DECRETO
ORIENTALIUM
ECCLESIARUM
SULLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE
PROEMIO
1. La Chiesa cattolica ha in grande stima le
istituzioni, i riti liturgici, le tradizioni ecclesiastiche e la disciplina
della vita ecclesiastica della Chiese orientali. Si tratta infatti di Chiese
illustri e venerande per antichità, in cui risplende la tradizione apostolica
tramandata dai Padri, che costituisce parte del patrimonio divinamente rivelato
e indiviso della Chiesa universale. Perciò questo santo ed ecumenico Concilio,
preso da sollecitudine per le Chiese orientali, che di questa tradizione sono
testimoni viventi, e desiderando che esse fioriscano e assolvano con nuovo
vigore apostolico la missione loro affidata, oltre a quanto riguarda tutta la
Chiesa ha deciso di stabilire alcuni punti principali, lasciando gli altri alla
cura dei sinodi orientali e della Sede apostolica.
I.
CHIESE PARTICOLARI O RITI
Varietà di riti e unità
2. La Chiesa santa e cattolica, che è il
corpo mistico di Cristo, si compone di fedeli che sono organicamente uniti nello
Spirito Santo da una stessa fede, dagli stessi sacramenti e da uno stesso
governo, e che unendosi in varie comunità stabili, congiunti dalla gerarchia,
costituiscono le Chiese particolari o riti. Tra loro vige una mirabile
comunione, di modo che la varietà non solo non nuoce alla unità della Chiesa,
ma anzi la manifesta. È infatti intenzione della Chiesa cattolica che rimangano
salve e integre le tradizioni di ogni Chiesa o rito particolare; parimenti essa
vuole adattare il suo tenore di vita alle varie necessità dei tempi e dei
luoghi.
I riti godono di uguale dignità
3. Queste Chiese particolari, sia
dell'Oriente che dell'Occidente, sebbene siano in parte tra loro differenti in
ragione dei cosiddetti riti--cioè per liturgia, per disciplina ecclesiastica e
patrimonio spirituale--tuttavia sono allo stesso modo affidate al governo
pastorale del romano Pontefice, il quale per volontà divina succede al beato
Pietro nel primato sulla Chiesa universale. Esse quindi godono di pari dignità,
cosicché nessuna di loro prevale sulle altre per ragioni di rito; fruiscono
degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi, anche per quanto
riguarda la predicazione del Vangelo in tutto il mondo (cfr. Mc 16,15), sotto la
direzione del romano Pontefice.
Si studino i vari riti
4. Si provveda perciò in tutto il mondo a
tutelare e incrementare tutte le Chiese particolari e a questo scopo si erigano
parrocchie e una propria gerarchia, dove lo richieda il bene spirituale dei
fedeli. Le gerarchie poi delle varie Chiese particolari che hanno giurisdizione
sullo stesso territorio, procurino, col mutuo scambio di consigli e in periodici
incontri, di promuovere l'unità di azione e di unire le loro forze per aiutare
le opere comuni, onde far progredire più speditamente il bene della religione e
più efficacemente tutelare la disciplina del clero. Tutti i chierici e i
candidati agli ordini sacri siano bene istruiti sui riti e specialmente circa le
norme pratiche in materie inter-rituali; anzi, nelle spiegazioni catechetiche
vengano istruiti anche i laici sui riti e le loro norme. Infine, tutti e singoli
i cattolici e i battezzati di qualsiasi Chiesa o comunità acattolica che
vengano alla pienezza della comunione cattolica, mantengano dovunque il loro
proprio rito, lo onorino e, in quanto è possibile, lo osservino, salvo il
diritto in casi particolari di persone, comunità o regioni, di far ricorso alla
Sede apostolica; questa, quale suprema arbitra delle relazioni inter-ecclesiali,
provvederà essa stessa alle necessità secondo lo spirito ecumenico, o farà
provvedere da altre autorità, dando opportune norme, decreti o rescritti.
II.
PATRIMONIO SPIRITUALE DELLE CHIESE ORIENTALI
CHE DEV'ESSERE CONSERVATO
Benemerenze delle Chiese orientali
5. La storia, le tradizioni e molte
istituzioni ecclesiastiche chiaramente dimostrano quanto le Chiese orientali si
siano rese benemerite verso tutta la Chiesa. Per questo il santo Concilio non
solo circonda di doverosa stima e di giusta lode questo loro patrimonio
ecclesiastico e spirituale, ma lo considera fermamente quale patrimonio di tutta
la Chiesa. Dichiara quindi solennemente che le Chiese d'Oriente come quelle di
Occidente, hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie
discipline particolari, poiché si raccomandano per veneranda antichità, si
accordano meglio con i costumi dei loro fedeli e sono più adatte a provvedere
al bene delle loro anime.
