali ed educativi. Ma nell'organizzare
tutte queste istituzioni bisogna vegliare affinché i cittadini non siano
indotti ad assumere di fronte alla società un atteggiamento di passività o di
irresponsabilità nei compiti assunti o di rifiuto di servizio.
70. Investimenti e moneta
Gli investimenti, da parte loro, devono
contribuire ad assicurare possibilità di lavoro e reddito sufficiente tanto
alla popolazione attiva di oggi, quanto a quella futura. Tutti i responsabili di
tali investimenti e della organizzazione della vita economica globale -- sia
singoli che gruppi o pubbliche autorità -- devono aver presenti questi fini e
mostrarsi consapevoli del loro grave obbligo: da una parte di vigilare affinché
si provveda ai beni necessari richiesti per una vita decorosa sia dei singoli
che di tutta la comunità; d'altra parte di prevedere le situazioni future e di
assicurare il giusto equilibrio tra i bisogni attuali di consumo, sia
individuale che collettivo, e le esigenze di investimenti per la generazione
successiva. Si abbiano ugualmente sempre presenti le urgenti necessità delle
nazioni o regioni economicamente meno sviluppate.
In campo monetario ci si guardi dal
danneggiare il bene della propria nazione e delle altre. Si provveda inoltre
affinché coloro che sono economicamente deboli non siano ingiustamente
danneggiati dai mutamenti di valore della moneta.
71. Accesso alla proprietà e dominio privato
dei beni; problemi dei latifondi Poiché la proprietà e le altre forme di
potere privato sui beni esteriori contribuiscono alla espressione della persona
e danno occasione all'uomo di esercitare il suo responsabile apporto nella
società e nella economia, è di grande interesse favorire l'accesso degli
individui o dei gruppi ad un certo potere sui beni esterni.
La proprietà privata o un qualche potere sui
beni esterni assicurano a ciascuno una zona indispensabile di autonomia
personale e familiare e bisogna considerarli come un prolungamento della libertà
umana. Infine, stimolando l'esercizio della responsabilità, essi costituiscono
una delle condizioni delle libertà civili.
Le forme di tale potere o di tale proprietà
sono oggi varie e vanno modificandosi sempre di più di giorno in giorno.
Nonostante i fondi sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, le
forme di tale potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non
trascurabile di sicurezza. Tutto ciò non va riferito soltanto alla proprietà
dei beni materiali, ma altresì dei beni immateriali, come sono ad esempio le
capacità professionali.
La legittimità della proprietà privata non
è in contrasto con quella delle varie forme di proprietà pubblica. Però i1
trasferimento dei beni in pubblica proprietà non può essere fatto che dalla
autorità competente, secondo le esigenze ed entro i limiti del bene comune e
con un equo indennizzo. Spetta inoltre alla pubblica autorità impedire che si
abusi della proprietà privata agendo contro il bene comune.
Ogni proprietà privata ha per sua natura
anche un carattere sociale, che si fonda sulla comune destinazione dei beni. Se
si trascura questo carattere sociale, la proprietà può diventare in molti modi
occasione di cupidigia e di gravi disordini, così da offrire facile pretesto a
quelli che contestano il diritto stesso di proprietà.
In molti paesi economicamente meno sviluppati
esistono proprietà agricole estese od anche immense, scarsamente o anche per
nulla coltivate per motivi di speculazione; mentre la maggioranza della
popolazione è sprovvista di terreni da lavorare o fruisce soltanto di poderi
troppo limitati, e d'altra parte, l'accrescimento della produzione agricola
presenta un carattere di evidente urgenza. Non è raro che coloro che sono
assunti come lavoratori dipendenti dai proprietari di tali vasti possedimenti,
ovvero coloro che ne coltivano una parte a titolo di locazione, ricevono un
salario o altre forme di remunerazione indegne di un uomo, non dispongono di una
abitazione decorosa o sono sfruttati da intermediari. Mancando così ogni
sicurezza, vivono in tale stato di dipendenza personale, che viene loro
interdetta quasi ogni possibilità di iniziativa e di responsabilità e viene
loro impedita ogni promozione culturale ed ogni partecipazione attiva nella vita
sociale e politica. Si impongono pertanto, secondo le varie situazioni, delle
riforme intese ad accrescere i redditi, a migliorare le condizioni di lavoro, ad
aumentare la sicurezza dell'impiego e a favorire l'iniziativa personale; ed
anche riforme che diano modo di distribuire le proprietà non sufficientemente
coltivate a beneficio di coloro che siano capaci di farle fruttificare. In
questo caso, devono essere loro assicurate le risorse e gli strumenti
indispensabili, in particolare i mezzi di educazione e le possibilità di una
giusta organizzazione cooperativa. Ogni volta che il bene comune esige
l'espropriazione della proprietà, l'indennizzo va calcolato secondo equità,
tenendo conto di tutte le circostanze.
72. L'attività economico-sociale e il regno di Cristo
I cristiani che partecipano attivamente allo
sviluppo economico-sociale contemporaneo e alla lotta per la giustizia e la
carità siano convinti di poter contribuire molto alla prosperità del genere
umano e alla pace del mondo. In tali attività, sia che agiscano come singoli,
sia come associati, brillino per il loro esempio. A tal fine è di grande
importanza che, acquisite la competenza e l'esperienza assolutamente
indispensabili, mentre svolgono le attività terrestri conservino una giusta
gerarchia di valori, rimanendo fedeli a Cristo e al suo Vangelo, cosicché tutta
la loro vita, individuale e sociale, sia compenetrata dello spirito delle
beatitudini, specialmente dello spirito di povertà. Chi segue fedelmente Cristo
cerca anzitutto il regno di Dio e vi trova un più valido e puro amore per
aiutare i suoi fratelli e per realizzare, con l'ispirazione della carità, le
opere della giustizia.
