L'Arcivescovo Ferdinando Lambruschini  - Scritti

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Ferdinando Lambruschini

La Giustizia virtù non facile

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CAPITOLO XI

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I CATTOLICI DI FRONTE ALLA MISERIA SOCIALE
Demagogia
Povertà cristiana  
Carità e giustizia
Tentazione della concorrenza  
Il  benessere e la fame
Gerarchie di valori

 

CAPITOLO XI

 

I CATTOLICI DI FRONTE ALLA

 

MISERIA SOCIALE

 

    In una predicazione quaresimale tenuta alla radio francese, il notissimo abbé Pierre attirò l’attenzione degli ascoltatori sulle miserie fondamentali dell’uomo, ridotte a cinque: la miseria dei senza tetto, dei senza pane, dei senza lavoro, dei senza salute e infine dei senza istruzione.

    Certamente si potrebbero proporre altre divisioni non meno significative: basterebbe scorrere velocemente la storia della Chiesa per fare un elenco completo di tutte le miserie alle quali l’umanità è sempre andata incontro maternamente, specialmente in periodi nei quali lo Stato, praticamente inesistente o comunque non interessato a problemi del genere, ne lasciava alla Chiesa la competenza.

    Fin dai tempi più antichi la Chiesa ha dedicato gran parte della sua opera ad ospedali, orfanotrofi, gerontocomi, carceri, istituti di isolamento e di rieducazione ecc.

La divisione fatta dall’abbé Pierre risente molto della situazione odierna: oggi si vorrebbe che tutti potessero avere la loro casa, il pane, il lavoro, la possibilità di perfezionarsi nello studio e di curarsi in caso di malattie. Non è un desiderio stonato e si devono ammirare quanti si sono interessati e si interessano, perché realmente siano soddisfatte queste esigenze fondamentali. L’uomo non deve essere posto come un dio, ma neppure come una cosa, un oggetto. È un essere intelligente e libero, che per esprimere pienamente la sua personalità ha bisogno di una serie di diritti inalienabili, elencati dal Santo Padre nello storico Radiomessaggio Natalizio del 1942.

    L’atteggiamento dei cattolici di fronte alla miseria è e deve essere quello di Cristo: Misereor super turbam. La Chiesa non ha bisogno di mendicare da altre teorie, per esser altruista, umanitaria, per trovare il temperamento giusto tra giustizia e carità. Fa pena perciò vedere dei cattolici farsi schiavi di certi ambienti e non essere esenti a volte da demagogia.

 

Demagogia

 

    Si nota a volte un desiderio confuso di trovare una concordanza tra il Vangelo e il marxismo sul piano rivoluzionario, in favore dei piccoli contro i grandi, dei poveri contro i ricchi, degli sfruttati contro gli sfruttatori. Sono idee approssimative, artificiose, erronee.

    Cristo Gesù ha dichiarato beati i poveri, pur non lanciandoli contro i ricchi. È falso che Gesù abbia voluto tenere buoni i poveri sotto il tallone dei ricchi. Se avesse voluto far questo non avrebbe maledetto i ricchi che hanno conquistato le ricchezze con l’ingiustizia. Il concetto della povertà evangelica non indica tanto la materiale privazione; prescinde dal maggiore o minore benessere rag­giunto nella vita materiale. Povero nel pensiero di Gesù è colui che sente di aver bisogno di Dio, colui che mette la volontà di Dio al di sopra di tutto, perché ha compreso che Dio è preferibile a qualunque ricchezza terrena. Povero è chi ha sete della giustizia di Dio nel compimento della sua volontà. Chi cerca Dio e la sua giustizia sa che avrà tutto il resto in soprappiù. Gesù è il povero per eccellenza, pur sapendo usare dei beni della terra come di doni di Dio, fino al punto da apparire, agli occhi miopi dei farisei, un mangiatore e bevitore, perché non digiunava come Giovanni.

    Tutti tre gli Evangelisti sinottici ci hanno conservato le dure parole di Gesù contro i ricchi: « È più facile... per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno » (Lc., 18, 25: cfr. Mat., 19, 24 e Marc. 10, 24).

    Tuttavia Gesù ha avuto degli amici ricchi: le ricchezze non sono dunque un male in sé e per sé, benché lo possano essere facilmente, in quanto la loro origine è spesso ingiusta. Anche nell’Ecclesiastico si trovano due asserzioni crude: « se sei ricco non sei esente da colpa »: « beato il ricco che è senza colpa ».

 

Povertà cristiana

 

    La missione di Gesù, che essendo infinitamente ricco nella vita trinitaria, si è fatto povero, cioè uomo, non fu quella di sollevare le sorti dei miseri materialmente, magari con una bella rivoluzione, ma di insegnare che tutti gli uomini sono poveri di fronte a Dio e che l’unica miseria irreparabile è quella di perdere l’anima.

    Gesù non promette un regno beato in cambio di una vita miserabile sulla terra; egli dice invece: « il regno di Dio è dentro di voi ».