Non si introducano mutamenti arbitrari nei riti
6. Tutti gli orientali sappiano con tutta
certezza che possono sempre e devono conservare i loro legittimi riti e la loro
disciplina, e che non si devono introdurre mutazioni, se non per ragione del
proprio organico progresso. Pertanto, tutte queste cose devono essere con somma
fedeltà osservate dagli stessi orientali, i quali devono acquistarne una
conoscenza sempre più profonda e una pratica più perfetta; qualora, per
circostanze di tempo o di persone, fossero indebitamente venuti meno ad esse,
procurino di ritornare alle avite tradizioni. Quelli che per ragione o di
ufficio o di ministero apostolico hanno frequente relazione con le Chiese
orientali o con i loro fedeli, secondo l'importanza dell'ufficio che occupano
siano accuratamente istruiti nella conoscenza e nella pratica dei riti, della
disciplina, della dottrina, della storia e delle caratteristiche degli
orientali, Si raccomanda inoltre caldamente agli istituti religiosi e alla
associazioni di rito latino che prestano la loro opera nelle regioni orientali o
tra i fedeli orientali, che per una maggiore efficacia dell'apostolato, fondino,
per quanto possibile, case o anche province di rito orientale.
III.
I PATRIARCHI ORIENTALI
I patriarchi orientali
7. Da tempi antichissimi vige nella Chiesa
l'istituzione patriarcale, già riconosciuta dai primi Concili ecumenici. Col
nome di patriarca orientale si intende un vescovo, cui compete la giurisdizione
su tutti i vescovi, compresi i metropoliti, il clero e i fedeli del proprio
territorio o rito, a norma del diritto e salvo restando il primato del romano
Pontefice. Dovunque si costituisca un gerarca di qualche rito fuori dei confini
del territorio patriarcale, a norma del diritto rimane aggregato alla gerarchia
del patriarcato dello stesso rito.
8. Sebbene alcuni patriarchi delle Chiese
orientali siano cronologicamente posteriori ad altri, tuttavia sono tutti uguali
quanto alla dignità patriarcale, salva restando tra loro la precedenza di onore
legittimamente stabilita.
Onore e privilegi dei patriarchi orientali
9. Secondo un'antichissima tradizione della
Chiesa, ai patriarchi delle Chiese orientali è riservato uno speciale onore,
dato che ognuno presiede al suo patriarcato come padre e capo. Perciò questo
santo Concilio stabilisce che siano ripristinati i loro diritti e privilegi,
secondo le antiche tradizioni di ogni Chiesa e i decreti dei Concili ecumenici.
Questi diritti e privilegi sono quelli
vigenti al tempo dell'unione dell'Oriente e dell'Occidente, quantunque debbano
essere alquanto adattati alle odierne condizioni.
I patriarchi coi loro sinodi costituiscono la
superiore istanza per qualsiasi problema del patriarcato, non escluso il diritto
di costituire nuove eparchie e di nominare vescovi del loro rito entro i confini
del territorio patriarcale, salvo restando l'inalienabile diritto del romano
Pontefice di intervenire nei singoli casi.
Fondazione di nuovi patriarcati
10. Quanto si è detto dei patriarchi vale
anche, a norma del diritto, degli arcivescovi maggiori che presiedono a tutta
una Chiesa particolare o rito.
11. Siccome l'istituzione patriarcale nelle
Chiese orientali è una forma tradizionale di governo, il santo ed ecumenico
Concilio desidera che, dove sia necessario, si erigano nuovi patriarcati, la cui
fondazione è riservata al Concilio ecumenico o al romano Pontefice.
IV.
DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
Ristabilire l'antica disciplina dei sacramenti
12. Il santo Concilio ecumenico conferma e
loda e, se occorre, desidera che venga ristabilita l'antica disciplina dei
sacramenti vigente presso le Chiese orientali, e così pure la prassi spettante
la loro celebrazione e amministrazione.
La cresima
13. La disciplina circa il ministro della
sacra cresima, vigente fino dai più antichi tempi presso gli orientali, sia
pienamente ristabilita. Perciò i sacerdoti possono conferire questo sacramento
col crisma benedetto dal patriarca o dal vescovo.