CAPITOLO IV
LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73. La vita pubblica contemporanea
Ai nostri giorni si notano profonde
trasformazioni anche nelle strutture e nelle istituzioni dei popoli; tali
trasformazioni sono conseguenza della evoluzione culturale, economica e sociale
dei popoli. Esse esercitano una grande influenza, soprattutto nel campo che
riguarda i diritti e i doveri di tutti nell'esercizio della libertà civile e
nel conseguimento del bene comune, come pure in ciò che si riferisce alla
regolazione dei rapporti dei cittadini tra di loro e con i pubblici poteri.
Da una coscienza più viva della dignità
umana sorge, in diverse regioni del mondo, lo sforzo di instaurare un ordine
politico-giuridico nel quale siano meglio tutelati nella vita pubblica i diritti
della persona: ad esempio, il diritto di liberamente riunirsi, associarsi,
esprimere le proprie opinioni e professare la religione in privato e in
pubblico. La tutela, infatti dei diritti della persona è condizione necessaria
perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare
attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica.
Assieme al progresso culturale, economico e
sociale, si rafforza in molti il desiderio di assumere maggiori responsabilità
nell'organizzare la vita della comunità politica.
Nella coscienza di molti aumenta la
preoccupazione di salvaguardare i diritti delle minoranze di una nazione, senza
che queste dimentichino il loro dovere verso la comunità politica. Cresce
inoltre il rispetto verso le persone che hanno altre opinioni o professano
religioni diverse. Contemporaneamente si instaura una più larga collaborazione,
tesa a garantire a tutti i cittadini, e non solo a pochi privilegiati,
l'effettivo godimento dei diritti personali.
Vengono condannate tutte quelle forme di
regime politico, vigenti in alcune regioni, che impediscono la libertà civile o
religiosa, moltiplicano le vittime delle passioni e dei crimini politici e
distorcono l'esercizio dell'autorità dal bene comune per farlo servire
all'interesse di una fazione o degli stessi governanti.
Per instaurare una vita politica veramente
umana non c'è niente di meglio che coltivare il senso interiore della
giustizia, dell'amore e del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni
fondamentali sulla vera natura della comunità politica e sul fine, sul buon
esercizio e sui limiti di competenza dell'autorità pubblica.
74. Natura e fine della comunità politica
Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi
che formano la comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da
soli, di costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della
natura umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale
tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo
di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi costituiscono, secondo vari
tipi istituzionali, una comunità politica.
La comunità politica esiste dunque in
funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena
giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto
all'esistenza.
Il bene comune si concreta nell'insieme di
quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani,
alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro
perfezione.
Ma nella comunità politica si riuniscono
insieme uomini numerosi e differenti, che legittimamente possono indirizzarsi
verso decisioni diverse. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal
divergere di ciascuno verso la propria opinione, è necessaria un'autorità
capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in
forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia
sulla libertà e sul senso di responsabilità.
È dunque evidente che la comunità politica
e l'autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò
appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi
politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione
dei cittadini.
Ne segue parimenti che l'esercizio
dell'autorità politica, sia da parte della comunità come tale, sia da parte
degli organismi che rappresentano lo Stato, deve sempre svolgersi nell'ambito
dell'ordine morale, per il conseguimento del bene comune (ma concepito in forma
dinamica), secondo le norme di un ordine giuridico già definito o da definire.
Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire. Da ciò risulta
chiaramente la responsabilità, la dignità e 1 importanza del ruolo di coloro
che governano.
Dove i cittadini sono oppressi da un'autorità
pubblica che va al di là delle sue competenze, essi non rifiutino ciò che è
oggettivamente richiesto dal bene comune; sia però lecito difendere i diritti
propri e dei concittadini contro gli abusi dell'autorità, nel rispetto dei
limiti dettati dalla legge naturale e dal Vangelo.
Le modalità concrete con le quali la comunità
politica organizza le proprie strutture e l'equilibrio dei pubblici poteri
possono variare, secondo l'indole dei diversi popoli e il cammino della storia;
ma sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e benevolo
verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.
75. Collaborazione di tutti alla vita pubblica
È pienamente conforme alla natura umana che
si trovino strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i
cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di
partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti
giuridici della comunità politica, sia al governo degli affari pubblici, sia
alla determinazione del campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi,
sia alla elezione dei governanti.
Si ricordino perciò tutti i cittadini del
diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione
del bene comune.
La Chiesa stima degna di lode e di
considerazione l'opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al
bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità.
Affinché la collaborazione di cittadini
responsabili possa ottenere felici risultati nella vita politica quotidiana, si
richiede un ordinamento giuridico positivo, che organizzi una opportuna
ripartizione delle funzioni e degli organi del potere, insieme ad una protezione
efficace dei diritti, indipendente da chiunque.
I diritti delle persone, delle famiglie e dei
gruppi e il loro esercizio devono essere riconosciuti, rispettati e promossi non
meno dei doveri ai quali ogni cittadino è tenuto. Tra questi ultimi non sarà
inutile ricordare il dovere di apportare allo Stato i servizi, materiali e
personali, richiesti dal bene comune.
Si guardino i governanti dall'ostacolare i
gruppi familiari, sociali o culturali, i corpi o istituti intermedi, né li
privino delle loro legittime ed efficaci attività, che al contrario devono
volentieri e ordinatamente favorire.
Quanto ai cittadini, individualmente o in
gruppo, evitino di attribuire un potere eccessivo all'autorità pubblica, né
chiedano inopportunamente ad essa troppi servizi e troppi vantaggi, col rischio
di diminuire così la responsabilità delle persone, delle famiglie e dei gruppi
sociali.