    Guardare a Cristo semplicemente come al promotore di una rivoluzione sociale ed economica significa falsificare completamente le prospettive del Vangelo. Fare di Gesù un sociologo nel senso moderno significherebbe adattarlo alle nostre meschine dimensioni. Gesù è il grande seminatore della verità, il donatore della vita, il convertitore delle anime all’amore di Dio. Se una rivoluzione n’è seguita, la più profonda della storia, è perché Gesù ha agito nelle profondità della coscienza umana, cambiando tutto l’uomo.

    Le linee di forza del cristianesimo non sono mutate neppure oggi, a venti secoli di distanza dalla prima predicazione del messaggio. Da una parte la Paternità di Dio, che, chiamando l’uomo a partecipare alla sua stessa vita, gli rivela il mistero della Trinità. Dall’altra l’uomo nella sua nobiltà, che, pur essendo composto di materia e spirito, per la preponderanza dello spirito, è immagine di Dio, chiamato ad essere fratello di Cristo, partecipe della sua stessa vocazione di figlio di Dio. Come tale sovrasta infinitamente il mondo materiale.

 

Carità e giustizia

 

    Nello sforzo di rendersi utile ai fratelli, il cristiano saprà guardarsi dalla facile demagogia, che potrebbe impegnarlo e impegolarlo in una via senza uscita, come succede a chi vorrebbe eliminare la virtù della carità per lasciare libera l’affermazione della giustizia sociale. Illuso, perché se è vero che la carità non può e non deve sostituire la giustizia, è ugualmente vero e forse più vero che la giustizia non può annientare la carità. Il mondo dello spirito è grande e c’è posto per entrambe queste virtù fondamentali del cristiano. Penso con tristezza all’equivoco che ha perduto una parte dei preti-operai, i quali, dopo essersi a lungo dibattuti in una crisi di coscienza, hanno finito per abbandonare la Chiesa, onde restare solidali, nel loro errato modo di pensare, con la classe operaia. Dalla parte della Chiesa hanno visto la carità, dalla parte della classe operaia la giustizia. Per un tragico equivoco hanno creduto di doversi mettere contro la Chiesa per poter restare dalla parte dei poveri.

 

Tentazione della concorrenza

 

    Oltre il pericolo della demagogia, c’è la tentazione della concorrenza. Alcuni vorrebbero che la Chiesa entrasse apertamente in concorrenza con gli Stati moderni o con i Sindacati e organizzazio­ni similari per migliorare le sorti dei meno abbienti.

    È noto il programma sbalorditivo del movimento « Jeunesse de l’Eglise » promosso dal domenicano Montuclard, condannato prima dalla Curia di Parigi e poi anche dalla S. Sede. Considerando la situazione presente, i cristiani devono agire in due tempi. Il primo esige l’unione di tutti gli uomini di buona volontà per poggiare la società su basi umane: ostracismo alla guerra, miglioramento delle condizioni di vita, ricerca di un più alto tenore di vita o benessere. Soltanto dopo aver procurato a tutti gli uomini uno standard di vita sufficiente, si dovrebbe porre il problema della evangelizzazione del mondo e la conquista degli uomini all’ideale evangelico.

    Tremendo equivoco, cui riesce difficile non solo trovare delle giustificazioni, ma anche solo delle spiegazioni, tanta è la enormità delle due tappe che invertono l’ordine del Vangelo. Gesù infatti ha cominciato subito ad annunziare il Vangelo proprio ai poveri, nel senso spiegato sopra. Non ha bandito prima la crociata per l’abolizione della schiavitù, che doveva essere un po’ peggio del proletariato moderno, in via di superamento nella specializzazione del lavoro imposta dal progresso. Bisogna tenere sempre in primo piano l’evangelizzazione « Tutte le cose sono vostre, voi siete di Cristo, il Cristo poi è di Dio », ammonisce San Paolo.

    Non è facile trovare nei cattolici una formulazione così cruda di un programma tanto drastico, ma se ne possono riscontrare qua e là delle tendenze. Vedendo l’umanità in marcia verso l’uguaglianza sociale, vorrebbero che la Chiesa contribuisse direttamente con l’incoraggiamento ai suoi figli perché si impegnino nella più efficace e pronta realizzazione di tale marcia, perché il sacrestano possa andare a suonare le campane con una vettura uguale a quella del presidente della Repubblica, l’ultimo operaio di una ditta possa aver l’accesso ai beni della vita altrettanto facile come il suo padrone. È ingenuità.

    Ci sono di fatto delle disuguaglianze sociali, che rivelano uno sfondo di profonda ingiustizia, come le differenziazioni razziali, ed in vari stati la Gerarchia ha preso nettamente posizione in favore della promozione delle classi ritenute inferiori: così è avvenuto negli Stati Uniti e nel Sud Africa.