14. Tutti i sacerdoti orientali possono
validamente conferire questo sacramento, sia insieme col battesimo sia
separatamente, a tutti i fedeli di qualsiasi rito, non escluso il latino,
osservando, per la liceità, le prescrizioni del diritto sia comune sia
particolare. Anche i sacerdoti di rito latino, secondo le facoltà che godono
circa l'amministrazione di questo sacramento, possono amministrarlo pure ai
fedeli delle Chiese orientali, senza pregiudizio al rito, osservando per la
liceità le prescrizioni del diritto sia comune che particolare.
La liturgia domenicale
15. I fedeli sono tenuti la domenica e le
feste a intervenire alla divina liturgia o, secondo le prescrizioni o
consuetudini del proprio rito, alla celebrazione delle lodi divine. Perché più
facilmente possano adempiere quest'obbligo, si stabilisce che il tempo utile per
soddisfarlo decorra dai vespri della vigilia fino alla fine delle domenica o
giorno festivo. Si raccomanda caldamente ai fedeli, che in questi giorni, anzi
con più frequenza e anche quotidianamente, ricevano la santa eucaristica.
La confessione
16. Per la costante mescolanza di fedeli di
diverse Chiese particolari nella medesima regione o territorio orientale, la
facoltà dei sacerdoti di qualsiasi rito di ricevere le confessioni, concessa
legittimamente e senza alcuna restrizione dai propri sacri pastori, si estende a
tutto il territorio del concedente anche a tutti i luoghi e fedeli di qualsiasi
rito nello stesso territorio, a meno che il pastore del luogo l'abbia
espressamente negata per i luoghi del suo rito.
L'ordine sacro
17. Perché nelle Chiese orientali abbia
nuovamente ad aver vigore l'antica disciplina del sacramento dell'ordine, questo
santo Concilio caldamente desidera che sia ristabilita, dove sia caduta in
disuso, l'istituzione del diaconato permanente. Quanto poi al suddiaconato e gli
ordini inferiori e i loro diritti e doveri, provveda l'autorità legislativa di
ciascuna Chiesa particolare.
I matrimoni misti
18. Quando i cattolici orientali contraggono
matrimonio con acattolici orientali battezzati, il santo Concilio, per prevenire
i matrimoni invalidi e nell'interesse della stabilità del matrimonio e della
pace domestica, stabilisce che per questi matrimoni la forma canonica della
celebrazione è obbligatoria soltanto per la liceità. Per la validità basta la
presenza del sacro ministro, salvi restando gli altri punti da osservarsi
secondo il diritto.
V.
IL CULTO DIVINO
I giorni festivi
19. D'ora in poi spetta al solo Concilio
ecumenico o alla santa Sede stabilire, trasferire o sopprimere giorni festivi
comuni a tutte le Chiese orientali. Invece lo stabilire, trasferire o sopprimere
feste per singole Chiese particolari compete, oltre che alla Sede apostolica, a
sinodi patriarcali o arcivescovili, avuto tuttavia il debito riguardo di tutta
la regione e delle altre Chiese particolari.
La Pasqua
20. Fino a che tra tutti i cristiani non si
sarà giunti al desiderato accordo circa la fissazione di un unico giorno per la
comune celebrazione della festa di Pasqua, nel frattempo, per promuovere l'unità
fra i cristiani che vivono nella stessa regione o nazione, è data facoltà ai
patriarchi o alle supreme autorità ecclesiastiche del luogo di accordarsi, con
unanime consenso e sentiti i pareri degli interessati, per celebrare la festa di
Pasqua nella stessa domenica.
Le tempora
21. Tutti i fedeli che si trovano fuori della
regione o territorio del proprio rito, quanto alla legge delle sacre tempora
possono pienamente conformarsi alla disciplina vigente nel luogo della loro
permanenza. Nelle famiglie di rito misto si può osservare questa legge secondo
uno stesso rito.
Le laudi divine
22. Il clero e i religiosi orientali
celebrino secondo le prescrizioni e tradizioni della propria disciplina le laudi
divine, che fino dall'antica età furono in grande onore presso tutte le Chiese
orientali. Ed anche i fedeli, seguendo l'esempio dei propri padri, per quanto
possono, attendano devotamente alle laudi divine.