Ai tempi nostri, la complessità dei problemi
obbliga i pubblici poteri ad intervenire più frequentemente in materia sociale,
economica e culturale, per determinare le condizioni più favorevoli che
permettano ai cittadini e ai gruppi di perseguire più efficacemente, nella
libertà, il bene completo dell'uomo. Il rapporto tra la socializzazione
l'autonomia e lo sviluppo della persona può essere concepito in modo differente
nelle diverse regioni del mondo e in base alla evoluzione dei popoli. Ma dove
l'esercizio dei diritti viene temporaneamente limitato in vista del bene comune,
si ripristini al più presto possibile la libertà quando le circostanze sono
cambiate. È in ogni caso inumano che l'autorità politica assuma forme
totalitarie, oppure forme dittatoriali che ledano i diritti della persona o dei
gruppi sociali.
I cittadini coltivino con magnanimità e
lealtà l'amore verso la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo
tale da prendere anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la
famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da
innumerevoli legami.
Tutti i cristiani devono prendere coscienza
della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere
d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la
dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano
armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà
di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. In ciò
che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima
molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che,
anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista.
I partiti devono promuovere ciò che, a loro
parere, è richiesto dal bene comune; mai però è lecito anteporre il proprio
interesse a tale bene.
Bisogna curare assiduamente la educazione
civica e politica, oggi particolarmente necessaria, sia per l'insieme del
popolo, sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i cittadini possano
svolgere il loro ruolo nella vita della comunità politica. Coloro che sono o
possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma
insieme così nobile. Vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza
badare al proprio interesse e a vantaggi materiali. Agiscono con integrità e
saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e l'intolleranza
d'un solo uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed
equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla
vita politica.
76. La comunità politica e la Chiesa
È di grande importanza, soprattutto in una
società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità
politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i
fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini,
guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome
della Chiesa in comunione con i loro pastori.
La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e
della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e
non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia
del carattere trascendente della persona umana.
La comunità politica e la Chiesa sono
indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due,
anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale
degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti
in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione
tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo.
L'uomo infatti non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella
storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna.
Quanto alla Chiesa, fondata nell'amore del
Pcedentore, essa contribuisce ad estendere il raggio d'azione della giustizia e
dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra le nazioni. Predicando la verità
evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua
dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la
libertà politica e la responsabilità dei cittadini.
Gli apostoli e i loro successori con i propri
collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo Salvatore del
mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano sulla potenza di Dio,
che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni.
Bisogna che tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio,
utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, i quali differiscono in molti
punti dai mezzi propri della città terrestre.
Certo, le cose terrene e quelle che, nella
condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa
stessa si serve di strumenti temporali nella misura in cui la propria missione
lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli
dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti
legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare
della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre
disposizioni.
Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è
suo diritto predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale,
esercitare senza ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio
giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia
richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E
farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e
in armonia col bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle
situazioni.
Nella fedeltà del Vangelo e nello
svolgimento della sua missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di
promuovere ed elevare tutto quello che di vero, buono e bello si trova nella
comunità umana rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio.
CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE NAZIONI
77. Introduzione
In questi nostri anni, nei quali permangono
ancora gravissime tra gli uomini le afflizioni e le angustie derivanti da guerre
ora imperversanti, ora incombenti, l'intera società umana è giunta ad un
momento sommamente decisivo nel processo della sua maturazione. Mentre a poco a
poco l'umanità va unificandosi e in ogni luogo diventa ormai più consapevole
della propria unità, non potrà tuttavia portare a compimento l'opera che
l'attende, di costruire cioè un mondo più umano per tutti gli uomini e su
tutta la terra, se gli uomini non si volgeranno tutti con animo rinnovato alla
vera pace. Per questo motivo il messaggio evangelico, in armonia con le
aspirazioni e gli ideali più elevati del genere umano, risplende in questi
nostri tempi di rinnovato fulgore quando proclama beati i promotori della pace,
«perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).
Illustrando pertanto la vera e nobilissima
concezione della pace, il Concilio, condannata l'inumanità della guerra,
intende rivolgere un ardente appello ai cristiani, affinché con l'aiuto di
Cristo, autore della pace, collaborino con tutti per stabilire tra gli uomini
una pace fondata sulla giustizia e sull'amore e per apprestare i mezzi necessari
per il suo raggiungimento.
78. La natura della pace
La pace non è la semplice assenza della
guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze
avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta
esattezza definita a opera della giustizia » (Is 32,7). È il frutto
dell'ordine impresso nella società umana dal suo divino Fondatore e che deve
essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più
perfetta. Infatti il bene comune del genere umano è regolato, sì, nella sua
sostanza, dalla legge eterna, ma nelle sue esigenze concrete è soggetto a
continue variazioni lungo il corso del tempo; per questo la pace non è mai
qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio da costruirsi
continuamente. Poiché inoltre la volontà umana è labile e ferita per di più
dal peccato, l'acquisto della pace esige da ognuno il costante dominio delle
passioni e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta. Tale pace non si
può ottenere sulla terra se non è tutelato il bene delle persone e se gli
uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro
animo e del loro ingegno. La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli
altri popoli e la loro dignità, e l'assidua pratica della fratellanza umana
sono assolutamente necessarie per la costruzione della pace. In tal modo la pace
è frutto anche dell'amore, il quale va oltre quanto può apportare la semplice
giustizia.
La pace terrena, che nasce dall'amore del
prossimo, è essa stessa immagine ed effetto della pace di Cristo che promana
dal Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della sua
croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo l'unità di tutti
in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l'odio e, nella
gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli
uomini.
Pertanto tutti i cristiani sono chiamati con
insistenza a praticare la verità nell'amore (Ef 4,15) e ad unirsi a tutti gli
uomini sinceramente amanti della pace per implorarla dal cielo e per attuarla.
Mossi dal medesimo spirito, noi non possiamo
non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro
diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata
anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti
e dei doveri degli altri o della comunità.
Gli uomini, in quanto peccatori, sono e
saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma in
quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere i1 peccato essi vincono anche la
violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina « Con le loro spade
costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà più le
armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la guerra» (Is 2,4).