 

Il  benessere e la fame

 

    La Chiesa si mostra favorevole al progresso del benessere. Uno dei punti fondamentali del movimento internazionale cattolico “Pax Christi” è quello di mettere in evidenza i problemi di assistenza ai paesi sottosviluppati, con slogans che commuovono l’opinione pubblica. Si dice che la Francia conta più letti ospedali che tutta l’Asia. Si sa che due terzi della popolazione del mondo soffre la fame, che in questi ultimi tempi i poveri sono ancora più poveri, mentre i ricchi sono diventati più ricchi. La FAO, nella quale sono rappresentati i cattolici, ammonisce periodicamen­te il mondo circa i pericoli rappresentati dallo squilibrio esistente tra le nazioni ricche e le povere e invita a prendere coscienza di questi immani problemi, che pongono un cerchio infernale. Quelli che non producono non possono mangiare a sufficienza, perché mancano del potere di acquisto: d’altra parte se non mangiano a sufficienza non possono produrre abbastanza, perché mancano di forza. Per rompere il cerchio bisogna dar da mangiare a quelli che hanno fame.

    Il problema non è certo estraneo ai cattolici. Pio XII lo ha trattato in varie occasioni. In un discorso ai Delegati del IV Congresso del petrolio il 10 giugno 1955 ha richiamato i doveri delle nazioni privilegiate nei confronti di quelle meno fortunate per quanto riguarda la distribuzione dei beni prodotti. Il problema dei bisogni alimentari del mondo è stato trattato più ampiamente ancora il 10 novembre dello stesso anno in un discorso per il X Anniversario della FAO (Food and Agricolture Organisation): « Gli obbiettivi, che vi eravate proposti, erano e rimangono basilari: elevare il livello di alimentazione e le condizioni di vita delle popolazioni, aumentare la produzione e facilitare la ripartizione dei prodotti alimentari e agricoli, contribuendo all’espansione dell’economia nel mondo... Mentre finora il problema della fame nel mondo appariva insolubile, oggi si può pensare di risolverlo contando sulla collaborazione dei governi... I popoli favoriti dalla natura o dal progresso della civiltà corrono il rischio di bruschi risvegli, se non si preoccupano di assicurare ai meno fortunati i mezzi di vivere una vita umana e degna... ». Ma il motivo dell’interesse diretto del S. Padre è quello della carità soprannaturale: « Ci piace soprattutto riconoscere in questa azione mondiale, destinata a raggiungere non una casta privilegiata, ma una folla immensa, spesso senza forza e senza difesa, un aspetto autentico della carità, che Cristo ha illustrato con la vita e la morte sua, facendone poi il segno distintivo dei suoi discepoli ».

    Il richiamo del Santo Padre è una precisazione che non deve essere dimenticata dai cattolici, i quali vi troveranno un orientamento sicuro per la giusta gerarchia dei valori umani, che devono essere subordinati sempre ai valori soprannaturali.

 

Gerarchie di valori

 

    Si è detto da qualcuno che la Chiesa deve rendersi indifferente alle dottrine, ai regimi e alle strutture economiche che da cento anni si disputano il mondo. La Chiesa non può essere indifferente davanti alla giustizia e all’ingiustizia e dice ai suoi figli: siate presenti, attivi e chiaroveggenti nel cammino del mondo verso forme nuove di giustizia, di progresso e di carità.

    Dio ha creato tutte le cose per gli uomini, ma il dominio del mondo dopo il peccato originale non è più pacifico e l’uomo dovrà guadagnarsi il pane con il sudore della fronte. Ma come non si oppone alla maledizione del peccato la preghiera di Gesù, che ci fa chiedere al Padre Celeste il nostro pane, così non vi si oppongono gli sforzi dei cattolici per diminuire la miseria nel mondo. La miseria favorisce l’inumano e declassa l’uomo al rango dei bruti. Gli estremi si toccano: anche la sazietà abbrutisce l’uomo, se Cristo ha potuto dire « Maledetti voi, che siete sazi, perché avrete fame » (Luc. 6, 25).

    I cristiani hanno dunque l’obbligo di interessarsi ai problemi della miseria nel mondo, restando sempre uniti a Cristo, la cui carità essi devono portare nell’amore dei fratelli, uno dei segni meno fallibili dell’amore di Dio. Nel misero si deve vedere Cristo stesso: « Venite, o benedetti... Perché ebbi fame e voi mi deste da mangiare, ebbi sete e voi mi deste da bere ».

    Il Signore ha prediletto i poveri, ai quali è annunziato il suo Vangelo. Anche la Madonna nelle apparizioni più note ha mostrato la sua predilezione ai poveri: a Lourdes si è manifestata a Bernadette, una pastorella povera non soltanto di beni materiali, tanto che non riusciva ad imparare il catechismo e la catechista le disse una volta:

« sarai sempre una stupida ignorante ». A Fatima le apparizioni sono state fatte a tre poveri pastorelli.

    I cristiani non possono agire diversamente da questi modelli obbligati che sono Gesù e Maria. Nessuno può tirarsi indietro, perché per imitarne la carità e la predilezione ai poveri non è necessario essere molto ricchi: basta poter donare un bicchier d’acqua, e saperlo dare in nome di Gesù.

 

 


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