La lingua liturgica
23. Al patriarca col suo sinodo o alla
suprema autorità di ciascuna Chiesa con il consiglio dei pastori compete il
diritto di regolare l'uso delle lingue nelle sacre funzioni liturgiche e di
approvare, dopo averne data relazione alla Sede apostolica, le versioni dei
testi nelle lingua del paese.
VI.
RAPPORTI CON I FRATELLI DELLE CHIESE SEPARATE
Promuovere l'unità dei cristiani
24. Alle Chiese orientali aventi comunione
con la Sede apostolica romana, compete lo speciale ufficio di promuovere l'unità
di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo i principi del decreto «
sull'ecumenismo » promulgato da questo santo Concilio, in primo luogo con la
preghiera, l'esempio della vita, la religiosa fedeltà alle antiche tradizioni
orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna
stima delle cose e degli animi.
25. Dagli orientali separati che, mossi dalla
grazia dello Spirito Santo vengono all'unità cattolica, non si esiga più di
quanto richiede la semplice professione della fede cattolica. E poiché presso
di loro è stato conservato il sacerdozio valido, i chierici orientali che
vengono all'unità cattolica, hanno facoltà di esercitare il proprio ordine,
secondo le norme stabilite dalla competente autorità.
« Communicatio in sacris »
26. La « communicatio in sacris » che
pregiudica l'unità della Chiesa o include formale adesione all'errore o
pericolo di errare nella fede, di scandalo e di indifferentismo, è proibita
dalla legge divina. Ma la prassi pastorale dimostra, per quanto riguarda i
fratelli orientali che si possono e si devono considerare varie circostanze di
singole persone, nelle quali né si lede l'unità della Chiesa, né vi sono
pericoli da evitare, mentre invece la necessità della salvezza e il bene
spirituale delle anime costituiscono un bisogno serio. Perciò la Chiesa
cattolica, secondo le circostanze di tempo, di luogo e di persone, ha usato
tutti i mezzi della salute e la testimonianza della carità tra i cristiani, per
mezzo della partecipazione ai sacramenti e alle altre funzioni e cose sacre. In
considerazione di questo, il santo Concilio «per non essere noi con una
sentenza troppo severa di impedimento a coloro che sono salvati » e per
fomentare sempre più l'unione con le Chiese orientali da noi separate,
stabilisce il seguente modo di agire.
27. Posti i principi sopra ricordati, agli
orientali che in buona fede si trovano separati dalla Chiesa cattolica, si
possono conferire, se spontaneamente li chiedano e siano ben disposti, i
sacramenti della penitenza, dell'eucaristia e dell'unzione degli infermi anzi,
anche ai cattolici è lecito chiedere questi sacramenti ai ministri acattolici
nella cui Chiesa si hanno validi sacramenti, ogniqualvolta la necessità o una
vera spirituale utilità lo domandino e l'accesso a un sacerdote cattolico
riesca fisicamente o moralmente impossibile.
28. Parimenti, posti gli stessi principi, per
una giusta ragione è permessa la « communicatio in sacris » in celebrazioni,
cose e luoghi sacri tra cattolici e fratelli orientali separati.
29. Questa maniera più mite di «communicatio
in sacris » con i fratelli delle Chiese orientali separate è affidata alla
vigilanza e al discernimento dei pastori locali, affinché, consigliatisi tra di
loro e, se occorra, uditi anche i pastori delle Chiese separate, abbiano a
regolare con efficaci e opportune prescrizioni e norme i rapporti dei cristiani
tra di loro.
CONCLUSIONI
30. Il santo Concilio molto si rallegra della
fruttuosa e attiva collaborazione delle Chiese cattoliche d'Oriente e
d'Occidente, e allo stesso tempo dichiara: tutte queste disposizioni giuridiche
sono stabilite per le presenti condizioni, fino a che la Chiesa cattolica e le
Chiese orientali separate si uniscano nella pienezza della comunione. Nel
frattempo tutti i cristiani, orientali e occidentali, sono ardentemente pregati
di innalzare ferventi e assidue, anzi quotidiane preghiere a Dio, affinché, con
l'aiuto della sua santissima Madre, tutti diventino una cosa sola. Preghino pure
perché su tanti cristiani di qualsiasi Chiesa, i quali confessando strenuamente
il nome di Cristo, soffrono e sono oppressi, si effonda la pienezza della forza
e del conforto dello Spirito Santo consolatore. Con amore fraterno vogliamoci
tutti bene scambievolmente, facendo a gara nel renderci onore l'un l'altro (Rm
12,10).
21
novembre 1964
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