Sezione 1: Necessità di evitare la guerra
79. Il dovere di mitigare l'inumanità della guerra
Sebbene le recenti guerre abbiano portato al
nostro mondo gravissimi danni sia materiali che morali, ancora ogni giorno in
qualche punto della terra la guerra continua a produrre le sue devastazioni.
Anzi dal momento che in essa si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la
sua atrocità minaccia di condurre i combattenti ad una barbarie di gran lunga
superiore a quella dei tempi passati. La complessità inoltre delle odierne
situazioni e la intricata rete delle relazioni internazionali fanno sì che
vengano portate in lungo, con nuovi metodi insidiosi e sovversivi, guerre più o
meno larvate. In molti casi il ricorso ai sistemi del terrorismo è considerato
anch'esso una nuova forma di guerra.
Davanti a questo stato di degradazione
dell'umanità, il Concilio intende innanzi tutto richiamare alla mente il valore
immutabile del diritto naturale delle genti e dei suoi principi universali. La
stessa coscienza del genere umano proclama quei principi con sempre maggiore
fermezza e vigore. Le azioni pertanto che deliberatamente si oppongono a quei
principi e gli ordini che comandano tali azioni sono crimini, né l'ubbidienza
cieca può scusare coloro che li eseguono. Tra queste azioni vanno innanzi tutto
annoverati i metodi sistematici di sterminio di un intero popolo, di una nazione
o di una minoranza etnica; orrendo delitto che va condannato con estremo rigore.
Deve invece essere sostenuto il coraggio di coloro che non temono di opporsi
apertamente a quelli che ordinano tali misfatti.
Esistono, in materia di guerra, varie
convenzioni internazionali, che un gran numero di nazioni ha sottoscritto per
rendere meno inumane le azioni militari e le loro conseguenze. Tali sono le
convenzioni relative alla sorte dei militari feriti o prigionieri e molti
impegni del genere. Tutte queste convenzioni dovranno essere osservate; anzi le
pubbliche autorità e gli esperti in materia dovranno fare ogni sforzo, per
quanto è loro possibile, affinché siano perfezionate, in modo da renderle
capaci di porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità della guerra.
Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano umanamente al caso di
coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi, mentre tuttavia
accettano qualche altra forma di servizio della comunità umana.
La guerra non è purtroppo estirpata dalla
umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà
un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta
esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà
negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro
che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di
tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con
grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è
servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa
voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non
rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una
guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa
tra le parti in conflitto.
Coloro poi che al servizio della patria
esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino
anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se
rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla
stabilità della pace.
80. La guerra totale
Il progresso delle armi scientifiche ha
enormemente accresciuto l'orrore e l'atrocità della guerra. Le azioni militari,
infatti, se condotte con questi mezzi, possono produrre distruzioni immani e
indiscriminate, che superano pertanto di gran lunga i limiti di una legittima
difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali ormai si trovano negli arsenali
delle grandi potenze, venissero pienamente utilizzati, si avrebbe la reciproca e
pressoché totale distruzione delle parti contendenti, senza considerare le
molte devastazioni che ne deriverebbero nel resto del mondo e gli effetti letali
che sono la conseguenza dell'uso di queste armi.
Tutte queste cose ci obbligano a considerare
l'argomento della guerra con mentalità completamente nuova. Sappiano gli uomini
di questa età che dovranno rendere severo conto dei loro atti di guerra, perché
il corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte dalle loro decisioni di oggi.
Avendo ben considerato tutte queste cose,
questo sacro Concilio, facendo proprie le condanne della guerra totale già
pronunciate dai recenti sommi Pontefici dichiara:
Ogni atto di guerra, che mira
indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei
loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato
con fermezza e senza esitazione.
Il rischio caratteristico della guerra
moderna consiste nel fatto che essa offre quasi l'occasione a coloro che
posseggono le più moderne armi scientifiche di compiere tali delitti e, per una
certa inesorabile concatenazione, può sospingere le volontà degli uomini alle
più atroci decisioni. Affinché dunque non debba mai più accadere questo in
futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora riuniti, scongiurano tutti, in modo
particolare i governanti e i supremi comandanti militari a voler continuamente
considerare, davanti a Dio e davanti alla umanità intera, l'enorme peso della
loro responsabilità.
81. La corsa agli armamenti
Le armi scientifiche, è vero, non vengono
accumulate con l'unica intenzione di poterle usare in tempo di guerra. Poiché
infatti si ritiene che la solidità della difesa di ciascuna parte dipenda dalla
possibilità fulminea di rappresaglie, questo ammassamento di armi, che va
aumentando di anno in anno, serve, in maniera certo paradossale, a dissuadere
eventuali avversari dal compiere atti di guerra. E questo è ritenuto da molti
il mezzo più efficace per assicurare oggi una certa pace tra le nazioni.
Qualunque cosa si debba pensare di questo
metodo dissuasivo, si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla
quale si rivolgono molte nazioni, non è una via sicura per conservare
saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere
considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate
da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si
spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi sempre nuove, diventa poi
impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo
presente. Anziché guarire veramente, nel profondo, i dissensi tra i popoli, si
finisce per contagiare anche altre parti del mondo. Nuove strade converrà
cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso
questo scandalo e al mondo, liberato dall'ansietà che l'opprime, possa essere
restituita una pace vera.
È necessario pertanto ancora una volta
dichiarare: la corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità
e danneggia in modo intollerabile i poveri; e c'è molto da temere che, se tale
corsa continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle quali va già
preparando i mezzi.
Ammoniti dalle calamità che il genere umano
ha rese possibili, cerchiamo di approfittare della tregua di cui ora godiamo e
che è stata a noi concessa dall'alto, per prendere maggiormente coscienza della
nostra responsabilità e trovare delle vie per comporre in maniera più degna
dell'uomo le nostre controversie. La Provvidenza divina esige da noi con
insistenza che liberiamo noi stessi dall'antica schiavitù della guerra.
Se poi rifiuteremo di compiere tale sforzo
non sappiamo dove ci condurrà la strada perversa per la quale ci siamo
incamminati.
82. La condanna assoluta della guerra e l'azione
internazionale per evitarla
È chiaro pertanto che dobbiamo con ogni
impegno sforzarci per preparare quel tempo nel quale, mediante l'accordo delle
nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra. Questo
naturalmente esige che venga istituita un'autorità pubblica universale, da
tutti riconosciuta, la quale sia dotata di efficace potere per garantire a tutti
i popoli sicurezza, osservanza della giustizia e rispetto dei diritti. Ma prima
che questa auspicabile autorità possa essere costituita, è necessario che le
attuali supreme istanze internazionali si dedichino con tutto l'impegno alla
ricerca dei mezzi più idonei a procurare la sicurezza comune. La pace deve
sgorgare spontanea dalla mutua fiducia delle nazioni, piuttosto che essere
imposta ai popoli dal terrore delle armi. Pertanto tutti debbono impegnarsi con
alacrità per far cessare finalmente la corsa agli armamenti. Perché la
riduzione degli armamenti incominci realmente, non deve certo essere fatta in
modo unilaterale, ma con uguale ritmo da una parte e dall'altra, in base ad
accordi comuni e con l'adozione di efficaci garanzie.
Non sono frattanto da sottovalutare gli
sforzi già fatti e che si vanno tuttora facendo per allontanare il pericolo
della guerra. Va piuttosto incoraggiata la buona volontà di tanti che pur
gravati dalle ingenti preoccupazioni del loro altissimo ufficio, mossi dalla
gravissima responsabilità da cui si sentono vincolati, si danno da fare in ogni
modo per eliminare la guerra, di cui hanno orrore pur non potendo prescindere
dalla complessa realtà delle situazioni. Bisogna rivolgere incessanti preghiere
a Dio affinché dia loro la forza di intraprendere con perseveranza e condurre a
termine con coraggio quest'opera del più grande amore per gli uomini, per mezzo
della quale si costruisce virilmente l'edificio della pace. Tale opera esige
oggi certamente che essi dilatino la loro mente e il loro cuore al di là dei
confini della propria nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni
ambizione di supremazia su altre nazioni, e nutrendo invece un profondo rispetto
verso tutta l'umanità, avviata ormai così faticosamente verso una maggiore
unità.
Per ciò che riguarda i problemi della pace e
del disarmo, bisogna tener conto degli studi approfonditi, già coraggiosamente
e instancabilmente condotti e dei consessi internazionali che trattarono questi
argomenti e considerarli come i primi passi verso la soluzione di problemi così
gravi; con maggiore insistenza ed energia dovranno quindi essere promossi in
avvenire, al fine di ottenere risultati concreti. Stiano tuttavia bene attenti
gli uomini a non affidarsi esclusivamente agli sforzi di alcuni, senza
preoccuparsi minimamente dei loro propri sentimenti. I capi di Stato, infatti, i
quali sono mallevadori del bene comune delle proprie nazioni e fautori insieme
del bene della umanità intera, dipendono in massima parte dalle opinioni e dai
sentimenti delle moltitudini. È inutile infatti che essi si adoperino con
tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di
diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli
uni contro gli altri. Di qui la estrema, urgente necessità di una rinnovata
educazione degli animi e di un nuovo orientamento nell'opinione pubblica. Coloro
che si dedicano a un'opera di educazione, specie della gioventù, e coloro che
contribuiscono alla formazione della pubblica opinione, considerino loro dovere
gravissimo inculcare negli animi di tutti sentimenti nuovi, ispiratori di pace.
E ciascuno di noi deve adoperarsi per mutare il suo cuore, aprendo gli occhi sul
mondo intero e su tutte quelle cose che gli uomini possono compiere insieme per
condurre l'umanità verso un migliore destino.
Né ci inganni una falsa speranza. Se non
verranno in futuro conclusi stabili e onesti trattati di pace universale,
rinunciando ad ogni odio e inimicizia, L'umanità che, pur avendo compiuto
mirabili conquiste nel campo scientifico, si trova già in grave pericolo, sarà
forse condotta funestamente a quell'ora, in cui non potrà sperimentare altra
pace che la pace terribile della morte.
La Chiesa di Cristo nel momento in cui, posta
in mezzo alle angosce del tempo presente, pronuncia tali parole, non cessa
tuttavia di nutrire la più ferma speranza. Agli uomini della nostra età essa
intende presentare con insistenza, sia che l'accolgano favorevolmente, o la
respingano come importuna, il messaggio degli apostoli: a Ecco ora il tempo
favorevole » per trasformare i cuori, «ecco ora i giorni della salvezza».
Sezione 2: La costruzione della comunità internazionale
83. Le cause di discordia e i loro rimedi
L'edificazione della pace esige prima di
tutto che, a cominciare dalle ingiustizie, si eliminino le cause di discordia
che fomentano le guerre. Molte occasioni provengono dalle eccessive disparità
economiche e dal ritardo con cui vi si porta il necessario rimedio. Altre
nascono dallo spirito di dominio, dal disprezzo delle persone e, per accennare
ai motivi più reconditi, dall'invidia, dalla diffidenza, dall'orgoglio e da
altre passioni egoistiche. Poiché gli uomini non possono tollerare tanti
disordini avviene che il mondo, anche quando non conosce le atrocità della
guerra, resta tuttavia continuamente in balia di lotte e di violenze. I medesimi
mali si riscontrano inoltre nei rapporti tra le nazioni. Quindi per vincere e
per prevenire questi mali, per reprimere lo scatenamento della violenza, è
assolutamente necessario che le istituzioni internazionali sviluppino e
consolidino la loro cooperazione e la loro coordinazione e che, senza stancarsi,
si stimoli la creazione di organismi idonei a promuovere la pace.
84. La comunità delle nazioni e le istituzioni
internazionali
Dati i crescenti e stretti legami di mutua
dipendenza esistenti oggi tra tutti gli abitanti e i popoli della terra, la
ricerca adeguata e il raggiungimento efficace del bene comune richiedono che la
comunità delle nazioni si dia un ordine che risponda ai suoi compiti attuali,
tenendo particolarmente conto di quelle numerose regioni che ancor oggi si
trovano in uno stato di intollerabile miseria.
Per conseguire questi fini, le istituzioni
internazionali devono, ciascuna per la loro parte, provvedere ai diversi bisogni
degli uomini, tanto nel campo della vita sociale (cui appartengono
l'alimentazione, la salute, la educazione, il lavoro), quanto in alcune
circostanze particolari che sorgono qua e là: per esempio, la necessità di
aiutare la crescita generale delle nazioni in via di sviluppo, o ancora il
sollievo alle necessità dei profughi in ogni parte del mondo, o degli emigrati
e delle loro famiglie.
Le istituzioni internazionali, tanto
universali che regionali già esistenti, si sono rese certamente benemerite del
genere umano. Esse rappresentano i primi sforzi per gettare le fondamenta
internazionali di tutta la comunità umana al fine di risolvere le più gravi
questioni del nostro tempo: promuovere il progresso in ogni luogo della terra e
prevenire la guerra sotto qualsiasi forma. In tutti questi campi, la Chiesa si
rallegra dello spirito di vera fratellanza che fiorisce tra cristiani e non
cristiani, e dello sforzo d'intensificare i tentativi intesi a sollevare
l'immane miseria.
85. La cooperazione internazionale sul piano economico
La solidarietà attuale del genere umano
impone anche che si stabilisca una maggiore cooperazione internazionale in campo
economico. Se infatti quasi tutti i popoli hanno acquisito l'indipendenza
politica, si è tuttavia ancora lontani dal potere affermare che essi siano
liberati da eccessive ineguaglianze e da ogni forma di dipendenza abusiva, e che
sfuggano al pericolo di gravi difficoltà interne.
Lo sviluppo d'un paese dipende dalle sue
risorse in uomini e in denaro. Bisogna preparare i cittadini di ogni nazione,
attraverso l'educazione e la formazione professionale, ad assumere i diversi
incarichi della vita economica e sociale. A tal fine si richiede l'opera di
esperti stranieri, i quali nel prestare la loro azione, si comportino non come
padroni, ma come assistenti e cooperatori. Senza profonde modifiche nei metodi
attuali del commercio mondiale, le nazioni in via di sviluppo non potranno
ricevere i sussidi materiali di cui hanno bisogno. Inoltre, altre risorse devono
essere loro date dalle nazioni progredite, sotto forma di dono, di prestiti e
d'investimenti finanziari: ciò si faccia con generosità e senza cupidigia, da
una parte, e si ricevano, dall'altra, con tutta onestà.
Per instaurare un vero ordine economico
mondiale, bisognerà rinunciare ai benefici esagerati, alle ambizioni nazionali,
alla bramosia di dominazione politica, ai calcoli di natura militaristica e alle
manovre tendenti a propagare e imporre ideologie. Vari sono i sistemi economici
e sociali proposti; è desiderabile che gli esperti possano trovare in essi un
fondamento comune per un sano commercio mondiale. Ciò sarà più facile se
ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi, si dispone di buon grado a condurre
un sincero dialogo.
86. Alcune norme opportune
In vista di questa cooperazione, sembra utile
proporre le norme seguenti:
a) Le nazioni in via di sviluppo tendano
soprattutto ad assegnare, espressamente e senza equivoci, come fine del
progresso la piena espansione umana dei cittadini. Si ricordino che questo
progresso trova innanzi tutto la sua origine e il suo dinamismo nel lavoro e
nella ingegnosità delle popolazioni stesse, visto che esso deve sl far leva
sugli aiuti esterni, ma, prima di tutto, sulla valorizzazione delle proprie
risorse nonché sulla propria cultura e tradizione. In questa materia, quelli
che esercitano sugli altri maggiore influenza devono dare l'esempio.
b) È dovere gravissimo delle nazioni evolute
di aiutare i popoli in via di sviluppo ad adempiere i compiti sopraddetti. Perciò
esse procedano a quelle revisioni interne, spirituali e materiali, richieste da
questa cooperazione universale. Così bisogna che negli scambi con le nazioni più
deboli e meno fortunate abbiano riguardo al bene di quelle che hanno bisogno per
la loro stessa sussistenza dei proventi ricavati dalla vendita dei propri
prodotti.
c) Spetta alla comunità internazionale
coordinare e stimolare lo sviluppo, curando tuttavia di distribuire con la
massima efficacia ed equità le risorse a ciò destinate. Salvo il principio di
sussidiarietà, ad essa spetta anche di ordinare i rapporti economici mondiali
secondo le norme della giustizia.
Si fondino istituti capaci di promuovere e di
regolare il commercio internazionale, specialmente con le nazioni meno
sviluppate, e destinati pure a compensare gli inconvenienti che derivano
dall'eccessiva disuguaglianza di potere fra le nazioni. Accanto all'aiuto
tecnico, culturale e finanziario, un simile ordinamento dovrebbe mettere a
disposizione delle nazioni in via di sviluppo le risorse necessarie ad ottenere
una crescita soddisfacente della loro economia.
d) In molti casi è urgente procedere a una
revisione delle strutture economiche e sociali. Ma bisogna guardarsi dalle
soluzioni tecniche premature, specialmente da quelle che, mentre offrono
all'uomo certi vantaggi materiali, si oppongono al suo carattere spirituale e
alla sua crescita. Poiché « non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola
che esce dalla bocca di Dio » (Mt 4,4). Ogni parte della famiglia umana reca in
sé e nelle sue migliori tradizioni qualcosa di quel tesoro spirituale che Dio
ha affidato all'umanità, anche se molti ignorano da quale fonte provenga.
87. La cooperazione internazionale e l'accrescimento
demografico
La cooperazione internazionale è
indispensabile soprattutto quando si tratta dei popoli che, fra le molte altre
difficoltà, subiscono oggi in modo tutto speciale quelle derivanti da un rapido
incremento demografico. È urgente e necessario ricercare come, con la
cooperazione intera ed assidua di tutti, specie delle nazioni più favorite, si
possa procurare e mettere a disposizione dell'intera comunità umana quei beni
che sono necessari alla sussistenza e alla conveniente istruzione di ciascuno.
Alcuni popoli potrebbero migliorare seriamente le loro condizioni di vita se,
debitamente istruiti, passassero dai vecchi metodi di agricoltura ai nuovi
procedimenti tecnici di produzione, applicandoli con la prudenza necessaria alla
situazione propria e se instaurassero inoltre un migliore ordine sociale e
attuassero una più giusta distribuzione della proprietà terriera.
Nei limiti della loro competenza, i governi
hanno diritti e doveri per ciò che concerne il problema demografico della
nazione; come, ad esempio, per quanto riguarda la legislazione sociale e
familiare, le migrazioni dalla campagna alle città, o quando si tratta
dell'informazione relativa alla situazione e ai bisogni del paese. Oggi gli
animi sono molto agitati da questi problemi. Si deve quindi sperare che
cattolici competenti in tutte queste materie, in particolare nelle università,
proseguano assiduamente gli studi già iniziati e li sviluppino maggiormente.
Poiché molti affermano che l'accrescimento
demografico nel mondo, o almeno in alcune nazioni, debba essere frenato in
maniera radicale con ogni mezzo e con non importa quale intervento dell'autorità
pubblica, il Concilio esorta tutti ad astenersi da soluzioni contrarie alla
legge morale, siano esse promosse o imposte pubblicamente o in privato. Infatti,
in virtù del diritto inalienabile dell'uomo al matrimonio e alla generazione
della prole, la decisione circa il numero dei figli da mettere al mondo dipende
dal retto giudizio dei genitori e non può in nessun modo essere lasciata alla
discrezione dell'autorità pubblica. Ma siccome questo giudizio dei genitori
suppone una coscienza ben formata, è di grande importanza dare a tutti il modo
di accedere a un livello di responsabilità conforme alla morale e veramente
umano, nel rispetto della legge divina e tenendo conto delle circostanze. Tutto
ciò esige un po' dappertutto un miglioramento dei mezzi pedagogici e delle
condizioni sociali, soprattutto una formazione religiosa o almeno una solida
formazione morale. Le popolazioni poi siano opportunamente informate sui
progressi della scienza nella ricerca di quei metodi che potranno aiutare i
coniugi in materia di regolamentazione delle nascite, una volta che sia ben
accertato il valore di questi metodi e stabilito il loro accordo con la morale.
88. Il compito dei cristiani nell'aiuto agli altri paesi
I cristiani cooperino volentieri e con tutto
il cuore all'edificazione dell'ordine internazionale, nel rispetto delle
legittime libertà e in amichevole fraternità con tutti. Tanto più che la
miseria della maggior parte del mondo è così grande che il Cristo stesso,
nella persona dei poveri reclama come a voce alta la carità dei suoi discepoli.
Si eviti questo scandalo: mentre alcune nazioni, i cui abitanti per la maggior
parte si dicono cristiani, godono d'una grande abbondanza di beni, altre nazioni
sono prive del necessario e sono afflitte dalla fame, dalla malattia e da ogni
sorta di miserie. Lo spirito di povertà e d'amore è infatti la gloria e il
segno della Chiesa di Cristo.
Sono, pertanto, da lodare e da incoraggiare
quei cristiani, specialmente i giovani, che spontaneamente si offrono a
soccorrere gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi spetta a tutto il popolo di
Dio, dietro la parola e l'esempio dei suoi vescovi, sollevare, nella misura
delle proprie forze, la miseria di questi tempi; e ciò, secondo l'antico uso
della Chiesa, attingendo non solo dal superfluo, ma anche dal necessario.
Le collette e la distribuzione dei soccorsi
materiali, senza essere organizzate in una maniera troppo rigida e uniforme,
devono farsi secondo un piano diocesano, nazionale e mondiale; ovunque la cosa
sembri opportuna, si farà in azione congiunta tra cattolici e altri fratelli
cristiani. Infatti lo spirito di carità non si oppone per nulla all'esercizio
provvido e ordinato dell'azione sociale e caritativa; anzi l'esige. È perciò
necessario che quelli che vogliono impegnarsi al servizio delle nazioni in via
di sviluppo ricevano una formazione adeguata in istituti specializzati.
89. Efficace presenza della Chiesa nella comunità
internazionale
La Chiesa, in virtù della sua missione
divina, predica il Vangelo e largisce i tesori della grazia a tutte le genti.
Contribuisce così a rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la
conoscenza della legge divina e naturale a solido fondamento della solidarietà
fraterna tra gli uomini e tra le nazioni. Perciò la Chiesa dev'essere
assolutamente presente nella stessa comunità delle nazioni, per incoraggiare e
stimolare gli uomini alla cooperazione vicendevole. E ciò, sia attraverso le
sue istituzioni pubbliche, sia con la piena e leale collaborazione di tutti i
cristiani animata dall'unico desiderio di servire a tutti.
Per raggiungere questo fine in modo più
efficace, i fedeli stessi, coscienti della loro responsabilità umana e
cristiana, dovranno sforzarsi di risvegliare la volontà di pronta
collaborazione con la comunità internazionale, a cominciare dal proprio
ambiente di vita. Si abbia una cura particolare di formare in ciò i giovani,
sia nell'educazione religiosa che in quella civile.
90. La partecipazione dei cristiani alle istituzioni
internazionali
Indubbiamente una forma eccellente d'impegno
per i cristiani in campo internazionale è l'opera che si presta,
individualmente o associati, all'interno degli istituti già esistenti o da
costituirsi, con il fine di promuovere la collaborazione tra le nazioni.
Inoltre, le varie associazioni cattoliche internazionali possono servire in
tanti modi all'edificazione della comunità dei popoli nella pace e nella
fratellanza. Perciò bisognerà rafforzarle, aumentando il numero di cooperatori
ben formati, con i necessari sussidi e mediante un adeguato coordinamento delle
forze. Ai nostri giorni, infatti, efficacia d'azione e necessità di dialogo
esigono iniziative collettive. Per di più simili associazioni giovano non poco
a istillare quel senso universale, che tanto conviene ai cattolici, e a formare
la coscienza di una responsabilità e di una solidarietà veramente universali.
Infine è auspicabile che i cattolici si
studino di cooperare, in maniera fattiva ed efficace, sia con i fratelli
separati, i quali pure fanno professione di carità evangelica, sia con tutti
gli uomini desiderosi della pace vera. Adempiranno così debitamente al loro
dovere in seno alla comunità internazionale. Il Concilio, poi, dinanzi alle
immense sventure che ancora affliggono la maggior parte del genere umano,
ritiene assai opportuna la creazione d'un organismo della Chiesa universale, al
fine di fomentare dovunque la giustizia e l'amore di Cristo verso i poveri. Tale
organismo avrà per scopo di stimolare la comunità cattolica a promuovere lo
sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni.
CONCLUSIONE
91. Compiti dei singoli fedeli e delle Chiese particolari
Quanto viene proposto da questo santo Sinodo
fa parte del tesoro dottrinale della Chiesa e intende aiutare tutti gli uomini
del nostro tempo--sia quelli che credono in Dio, sia quelli che esplicitamente
non lo riconoscono -- affinché, percependo più chiaramente la pienezza della
loro vocazione, rendano il mondo più conforme all'eminente dignità dell'uomo,
aspirino a una fratellanza universale poggiata su fondamenti più profondi, e
possano rispondere, sotto l'impulso dell'amore, con uno sforzo generoso e
congiunto agli appelli più pressanti della nostra epoca.
Certo dinanzi alla immensa varietà delle
situazioni e delle forme di civiltà, questa presentazione non ha volutamente,
in numerosi punti, che un carattere del tutto generale; anzi, quantunque venga
presentata una dottrina già comune nella Chiesa, siccome non raramente si
tratta di realtà soggette a continua evoluzione, l'insegnamento presentato qui
dovrà essere continuato ed ampliato.
Tuttavia confidiamo che le molte cose che
abbiamo esposto, basandoci sulla parola di Dio e sullo spirito del Vangelo,
possano portare un valido aiuto a tutti, soprattutto dopo che i cristiani, sotto
la guida dei pastori, ne avranno portato a compimento l'adattamento ai singoli
popoli e alle varie mentalità.
92. Il dialogo fra tutti gli uomini
La Chiesa, in forza della missione che ha di
illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo
Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, razza e civiltà, diventa segno
di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo.
Ciò esige che innanzitutto nella stessa
Chiesa promuoviamo la mutua stima, il rispetto e la concordia, riconoscendo ogni
legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più fecondo fra tutti
coloro che formano l'unico popolo di Dio, che si tratti dei pastori o degli
altri fedeli cristiani. Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli
che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle
cose dubbie e in tutto carità.
Il nostro pensiero si rivolge
contemporaneamente ai fratelli e alle loro comunità, che non vivono ancora in
piena comunione con noi, ma ai quali siamo uniti nella confessione del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo e dal vincolo della carità, memori che l'unità
dei cristiani è oggi attesa e desiderata anche da molti che non credono in
Cristo.
Quanto più, in effetti, questa unità
crescerà nella verità e nell'amore, sotto la potente azione dello Spirito
Santo, tanto più essa diverrà per il mondo intero un presagio di unità e di
pace. Perciò, unendo le nostre energie ed utilizzando forme e metodi sempre più
adeguati al conseguimento efficace di così alto fine, nel momento presente,
cerchiamo di cooperare fraternamente, in una conformità al Vangelo ogni giorno
maggiore, al servizio della famiglia umana che è chiamata a diventare in Cristo
Gesù la famiglia dei figli di Dio.
Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti
coloro che credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi
elementi religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre
tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a
compimento con alacrità.
Per quanto ci riguarda, il desiderio di
stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità e condotto
con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di
alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora l'autore, né coloro che si
oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere.
Essendo Dio Padre principio e fine di tutti,
siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a una sola e
identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e
dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace.
93. Un mondo da costruire e da condurre al suo fine
I cristiani, ricordando le parole del
Signore: «in questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi
amerete gli uni gli altri» (Gv 13,35), niente possono desiderare più
ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del
mondo contemporaneo. Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e beneficiando
della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e praticano la giustizia,
hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno
rendere conto a colui che tutti giudicherà nell'ultimo giorno.
Non tutti infatti quelli che dicono: «
Signore, Signore », entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fanno la
volontà del Padre e coraggiosamente agiscono. Perché la volontà del Padre è
che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo
fratello, con la parola e con l'azione, rendendo così testimonianza alla verità,
e comunichiamo agli altri il mistero dell'amore del Padre celeste.
Così facendo, risveglieremo in tutti gli
uomini della terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché alla
fine essi vengano ammessi nella pace e felicità somma, nella patria che
risplende della gloria del Signore. « A colui che, mediante la potenza che
opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo
domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per
tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen» (Ef 3,20-21).
Roma, 7 dicembre 1965
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